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Le nuove sfide per la sicurezza: le campagne e le indagini europee
Bilbao, 17 Ott – Non c’è dubbio che per affrontare le sfide connesse alla salute e sicurezza sul lavoro sia necessario confrontarsi con un panorama in continua evoluzione, segnato, ad esempio, dalle trasformazione tecnologica e dai cambiamenti climatici. E per permetterci di capire quali siano oggi e quali saranno domani i rischi emergenti, è importante il ruolo dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA). Sia con riferimento alle campagne di promozione, attuali e future, promosse dall’Agenzia, che alle tante indagini e ricerche che permettono di fornire nuovi dati e indicazioni.
Proprio per approfondire questi nuovi rischi abbiamo realizzato un’intervista che parte dalla campagna europea (2023/2025) “ Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”, promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro ( EU-OSHA) e di cui PuntoSicuro è media partner, con particolare riferimento all’ultimo step/tema affrontato: i sistemi digitali intelligenti. Un’intervista che si sofferma anche sulla prossima campagna europea sulla salute mentale e che raccoglie dati e informazioni su una importante indagine dell’Agenzia: “OSH Pulse 2025”. Un’indagine che è stata, tra l’altro, presentata in un incontro a settembre a cui ha partecipato, per il nostro giornale, il direttore Luigi Meroni.
Per affrontare questi temi abbiamo rivolto alcune domande a Maurizio Curtarelli, Senior Research Project Manager - Prevention and Research Unit dell’Agenzia europea EU-OSHA, che ci ha supportato, in questi anni, per approfondire i vari step dell’attuale campagna europea,
L’intervista è stata realizzata il 9 ottobre 2025 e le domande hanno riguardato i seguenti argomenti:
- i temi affrontati nel triennio dalla campagna “Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”
- l’ultimo step della campagna sui sistemi digitali intelligenti e i vantaggi e le opportunità offerte da queste nuove tecnologie
- i possibili svantaggi, le sfide, le eventuali criticità dei sistemi digitali intelligenti e i possibili accorgimenti
- la conclusione dell’attuale campagna e la valutazione dei suoi risultati
- anticipazione della prossima campagna che partirà nel 2026 e che riguarderà la salute mentale sul lavoro
- le differenze della prossima campagna con la campagna del biennio 2014–2015 sulla gestione dello stress lavoro-correlato
- la nuova indagine Osh Pulse 2025, la sua importanza e i temi affrontati
- Osh Pulse 2025: i dati relativi ai cambiamenti climatici
- Osh Pulse 2025: i dati relativi a salute mentale e nuove tecnologie
- le riflessioni che si possono fare a partire dai risultati dell’indagine
L’articolo si sofferma su vari argomenti:
- La campagna sul lavoro nell’era digitale: i sistemi digitali intelligenti
- La futura campagna europea: la salute mentale sul lavoro
- Le nuove indagini europee: nuove tecnologie e cambiamenti climatici
Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.
L’intervista di PuntoSicuro a Maurizio Curtarelli
La campagna sul lavoro nell’era digitale: i sistemi digitali intelligenti
Partiamo dalla campagna che si sta concludendo: possiamo segnalare, per l’ultima volta, i temi che ha affrontato e ricordare che l’ultimo step della campagna riguarda i sistemi digitali intelligenti? Di quali sistemi stiamo parlando, perché sono importanti e quali possono essere i vantaggi per quanto riguarda la sicurezza?
Maurizio Curtarelli: Dopo aver parlato di lavoro su piattaforma, automazione dei compiti lavorativi, di lavoro ibrido e da remoto, di gestione algoritmica dei lavoratori, parliamo ora di sistemi digitali intelligenti che sono sistemi che utilizzano tecnologie digitali per acquisire dati sul lavoro, su quello che sta facendo il lavoratore. Sistemi che possono analizzare questi dati per identificare rischi occupazionali e ovviamente prevenirli o minimizzarli soprattutto in termini di impatto, promuovendo in questo modo salute e sicurezza sul lavoro.
Faccio degli esempi di questi dispositivi per capire di cosa stiamo parlando.
