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Emergenza COVID-19: il rientro al lavoro del cittadino contagiato

Emergenza COVID-19: il rientro al lavoro del cittadino contagiato

Autore:

Categoria: Medico competente

20/11/2020

Le problematiche e le prassi relative al reintegro al lavoro del lavoratore contagiato. Le indicazioni sulla visita di reintegro, le proposte e l’ipotesi di un algoritmo operativo da parte di Gennaro Bilancio e Cristiano Mirisola, medici del lavoro.

 

In seguito al contagio di un cittadino-lavoratore la legislazione emergenziale, compresi i vari DPCM succedutesi e che hanno sempre confermato la validità del cosiddetto Protocollo condiviso, configura due diverse situazioni: 1. la riammissione in comunità e 2. il reintegro al lavoro.

 

La riammissione in comunità prevede che prima siano soddisfatti i criteri dettati dalla Circolare del Ministero della Salute n. 32850 del 12/10/2020 (Indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena) e quindi che il cittadino sia autorizzato dall’Autorità ad interrompere l’isolamento o la quarantena. A seconda dell’organizzazione adottata dalle singole Regioni, tale provvedimento di autorizzazione è rilasciato: I) dal Dipartimento di Prevenzione (DdP) o Servizio di Igiene e Sanità Pubblica (SISP) della ASL competente per territorio, e/o II) dal Medico di medicina generale (MMG) / Pediatra di libera scelta (PLS).

 

Il reintegro al lavoro necessita, invece, innanzitutto che il lavoratore presenti al datore di lavoro la certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone (anche qui secondo le varie modalità localmente disposte dal DdP di pertinenza). Dopo questo primo passo il lavoratore andrebbe anche sottoposto ad una “Visita di reintegro” da parte del medico competente. Come noto, esiste in tema una differenza tra due diversi atti normativi, tra l’altro di rango diverso. Secondo i DPCM tale Visita dovrebbe essere effettuata per tutti i lavoratori contagiati; la Circolare del Ministero della Salute n. 14915 del 29/04/2020 (Indicazioni operative relative alle attività del medico competente), invece, prevede che vada effettuata solo per i soggetti che siano stati ricoverati.



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Non è superfluo forse ricordare sia la particolarissima circostanza - nella notte precedente al 24 aprile - in cui il Protocollo condiviso è stato stilato, sia il suo recepimento d’urgenza all’interno del DPCM del 26 aprile. È del tutto evidente che la citata Circolare del Ministero della Sanità del 29 aprile - documento emanato con incontestabili finalità esplicative - interveniva nel tentativo di mitigare le notevoli difficoltà operative generate dalle incertezze formali e dalle imprecisioni terminologiche contenute nel Protocollo condiviso (ci si auspica che quanto prima il Protocollo condiviso venga riformulato ed attualizzato).

Questa Circolare, nel ribadire che la Visita di reintegro è finalizzata a valutare profili specifici di rischiosità ai fini del reinserimento lavorativo, faceva anche un non casuale ed esplicito cenno a situazioni di conclamata e particolare complessità clinica (ridotta capacità polmonare causata dalla malattia, necessità di sottoporsi a cicli di fisioterapia respiratoria, soggetti ricoverati in terapia intensiva).

A proposito di questa discrepanza, la stessa Società Italiana di Medicina del Lavoro (SIML) ha sostenuto che nei casi diversi dal ricovero la Visita di reintegro trova un razionale certo quando il lavoratore sia adibito ad una mansione i cui rischi lavorativi specifici - a giudizio del medico competente - possano ulteriormente danneggiare organi o apparati colpiti dalla patologia Covid-19. Tale argomento pare oggi ancora più valido se si tiene conto del numero crescente di soggetti che necessiterebbero di ricovero in ambito ospedaliero e che, in ragione dell’ascesa della curva epidemiologica e della saturazione degli ospedali, sono invece assistiti presso il domicilio.

 

Anche volendo tralasciare il dato - evidente ed oggettivo - dell’enorme sovraccarico lavorativo a cui i medici competenti pure sono sottoposti a causa del coinvolgimento negli inediti compiti di consulenza per le problematiche Covid-correlate, sono comunque numerose le ulteriori considerazioni a sostegno della modalità operativa appena vista.

