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Alcune riflessioni sulla formazione alla sicurezza sul lavoro

Alcune riflessioni sulla formazione alla sicurezza sul lavoro

La formazione alla sicurezza non può far tutto, ma può aiutare molto quelle aziende che decidono di iniziare seriamente un percorso di miglioramento. Ci sono però alcune riflessioni da fare sull’attuale offerta formativa. Di Carmelo G. Catanoso.


Personalmente, chi scrive, occupandosi di sicurezza sul lavoro da parecchi lustri, non può che constatare che, ancora oggi, esiste, a tutti i livelli e nei diversi ambiti (imprese, addetti ai lavori, istituzioni, enti, associazioni, ecc.), una diffusa disinformazione riguardo alle problematiche della formazione alla sicurezza sul lavoro.

Molti, non conoscendone i contenuti, pensano che essa sia in grado di risolvere tutti gli specifici problemi che possono presentarsi in un’organizzazione aziendale.

Del resto, non dobbiamo mai dimenticare, ad esempio, che qualunque attrezzatura di lavoro o impianto si costruisce e funziona con e per mezzo degli individui; essa è inerte fino a quando non interviene l’individuo. Se questi è realmente competente e sufficientemente motivato e formato, allora i risultati del suo intervento non potranno che essere positivi.

 

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Innanzi tutto è opportuno fare una distinzione tra quelle che sono l'informazione e l'addestramento, di tipo prettamente tecnico-normativo, consistenti essenzialmente nell'acquisire conoscenze e sviluppare delle abilità e la vera e propria formazione alla sicurezza sul lavoro.

 

Questa può intendersi come un processo tendente a far crescere l'individuo all'interno dell'organizzazione d'appartenenza, attraverso un cambiamento che opera a tre livelli:

  • a livello delle conoscenze, per modificare la struttura conoscitiva delle nozioni che l'individuo possiede;
  • a livello delle capacità, per cercare di attivare e migliorare le capacità di agire e/o svilupparne delle altre;
  • a livello dei comportamenti, con lo scopo di creare nell'individuo degli atteggiamenti favorevoli agli obiettivi del processo formativo.

 

L'immagine della formazione alla sicurezza sul lavoro è, dunque, quella di un processo che consente alle persone interessate di diventare più preparate nello svolgere un'attività non solo limitatamente a una maggiore conoscenza ed abilità, ma, soprattutto, grazie all'acquisizione di una maggiore consapevolezza del proprio ruolo e del proprio comportamento, connessi all'espletamento della propria attività lavorativa.

 

Qualsiasi individuo, a prescindere dal ruolo ricoperto, per passare dalla teoria all'azione ha bisogno di sperimentare, nella propria realtà lavorativa, i modelli teorici di comportamento proposti. Questi concetti, di validità generale in campo formativo, acquistano ancora maggior importanza per la formazione alla sicurezza. Infatti, i comportamenti di sicurezza, vengono proposti o meglio imposti, solo da un obbligo normativo  che, in quanto tale, fornisce indirizzi e modalità attuative.

Il problema di fondo diventa dunque quello di cambiare un comportamento imposto e quasi sempre non condiviso, in uno pienamente accettato, in quanto la sicurezza diventa parte integrante della propria esperienza lavorativa.

Affinchè un comportamento o un atteggiamento sia pienamente accettato, è, però, necessario un completo coinvolgimento degli individui nelle attività di prevenzione, espletate, non solo a livello teorico, durante il corso di formazione, ma anche livello pratico, all'interno della propria azienda, nel ruolo normalmente ricoperto.

 

Non bisogna assolutamente dimenticare che il comportamento di un individuo è funzione della struttura globale ambientale, determinata, da fattori esterni, come la situazione politico/sindacale, economica, normativa, tecnologica, ecc., che da fattori interni alla propria organizzazione impresa, come i rapporti di potere tra i gruppi, i valori interni dominanti, la comunicazione, i ruoli, lo stile di direzione, le motivazioni, ed altro ancora.

 

Di conseguenza qualsiasi sforzo per cambiare i comportamenti e modificare gli atteggiamenti, senza tenere conto della situazione ambientale, avrà sempre un effetto molto limitato.