Parliamo, per esempio, di tecnologie tessili che sono capaci di interagire con i lavoratori, che hanno dei sensori incorporati, per esempio, per trasmettere dei segnali di pericolo oppure anche dei segnali riguardanti aspetti come il battito cardiaco, eccetera, del lavoratore. Parliamo di dispositivi indossabili che hanno dei sensori che possono essere integrati anche in, per esempio, caschetti protettivi oppure degli occhiali di sicurezza. Parliamo di dispositivi di protezione individuale che sono in grado di registrare la presenza di gas, tossine, oppure la contaminazione nell'ambiente di lavoro o temperature elevate. Mandano poi, questi dispositivi, dei segnali ai responsabili della sicurezza o ai coordinatori per intervenire opportunamente. Parliamo di orologi intelligenti che sono in grado, appunto, di raccogliere informazioni, anche per esempio su aspetti emotivi del lavoratore. Quindi se un lavoratore stressato ha un'accelerazione del battito cardiaco oppure se il soggetto ha pressioni lavorative che portano ad un aumento della pressione cardiaca. E quindi anche lì un segnale viene inviato per intervenire.
Ci sono i droni che possono essere utilizzati per eseguire delle ispezioni, per esempio in siti di costruzione o laddove ci sono aree di pericolo. Possono effettuare queste ispezioni che possono evitare di esporre a rischi le persone che dovrebbero invece effettuare queste ispezioni fisicamente, personalmente.
Insomma, è un insieme di tecnologie molto variate che, comunque, hanno in comune la cosa che, nelle immediate prossimità del lavoratore, sono in grado di rilevare dei dati che vengono trasmessi a dei software che li analizzano e lanciano per esempio dei segnali di allarme o dei segnali di bisogno di intervento (…)
Dal punto di vista delle opportunità, noi vediamo che questi dispositivi sono utili per monitorare in tempo reale i rischi. Le informazioni raccolte possono essere utilizzate per effettuare la valutazione dei rischi e quindi, diciamo, aiutano a prevenire e a minimizzare danni e rischi a cui i lavoratori sono esposti, soprattutto in questi contesti lavorativi più difficili, in cui ci sono maggiori rischi, anche fisici. I dati raccolti possono essere utilizzati per migliorare le decisioni relative al lavoratore, possono essere utilizzati come input per disegnare delle attività di formazione in materia di salute e sicurezza, oppure possono essere utilizzate per ispezioni sul lavoro mirate.
Ecco, questi sono i vantaggi che abbiamo individuato in relazione a questi sistemi intelligenti.
Diamo qualche informazione anche sui possibili svantaggi, sulle sfide, sulle eventuali criticità di queste nuove tecnologie. Magari provando anche a raccontare quali accorgimenti si possono mettere in campo per vincere queste sfide.
Maurizio Curtarelli: Abbiamo individuato diverse aree problematiche, diverse sfide.
Per esempio, le tecnologie possono naturalmente mal funzionare, raccogliere i dati in maniera inaccurata e quindi, ovviamente, portare a decisioni o inviare dei segnali che non andrebbero inviati in quel momento. I dati raccolti possono essere, ad esempio, se i responsabili non hanno la formazione adeguata, interpretati in maniera erronea e anche lì, appunto, dare poi luogo a decisioni errate. Un altro problema è l'eccessivo affidamento alla tecnologia che può portare a distrazioni e, quindi, ad incidenti. Il pensare che l'utilizzo della tecnologia sia sufficiente per prevenire un rischio, fa abbassare il livello di guardia e quindi ci possono essere degli incidenti (…).
Inoltre, un altro rischio importante è quello che venga “delegata”, in qualche modo, la valutazione dei rischi alla tecnologia. (…) E poi c'è, diciamo, l'”elefante nella stanza”, come si dice, che è la raccolta di dati in maniera intensiva, dati che possono essere utilizzati anche per altri fini, al di là di quelli strettamente legati appunto a salute e sicurezza e quindi all'ambito lavorativo. E quindi si sfocia nel problema dell'invasione della privacy del lavoratore. Infine, un'altra questione che abbiamo sollevato è quella dell'eccesso di informazione che deve essere poi digerita, analizzata, eccetera dai manager, dai responsabili. (…)
Ecco, queste sono le aree più problematiche che abbiamo in individuato. E noi abbiamo anche formulato diverse soluzioni che partono naturalmente da quelle che invochiamo e abbiamo invocato per tutte queste tecnologie: quelle di adottare un approccio umano-centrico, in cui i lavoratori e i datori di lavoro rimangono in controllo della tecnologia, in cui la tecnologia supporta ma non rimpiazza le decisioni umane. In cui appunto, il controllo e l'autonomia del lavoratore sul lavoro rimane centrale.