 

È ovvio innanzitutto che ove il lavoratore presenti sequele inabilitanti in particolare di tipo astenico, non sarà comunque in grado di riprendere l’attività lavorativa, dovendo ricorrere alla malattia ordinaria. Nelle restanti situazioni, invece, la raccolta delle informazioni e della eventuale documentazione sanitaria - nella assoluta stragrande maggioranza dei casi - metterà in condizione il medico competente di esprimere un Giudizio di idoneità provvisorio in merito alla necessità temporanea di prescrivere misure di adattamento o di controindicare attività o fasi della mansione specifica. Come ovvio, tale Giudizio dovrà essere perfezionato, alla prima occasione possibile anche in relazione all’evolvere dello scenario epidemiologico, dalla Visita in presenza.

 

A questo proposito, è noto che i fattori di rischio specifici per poter causare un danno alla salute del lavoratore devono svolgere - per definizione - una azione prolungata nel tempo. A mente di ciò l’espressione “precedentemente alla ripresa del lavoro” per questa fattispecie di Visita potrebbe ragionevolmente non essere interpretata in maniera meramente letterale.

Ancora - è forse anche inutile menzionarlo - la stessa citata Circolare del Ministero della Salute del 29 aprile ammetteva che possono essere procrastinate le visite mediche non “urgenti”; la necessità di questa cautela è stata recentemente ribadita in relazione all’attuale fase pandemica dalla Circolare Interministeriale n. 28877 del 04/09/2020 (Aggiornamenti e chiarimenti).

 

Aiuterà anche la previsione che durante il prossimo anno il lavoro dei medici competenti sarà da riprogrammare con una calendarizzazione che dovrà tener conto del differimento delle attività sanitarie non urgenti e che vedrà spesso, in pratica, coincidere la scadenza delle visite periodiche con le altre attività imposte dall’emergenza.

 

Il medico competente, infine, deve svolgere la sua opera secondo i principi della medicina del lavoro e del Codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH). Tra questi un ruolo centrale svolge la necessità di tenere conto dell’appropriatezza, della predittività e del costo economico e sociale degli accertamenti sanitari che egli dispone.

In sintesi, visite prive di una certa necessità clinico-preventiva non solo non sono urgenti ma, se effettuate in maniera sistematica, possono ingiustificatamente contribuire alla diffusione del  SARS-CoV2. Ci pare perciò, di poter affermare che una interpretazione rigidamente letterale della norma tradirebbe spirito e finalità che palesemente ne aveva motivato l’adozione, ovvero la tutela sostanziale delle condizioni di salute dei lavoratori.

 

Si formula di seguito una proposta di flusso lavorativo, nella consapevolezza sia delle grandi difficoltà dei medici competenti che stanno continuando nel loro gravosissimo tentativo di illustrare ai datori ed ai lavoratori, con semplicità e costanza, una materia in tumultuosa evoluzione sia tecnico-scientifica che normativa, sia di quelle dei soggetti preposti alle attività di controllo.

 

Il datore di lavoro deve essere messo in grado di adottare tutte le misure necessarie per a tutela del lavoratore contagiato. Affinché ciò sia possibile il lavoratore dovrà comunicare al medico competente qualunque variazione del proprio stato di salute (ma in particolare gli episodi di polmonite o le infezioni respiratorie gravi). Il medico competente tratterà le informazioni e la eventuale documentazione sanitaria correlata nel rispetto della normativa per la tutela dei dati personali e tenendo in particolare considerazione la tipologia di rischi specifici a cui il lavoratore è esposto. Valuterà quindi con il lavoratore se sussiste la necessità della Visita di reintegro, ed ove sussista, che questi faccia richiesta di visita straordinaria ai sensi dell’art. 41 comma 2 lett. c del D. Lgs. 81.

