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La qualificazione del preposto: criteri di individuazione ed esempi

La qualificazione del preposto: criteri di individuazione ed esempi
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Preposti

13/11/2019

Da quali elementi documentali (DVR, organigramma aziendale etc.) e circostanze di fatto si desume la funzione di preposto all’interno di un’organizzazione secondo le sentenze di Cassazione Penale degli ultimi 6 mesi.

I criteri di individuazione del preposto

Chi è il preposto (di diritto e di fatto), quali poteri lo caratterizzano e come va interpretata e applicata in concreto la relativa definizione

 

Una sentenza di qualche mese fa (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 giugno 2019, n.25836) ricorda anzitutto che “il “preposto”, come recita l’art.2 T.U. in materia di sicurezza sul lavoro, è “la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.”

 

Ampliando lo sguardo, “si tratta «di una delle tre figure cui, secondo la nostra legislazione antinfortunistica e secondo la giurisprudenza formatasi al riguardo, competono, nell’ambito dell’impresa, specifiche posizioni di garanzia autonomamente previste. Il preposto, come il datore di lavoro e il dirigente, è individuato direttamente dalla legge e dalla giurisprudenza come soggetto cui competono poteri originari e specifici, differenziati tra loro e collegati alle funzioni a essi demandati, la cui inosservanza comporta la diretta responsabilità del soggetto “iure proprio”. Si deve cioè precisare che il preposto non è chiamato a rispondere in quanto delegato dal datore di lavoro, ma bensì a titolo diretto e personale per l’inosservanza di obblighi che allo stesso, come già si è detto, direttamente fanno capo» (così Sez. 4, n.1502 del 1/12/2009, dep.14/1/2010 n.m.).”

 

La Corte sottolinea che “prima della emanazione del d.lgs. 9 aprile 2008, n.81 che, all’art.2, fornisce una precisa definizione di “preposto”, ut supra, l’individuazione dei caratteri tipici di tale figura e dei suoi compiti sono stati elaborati dalla giurisprudenza di legittimità che ha fatto riferimento al quadro normativo dell’epoca (d.P.R. 27 aprile 1955, n.547, art.4, poi ripreso dal  d.P.R. n.626 del 1994, art.1, comma 4 bis) che indicava il preposto come colui che “sovrintende” alle attività dei lavoratori da lui dipendenti nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze.”

 

In particolare, “con pronunce assai risalenti nel tempo ma che esprimono principi sempre validi ed attuali, si è in primo luogo affermato (Sez.4, del 21/12/1995 n.3483, Rv.204972) che preposto è colui che, nel suo settore, prende decisioni e sovrintende al lavoro eseguito da altri, pur potendo, ove occorra, contribuire alla realizzazione dello stesso, in tal modo individuando la caratteristica essenziale nell’attribuzione al medesimo di poteri, sia pur limitati, di sovraordinazione e controllo di altri lavoratori. Si è poi chiarito (Sez.4, n.48 del 14.1.1970 Rv.113999) che nella concreta attribuzione di tale qualifica deve farsi riferimento al criterio della effettività, atteso che “La qualifica e le responsabilità del preposto non competono soltanto ai soggetti fomiti di titoli professionali o di formali investiture, ma a chiunque si trovi in una posizione di supremazia sia pure embrionale, tale cioè da porlo in condizione di dirigere l’attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini” (da ultimo, sul principio dell’effettività, si veda Sez.4, n.50037 del 10/10/2017, Rv.271327 - 01). Si è quindi specificato che grava sul preposto uno specifico dovere di sorveglianza e controllo dell’attività svolta dagli altri lavoratori ed un precipuo dovere di segnalare al datore di lavoro eventuali pericoli o carenze nei sistemi di protezione.”

