Medico competente: come migliorare la prevenzione dei rischi chimici?
Osimo, 17 Lug – Quando nei luoghi di lavoro c’è un’esposizione ad agenti chimici pericolosi, “questa va comunque presa in considerazione ovvero, in altri termini, valutata”.
Come ricordato nell’articolo 224 (Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi) del D.Lgs. 81/2008 - Titolo IX, Capo I (Protezione da agenti chimici) – “i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo” e se le misure e principi generali non bastano vanno applicate anche le norme specifiche di prevenzione (art. 225).
A segnalarlo e a fornire utili informazioni sul ruolo del medico competente nella prevenzione del rischio chimico, anche in relazione alla collaborazione per valutare i rischi, è un intervento ai “Seminari Monotematici di Aggiornamento in Medicina del Lavoro 2019 – II serie” che, organizzati da Seres Onlus, si sono tenuti tra ottobre e novembre 2019 a Osimo (AN).
Presentiamo, dunque, la quarta e ultima parte dell’intervento dell’11 ottobre 2019 del dott. Roberto Calisti (Direttore SPSAL – ASUR Marche AV3 – Civitanova Marche) ai seminari di Osimo.
L’articolo di presentazione si sofferma sui seguenti argomenti:
- Cosa indica la normativa in materia di rischio chimico
- Il ruolo del medico competente nella prevenzione del rischio chimico
- Gli esempi di buona comunicazione e prevenzione
Cosa indica la normativa in materia di rischio chimico
Nell’intervento “Medico competente e rischi chimici: prima identificazione e valutazione. d) Azioni di prevenzione e protezione, promozione della salute, sorveglianza sanitaria” si ricordano alcune delle possibili cose da fare, in applicazione dell’art. 224 del D.Lgs 81/2008, in caso di esposizione ad agenti chimici pericolosi:
- «riduzione al minimo del numero dei lavoratori che sono o potrebbero essere esposti»
- «riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione»
- «metodi di lavoro appropriati»
- misure di prevenzione collettiva «alla fonte del rischio»
- misura dell’esposizione agli «agenti che possono presentare un rischio per la salute»
- «sorveglianza sanitaria dei lavoratori».
Inoltre – continua l’intervento – “se vi è o può esservi anche un’esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni a motivo dell'attività lavorativa, si applica anche l’articolato del Titolo IX del Dlgs 81/08. Uno per tutti: l’art. 235 del Dlgs 81/08, che impone:
- se tecnicamente possibile, di sostituire un agente cancerogeno o mutageno con qualcosa di non nocivo o meno nocivo;
- quando non sia tecnicamente possibile la sostituzione, di operare in un «sistema chiuso» ovvero, se nemmeno questo si può fare, di ridurre il livello di esposizione «al più basso valore tecnicamente possibile»”.
E qualora la valutazione dei rischi “concluda per un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute, non si applicano le disposizioni di legge relative a:
- «misure specifiche di prevenzione e protezione»
- azioni da realizzare in caso di incidenti o altre emergenze
- «sorveglianza sanitaria»
- «cartelle sanitarie e di rischio»”.
Il ruolo del medico competente nella prevenzione del rischio chimico
Veniamo al ruolo che può avere il medico competente.
Il medico competente entra in azione “solo dal momento in cui altri (datore di lavoro, RSPP, eventuali consulenti esterni …) hanno concluso che vi è un rischio ‘non irrilevante’ per la salute? Senz’altro no”:
- intanto perché - come indicato nelle altre parti relative all’intervento – “il medico competente partecipa ex lege alla valutazione dei rischi;
- poi anche (se non soprattutto) perché un medico competente ha molto da dire per fa sì che sia evitato un rischio per la salute ‘non irrilevante’”.
Ad esempio, sottolinea il dott. Calisti, un medico competente “ha certamente qualcosa da dire a datori di lavoro, RSPP, consulenti esterni, RLS, singoli lavoratori riguardo a ciò che più o meno pericoloso per la salute umana e a cosa si può fare per aumentare le probabilità di conservarsi il più a lungo possibile in buona salute”.
E su molti argomenti “la capacità comunicativa del medico competente può avere un impatto prevenzionistico di grande rilievo, ad evitare sia allarmi inutili, sia situazioni di sottovalutazione/negazione di rischi reali”.
Gli esempi di buona comunicazione e prevenzione
A questo proposito l’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente si sofferma su vari esempi.
Riguardo al rischio ‘reprotossico’, ad esempio, “è facile che per molti tale espressione risulti oscura; va spiegata, chiarendo che il problema non riguarda solo il genere femminile”. E la spiegazione di questo rischio:
- va corredata dall’informazione che gli interferenti endocrini, oltre ad essere reprotossici, possono favorire processi di cancerogenesi (ad esempio su mammella e prostata)
- va completata dalla precisazione che dosi basse comportano rischi bassi, per questo è importante ridurre le esposizioni;
- va spiegato quando sia il caso di sottoporsi a controlli medici ad hoc e quando ciò non serve”.