È comunque ancora possibile che il lavoratore non faccia tale richiesta. In tal caso la Visita di reintegro deve essere effettuata comunque ed il medico competente dovrà renderne edotto il datore di lavoro. La richiesta di Visita di reintegro, ai sensi del DPCM in vigore al momento, in questo caso sarà inoltrata dal datore di lavoro. A parere della SIML anche ad esito di tale Visita, che come noto va effettuata anche quando non siano trascorsi più di 60 giorni di assenza continuativi dal lavoro per motivi di salute, andrà formulato un Giudizio di idoneità.

 

Ipotesi di algoritmo operativo

  1. Il datore di lavoro informa i lavoratori dell’obbligo di inviargli la certificazione di avvenuta negativizzazione come rilasciata secondo le disposizioni locali e di comunicare in via riservata al medico competente anche ogni altra variazione del loro stato di salute.
  2. Il lavoratore contatta il medico competente il quale acquisisce l’eventuale documentazione sanitaria e valuta con il lavoratore stesso la necessità di sottoporlo o meno a Visita di reintegro.
  3. Se la Visita è ritenuta necessaria:
    • il lavoratore sottopone al datore di lavoro richiesta di visita straordinaria (art. 41 c. 2 lett. c);
    • se il lavoratore non intende chiedere la vista straordinaria, il datore di lavoro sottopone al medico competente richiesta di Visita ai sensi del DPCM in vigore al momento.
  1. In entrambi i due ultimi casi, nelle more della possibilità di effettuare la Visita in presenza, il medico competente esprimerà un Giudizio di idoneità provvisorio contenente le prescrizioni o limitazioni imposte dagli esiti di malattia Covid-19.
  2. Anche in caso tale Visita non sia ritenuta necessaria, in considerazione delle informazioni e della documentazione ricevuta, il medico competente potrebbe comunque dover indicare al datore di lavoro misure aggiuntive di tutela.

 

In ogni caso, viste le diverse disposizioni territoriali, si ritiene utile verificare comunque - dove possibile - l’orientamento in merito a tale procedura dell’Organo di Vigilanza locale e, al fine di semplificare il comune lavoro, di allegare alla Cartella sanitaria e di rischio la documentazione acquisita e soprattutto di lasciare traccia al suo interno dei vari passaggi e delle motivazioni a loro sostegno.

 

Tale prassi non può che ritenersi assolutamente eccezionale ed utilizzabile nella sua irritualità esclusivamente in ragione del contesto emergenziale nel quale ci troviamo ad operare.

 

 

Gennaro Bilancio e Cristiano Mirisola

Medici del lavoro

 

 

NB: Le opinioni qui espresse non impegnano in alcun modo le istituzioni o organizzazioni di appartenenza.

 

 

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA SALUTE del 12 ottobre 2020 recante “COVID-19: indicazioni per la durata ed il termine dell’isolamento e della quarantena”.

 

CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA SALUTE del 29 aprile 2020 recante “Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività”.

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 3 novembre 2020 - Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19», e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19».

 

 

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Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0
20/11/2020 (08:11:18)
Grazie Gennaro e Cristiano.
Rispondi Autore: Antonio Sogni - likes: 0
20/11/2020 (08:25:39)
Buongiorno, la certificazione di avvenuta negativizzazione presuppone l'effettuazione di un test molecolare alla conclusione del periodo di isolamento. Tuttavia, sempre più spesso assistiamo allo svincolo dei soggetti positivi sulla base del mero decorso temporale (21 giorni), senza test accertante l'avvenuta negativizzazione. Come si potrebbe quindi conciliare la proposta con la realtà?
Autore: Cristiano Mirisola
20/11/2020 (18:36:24)
Buonasera,
la riammissione al lavoro è normata dalla Circ MinSalute del 12/10; il reintegro al lavoro dal Protocollo condiviso (ultimo DPCM 03/11 art. 4) Punto 12 Ultimo capoverso. Il Protocollo ha un linguaggio impreciso ed ormai è datato ma subito dopo “negativizzazione” aggiunge “secondo le modalità previste e rilasciata da DdP”. Quindi in qualunque modalità il DdP autorizzi (p.e. dopo i 21 giorni) la certificazione può validamente permettere anche il reintegro al lavoro.
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
20/11/2020 (08:37:58)