 

Secondo Cassazione Penale, Sez.IV, 19 aprile 2019 n.17202, poi, “con riferimento proprio alla posizione di garanzia c.d. originaria del preposto di fatto (cfr. Sez.3, n.11406 del 06/07/1999 dep. 07/10/1999, Rv.21506501) la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il conferimento della qualifica di preposto deve essere attribuita, più che in base a formali qualificazioni giuridiche, con riferimento alle mansioni effettivamente svolte nell’impresa. Con la conseguenza che chiunque abbia assunto, in qualsiasi modo, posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato, per ciò stesso, tenuto a norma all’osservanza ed all’attuazione delle prescritte misure di sicurezza ed al controllo del loro rispetto da parte dei singoli lavoratori.”

 

In una più recente pronuncia (Cassazione Penale, Sez.IV, 12 settembre 2019 n.37763) la Suprema Corte ha evidenziato che “tra le varie figure il preposto è colui il quale sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l’esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico.

Si tratta di una definizione di carattere generale che subisce eventuali specificazioni in relazione a diversi fattori, quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell’azienda, la sua concreta pianificazione e le sue dimensioni. In un’organizzazione di una certa complessità persone, con diverse competenze, sono chiamate a ricoprire i ruoli in questione.

Nell’ambito dello stesso organismo, quindi, può riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti.”

 

Quanto all’individuazione delle responsabilità penali, poi, “in tema di reati omissivi colposi (e, specificamente, in tema di infortuni sul lavoro, ai sensi dell’art.299, d.lgs.n.81 del 2008), la posizione di garanzia - che può essere generata da investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante - deve essere individuata accertando in concreto la effettiva titolarità del potere-dovere di gestione della fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro.”

 

In applicazione di tali criteri, è “generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo.”

 

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L’individuazione in concreto del preposto

Da quali elementi documentali (DVR, organigramma aziendale etc.) e fattuali si desume la funzione di preposto: due esempi concreti

 

In Cassazione Penale, Sez.IV, 22 luglio 2019 n.32490 leggiamo che “dalle testimonianze di cinque dipendenti comunali, con il ruolo di operai, è emerso che il R.F. era colui che assegnava i lavori e dava le indicazioni su come svolgerli, sostituendo il responsabile quando questi era assente, come nel giorno dell’infortunio. Il responsabile ha confermato che il R.F. formava le squadre degli operai e assegnava loro i lavori da eseguire giornalmente, in base a schede preparate da lui o dal R.F. stesso.”

 

Ancora, “il dirigente comunale ha inoltre dichiarato che il R.F. era inquadrato come assistente tecnico, con mansioni di coordinamento della gestione dei cantieri, anche quanto alla loro sicurezza, e che il preposto era colui che aveva la responsabilità del cantiere stesso, ragion per cui gli assistenti, che gestivano questo tipo di attività, avevano la funzione di preposto.”

 

Per quanto attiene all’individuazione dei ruoli all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi, “l’operatore della ASL aveva poi specificato che il R.F. era stato designato come preposto nel DVR (con il termine “assistente”), aveva una qualifica superiore a quella degli operai e nel 2010 aveva sostenuto un apposito corso di formazione come preposto. Di qui la conclusione, cui è pervenuto il giudice a quo, circa l’attribuzione della qualifica di preposto al ricorrente non solo di fatto ma anche documentalmente, in base sia al regolamento comunale sia al DVR, che gli attribuiva il compito di “coordinamento e controllo della squadra operativa”. Trattasi di motivazione congrua, esauriente, saldamente agganciata a precise risultanze processuali e perciò del tutto immeritevole di censura, essendo corretta anche l’affermazione secondo cui il capo-cantiere ha una funzione assimilabile a quella del preposto, poiché assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro (Cass., Sez.4, n.4340 del 24/11/2015, Rv.265977), in cui rientra il dovere di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem (Cass., Sez.4, n.9491 del 10-1-2013, Rv.254403; n.39606 del 2007, Rv.237879; n.12673 del 2009, Rv.243216; n.46849 del 2011, Rv.252149).”

 

Per un secondo esempio facciamo riferimento a Cassazione Penale, Sez.IV, 18 luglio 2019 n.31863.

