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Come migliorare la sicurezza nella posa a caldo di manti di copertura?

Come migliorare la sicurezza nella posa a caldo di manti di copertura?
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Prevenzione incendi

11/03/2022

Un documento sul rischio incendio ed esplosione in edilizia si sofferma sulla posa a caldo di manti di impermeabilizzazione e sulla probabilità d’innesco di un incendio. I fenomeni di gocciolamento, le procedure di sicurezza e l’esposizione ai fumi.

Roma, 11 Mar – Il documento “ Rischio incendio ed esplosione in edilizia. Prevenzione e procedure di emergenza”, nato dalla collaborazione tra Inail e Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e pubblicato nel 2020, si sofferma ampiamente, in relazione alle possibili fonti di incendio ed esplosione in cantiere (materiali infiammabili, incendi di origine elettrica, …), sui lavori a caldo.

 

I lavori a caldo, come ricordato in molti nostri articoli, riguardano varie tipologie di attività/metodi lavorativi che producono scintille o prevedono l’uso di fiamma libera o altre fonti di calore. E tra questi lavori, che sono spesso usati nelle attività di costruzione e ristrutturazione, si possono ricordare, ad esempio:

  • le attività di saldatura e taglio;
  • la posa a caldo di manti di copertura.

 

Dopo aver già ricordato, in un precedente articolo, i pericoli d’incendio delle attività di saldatura e i rischi specifici degli addetti ai lavori a caldo, ci soffermiamo oggi, sempre con riferimento al contenuto del documento Inail, sulla posa a caldo di manti di impermeabilizzazione (guaina bituminosa).

Infatti si indica che nelle attività lavorative che prevedono l’applicazione di manti impermeabili a caldo, “il rischio d’incendio è particolarmente elevato per la presenza di materiali combustibili, quali: tavolati lignei, isolanti termici, strati di barriere al vapore e manti impermeabili in particolare per tipologie costruttive quali tetti ventilati”.

 

Nell’articolo affrontiamo i seguenti argomenti:


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Gli incendi nella posa a caldo di manti di impermeabilizzazione

Il documento segnala nella posa a caldo di manti di impermeabilizzazione (guaina bituminosa) la probabilità d’innesco di un incendio è particolarmente elevata, “nelle zone di giunzione tra la copertura ed altre parti di struttura quali muretti, pareti e canne fumarie dove esiste la concreta possibilità che la fiamma del cannello, adoperato per l’applicazione del manto impermeabile, possa lambire strati di materiale combustibile costituenti il pacchetto dei prodotti da costruzione della copertura”.

 

E in queste situazioni, laddove l’incendio dovesse insorgere e in assenza di adeguate misure di protezione, “l’evento può essere caratterizzato da una rapida propagazione, in relazione alla natura dei materiali posati in opera, con conseguenti ingenti danni materiali”.

Tra l’altro, come indicato sopra, nelle eventuali strutture di copertura del tipo ventilato, “la stessa configurazione geometrica della struttura con la presenza di intercapedini d’aria, origina dinamiche d’incendio particolarmente veloci, grazie all’efficace ventilazione e conseguenti apporti d’aria”.

 

E non bisogna dimenticare la difficoltà delle “azioni di contrasto alla propagazione dell’incendio, attraverso azioni di spegnimento con presidi quali ad esempio estintori o idranti”.

 

Il documento riporta le immagini dei danni di un incendio su di una “copertura del tipo ventilato, realizzata con un pacchetto di materiali multistrato con configurazione geometrica a forma di ‘volta’”.

In questo caso la propagazione dell’incendio “è stata particolarmente violenta in ragione della presenza di intercapedini d’aria all’interno della copertura, ma anche a causa della stessa configurazione geometrica”.

 

Si segnala poi che in alcune circostanze - ad esempio nel caso di coperture con presenza di lucernai – “gli incendi di tetti possono essere anche caratterizzati da fenomeni di gocciolamento di materiali quali, ad esempio, quelli plastici”. In questo caso esiste la “concreta possibilità che l’incendio possa propagarsi ulteriormente verso le strutture sottostanti”.

 

Riprendiamo dal documento una foto che illustra gli effetti del gocciolamento conseguenti “l’incendio di un lucernaio in materiale plastico, incendio nel corso del quale per effetto del gocciolamento, si è verificato l’innesco di materiali combustibili sottostanti” con una dinamica di propagazione dell’incendio dall’alto verso il basso:

 

 

A questo proposito si ricorda che laddove richiesto a livello normativo o “comunque in tutti i casi che risulta poco impattante la valutazione del rischio incendio dovrà essere condotta per valutare la possibilità di attivazione di meccanismi di propagazione legati a fenomeni di gocciolamento, fenomeni che sono valutati e quindi, se necessario per norma o per scelta, limitati nel caso di materiali classificati ai fini della reazione al fuoco”.

 

La posa in opera: le procedure di sicurezza e le emergenze

Si ricorda che le lavorazioni a caldo per la posa in opera di un manto impermeabile, “avvengono con l’utilizzo di un cannello alimentato a GPL; è la tipica lavorazione a caldo, alla quale si può collegare un grandissimo numero d’incendi”.

 

Si indica che in queste attività le procedure di sicurezza generali (“per ogni caso particolare devono essere inquadrate e applicate”) prevedono “l’analisi dei rischi riferiti a scottatura e ustioni (per contatti accidentali con la fiamma del cannello), l’inalazione nociva dei fumi, l’irraggiamento per utilizzi ed esposizioni prolungate nel tempo e, soprattutto, l’innesco accidentale d’incendio/esplosione (perdite di gas, rottura contenitore in pressione per urto violento)”.