Ipotesi di algoritmo operativo
TUTTO perfetto e...LOGICO.
Prassi del resto già attuata da chi vuole (e deve risolvere i problemi) e non fare mere speculazioni sui punti e sulle virgole solo al fine di poter dire "non è niente chiaro" (dandosi così una auto assoluzione per fare poco o niente e peggio SOLO quello che si vuole senza autocritica.
Detto ciò una sola osservazione.
Il punto 2 NON è a mio parere condivisibile.
Non si può gravare sul lavoratore il compito di intrattenere rapporti con il MC. Genererebbe confusioni ed inutili allungamenti dei tempi per il rientro (leggi intrecci di e mail fra il lavoratore, il MC, il DL di difficile gestione visto che il fine ultimo è il RIENTRO.
A mio avviso quando il DL è avvertito della avvenuta negativizzazione allerta (documentalmente) il MC che, valuta, in funzione della mansione, la necessita o meno di soppopore a visita il Lavoratore.
COMUNQUE rilascia il nuovo GIUDIZIO post negativizzazione.
Ferma resta, naturalmente, l'opportunità di una interlocuzione diretta, (MC) sempre auspicabile, con il Lavoratore ove questi volesse meglio articolare la sua condizione con il MC.

A conclusione di questo mio modesto intervento pregherei la Redazione di voler sollecitare qualche chiarimento autorevole in merito ad atteggiamenti di DL che comunque richiedono al Lavoratore di stare a casa anche in caso di negativizzazione.
(non ho esperienza diretta ma leggendo proprio su PUNTO SICURO appare una situazione abbastanza diffusa)
Autore: Cristiano Mirisola
20/11/2020 (18:44:47)
Gentile Collega,
il punto 2 serve a tentare di di ricondurre tutta la procedura nell'alveo dell'81 facendo in modo che il lavoratore faccia richiesta di visita straordinaria. Inoltre - a meno che non si voglia procedere solo ex DPCM ed effettuare comunque (e sollecitamente) le visite di reintegro - il contatto con il lavoratore è necessario per avere un soddisfacente quadro anamnestico e per capire quale documentazione sanitaria possa essere eventualmente acquisita.
Rispondi Autore: Alberto Gazzotti - likes: 0
20/11/2020 (08:53:21)
Buongiorno,
spesso e volentieri il Dipartimento di Sanità Pubblica non notifica all'azienda i casi di dipendenti positivi al Covid19 pertanto, salvo diversamente dichiarato dal lavoratore stesso, la persona risulta essere a casa in "semplice"malattia. Sulla base di cosa il Medico Competente può fare visite straordinarie?
Autore: Cristiano Mirisola
20/11/2020 (18:51:35)
Buonasera Collega,
mi scuso ma la domanda non è chiarissima. Ad ogni modo il lavoratore assente per Covid se non comunica il proprio stato impedisce il tracciamento e/o rischia di provocare ulteriori contagi.
Rispondi Autore: DONATO ERAMO - likes: 0
20/11/2020 (13:18:35)
Complimenti per l'articolo: finalmente si parla del ruolo e quello che deve fare un Medico Competente al rientro del lavoratore dopo l'esposizione al Covid. Avrei indicato l'aggiornamento del DVR da parte del RSPP, a supporto del DdL e del MC.
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
20/11/2020 (19:06:03)
x Cristiano Mirisola
NO continuo a non essere d'accordo. ANZI.
NON è il lavoratore che deve richiedere la visita straordinaria per rientrare dopo negativizzazione.
E' compito del DL coordinare il tutto...proprio per rientarre nell'alveo dell'81.
Ma si immagini lo scambio diretto di e mail fra lavoratore e MC e la difficoltò poi, del DL di conoscere e coordinare.