Un punto importante che abbiamo sottolineato è la trasparenza.
La trasparenza, l'informazione su come le tecnologie lavorano e su come i processi digitali operano. Trasparenza che dovrebbe essere sempre garantita. Quindi i lavoratori e i loro rappresentanti dovrebbero essere sempre messi in condizione di avere accesso a queste informazioni. Inoltre, i lavoratori dovrebbero essere coinvolti per capire quali sono i loro bisogni e come loro si rapportano alla tecnologia per capire se una tecnologia è necessaria e per fare in modo che i lavoratori se ne approprino.
Ecco, questi sono degli step importanti per far sì che poi la tecnologia effettivamente sia al servizio del lavoratore, e dell'impresa naturalmente, e non crei un ulteriore peso e quindi rappresenti un problema per il lavoratore che generi stress e così via.
La campagna sul lavoro nell’era digitale si avvia alla conclusione. Quando e come si concluderà? Inoltre, è possibile effettuare una valutazione preliminare dei risultati ottenuti, cercando di capire la campagna abbia contribuito effettivamente ad aumentare la consapevolezza sui temi trattati?
Maurizio Curtarelli: La campagna volge alla fine e nei vari stati membri, soprattutto in questo mese, tra ottobre e novembre, saranno in corso eventi a livello nazionale di conclusione delle campagne. La campagna europea si conclude con un evento, un summit a Bilbao all'inizio di dicembre in cui appunto si presenteranno i risultati delle nostre attività di ricerca in sessioni parallele. Ci aspettiamo ovviamente partecipazione e discussioni sulle varie aree tematiche che abbiamo coperto. Ci sarà la premiazione delle buone pratiche a livello europeo. E uno dei premiati è un’impresa italiana.
La campagna com'è andata?
Maurizio Curtarelli: La campagna è andata bene, abbiamo ricevuto un ottimo feedback da parte di tutti gli Stati membri, da parte delle organizzazioni dei lavoratori che, inizialmente, forse, come anche i datori di lavoro, erano scettici riguardo l'importanza di una campagna sulla digitalizzazione. E invece abbiamo avuto dei feedback molto positivi. Poi abbiamo visto nel corso della campagna l'approvazione (…) di una direttiva volta a migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori su piattaforma. Abbiamo visto nel corso della campagna l'approvazione del IA act, la legislazione europea in materia di intelligenza artificiale con importanti punti anche sulla gestione algoritmica, eccetera, che sono contenuti.
Quindi mi piace pensare che abbiamo contribuito a un dibattito e a creare un momentum a livello europeo che ha permesso di raggiungere questi importanti risultati.
(…)
La futura campagna europea: la salute mentale sul lavoro
Veniamo a qualche anticipazione della prossima campagna che partirà nel 2026 e che si occuperà di salute mentale sul lavoro. Innanzitutto, perché affrontare questo tema?
Maurizio Curtarelli: Sì, in effetti parliamo di salute mentale, perché, non dimentichiamo che abbiamo avuto una pandemia che è durata un po' di anni e, in relazione a questa pandemia, sono cresciuti molto i problemi di salute mentale.
La pandemia, in qualche modo, ha messo sull'agenda della Commissione e di diversi governi nazionali la questione della salute mentale sul lavoro. La pandemia ha fatto sì che parlare di salute mentale, di stress, anche sul luogo di lavoro sia diventato più frequente, un qualcosa di più normale. Non è più visto come un tabù parlare della propria salute mentale. Le imprese stigmatizzano meno chi soffre di problemi di salute mentale, anche in connessione naturalmente al lavoro, a un lavoro stressante, a un lavoro che richiede molto sforzo, molto impegno. Mettono a disposizione anche maggiori risorse, le imprese, per prevenire questi rischi. (…)
All'inizio del prossimo anno o forse in occasione del summit si sveleranno definitivamente le aree prioritarie su cui si concentrerà la prossima campagna.
Nel biennio 2014–2015 era stata già promossa una importante campagna sulla gestione dello stress lavoro-correlato. Come si differenzierà questa campagna da quella di dieci anni fa?
Maurizio Curtarelli: (…) Diciamo che rispetto alla precedente campagna, questa campagna è disegnata tenendo conto di risultati di attività di ricerca che abbiamo condotto in questi anni che ovviamente tengono conto del fatto che nell'ultimo decennio sono state condotte molte ricerche nell'ambito della comunità scientifica sull'argomento.