Tutto ciò diventa fondamentale, per tutto il personale delle aziende e, in particolare, per i quadri ed il management, al fine di gestire efficacemente, nel proprio ambito di competenza, i problemi connessi alla sicurezza ed alla tutela della salute.

 

Quest'ultimi devono necessariamente possedere, accanto ad una competenza di tipo normotecnico della sicurezza, anche una competenza ed una formazione specifica riguardo gli aspetti organizzativi (strategie, strutture, tecnologie, pianificazione e controllo, ecc.) e gli aspetti sociali (esigenze delle risorse umane, cultura organizzativa, comunicazione, processi decisionali, ecc.), che interagiscono con la sicurezza.

 

Tutte queste informazioni devono assolutamente essere integrate con una conoscenza di tipo esperienziale che colleghi la sfera delle conoscenze con la sfera dei valori, dei comportamenti e degli atteggiamenti.

 

In definitiva, la formazione alla sicurezza per essere considerata tale e differenziarsi dalla semplice informazione, deve tradursi in un cambiamento stabile dei comportamenti e degli atteggiamenti, altrimenti non si può neanche lontanamente parlare di formazione.

La valutazione di un intervento formativo, pertanto, non può certo limitarsi a verificare il numero di risposte corrette su un questionario somministrato a fine corso ma deve andare a verificare, soprattutto, se quanto appreso al corso è stato realmente trasferito al lavoro e se ci sono state delle ricadute sull’organizzazione. Siccome queste due tipologie di verifiche sono onerose da effettuare (tempo e risorse dedicate, ecc.), le stesse aziende preferiscono glissare ed accontentarsi di avere il “pezzo di carta” magari stampato in cartoncino Modigliani bianco formato A4 (grammatura  140/145 grammi) [1].

 

La formazione alla sicurezza, diciamocelo chiaramente, non può far tutto, ma può aiutare molto quelle aziende che decidono di iniziare seriamente un percorso di miglioramento.

Non possiamo dimenticare, però, vi sono anche coloro che, per differenti motivi, ritengono che la formazione non serva a granché.

 

Costoro possono essere suddivisi nelle quattro “categorie” che seguono.

  • I destinatari della formazione alla sicurezza che:

-non ne sentono il bisogno o che non ne vedono l’utilità o, ancora, non ci credono;

-hanno costantemente sotto gli occhi i comportamenti contrari della propria gerarchia o della loro direzione;

-vengono scoraggiati da coloro che non hanno voglia di fare nulla.

  • I responsabili della funzione formazione che, senza essere dei formatori alla sicurezza, pensano che:

-sia facile fare formazione alla sicurezza;

-la formazione alla sicurezza si traduce nel mandare il personale ad un corso esterno;

-fatta la formazione alla sicurezza,  dopo “tutto cambierà”.

  • I superiori gerarchici diretti o i colleghi che:

-non ci credono;

-si oppongono dicendo, ad esempio, di “non potersi separare dal personale nel giorno del corso di formazione perché c’è un lavoro urgente da  finire”;

-al ritorno dal corso, accolgono i partecipanti con la solita frase: “bene, vi siete divertiti a perdere tempo ma ora è necessario ritornare a lavorare sul serio”.

  • I datori di lavoro che decidono e che:

-pensano che non serva a niente;

-pensano che la formazione alla sicurezza sia una moda che la legge obbliga a seguire;

-sia solo un modo per spillare loro dei soldi per mantenere degli “esperti” altrimenti nulla facenti;

-sono dell’idea che sia preferibile che il personale non pensi con la propria testa ma faccia solo quello che gli viene da loro ordinato;

-pensano che se “il personale pensa, comincerà a fare domande ed a pretendere delle risposte …. e ciò sarà molto fastidioso”.

 

Una menzione a parte meritano gli enti, società, associazioni, ecc., che vedono solo un business nell’organizzazione  e nella vendita dei corsi di formazione alla sicurezza.