per Donat Eramo
intanto ciao. (raffaele scalese salerno ex AIAS)
NON tornimo però sull'aggiornamento del DVR.
Mi pare che sia stato già abbondantemente discusso.
DA fare se già presente un rischio biologico correlato alle attività aziendali. Per le altre situazioni il PROTOCOLLO declinato, applicato e monitorato con tracciatura secondo le attività aziendali è esso stesso un "aggiornamento" del DVR.
Autore: Cristiano Mirisola
20/11/2020 (19:24:48)
Caro Collega,
perdonami ma forse c'è una imprecisione: la visita ex art. 41 comma 2 lettera c può essere richiesta solo dal lavoratore. Ai sensi dell'81 al datore è preclusa la possibilità di chiedere qualunque visita. Per evitate ogni forma di discriminazione, infatti, ove il datore voglia sottoporre a visita il lavoratore, dovrà farlo presso un ente terzo ai sensi dell'art. 5 della L. 300/70.

Concordo con te, invece, che per tutelare il lavoratore contagiato con postumi e sulla base della eccezionalità ammessa dalla normazione emergenziale, in assenza di richiesta del lavoratore possa essere il datore ad avanzarla ai sensi del DPCM/Protocollo.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
20/11/2020 (19:07:48)
Ottimo articolo.
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
20/11/2020 (20:02:01)
OK ora mi è chiaro il tuo punto di vista.
Rispondo non per polemica ma ritengo che queste discussioni ci aiutino a crescere e sempre meglio operare per il fine ultimo della sicurezza.
Concordo con il fatto che, in VIGENZA DELL'IDONEITA' solo e solamente il lavoratore può richiedere una visita straordinaria.
Tuttavia ritengo che un lavoratore che abbia subito un COVID 19 possa non essere, momentaneamente, più IDONEO al una determinata mansione.
Si pensi, ad esempio, a quelle gravate da MMC o da obbligo di indosso DPI per le vie respiratorie (FFP2 o FFP3 o addirittura DPI servoassistiti).
Pertanto la gestione va fatta come se il lavoratore stesso fosse stato assente per oltre 60 giorni, cioè potrebbe avere perduto, momentaneamente, almeno in parte, le sua capacità lavorative e pertanto, magari, assoggettato a limitazioni. Questo è, a mio avviso, un obbligo del DL.
Cioè accertarsi che il singolo lavoratore sia idoneo per la mansione che gli è stata assegnata.
Pertanto, in conclusione, quando il lavoratore comunica la negativizzazione il DL avverte immediatamente il MC (cioè gli manda i documenti).
Il MC se ritiene, in funzione della mansione e della sua conoscenza del lavoratore -cartella personale- che il lavoraore possa riprendere (magari un impiegato) dà l'ok e RIFORMULA il GIUDIZIO,
Se invece ritiene di dovere rivisitare/intervistare/sentire il lavoratore allora lo fa convocare e procede di conseguenza.
Almeno questo è quanto ho applicato.
Autore: Cristiano Mirisola
20/11/2020 (20:47:06)
Certo! Dobbiamo confrontarci e crescere! Ti ringrazio per la riposta: il nostro era un messaggio che serviva soprattutto a lanciare un appello riguardo visite forse non strettamente necessarie. La procedura serviva a ragionare e fornire un'ipotesi su cui confrontarsi. L'importante è la sostanza! Cordialmente saluto.
Rispondi Autore: Alberto Gazzotti - likes: 0
21/11/2020 (10:31:26)
Buongiorno, ringrazio per la risposta e mi scuso se il quesito non era chiaro. La mia perplessità nasce dal fatto che lo stato di salute di un dipendente è noto solo al MMG ed eventualmente al Dipartimento di Sanità Pubblica in caso di positività al Covid. Non mi risulta che il dipendente abbia l'obbligo di segnalare la positività al tampone all’ azienda , per cui i se l'ASL non segnala il caso a MC e DL risulta impossibile procedere con la visita di rientro.