 

In particolare le corrette procedure di sicurezza “devono prevedere almeno:

  • trasporto in sicurezza della bombola;
  • controllo funzionale del riduttore di pressione (sulla bombola);
  • controllo funzionale del cannello;
  • controllo visivo (stato di conservazione) delle tubazioni (in gomma) colleganti bombola e cannello”. Una nota sottolinea che questa “costituisce una forte criticità a causa del deterioramento interno (flusso di gas) e soprattutto esterno (sollecitazioni meccaniche, urti, tagli, danneggiamento di tipo chimico, ecc.)”.
  • “verifica dell’assenza di materiale combustibile nei pressi delle lavorazioni e controllo pulizia del piano di posa (ove potrebbero trovarsi residui combustibili di altre fasi di lavoro);
  • l’attenzione nell’utilizzo a non interessare con le fiamme libere la bombola (e gli annessi in pressione) e le tubazioni in gomma;
  • sorveglianza della zona lavorativa per almeno un’ora dopo il termine della fase di lavoro in parola”.

 

Si segnala poi che le tubazioni devono risultare conformi alla norma tecnica UNI EN ISO 3821:2020Attrezzature per saldatura a gas - Tubi di gomma per saldatura, taglio e processi correlati” e “nel caso sia previsto un (limitato) deposito interno di bombole di gas (limiti assoggettabilità ai controlli dei VV.F. ai sensi dell’allegato I del d.p.r. 151/2011) devono essere rispettati alcuni criteri e prescrizioni:

  • locali non interrati, non sovrastanti o sottostanti altri locali e aventi almeno due lati confinanti con spazio scoperti;
  • separazioni REI 120 con altri ambienti;
  • distanza dal più vicino fabbricato esterno non inferiore a 8 m (16 nel caso di alcune tipologie di attività esterne)”.

 

Le procedure in caso di emergenza “prevedono la conoscenza dei gas (tipologia) contenuti nelle bombole e il loro stato di conservazione all’interno delle stesse (gas compresso, liquefatto, refrigerato)”.

Senza dimenticare che tutte le bombole, in generale, “possono scoppiare (perdita di resistenza di un recipiente a pressione) ed esplodere (a seguito l’innesco del materiale infiammabile di riempimento a seguito di scoppio)”.

Si segnala poi che in caso di rottura parziale o semplice lieve trafilamento di una valvola di una bombola di gas compresso e/o liquefatto, “se avviene l’innesco del materiale fuoriuscito, in generale è bene non estinguere la fiamma prima dell’arrivo delle squadre VV.F., in quanto si potrebbero generare atmosfere esplosive”.

 

Le operazioni d’impermeabilizzazione e le membrane bituminose

Il documento si sofferma anche sulle operazioni d’impermeabilizzazione “mediante stesura in aderenza o semi-indipendenza di membrane bituminose (contenenti almeno il 51% di matrice bituminosa sul legante) con utilizzo di bruciatore a fiamma di GPL”.

Queste lavorazioni comportano “la possibile esposizione degli addetti a fumi derivati dalla pirolisi del bitume”.

 

A questo proposito si segnala che il bitume riscaldato “emette fumi contenenti una quantità variabile di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), presenti sia nel particolato che nei vapori aerodispersi. Dal punto di vista tossicologico gli IPA, ad alte esposizioni o ad esposizioni protratte, hanno un’azione irritante su mucose e congiuntive ma soprattutto, ad alcuni di essi (quelli più pesanti costituiti da 4-5 anelli), e stato riconosciuto un rischio cancerogeno per la cute e l’apparato respiratorio”.

 

Si ricorda che uno studio fatto dalla regione Lombardia ha evidenziato che “i valori di esposizione professionale a IPA durante l’impermeabilizzazione di superfici mediante stesura di guaina bituminosa, pur contenuti ed in buona parte sovrapponibili a quelli della popolazione generale, evidenziano differenze possibilmente ascrivibili alla tipologia di membrana bituminosa utilizzata”.

 

Concludiamo segnalando che in relazione ai lavori a caldo il documento, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma anche:

  • sulle attività che si svolgono in ambienti oggetto di restauro (legno secco e/o pezzatura minuta);
  • sulle “facciate continue nei lavori di riqualificazione energetica (cosiddetto ‘cappotto’), con particolare riferimento al transitorio di posa in opera in assenza dello strato d’intonaco”.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici, Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione, “ Rischio incendio ed esplosione in edilizia. Prevenzione e procedure di emergenza”, documento realizzato in collaborazione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, a cura di Giovanni Luca Amicucci, Beatrice Conestabile Della Staffa, Francesca Maria Fabiani, Daniela Freda, Alessandro Ledda, Donato Lancellotti, Barbara Manfredi, Federica Paglietti, Arcangelo Prezioso, Giovanna Ricupero, Alessio Rinaldini, Raffaele Sabatino, Maria Teresa Settino, Fabrizio Baglioni, Armando De Rosa, Federico Lombardo, Andrea Marino, Fabio Mazzarella, Francesco Notaro, Antonio Petitto, Amalia Tedeschi – Collana Ricerche - edizione 2020 (formato PDF, 4,70 MB).

 

 

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