Un altro argomento interessante da affrontare può essere la sinergia tra esposizione occupazionale a IPA e fumo di tabacco riguardo al rischio di carcinoma polmonare e di carcinoma vescicale.
Questa sinergia è spesso sottovalutata:
- “va spiegata e va corredata con un supporto di counselling motivazionale, in particolare per sostenere la cessazione del fumo di tabacco,
- fermo restando, ovviamente, tutto quanto riguarda la cessazione delle esposizioni professionali”.
Vanno poi fatti comprendere “gli effetti favorevoli della cessazione del fumo di tabacco rispetto al rischio sia di carcinoma polmonare, sia di carcinoma vescicale (oltre che, ovviamente, di BPCO e di cardiopatia ischemica). Va chiarito che la cessazione del fumo di tabacco è utile e importante anche per chi sia stato un forte fumatore per molti anni”.
Vanno anche fatti comprendere “gli effetti favorevoli della cessazione di un’esposizione occupazionale, anche riguardo ai casi meno ‘facili’”. Ad esempio quando si parla di silice libera cristallina (quarzo) “va chiarito che la cessazione dell’esposizione riduce il rischio di silicosi, anche se questa può manifestarsi comunque, anche a distanza di tempo dalla cessazione dell’esposizione”.
Delle sinergie si deve tener conto perché:
- “nella maggior parte dei contesti produttivi cosiddetti ‘ricchi’ (o, forse meglio, ‘non poveri’), le esposizioni a singoli cancerogeni occupazionali oggi non sono particolarmente intense e/o durature … però anche oggi non di rado esse sono multiple, in contemporanea e/o in successione;
- molti lavoratori esposti a cancerogeni occupazionali sono gravati anche da esposizioni a cancerogeni extra-occupazionali (e non solo se sono fumatori)”.
Va poi chiarito anche il significato della sorveglianza sanitaria, “sia in corso di esposizione, sia dopo il termine di essa”.
Ad esempio va chiarito:
- che “alcuni agenti hanno effetti a lungo termine e una malattia da essi causata può manifestarsi anche a distanza di tempo dalla cessazione dell’esposizione”;
- “che solo per alcune patologie selezionate si dispone di test di screening efficaci a fini di diagnosi precoce”;
- “che dopo il termine dell’esposizione occupazionale ‘problematica’, se è necessario proseguire una sorveglianza mirata ad hoc, questa passa in carico al Servizio Sanitario Nazionale”.
L’intervento, di cui vi invitiamo a leggere anche le altre parti che hanno affrontato il tema del riconoscimento, misurazione e valutazione dei rischi, si conclude indicando che un buon medico sa parlare, ma “un buon medico sa anche ascoltare”. Infatti se “si crea un clima di fiducia reciproca, è più facile che i lavoratori dicano tempestivamente della percezione di ‘qualcosa che non va’:
- sia dal punto delle esposizioni (ad esempio, per operazioni particolari o saltuarie che possono sfuggire a una prima valutazione dei rischi);
- sia dal punto di vista della loro salute”.
Se poi una preoccupazione è fuori luogo, “è bene che cessi. Se non lo è, il problema va affrontato e risolto”. E il medico competente può fare molto … aiutando i lavoratori:
- “a trovare modi di vita che contrastino rischi anche non occupazionali, ad esempio in conseguenza di sovrappeso e/o sedentarietà;
- a imparare a prendersi cura della propria salute, anche tramite l’adesione alle terapie e a programmi di screening oncologici validati”.
In definitiva, come ricordato anche nella prima parte dell’intervento dedicato agli elementi introduttivi in materia di rischio chimico, è necessario promuovere “conoscenza, consapevolezza e partecipazione”.
E più in generale, al di là della sorveglianza sanitaria, si possono predisporre azioni di prevenzione mirate:
- nella scelta dei materiali;
- nella progettazione, nell’uso corrente, nella pulizia e nella manutenzione degli impianti produttivi;
- nella progettazione, nell’uso corrente, nella pulizia e nella manutenzione degli impianti di aspirazione/ventilazione degli ambienti di lavoro”.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ Medico competente e rischi chimici: prima identificazione e valutazione. d) Azioni di prevenzione e protezione, promozione della salute, sorveglianza sanitaria”, a cura del dott. Roberto Calisti (Direttore SPSAL – ASUR Marche AV3 – Civitanova Marche), materiale presentato ai “Seminari Monotematici di Aggiornamento in Medicina del Lavoro 2019 – II serie” (formato PDF, 1.45 MB).
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