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Il D.Lgs. 81/2008 e l’etica nella sicurezza sul lavoro

Il D.Lgs. 81/2008 e l’etica nella sicurezza sul lavoro

Riflessioni sull’etica nel corso della storia con riferimento all’etica della responsabilità, del comportamento umano e specialmente all’etica nella salute e sicurezza sul lavoro. A cura di Donato Eramo e di Romeo Ciminello.

Affrontando il tema della salute e sicurezza sul lavoro non si può prescindere dalla comprensione del significato dell’etica. Consultando varie fonti, infatti, si nota che l'”etica” nel corso della storia ha interessato molti filosofi e indica proprio un linguaggio filosofico teso sempre ad interpretare il comportamento pratico dell’essere umano. L’ etica, in effetti, cerca di chiarire quale sia il vero bene e quali siano i mezzi atti a conseguirlo, come anche quali siano i doveri morali verso sé stessi e verso gli altri. Più in generale l’”etica” riguarda l’educazione al comportamento che ogni essere umano apprende dai modelli provenienti dall'ambiente familiare, dalla scuola, dagli incontri amichevoli, lavorativi, sociali e politici in cui vive.

 

I comportamenti, comunque, vengono rilevati ed interpretati sempre in termini di responsabilità e tra i filosofi che hanno condotto una serie di studi sull’etica, Hans Jonas, filosofo tedesco, ha studiato alcune specifiche problematiche concernenti le implicazioni etiche della “tecnologia sviluppatasi nell’ultimo mezzo secolo e partendo dall’analisi di queste problematiche relative allo sviluppo del progresso tecnologico ha rilevato che la “nuova tecnologia” impone il dovere di raggiungere una conoscenza più approfondita dei valori etici applicati e commisurati al lavoro da svolgere. L’autore conia ed analizza il termine di “etica della responsabilità” che, oggi, traslata più specificamente alle “singole persone” coinvolte nelle organizzazioni e nelle imprese, resta il centro della visione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale visione pone in evidenza come la persona sia tenuta a rispondere moralmente delle proprie azioni e delle proprie scelte non solo rispetto a se stessa, ma anche nei confronti di qualsiasi altra persona con cui si trova a collaborare. Argomenti questi che, come opportunamente sottolineato, devono tenere in debito conto il comportamento della “persona”, termine questo inteso (Treccani) “come individuo, senza distinzione di sesso, età e condizione sociale, considerato sia come elemento a sé stante sia come facente parte di un gruppo o di una collettività”. In aggiunta, approfondendo il concetto, si può dire “come persona umana portatrice di dignità”.

 

Per le moderne applicazioni tecnologiche Hans Jonas ha forgiato il termine “etica della civiltà tecnologica” mettendo in evidenza come la forza potenzialmente distruttiva del moderno “processo tecnologico” abbia raggiunto un notevole sviluppo, provocando nel contempo un’alterazione dell’equilibrio naturale, i cui effetti potrebbero essere catastrofici in un prossimo futuro, anche se tale processo per certi versi ha prolungato la vita dell’uomo. Alcuni di questi effetti sono già in atto come il “cambiamento climatico” che sta producendo temperature sempre più elevate, tempeste più intense, aumento della siccità con contraccolpi a livello globale. Progresso tecnologico quindi che se non adeguatamente controllato può rischiare di causare ingenti danni alla vita dell’essere umano, i cui effetti si noteranno più significativamente a lungo termine e più in particolare a discapito delle generazioni future.


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Partendo quindi dalla definizione di “etica della responsabilità” ed inserendola in un contesto di discussione più particolare, quello cioè, riguardante l’ etica della salute e sicurezza sul lavoro”, si è voluto mettere questo concetto a confronto con il significato di “etica del comportamento umano oggetto di una lectio magistralis presentata dal Prof. Romeo Ciminello (coautore di questo articolo) e organizzata nell'ambito dei corsi di alta formazione professionale della Pontificia Università Gregoriana di Roma, rivolti non solo agli studenti specializzandi nei corsi di Leadership and Management, ma anche a Dirigenti, Quadri Apicali e Alte Professionalità. Da tale confronto è emerso che esistono specifici “valori comportamentali” che devono essere tenuti sempre presenti da parte della collettività, ma ancor più in particolare, da parte del “singolo” Lavoratore, Preposto o Dirigente, perché nel momento in cui accade un “infortunio”, si scopre una “malattia professionale”, si verifica un “incidente” o, peggio ancora, un “infortunio mortale” sorgono immediatamente delle responsabilità non solo di ordine legale ma anche etico. Tutti questi eventi, nel loro insieme, rappresentano, ancora oggi, una gravissima carenza di coscienza relativa al complesso sistema organizzativo e gestionale difficile da tenere costantemente sotto controllo da parte del Datore di Lavoro.

 

A livello formativo, si è voluto pertanto legare l’“etica della responsabilità” esclusivamente all’attività lavorativa svolta dal “singolo”, il quale, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, non deve essere però considerato solo come singolo Lavoratore, Preposto o Dirigente, ma anche come “singolo” riferito a tutti gli altri cosiddetti “soggetti giuridici che gravitano intorno al “processo di valutazione dei rischi” quali ad esempio il “Medico Competente”, il “Responsabile e gli Addetti del Servizio di Prevenzione e Protezione, il “Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza, soggetti questi che nel loro insieme e durante l’attività lavorativa devono assumere un comportamento consapevole e prudente per evitare “infortuni”, “malattie professionali”, “incidenti”, “infortuni mortali”, fenomeni questi che secondo i dati statistici, noti come “morti bianche”, rappresentano complessivamente una incompiuta occasione di “etica nella sicurezza sul lavoro a livello nazionale”. Se così si può definire, tale incompiutezza, essa va ancor più riferita in particolare a responsabilità del mondo politico nonché a livello di tutto il “Personale” e “Dirigenza” delle Istituzioni pubbliche dello Stato (soprattutto il Ministero del Lavoro) fornite di personalità giuridica, competenti e preposti alla sorveglianza ed al controllo della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (ex D.Lgs.81), il cui compito è anche quello di rendere operativa tutta la normativa che si sviluppa in decine e decine di leggi, regolamenti, ordini e discipline sia a livello nazionale che internazionale.