Quindi è una campagna maggiormente basata su evidenze, su casi di studio, eccetera, che verranno promossi attraverso la campagna.
Ecco, forse queste sono le differenze e quello della salute mentale è diventato oggi un tema meno tabù rispetto a come poteva essere dieci anni fa.
Le nuove indagini europee: nuove tecnologie e cambiamenti climatici
Veniamo, infine, a parlare di un importante aspetto del lavoro dell’Agenzia europea, il lavoro di indagine e ricerca. Parliamo dei risultati di una nuova indagine che tra l’altro è stata presentata il mese scorso durante un incontro a cui anche il nostro giornale ha partecipato. Di che indagine stiamo parlando? Perché è importante? Che temi ha affrontato?
Maurizio Curtarelli: Noi abbiamo condotto per la seconda volta un'indagine campionaria che abbiamo chiamato OSH Pulse, l'idea è di tenere il polso della situazione di salute e sicurezza dal punto di vista dei lavoratori in Europa.
Si tratta di un'indagine campionaria condotta su un campione rappresentativo di lavoratori occupati in tutti i paesi membri, in Islanda, in Norvegia e quest'anno anche in Svizzera. Abbiamo condotto la prima edizione nel 2022 - questa è del 2025 – e adesso questa indagine diventerà biennale. Per cui verrà ripetuta nel 2027, insomma negli anni dispari.
Un campione, dicevo, di 28.000 lavoratori che rappresentano tutte le occupazioni, gli status occupazionali; quindi, abbiamo anche i lavoratori autonomi nel nostro campione. E a questo campione rappresentativo di lavoratori facciamo delle domande relative ovviamente alla loro esperienza di salute e sicurezza e al loro luogo di lavoro.
Abbiamo in questa edizione affrontato una serie di questioni legate all'uso delle tecnologie digitali, i motivi per cui vengono utilizzate queste tecnologie digitali sul lavoro e quali sono i rischi psicosociali associati anche all'utilizzo delle tecnologie. Abbiamo poi chiesto, abbiamo fatto domande, sullo stato di salute dei lavoratori, abbiamo chiesto poi quali sono i rischi legati al cambiamento climatico, a cui ritengono di essere esposti, nonché i problemi di salute legati, appunto, al cambiamento climatico.
Infine, abbiamo anche chiesto quali sono le misure messe in campo dall'azienda per prevenire da un lato i rischi psicosociali in senso più ampio, quindi legati alla prevenzione anche dei problemi di salute mentale, e dall'altro le misure volte a prevenire i rischi legati al cambiamento climatico. (…)
Noi vogliamo con questa indagine guardare alle trasformazioni in corso nel mondo del lavoro e, ovviamente, in concreto legate a salute e sicurezza sul lavoro.
Riguardo ai temi affrontati dall’indagine, partiamo da quello relativo ai cambiamenti climatici. Cosa indicano i risultati?
Maurizio Curtarelli: Noi abbiamo fatto varie domande sull'esposizione ai rischi legati al cambiamento climatico. Abbiamo chiesto ai lavoratori se negli ultimi 12 mesi ritengono di essere stati esposti a vari fattori, ad esempio in relazione a caldo estremo, sia all'interno che all'esterno, a problemi di qualità dell'aria, al polline, polvere o fumo sia internamente che esternamente al luogo fisico di lavoro, esposizione a sole intenso, esposizione a eventi estremi atmosferici, climatici atmosferici, per esempio, inondazioni, incendi, siccità o uragani. E i risultati sono molto interessanti.
Vediamo che nella media dell'Unione Europea un terzo dei lavoratori ci ha detto di essere esposto a perlomeno uno di questi quattro rischi climatici. Stiamo parlando quindi di milioni di lavoratori in Europa. Il 20% ritiene di essere esposto a caldo estremo, un altro 19% a problemi di qualità dell'aria, il 12% è esposto a sole intenso e un 9% è stato esposto nell'ultimo anno a eventi atmosferici estremi.