Questi soggetti:

-sono nati, dopo gli Accordi Stato Regioni sulla Formazione, come i funghi dopo la pioggia settembre;

-alcune, guardando lo statuto, sono a “conduzione familiare”;

-prediligono l’incremento delle “conoscenze” rispetto all’incremento della “conoscenza”, visto che è, soprattutto, con le prime che si trovano i clienti;

-non si preoccupano della qualità del corso;

-non si pongono dei veri obiettivi per il corso;

-sono solo dei “corsifici”;

-pensano che tanto, ai datori di lavoro, importa solo adempiere formalmente ad un obbligo di legge e, meno disturbo si procura alle “normali attività aziendali”, tanto più facile ottenere l’incarico di svolgere i corsi;

-scelgono i docenti con un unico obiettivo che è quello di contenere i costi conseguenti.

 

Un’altra riflessione meritano, poi, anche le modalità con cui si dovrebbe scegliere un corso di formazione alla sicurezza.

La domanda che ci si deve porre, prima di scegliere quale corso di formazione alla sicurezza frequentare, è: qual è il livello qualitativo che mi aspetto dal corso?

Questo è un punto fondamentale e vale, oltre che per i corsi per i datori di lavoro-RSPP, i lavoratori, i preposti e i dirigenti previsti dagli Accordi, anche per i corsi per CSP/CSE o per RSPP/ASPP.

 

Ma come si fa a valutare la qualità di un corso?

A giudizio di chi scrive, considerando almeno tre parametri: progettazione, organizzazione e docenza del corso.

In termini percentuali di peso, si può attribuire:

- il 30% alla qualità della progettazione;

- il 10 % alla qualità dell'organizzazione;

- il 60% alla qualità della docenza.

Visto che, quasi sempre, la progettazione è fatta dagli stessi docenti, risulta evidente che il 90% del peso è in mano ad essi.

Un buon docente si giudica da quello che riesce a trasmettere all'aula e non da quello che scrive o a quante conferenze o seminari, istituzionali e non, partecipa oppure dalle funzioni che riveste in un’istituzione.

 

Infatti, si può essere bravissimi a scrivere articoli e a fare monologhi davanti ad una platea senza confronti e con bassissima interazione ma essere assolutamente inadeguati come docenti formatori perché magari, pur essendo l'equivalente della “enciclopedia britannica della sicurezza sul lavoro”, non si hanno le capacità di trasferire, ai partecipanti, il bagaglio di competenze di cui si è portatori.

 

Purtroppo, è triste ammetterlo ma di questa tipologia di "docenti", i corsi di formazione alla sicurezza sul lavoro (più spacciati come tali che dei veri e propri corsi di formazione) ne sono pieni.

 

Va anche detto che i criteri fissati dal D.I. 6 marzo 2013 ( Criteri di qualificazione della figura del Formatore per la salute e la sicurezza sul lavoro), lasciano ampissime possibilità per soddisfare i vari criteri previsti con il risultato di avere spesso docenti non all’altezza.

Altra questione è la retribuzione oraria di un docente nei corsi di formazione alla sicurezza.

Un buon docente prende da 70 euro/ora + Cassa + Spese + IVA in su.

Oggi, molti enti e società e associazioni vari, offrono corsi dove i docenti sono mediamente pagati 30-40 euro/ora (Cassa + Spese + IVA comprese) ma anche situazioni in cui si  scende a 20 euro/ora come riportato a chi scrive da alcuni colleghi che si sono visti fare queste proposte che, definire oscene ed un insulto alla professionalità, è dire poco.

 

Quindi, nel caso di compensi orari quasi equivalenti a quelli di una colf, è facile comprendere quale sia il livello dei docenti che accettano di lavorare a tali condizioni economiche.

Questo, diciamolo pure senza avere peli sulla lingua, non viene fatto per tenere bassi i costi per i partecipanti (la differenza è irrisoria) ma per aumentare gli utili di chi organizza e “vende” i corsi.

 

Infine, è necessario fare attenzione ai corsi in cui non vengono indicati i nominativi dei docenti.

Un buon corso usa la "faccia" dei docenti per qualificarsi e distinguersi dagli altri. Un programma di un corso che non riporta i nominativi dei docenti oppure alla “voce” docenti riporta la generica dizione “docenti esperti del settore”, non è certo un bel biglietto di presentazione.

 

In ogni caso, è opportuno prendere il nome del docente (quando c'è) e andare sul web utilizzando un qualunque motore di ricerca e andare a vedere chi è e quello che ha fatto e con chi e che risultati ha ottenuto.