 

Per rendere concretamente operativa in azienda l’“etica nella salute e sicurezza sul lavoro è di basilare importanza la “formazione”, esattamente come descritta dallo stesso D.Lgs. 81 che la definisce come “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.

 

Pertanto quello che ci interessa in questo contesto è quel mirato processo educativo da “trasferire” a tutti i soggetti giuridici del sistema di prevenzione e protezione aziendale e per quanto riguarda le specifiche tematiche dell’“etica nella sicurezza sul lavoro”, creare coscienza attraverso specifici corsi di formazione che devono tenere in debito conto i cosiddetti “dilemmi, cioè quella tipica forma di “scelte” relative ai comportamenti da assumere nello svolgimento del proprio lavoro per evitare quanto più possibile i rischi legati al fenomeno infortunistico più sopra descritto. Questa materia, per essere giustamente interiorizzata, deve in sostanza mettere i partecipanti a “diretto contatto” con situazioni lavorative di attività industriali legate a “scenari di casi reali” (real-case), calando queste tematiche in contesti lavorativi specifici, più in particolare in quelle lavorazioni industriali ad alto rischio e ad alto grado di complessità organizzativa e gestionale, come quelle previste specificamente dal D.Lgs. 81 di cui le più significative sono gli stabilimenti dove sono presenti sostanze pericolose, come le centrali termoelettriche, le centrali termonucleari, la fabbricazione e deposito di esplosivi, polveri e munizioni. Inoltre deve essere evidenziato ai partecipanti che, ove tali “valori comportamentali” fossero assenti, ciò non può che rappresentare un “fattore di rischio” per l’organizzazione e la gestione aziendale, contribuendo altresì al mancato sviluppo di quell’autonomia e di quella responsabilità necessaria a tutti gli operatori qualora non fosse rafforzata, tramite apposita formazione, la cultura del cosiddetto “spazio etico individuale”.

 

Per raggiungere l’obiettivo, devono essere perciò adottati particolari contesti organizzativi, che generino attenzione, interesse e coinvolgimento ai fini di una nuova cultura del rischio, perché da un punto di vista rigorosamente strutturale, le “scelte etiche” sono situazioni che si caratterizzano, rispetto ad altre situazioni, proprio dall’esistenza di alcuni elementi, tra cui la presenza di un operatore appositamente formato, chiamato a compiere responsabilmente una scelta.

In conclusione ci si è chiesto quali devono essere le principali capacità decisionali etiche che una “persona” deve avere per il rispetto dell’ etica nella sicurezza sul lavoro” sia individuale che verso la collettività; la risposta è fuori di ogni dubbio la capacità della “singola persona”, a prescindere che sia Lavoratore, Preposto o Dirigente, di prestare la massima attenzione per evitare che possano accadere infortuni, causati generalmente da distrazione e imprudenza; malattie professionali, causate generalmente dall’esposizione ad agenti fisici, chimici, biologici; incidenti, provocati principalmente da un sinistro che pur se non ha comportato un infortunio ha comunque determinato un danno all’azienda; infortuni mortali, gravissimo fenomeno ancora oggi incontrollabile in termini soprattutto organizzativi e gestionali. L’ “etica nella sicurezza sul lavoro”, in definitiva, deve coinvolgere proprio la responsabilità del “singolo” sia per un obbligo morale verso sè stessi che per un obbligo morale anche verso gli altri lavoratori sia per lo scopo finale che è quello di evitare principalmente sofferenze fisiche e mentali, salvaguardando il benessere del lavoratore insieme a quello della propria impresa.

 

Donato ERAMO

Prof. Romeo CIMINELLO

 



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Rispondi Autore: EMANUELE USALA - likes: 0
07/03/2024 (10:28:27)
Ho apprezzato il vostro articolo perchè conferma l'approccio che dall'inizio, ma in particolare negli ultimi dieci anni della mia attività di formatore sulla sicurezza, ho adottato affinchè i partecipanti potessero giudicare "utile" l'esperienza formativa vissuta.
Pertanto, a partire da un confronto sulla definizione di "formazione" dell'art.2, passando attraverso un'autovalutazione dei propri comportamenti pericolosi adottati al di fuori del contesto lavorativo, sperimento che ci si può avvicinare a quel nucleo di "coscienza", presente nel vostro articolo, che apre uno spiraglio sulla libertà di scelta e, quindi, della responsabilità personale. Attualmente sto approfondendo la contraddizione tra il comportamento dettato dalla gratificazione immediata e la difesa della propria incolumità. Resta, comunque, non risolto il problema etico che sta a monte della prevenzione: l'etica del lavoro in quanto rispetto delle regole contrattuali e del rispetto del Decreto 81 da parte del datore di lavoro e dei dirigenti. Senza questa etica, che a mio avviso sarebbe la vera rivoluzione culturale della sicurezza, i singoli comportamenti etici individuali andrebbero classificati come atti eroici.

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