Agricoltura: quali sono i rischi biologici nei campi e nelle serre?
Roma, 2 Feb – Attraverso il documento Inail “ Rischio biologico nelle attività agro-zootecniche”, frutto della collaborazione tra Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (DIT), Dipartimento di medicina epidemiologia e igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA) e Inail Ascoli Piceno, abbiamo cominciato a soffermarci nei mesi scorsi sugli agenti biologici e sulle possibili malattie nel settore agro-zootecnico.
Abbiamo visto che le malattie che sono in buona parte, ma non solo, di natura infettiva e che possono anche essere trasmesse dall’animale all’uomo mediante contatto diretto o indiretto (zoonosi). In particolare quando queste ultime malattie sono contratte “attraverso la puntura e/o il morso di vettori biologici (zanzare, flebotomi, zecche) che trasmettono l’agente patogeno all’uomo si parla di zoonosi ‘vettore trasmesse’ che, soprattutto per i lavoratori che svolgono le loro attività in ambienti esterni, possono rappresentare un rischio biologico non trascurabile”.
A raccontarlo, in questi termini, è proprio il documento Inail che ci permette anche di approfondire più nel dettaglio i potenziali rischi biologici in relazione a specifiche attività o ambienti.
Ci soffermiamo oggi sui rischi in pieno campo o nelle coltivazioni in serra.
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:
- Le attività agro-zootecniche: i rischi biologici in pieno campo
- Le attività in pieno campo: le patologie e gli agenti biologici
- Le attività agro-zootecniche: i rischi biologici in serricoltura
Le attività agro-zootecniche: i rischi biologici in pieno campo
Riguardo ai potenziali rischi biologici, il documento si sofferma innanzitutto sulle attività agricole in pieno campo che “comprendono molteplici mansioni e compiti volti ad assicurare la produzione agricola di cereali, ortaggi e frutta destinati all’alimentazione umana ed animale oppure di prodotti vegetali per usi non alimentari (produzione di materie prime per usi industriali)”.
In particolare, in queste attività (preparazione del terreno, semina, messa a dimora, irrigazione, potatura, concimazione, fertilizzazione, diserbo, raccolta, …) il rischio biologico “può derivare da:
- contatto con suolo, terreni umidi/acquitrini, o colture foraggere contaminati;
- contatto con letame e liquame utilizzato nelle concimazioni;
- contatto con animali selvatici e loro fluidi biologici;
- graffi/morsi di animali selvatici;
- punture di insetti;
- contatto con superfici e/o attrezzature di lavoro contaminate;
- tagli e abrasioni dovuti ad utilizzo di strumenti/oggetti appuntiti e/o taglienti contaminati;
- inalazione di bioaerosol contaminato;
- ingestione accidentale di acqua contaminata.
Si segnala poi che i lavoratori sono “potenzialmente esposti a rischio biologico anche durante le attività di manutenzione di strutture (stalle, silos) e mezzi agricoli (trattrici, carri)”.
Queste alcune possibili misure di prevenzione generali che si possono realizzare a tutela dei lavoratori:
- “distribuire il letame dopo il compostaggio o il liquame dopo la digestione anaerobica per ridurre la carica batterica;
- lavarsi e disinfettarsi se si è venuti a contatto con materiale organico (schizzi ecc.);
- controllare l’eventuale presenza di ferite/abrasioni sulla cute e coprirle;
- prelevare l’acqua di irrigazione da fonti sicure;
- impedire il deflusso di feci animali nei terreni coltivati;
- pulire e disinfettare periodicamente attrezzature e superfici di lavoro;
- lavare correttamente le mani dopo le attività lavorative;
- divieto di mangiare, bere e fumare durante le attività lavorative;
- utilizzare adeguati DPI;
- conservare gli abiti da lavoro in appositi armadi, separati da indumenti personali;
- non lavare indumenti e stivali nelle abitazioni;
- controllare, pulire e disinfettare sistematicamente i DPI”.
Le attività in pieno campo: le patologie e gli agenti biologici
Ci soffermiamo brevemente anche sulle patologie che possono essere contratte in pieno campo e sui relativi agenti biologici che le causano, come presentate più nel dettaglio nel documento Inail.
Ad esempio abbiamo possibili malattie batteriche come:
- Alveolite allergica estrinseca o polmonite da ipersensibilità (Actinomyces thermophilus)
- Campylobatteriosi (Campylobacter jejuni)
- Ehrlichiosi o Anaplasmosi (Ehrlichia phagocytophilum)
- Febbre bottonosa del Mediterraneo (Rickettsia)
- Infezioni da Enterobatteriacee (Salmonella spp., Enterobacter spp., Klebsiella spp., Shigella spp.)
- Leptospirosi (Leptospira interrogans)
- Malattia di Lyme (Borrelia burgdorferi)
- Tularemia (Francisella tularensis)”.
E anche malattie batteriche emergenti come la Febbre Q (Coxiella burnetii).