Autore: Cristiano Mirisola
23/11/2020 (19:33:44)
Buonasera Collega,
ora sono io a scusarmi per la risposta non sollecita.
Il Protocollo condiviso/DPCM al punto 12 recita: "Per il reintegro progressivo di lavoratori dopo l’infezione da COVID19, il medico competente, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone secondo le modalità previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, effettua la visita medica precedente alla ripresa del lavoro [...]"
Per questo motivo nella nostra Proposta scrivevamo:
"1. Il datore di lavoro informa i lavoratori dell’obbligo di inviargli la certificazione di avvenuta negativizzazione come rilasciata secondo le disposizioni locali e di comunicare in via riservata al medico competente anche ogni altra variazione del loro stato di salute.
2. Il lavoratore contatta il medico competente il quale acquisisce l’eventuale documentazione sanitaria e valuta con il lavoratore stesso la necessità di sottoporlo o meno a Visita di reintegro.
ecc."
Spero di aver risposto in maniera più esauriente, ma in caso di dubbi siamo a disposizione, Mirisola.
Rispondi Autore: Gianni Saretto - likes: 0
22/11/2020 (16:04:33)
Grazie colleghi, molto utile, mi ritrovo con l’algoritmo operativo proposto e sulle considerazioni e interpretazioni che lo motivano. Opero nell’ambito delle strutture ospedaliere e di residenze sanitarie per anziani. Dall’esperienza che ho avuto nella gestione di operatori che rientrano dopo aver contratto Covid in una forma di media gravità (con interessamento polmonare e necessità di terapia e ricovero ospedaliero) permangono spesso astenia, tachicardia dopo sforzo minimo, dispnea e fatica muscolare, deficit nelle prove di funzionalità respiratoria. Le prescrizioni che ho dato sono state maggiormente: concedere pause per consentire intervalli di riposo nelle attività che prevedono particolare impegno fisico (movimentazione carichi e pazienti, spinta e traino di carrelli con peso trasportato maggiore di 15 Kg, deambulazione protratta). Concedere pause specie quando il dipendente segnala difficoltà/affanno nell’esecuzione del compito. Esonero dal lavoro notturno favorendo il mantenimento di un ciclo sonno-veglia regolare.
Ho dato anche esonero da attività per pazienti / ospiti COVID positivi, non tanto per ragioni di possibile nuovo contagio (valuto, al contrario, che questi operatori, avendo contratto COVID e prodotto IgG anti Covid, siano sotto questo aspetto più protetti rispetto ai colleghi che non avuto il contatto con il virus), ma perché fanno fatica a lavorare indossando i DPI di protezione previsti per assistenza a Covid (in particolare ripetuta vestizione/svestizione dei DPI).
Altro aspetto che sto monitorando è quello dell’infortunio INAIL che, a guarigione virologica avvenuta verificata con tampone e con rientro dell’operatore, viene chiuso. Ritengo che INAIL dovrà assumere il problema della valutazione e indenizzazione di queste sequele rilevanti Covid, ovvero lavoratori che recuperano le loro performance premalattia in tempi molto lunghi e che addirittura restano a volte con esiti permanenti.
Autore: Cristiano Mirisola
23/11/2020 (19:43:38)
Gentile Collega,
ti ringraziamo per l'apprezzamento ed anche per le ulteriori specificazioni in merito alla tua esperienza. Sull'infortunio poni una questione che stanno affrontando anche altri Colleghi, in particolare rispetto alle tempistiche di chiusura da parte dei MMG e dell'INAIL stessa. Speriamo di avere il tempo di affrontare anche questo argomento in maniera più sistematica.