Inoltre, abbiamo chiesto qual è stato l'impatto da un punto di vista cognitivo, di salute mentale, del cambiamento climatico? Un 30% dei lavoratori ritiene di essere preoccupato sul fatto che il cambiamento climatico possa avere un impatto sulla loro salute e sicurezza sul lavoro, il 20% è preoccupato che task, compiti lavorativi e i lavori che svolgono debbano essere cambiati come conseguenza dei rischi legati al cambiamento climatico. E noi osserviamo ovviamente una grande variabilità di questi indicatori da un punto di vista dei paesi. (…) In tutti i paesi del sud del Mediterraneo i lavoratori riportano un'incidenza molto più elevata di questi rischi. E un dato interessante è che la variabilità di questi indicatori si registra soprattutto in relazione a gruppi specifici dei lavoratori, quindi quelli che lavorano in alcuni settori, in alcune occupazioni concrete o che svolgono, per esempio, il loro lavoro all'esterno (…)
Si è parlato anche di salute mentale e di nuove tecnologie. Cosa indica l’indagine su questi temi?
Maurizio Curtarelli: Anche in questa edizione dell'indagine, abbiamo chiesto se i lavoratori utilizzano e che tipo di tecnologie digitali utilizzano al lavoro e abbiamo dei numeri elevatissimi. La quasi totalità di lavoratori utilizza perlomeno tecnologie più semplici, come appunto l'utilizzo di un computer da tavolo o di un laptop nel loro lavoro quotidiano. Però abbiamo anche un numero crescente di lavoratori che utilizza tecnologie un po' più sofisticate tra cui, per esempio software o strumenti con componenti di intelligenza artificiale, per esempio per l'analisi di dati, …(…). Circa il 20% utilizza tecnologie di questo tipo, il 12% dei lavoratori utilizza dispositivi indossabili, il 6% dei lavoratori macchine o robot che possono “pensare” e prendere decisioni in maniera automatica.
E abbiamo visto come in connessione all'utilizzo di queste tecnologie ci sono spesso delle aree problematiche. Queste tecnologie permettono di esercitare un controllo, quello che appunto chiamiamo la gestione algoritmica, vengono utilizzate per una allocazione automatica dei compiti o del tempo di lavoro o dei turni al lavoratore. (…)
Ci sono poi rischi psicosociali, rischi per la salute mentale. La tecnologia determina il ritmo del lavoro per circa la metà dei lavoratori intervistati. Porta al lavoro in isolamento per un terzo dei lavoratori, aumenta il carico di lavoro per un terzo dei lavoratori, riduce le opportunità di utilizzare conoscenze e skills. (…) E l'altro aspetto importante è vedere come l'utilizzo delle tecnologie in realtà è direttamente correlato con problemi di salute mentale. Per esempio, quando laddove, nei contesti in cui la tecnologia viene utilizzata, è più probabile che il lavoratore riferisca anche di soffrire di stress, depressione o ansia legate al lavoro. (…)
Quali sono le riflessioni che si possono fare a partire dai risultati dell’indagine?
Maurizio Curtarelli: Ovviamente l'indagine ci dà delle indicazioni chiare circa quali sono le aree problematiche. Naturalmente ci fa piacere vedere che, se un quarto, per esempio, dei lavoratori riferisce di essere soggetto a controllo algoritmico, il 75% ritiene di non esserlo, però quel 25% si traduce in un discreto numero di milioni di lavoratori in Europa e richiede attenzione. Quindi è stato fatto già un percorso da un punto di vista legislativo, normativo, eccetera, ma bisogna continuare il lavoro di sensibilizzazione, per fare crescere la partecipazione anche dei datori di lavoro alla prevenzione dei rischi legati all'uso delle nuove tecnologie.
Riguardo al cambiamento climatico anche qui abbiamo un terzo di lavoratori che ritiene di essere stato esposto nell'ultimo anno ad uno dei quattro rischi indicati. (…)
Cosa bisogna fare? Cosa le imprese possono fare? Cosa da un punto di vista della decisione politica va fatto?
Ecco, questi dati ci danno delle indicazioni importanti e ci permettono poi di approfondire, con delle attività di ricerca parallele (…), cosa proporre per un intervento mirato, con il coinvolgimento anche, ovviamente, delle parti sociali che possono intervenire in vantaggio dei lavoratori.
(…)
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Link alle precedenti interviste a Maurizio Curtarelli sugli step della campagna europea “Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”:
- Quali sono i vantaggi e svantaggi dell'automazione dei compiti lavorativi?
- Campagna europea: quali sono i rischi connessi al lavoro su piattaforma?
- Campagna europea: quali sono i rischi e le sfide nel lavoro da remoto e ibrido?
- Le sfide della gestione dei lavoratori con intelligenza artificiale e algoritmi
Il link al sito della campagna “Lavoro sano e sicuro nell’era digitale”.
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