 

Fatte queste fondamentali valutazioni, si può scegliere tenendo conto anche del costo del corso.

Ad oggi permangono molte difficoltà derivanti dall’approccio che i vari attori del processo formativo continuano ad adottare nei confronti della formazione alla sicurezza sul lavoro.

Pertanto, se non si riuscirà a demolire preventivamente questa cultura negativa, sarà ben difficile che un qualunque provvedimento legislativo riguardante la formazione alla sicurezza sul lavoro, possa realmente incidere positivamente sugli atteggiamenti di tutti gli attorie e favorire così un concreto miglioramento degli standard di sicurezza e salute.

 

 

Carmelo G. Catanoso

Ingegnere Consulente di Direzione

 

 

Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano - Accordo 7 luglio 2016 - Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni.

 

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Ministero della Salute – Decreto interministeriale del 6 marzo 2013 - Criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro (articolo 6, comma 8, lett. m-bis), del Decreto Legislativo n. 81/2008 e s.m.i.).

Regione Lombardia - Circolare regionale 17 settembre 2012 n.7 - Indicazioni in ordine all’applicazione dell’Accordo tra il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sui corsi di formazione per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi ai sensi dell’art. 34, commi 2 e 3 del d.lgs. 81/08 (rep. Atti n. 223/esr del 21 dicembre 2011) e per la formazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 37, comma 2 del d.lgs. 81/08 (rep. Atti n. 221/esr del 21 dicembre 2011) e Avviso di rettifica del 24 settembre 2012



[1] Regione Lombardia – D. G. Sanità - Circolare Regionale 17 settembre 2012 – n° 7, pag. 9. Pubblicata su Bollettino Ufficiale n° 38 Regione Lombardia – Serie Ordinaria – 20 settembre 2012.





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Rispondi Autore: Lara Sirna - likes: 0
25/10/2016 (08:33:20)
Come sempre, leggendo i suoi articoli, si ha la fotografia della realtà e ci si sente meno "extraterrestri" in questo lavoro...
Rispondi Autore: Raffaele Giovanni - Ispettore tecnico del lavoro - likes: 0
25/10/2016 (09:58:05)
L'ing. Catanoso ha sicuramente centrato la problematica cui personalmente mi sono battuto e mi batto contro i corsifici ed attestati fasulli, che controllavo con molta attenzione nel mio lavoro. Ma come si dice il pesce puzza dalla testa, politicamente si è mai voluto agevolare situazioni di nicchia o non essere in grado di mettere in condizione chi controlla di poter efficacemente avere strumenti di verifica efficaci. Sfido chiunque, nella giungla esistente, di poter venire a capo quando ti presentano attestati tra i più variegati e soggetti di infinite sigle o appartenenza. Quindi è questo che il legislatore che dovrebbe far meglio, poter indicare senza remore chi sono i soggetti e costituire un registro un albo ... quello che vogliono ... ma utile e congruo per una visione e constatazione di regolarità o meno dei soggetti che attestano le formazioni. Allora si che si porrebbe un po' di freno ai venditori di attestati e corsifici ad hoc . Comunque grazie all'ing. Catanoso che personalmente considero uno dei veri e più bravi operatori in circolazione . Poi sui FORMATORI una vera indecenza, diverse volte mi è capitato di sedermi tra i discenti ad ascoltare lezioni ..... per tanti un velo pietoso !!! ..... quante cavolate ho ascoltato . Infine sui COSTI orari dei formatori tutto vero , anche a me tempo fa hanno proposto cifre basse come sopra riportate ma non feci nulla, la mia serietà, disponibilità e capacità di trasmettere concetti quale docente non li baratto e non li discuto nemmeno . Grazie R.G.
Rispondi Autore: Filippo Pataoner - likes: 0
25/10/2016 (13:52:50)
Onestamente mi piace entrare ancora più nel dettaglio e diversificare quel 60% (qualità della docenza) in due macro settori:

- Didattica: qui la maggior parte dei corsi non raggiunge la sufficienza. A partire dalle varie associazioni di formazione che pur ostentando qualità si ritrovano ad offrire sempre la stessa minestra in termini di didattica tradizionale. Pochissimo è stato fatto rispetto a 5 anni fa. Zero innovazione in aula ma anche in e-learning. In altre attività di formazione molto si è mosso. La sicurezza invece sembra rimanere relegata al passato, a canoni ormai superati ma che probabilmente creano una zona di comfort "rassicurante".

