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Telecamere nascoste e giornalismo

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Privacy

22/10/2007

Il Garante della privacy si pronuncia in merito al ricorso presentato da tre cittadini.

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I servizi giornalistici realizzati con l’ausilio di telecamere nascoste sono divenuti sempre più frequenti nei programmi Tv e sui siti internet. L’utilizzo di questi strumenti da parte dei giornalisti tuttavia è lecito solo in casi specifici.
 
“Un giornalista  - ha sottolineato il Garante della privacy dalle pagine della sua newsletter - non può usare "artifici" per svolgere la sua attività, e deve rendere nota la sua professione a meno che vi siano rischi per la propria incolumità o non possa, altrimenti, adempiere alla funzione informativa.
È illecito, quindi, utilizzare per un servizio giornalistico brani di conversazioni ed immagini di colloqui privati ripresi con una telecamera nascosta senza che vi siano fondati motivi.”
 
L’Autorità si è soffermata sul delicato rapporto tra privacy e diritto di cronaca, illustrando gli esiti di alcuni ricorsi, presentati la scorsa estate, nei confronti di emittenti televisive e siti internet.
Ricorsi accolti dal Garante che ha ordinato ad una televisione via satellite di non trasmettere più un servizio giornalistico e di cancellarlo dal proprio sito Internet.
I ricorsi erano stati presentati da tre imam, ai quali si erano rivolti due giornalisti fingendosi coniugi di fede musulmana alla ricerca di un consulto religioso. Il Garante ha ritenuto che siano stati violati i principi sulla protezione dei dati personali e del codice deontologico in materia di giornalismo e in particolare quelli relativi all'obbligo del giornalista di rendere note le finalità di un colloquio - ossia di star raccogliendo informazioni per un servizio giornalistico - e di evitare l'uso di "artifici".
Secondo il Garante, “pur sussistendo, infatti, l'interesse pubblico a conoscere le opinioni delle guide religiose di alcune delle principali moschee italiane sull'uso del velo da parte delle donne, dalla ricostruzione dei fatti è emerso che i giornalisti non hanno informato gli imam né dell'uso della telecamera, né che le loro dichiarazioni sarebbero state utilizzate per un servizio giornalistico.
Non pertinenti e non essenziali all'informazione sono risultate, inoltre, le traduzioni di brani di telefonate ricevute da uno degli imam durante i colloqui e riportate nel servizio.”

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Secondo l'Autorità in questo caso non ricorreva un'ipotesi prevista dal codice deontologico, alla quale si appellava invece la società televisiva, che consente al "giornalista che raccoglie notizie" di non qualificarsi solo nel caso in cui "ciò comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l'esercizio della funzione informativa".
I due giornalisti televisivi, infatti, avevano reso nota, seppure genericamente, la propria professione agli imam che li avevano comunque ammessi nei loro uffici all'interno delle moschee ed avevano continuato a fornire informazioni, anche se gli stessi le annotavano su un taccuino.
Il Garante ha vietato inoltre anche ad un quotidiano l'ulteriore diffusione sul proprio sito delle informazione relative ai due imam, in particolare le loro immagini, pubblicate in un articolo in cui si anticipava la messa in onda del servizio.
[Il testo integrale dei provvedimenti del Garante è consultabile qui: n.1435035 e n.1436163].

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