Poi ci sono malattie virali, come la Rabbia (Rabies lyssavirus), e malattie virali emergenti come:
- “Encefalite da Virus Usutu (Virus Usutu)
- Febbre da Virus Chikungunya (Virus Chikungunya)
- Febbre da Virus Dengue (Virus Dengue)
- Febbre da Virus Zika (Virus Zika)
- Febbre da Virus West Nile (Virus West Nile)”.
Il documento, che parla anche di malattie fungine, si sofferma poi sulle malattie allergiche e infiammatorie.
Infatti i lavoratori addetti alle attività in pieno campo “sono potenzialmente esposti anche ad allergeni di origine animale (acari, peli e derivati animali, insetti), vegetale (pollini, semi, piante) e fungina (muffe). In particolare, l’esposizione a polveri e farine di cereali, potenzialmente contaminate da acari (Lepidoglyphus destructor, Glycyphagus domesticus), a fieno e paglia ammuffiti (contaminati da muffe allergizzanti quali Alternaria spp., Aspergillus spp., Penicillium spp., ecc.), semi (soia, grano saraceno, ricino, caffè verde), alcuni ortaggi (asparagi, girasole, lattuga ecc.), piante/fiori (tulipani, narcisi, gerbere, ecc.) e insetti (mosche, falene, ecc.) può avere effetti allergici in soggetti predisposti (atopici) e causare dermatiti (orticarie), asma bronchiale, riniti e congiuntiviti. Inoltre, nel contesto di attività che prevedono la manipolazione di materiale organico potenzialmente contaminato da batteri Gram negativi (es. coltivazione e raccolta, trattamento/smaltimento di rifiuti vegetali, produzione di foraggio) è possibile la presenza, anche ad elevate concentrazioni, di endotossine batteriche responsabili di patologie infiammatorie a seguito di inalazione”.
Vengono infine ricordati anche gli eventuali morsi di vipera o punture di calabroni, vespe e api.
Le attività agro-zootecniche: i rischi biologici in serricoltura
Veniamo ora alla serricoltura.
Si indica che le serre sono “ambienti che, per le peculiari condizioni microclimatiche (elevati livelli di temperatura e umidità relativa, scarsa capacità di scambio dell’aria con l’esterno), possono facilitare l’accumulo di polvere organica e il conseguente sviluppo di agenti biologici sulle diverse matrici ambientali (aria, acqua e superfici)”.
Ad esempio, in questi ambienti, il rischio biologico “può derivare da:
- contatto con suolo, terreni umidi, colture foraggere contaminati;
- inalazione di bioaerosol generato dalla manipolazione di materiale organico e/o da sistemi di irrigazione potenzialmente contaminati da patogeni acquatici;
- ingestione accidentale di acqua contaminata;
- contatto con superfici e strumenti di lavoro contaminati;
- tagli e abrasioni dovuti ad utilizzo di strumenti/oggetti appuntiti e/o taglienti;
- punture di insetti”.
Queste le misure di prevenzione generali da realizzare:
- “prevedere locali isolati termicamente e dagli agenti atmosferici con aperture adeguate per un rapido ricambio di aria;
- prevedere opportuni sistemi di aerazione e di protezione contro l’umidità;
- distribuire il letame dopo il compostaggio o il liquame dopo la digestione anaerobica per ridurre la carica batterica;
- lavare correttamente le mani e disinfettarsi se si è venuti a contatto con materiale organico (schizzi ecc.);
- prelevare l’acqua di irrigazione da fonti sicure o adottare idonei sistemi di depurazione;
- corretto lavaggio delle mani dopo le attività lavorative;
- controllare l’eventuale presenza di ferite/abrasioni sulla cute e coprirle;
- divieto di mangiare, bere e fumare durante le attività lavorative;
- igienizzare i luoghi di lavoro e le attrezzature;
- utilizzare adeguati DPI;
- conservare gli abiti da lavoro in appositi armadi, separati da indumenti personali;
- non lavare indumenti e stivali nelle abitazioni;
- controllare, pulire e disinfettare sistematicamente i DPI”.
Rimandiamo, infine, alla lettura integrale del documento che segnala le possibili patologie che possono essere contratte in serricoltura (malattie batteriche, fungine, virali emergenti, allergiche e infiammatorie, …) e si sofferma anche sui rischi biologici in:
- funghicoltura
- selvicoltura
- allevamenti
- acquacoltura
- apicoltura
- elicicoltura e lombricoltura.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail - Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, Dipartimento di medicina epidemiologia e igiene del lavoro e ambientale, Inail Ascoli Piceno, “ Rischio biologico nelle attività agro-zootecniche”, a cura di Casorri Laura, Ficociello Barbara, Masciarelli Eva, Papacchini Maddalena (Inail DIT) e Chiominto Alessandra, Di Renzi Simona, Paba Emilia, Tomao Paola (Inail, DIMEILA) con la collaborazione di Bomba Giuseppina (Inail Ascoli Piceno), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2022 (formato PDF, 9.83 MB).
Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Il rischio biologico in ambito agro-zootecnico”.
Leggi gli articoli di PuntoSicuro sulla sicurezza in agricoltura
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.