Riguardo il Parere Tecnico della Regione Piemonte, la citazione è molto interessante. Abbiamo provato a trovare il testo senza successo. Potrei chiederti la cortesia di mandarcelo (mirisola.siml@gmail.com) per cortesia?

A presto e grazie, Mirisola.
Rispondi Autore: Gianni Saretto - likes: 0
22/11/2020 (16:28:16)
Cari colleghi, sul problema rientro di operatori con positività tampone dopo 21 giorni, ho visto Regione Piemonte - Parere tecnico valutazione contagiosità “Oggetto: Covid 19 nuove indicazioni per la durata e il termine dell’isolamento e della quarantena reimmissione in comunita’ di soggetti positivi a lungo termine” del 28.10.2020, che riporta (approssimo): nel caso di operatori sanitari positivi a lungo termine, per massima cautela visto il contesto lavorativo sanitario, se la positività persiste, si ripete tampone molecolare al 21° giorno con valutazione della carica virale secondo il parametro Ct: se il valore di Ct è superiore a 28 può essere riammesso al lavoro. In caso di condizioni individuali di immunodepressione queste saranno valutate con il supporto di esperti clinici e microbiologi/virologi, per escludere possibilità di persistenza di contagiosità ed in questi casi appare comunque opportuna in ambito sanitario la riammisione al lavoro solo a tampone negativo.
Trovo che sia un parere, certamente oneroso da applicare, però tutelante e da considerare nell’ambito delle strutture sanitarie.
Rispondi Autore: DONATO ERAMO - likes: 0
22/11/2020 (18:04:23)
Cari Bilancio e Mirisola, forse ho capito male: fate uso di algoritmi? Se "SI": qualche informazione. Grazie
Autore: Gennaro bilancio
23/11/2020 (12:59:05)
Grazie
Autore: Cristiano Mirisola
23/11/2020 (19:44:59)
Buonasera Collega,
in realtà ci riferivamo alla nostra 'Ipotesi di algoritmo operativo' che trovi nella parte finale dell'articolo.
Cordialmente, Mirisola.
Rispondi Autore: Giovanni Pezzullo - likes: 0
24/11/2020 (17:38:58)
Salve, sto leggendo vari commenti, ma non ci sto capendo più niente, vorrei un aiuto da un esperto della materia. Sono ancora positivo dopo 21gg dall'esito del primo tampone, posso rientrare alla vita quotidiana lavoro ecc... essendo ancora positivo? O dovrei attendere la negatività per rientrare a lavoro?
Rispondi Autore: Pirozzi michele - likes: 0
02/12/2020 (12:43:20)
Sono un lavoratore Lsu e lavoro presso il comune di residenza con integrazione oraria che paga il comune o avuto il COVID , e dopo 25 giorni L Asl di competenza anche se i tamponi di guarigione escono ancora positivi . Mi a fatto l avvenuta guarigione ! Volevo sapere se il certificato che mi anno rilasciato è valido per il rientro al lavoro .
Rispondi Autore: Amelia Battolu - likes: 0
03/12/2020 (14:17:59)
Sono un tecnico di Radiologia Medica di stanza all'INAIL
e dopo 21 giorni dal primo tampone, l'ASL pur essendo ancora positivo mi ha rilasciato un certificato di guarigione . Posso rientrare al lavoro?
Autore: Astrid
29/04/2021 (20:08:44)
No, occorre avere tampone negativo
Rispondi Autore: GRAZIANO FRIGERI - likes: 0
05/12/2020 (15:11:08)
Come è scritto in premessa nell'articolo, i due provvedimenti (DPCM e Circolare) hanno rango diverso e tutti i DPCM (ultimo quello del 3/12, ar. 4) rimandano all'allegato 12 (Protocollo condiviso del 24/4/2020) che prevede la visita al rientro in tutti i casi di infezione COVID 19. La circolare Ministeriale, su quel punto, di fronte al DPCM, non ha più alcun valore.
Rispondi Autore: Massimo - likes: 0
15/12/2020 (17:32:19)
Buonasera a tutti. Ho un problema/dubbio, circa il rientro di un mio collega precedentemente affetto da virus Covid 19 e assentato dal lavoro da quasi un mese. oltre a lui, anche la moglie e il primogenito sono risultati positivi ai vari tamponi effettuati. A tutt'oggi, il figlio è a casa con polmonite bilaterale da Covid-19 e febbre, mentre il padre(mio collega) è rientrato in ufficio. Noi colleghi (siamo in tre, in un ufficio di 15 metri quadrati), come dobbiamo comportatrci? grazie.
Rispondi Autore: Angelo Angiolini - likes: 0
16/12/2020 (22:19:43)
Ma quale algoritmo e invenzioni dell'ultima ora di medici competenti che si vogliono complicare la vita ! La contraddizione è superata dal dpcm del 3 novembre 2020 che voi avete giustamente allegato ma di cui forse non avete letto o interpretato l'allegato 12 che recita:
"Per il reintegro progressivo di lavoratori dopo l'infezione da COVID19, il medico competente, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone secondo le modalita' previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, effettua la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneita'
alla mansione (D.Lgs 81/08 e s.m.i, art. 41, c. 2 lett. e-ter), anche per valutare profili specifici di rischiosita' e comunque indipendentemente dalla durata dell'assenza per malattia".
Mi sembra non ci siano dubbi:
1) tutti e non solo i ricoverati casi COVID vanno visti dal medico competente al momento del reintegro
2) il reintegro viene effettuato all'avvenuta negativizzazione DEL TAMPONE che non significa cessazione dell'isolamento domiciliare;
3) La visita è quella di rientro e non quella richiesta dal lavoratore;
4) la visita va fatta qualunque sia la durata dell'assenza per motivi di salute;
5) il datore di lavoro non ha la facoltà di chiedere nessuna visita e non l'ha mai potuta chiedere dal 626 ad oggi
6) la visita serve ANCHE per valutare eventuali profili di rischiosità ( e qui non si capisce se per sé o per gli altri ma mi sembra di capire per gli altri Visto che il dpcm non entra nel merito dei profili di idoneità per i rischi convenzionali)