- Capacità del formatore: qui sta nelle abilità della persona ed è molto soggettiva la cosa.
Rispondi Autore: matteo - likes: 0
26/10/2016 (10:53:19)
concordo in pieno sia con l'articolo sia con il commento di Filippo Pataoner.
Mi permetto un commento aggiuntivo: si insiste ormai tanto (troppo?) sulla necessità di "qualifiche" o "albi" o chissà cosa (per interesse?) che separi il formatore "bollino blu" dal formatore "fasullo", dimenticandosi (in buona fede?) che la formazione alla sicurezza e salute del lavoro richiede competenza ed esperienza non solo di "formazione", ma anche di sicurezza e salute del lavoro
Rispondi Autore: Rolando Dubini - likes: 0
27/10/2016 (20:39:15)
A mio parere la formazione di cui all'articolo 37 D.Lgs. n. 81/2008, e articoli collegati, deve essere semplificata e sottratta agli accordi Stato-Regioni diventando un allegato del Testo Unico come avviene per i corsi coordinatori di cantiere. Vista l'importanza che ha per la sicurezza, come sottolinea Catanoso, non può essere sottoposta alla settimana enigmistica di accordi spesso confusi, con elementi di illegittimità e irragionevolezza.
Rispondi Autore: Gianluca Tomei - likes: 0
29/10/2016 (09:33:50)
Ottimo articolo. Problematica centrata.
Tutti convinti che le cose debbano cambiare... tutti, o quasi, continuano a fare i docenti a 20 euro...
Rispondi Autore: Sebastiano Trapani - likes: 0
29/10/2016 (11:27:18)
#L'EraGlacialeDell'Informazione #Sonnolenza #ChiArrivaALeggereFinoInFondoPoiMiFaUnRiassuntoGrazie #Ops!CiStannoPureGliAllegati
Rispondi Autore: Giampaolo Ceci - likes: 0
29/10/2016 (11:55:14)
Il mio contributo.
“Formare alla sicurezza” in effetti, è una frase senza senso logico.
La sicurezza non si può insegnare ma, più propriamente per ottenerla bisogna “fare” il suo complemento, ovvero insegnare come individuare ed eliminare i pericoli, ottenendo come risultato una maggior sicurezza.
Quindi, insegnare la sicurezza é un concetto astratto che, seppure poggi su principi generali, per aver un senso pratico deve necessariamente essere calata in un contesto specifico.
La cultura vasta è anche un po’ d’immaginazione, sono le principali caratteristiche che, a mio parere, non possono mancare a un “consulente di sicurezza”.
Potremmo dire con una battuta che; “ chi sa SOLO di sicurezza non sa NULLA di sicurezza”.
Se l’individuazione dei pericoli è il fattore strategico su cui poggia la sicurezza dei lavoratori, allora diviene essenziale operare una corretta e articolata analisi dell'ambiente lavorativo per poi soffermarsi alle singole procedure lavorative (se si vuole entrare nel particolare) o addirittura dei processi industriali (se si vuole intervenire alla radice del problema).
Resta il fatto che prima di insegnare “la sicurezza” bisogna sapere quale deve essere il tema giusto dell’insegnamento.
Quest’aspetto è oggi molto trascurato. Nei corsi con rilascio di certificazioni ufficiali si DEVE insegnare ciò che dice la legge, ma il legislatore ha indicato gli argomenti che servono?
Nei corsi per i lavoratori ex art 36 e 37 (quelli interni all’azienda) invece si è più liberi. Qui si fa la vera sicurezza in azienda. In queste tipologie di corsi si può insegnare ciò CHE SERVE per ridurre gli incidenti o creare una mentalità diversa a seconda dei casi.
Ci sono DVR molto corposi che non valutano un bel nulla. Raramente un dipendente conosce i pericoli o le malattie professionali potenziali nel lavoro che esegue, nonostante abbia seguito corsi che però troppo spesso non hanno lasciato tracia nella sua memoria se non un’inutile perdita di tempo.
Capire il contesto e scovare i pericoli in cui il lavoratore si riconosce, è il primo passo per ogni azione formativa.
Poi nasce il problema di illustrarli efficacemente perché li conosca e sia consapevole delle misure da adottare perché si sottragga ai potenziali rischi.