 

Secondo questa pronuncia, “i Giudici di merito hanno evidenziato che i ricorrenti rivestivano entrambi la qualifica di preposti. Si precisa nelle sentenze di merito che il dato si desume dall’organigramma della sicurezza [dell’azienda] M. prodotto dalla stessa difesa, in cui risultano indicati, per il reparto produzione a cui era addetta la persona offesa, quali responsabili della funzione, i nominativi di P.F. ed A.A.”

 

La Cassazione chiarisce che “i giudici hanno altresì precisato correttamente che la qualifica di preposto non necessita di essere dimostrata attraverso prove documentali attestanti la formale investitura, ben potendo essere desunta da circostanze di fatto (ex multis Sez.4, n.34299 del 04/06/2015, Rv.264410 - 01 così massimata: “La prova dell’assunzione del ruolo di preposto non richiede un elemento probatorio documentale o formale, potendo il giudice del merito fondare il convincimento anche su testimonianze od altri accertamenti fattuali”).”

 

Tornando al caso di specie, “la difesa, che non contesta che il P.F. fosse investito della qualifica di preposto nel settore produzione - come risulta peraltro dalla esplicita indicazione contenuta nell’organigramma - ritiene tuttavia che le mansioni svolte dal lavoratore all’atto dell’infortunio, fuori dal ristretto ambito del reparto di produzione, costituissero ragione di esonero dai compiti di controllo e vigilanza cui era tenuto l’imputato. La censura non coglie nel segno. Il preposto ha la funzione di verificare e garantire il rispetto delle regole di cautela nell’esecuzione delle prestazioni lavorative e la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile (ex multis Sez. 4, n.  37986 del 27/6/2012, Battafarano, Rv. 254365; conforme Sez. 4, n.  3787 del 17/10/2014 dep. il 2015, Bonelli, Rv. 261946).”

 

Per quanto attiene al secondo ricorrente, “i giudici di merito hanno riconosciuto la qualifica di preposto anche in capo all’imputato A.A. desumendo tale posizione dall’esercizio di fatto di funzioni tipiche. La difesa contesta tale qualifica, affermando che non rientrava nelle competenze dell’imputato la vigilanza sull’attività di EB.E. La negazione ha carattere assertivo: i giudici di merito hanno evidenziato le ragioni per le quali hanno ritenuto di attribuire al ricorrente la suddetta qualifica, rilevando che l’A.A. era responsabile della funzione nel reparto produzione a cui era addetto il lavoratore e che aveva provveduto a realizzare corsi di formazione nell’ambito del reparto, riguardanti l’uso della cesta per le lavorazioni in quota. A ciò deve aggiungersi che si desume dalie stesse affermazioni dell’imputato che il lavoro di sostituzione della cartellonistica fu da lui commissionato al dipendente, sia pure in una forma implicita. A tale proposito, a pagina 6 della sentenza di primo grado, sono riportate le dichiarazioni dell’A.A. il quale ha affermato che i cartelli da installare erano stati da lui ordinati in copisteria e lasciati sulla scrivania del suo ufficio affinché la persona offesa li prendesse.”

 

Pertanto “deriva da tali elementi la conseguente posizione di garanzia individuata dai Giudici di merito che può essere accertata anche sulla base di circostanze di fatto, in ossequio al principio dell’effettività (ex multis Sez. 4, Sentenza n.  22246 del 28/02/2014, Rv. 259224 - 01, così massimata: “In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, il che non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge”).”

 

In conclusione, nel caso di specie, “da tutto quanto precede, come risulta acclarato nelle sentenze di merito, gli imputati avevano il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici, vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dallo stesso lavoratore l’osservanza delle regole di cautela, sicché la loro responsabilità può essere esclusa solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive organizzative ricevute.

Come sostenuto dai giudici di merito, il comportamento del lavoratore era del tutto scevro dai connotati dell’abnormità e della esorbitanza.”

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

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