Rispondi Autore: Vincenzo - likes: 0
16/01/2021 (07:38:26)
Buongiorno,io sono positivo asintomatico da 30 GG.L' Asur mi ha rilasciato il certificato di fine isolamento ma il medico competente non mi reintegra al lavoro fino a che non mi sono negativizzano.Inoltre sto utilizzando le ferie in quanto essendo in possesso del certificato di fine isolamento il medico di base si rifiuta di darmi altri giorni di malattia ed addirittura sto pagando a mie spese tutti i tamponi necessari alla negativizzazione.Mi sembra assurdo.Qualcuno mi puo' chiarire? Grazie
Rispondi Autore: Fabio - likes: 0
17/01/2021 (11:01:49)
Buongiorno! Volevo capire solo una cosa e come posso comportarmi di conseguenza. Dunque,sono risultato positivo a inizio dicembre pur non avendo nessun sintomo,prima di Natale sono negativizzato. A lavoro dovevo rientrare il 7 Gennaio, il datore di lavoro NON mi ha fatto rientrare e per di più mi ha messo in cassa integrazione fino alla settimana successiva! Quindi...volevo chiedere...cosa posso fare per rientrare a lavoro?
Rispondi Autore: Astrid - likes: 0
29/04/2021 (20:04:22)
La circolare del 13 aprile 2021, ha chiarito che non si puo rientrare al lavoro se non dopo tampone negativo. Quindi la liberatoria piu il nulla osta del medico non bastano piu per rientrare al lavoro.
Rispondi Autore: lavinia - likes: 0
12/06/2021 (09:24:35)
Vediamo se riesco ad avere una risposta dopo giorni di vagabondaggio tra un ufficio e l'altro. (patronato,inps,inail,medico del lavoro,etc)
le contradizioni? tutte quelle che volete. svolgo 2 lavori part time. tampone positivo 11/02/21,urgente ricovero,terapia intensiva,poi in reparto. contagio avvenuto MOLTO probabilmente a scuola insieme ad altre 6 colleghe. l'altro lavoro lo svolgo in un centro commerciale dove hanno chiesto certificato di malattia. inail sta valutando e facendo accertamenti,all'altro lavoro sto per finire il comporto malattia. dovrei rientrare pur avendo forti dolori articolari,affanno soprattutto portando a lungo la mascherina. domanda: rientro al lavoro? devo usare aspettativa non retribuita? qualcuno mi ha detto di guardare su internet che è infortunio su entrambi i posti di lavoro part time. qualcuno sa rispondermi? se rientro (non posso rischiare il posto) e non ce la faccio a stare in piedi troppo tempo cosi come non riesco a concentrarmi su alcune cose, come dovrei fare? mi è capitato che le gambe mi cedono improvvisamente e mi ritrovo in terra. grazie a chi mi risponde. dovrei riprendere a fine mese il lavoro. e possibilmente con delle leggi chiare che io possa portare con me in caso di necessità e di risposte insensate degli enti preposti. grazie.

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