Certo il docente deve avere capacità comunicative e strumentazioni moderne quando si trova in un’aula piena, ma anche affabilità, autorevolezza e conoscenza delle lavorazioni o dei macchinari specifici quando si trova in un’azienda artigiana, in questi casi non c’è l’aula, ma le postazioni di lavoro sono la vera aula.
La didattica e la misurazione scientifica dell’apprendimento stanno assumendo rilevante importanza nella comprensione e memorizzazione di quanto il docente espone.
Proprio dalla misurazione dell’apprendimento si può risalire alla valutazione indiretta della capacità didattica del docente.
Resta infine il problema del trasferimento delle conoscenze a chi ha compreso i rischi, ma li sottovaluta o non si vuole adeguare alle Buone prassi comportamentali o all’uso dei DPI, sebbene gli siano stati compiutamente spiegati da un docente preparato.
Qui le tecniche variano: se siamo di fronte a persone “intelligenti” si cerca di agire sulla loro razionalità e si cerca di CONVICERLI spiegando loro il perché delle prescrizioni inserite nelle Buone prassi, affinché ne memorizzino le ragioni; se invece siamo di fronte a persone che non hanno sufficiente capacità elaborativa SI ORDINA loro di eseguirle, usando il solito metodo della carota o della frusta.
Lasciamo andare qui le altre tecniche di persuasione occulta che scomodano la psicologia.
Come si vede la questione della formazione della sicurezza è tema complesso. La scuola pubblica e l’università hanno le loro colpe.
Oggi per la loro inefficienza e anche per motivazioni “politiche” la formazione sulla sicurezza è stata sottratta all’ambito Statale. La possono fare in molti sparpagliando le competenze in rivoli incontrollabili.
Le scuole private lecitamente fanno uso di giovani“Docenti” che costino poco. Bisognerebbe usarli solo per quello.
Per gli “esperti” o "se dicenti esperti" la questione è più complicata, ma in definitiva sono le regole del marcato che impietosamente fanno la selezione.
Per la formazione specifica (che è la vera formazione della sicurezza) bisogna potenziare il rapporto con l’interno delle aziende.
In questo tipo di formazione il docente svolge una funzione diversa, quella di mettere in condizione, il vero docente (quello interno), di trasferire efficacemente le sue esperienze e consigli agli altri compagni di lavoro seguendo un percorso didattico organizzato.
Rispondi Autore: CARMINE DAMIANO - likes: 0
29/10/2016 (15:35:01)
Rappresento due esperienze significative:
- al termine di un corso ad "operai", sulle radiazioni ionizzanti, tutti hanno espresso il giudizio "lei professore è veramente bravo, ci mette tanta passione, su un argomento così difficile...". Al che ho replicato "Einstein, che voi conoscete tutti, ha detto: "chi non è in grado di spiegare gli argomenti complessi in modo semplice, vuol dire che non li ha capiti abbastanza.."
- ad un datore di lavoro / RSPP ho proposto un programma di aggiornamento "quinquennale", in modo comprensibile, le basi giuridiche, i contenuti, ecc. ecc., compreso parte economica congrua... Alla fine mi ha detto "ma io scarico da internet l'attestato, e sono a posto......."
Rispondi Autore: LOREDANA PINGITORE - likes: 0
02/11/2016 (19:46:59)
La qualità della formazione non è data dalla tariffa ma, dalle competenze del docente, quanti docenti con i capelli bianchi non sono capaci di '' insegnare'' ? tanti ;lo dico da rspp dopo aver effettuato un corso da 120 ore! Concordo che le tariffe di 20/30/40 euro all'ora non sono accettabili ma, chi si fa pagare a 70 euro all'ora per leggere tutte le slide del decreto 81/08 non è assolutamente il miglior docente che si possa avere in aula!La differenza è l'essere umano che si rapporta con i discenti non la tariffa! Non sono i docenti che non devono accettare di lavorare per 20 euro all'ora, qualcuno deve obbligare e sanzionare se è necessario questi enti di formazione che propongono questo tariffario indecente! cordiali saluti

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