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Emergenza e Disabilità: i sistemi di evacuazione alternativi

Emergenza e Disabilità: i sistemi di evacuazione alternativi

Un intervento si sofferma sul rapporto tra emergenza e disabilità. La Carta di Verona, la disabilità, la progettazione universale e casi di studio per l’applicazione di un sistema non convenzionale di evacuazione per edifici.

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Pisa, 17 Mag – “In un mondo civile in caso di emergenza tutte le persone dovrebbero avere le stesse possibilità di sopravvivenza. Ciò nonostante, alcune persone possono riscontrare barriere fisiche o essere soggetti a particolari difficoltà di comunicazione che impediscono loro di reagire in modo efficace nelle situazioni di crisi negando loro la possibilità di usufruire dell'assistenza fornita alle altre persone”.   

 

A sottolinearlo, con riferimento alla scarsa attenzione che a volte viene data all’assistenza ai ‘disabili’ in situazioni di emergenza, è il Prof. Ing. Nicola Marotta in una sua lezione relativa al Master di Secondo Livello in Management in Sicurezza dei Luoghi di Lavoro e Valutazione dei Rischi (Esperto in Sicurezza) dell' Università di Pisa.

 

PuntoSicuro si è già soffermato nei giorni scorsi sul documento “ Emergenza e Disabilità”, a cura di Nicola Marotta e tratto da queste sue lezioni, con riferimento ai diversi modi e modelli di interpretazione della disabilità, ai dati e ai documenti più importanti sul tema con riferimento anche alla tutela e sicurezza dei disabili.


Riprendiamo a parlarne oggi - con l’intenzione di riportare anche alcune soluzioni in grado di migliorare la gestione delle emergenze - soffermandoci innanzitutto su uno dei pochi punti di riferimento a livello nazionale: la Carta di Verona sul salvataggio delle persone con disabilità in situazioni di crisi ed emergenza (2007). Una carta che ha l’obiettivo (art.1) di “delineare le basi per articolare una visione comune ed universale riguardo tutti gli aspetti delle attività che sono necessarie per garantire la protezione e la sicurezza di persone con disabilità in situazioni di rischio”. 

Questi alcuni aspetti principali messi in evidenza dalla Carta:

- “il principio della non discriminazione e delle pari opportunità (art.2),

- la necessità di coinvolgere le persone con disabilità e le loro organizzazioni nei processi decisionali riguardanti situazioni di emergenze umanitarie, negli eventi di disastri naturali o provocati dall'uomo e in tutte le relative attività di gestione dell'emergenza (art.3),

- la responsabilità delle istituzioni di garantire l'adeguato livello di protezione e sicurezza delle persone disabili in situazioni di rischio (art.5),

-  la necessità di formare, sensibilizzare e addestrare tutti gli attori coinvolti in situazioni di gestione del rischio e nei processi di salvataggio (art. 13)”. 

 

L’autore ricorda poi, in relazione al concetto di dependency, che la disabilità “può essere vista come un diverso grado di dipendenza che è insito nella diversità umana. Noi siamo animali sociali che dipendiamo da altri in diversa misura durante l’intera nostra esistenza. L’ 80% delle persone sperimenteranno disabilità in qualche momento della loro vita”.

 

Si sofferma poi su altri aspetti, concetti e definizioni rilevanti:

- mainstreaming disability (“mainstream“ significa letteralmente "corso principale di un fiume", da distinguere dai suoi piccoli affluenti): “è un concetto elaborato da alcune associazioni internazionali e significa che le politiche per i diritti delle persone con disabilità possono essere efficaci solo se la fruizione di spazi e servizi - da parte della persona con disabilità - avviene negli stessi luoghi e nelle stesse forme in cui li vivono e fruiscono gli altri cittadini”. Quindi “progettare la sicurezza per le persone con disabilità significa realizzare sistemi di emergenza per tutti e non realizzare ‘piani speciali’”; 

- disability inclusive: “gli sforzi devono tendere a rimuovere le barriere che sono da ostacolo a questo principio e non è una soluzione impedire ad alcuni soggetti di partecipare in determinati contesti. In particolare la sicurezza non va garantita attraverso soluzioni che escludono ma creando una organizzazione che sia inclusiva e accessibile ‘a monte’; 

- universal design (progettazione universale): “si basa sul concetto intuitivo in base al quale un bene, un servizio o un edificio, qualora sia disegnato in base alle esigenze di coloro che presentano maggiori difficoltà, sarà idoneo, a maggior ragione, a soddisfare le esigenze anche di quella parte della popolazione priva di esigenze speciali: un edificio privo di scale è utilizzabile con maggior comodità da chiunque, sia che si usi una sedia a rotelle sia che non se ne faccia uso”. In effetti l’Universal Design “definisce l’utente in modo esteso e non si concentra solo sulle persone con disabilità. Suggerisce di rendere tutti gli elementi e gli spazi accessibili e utilizzabili dalle persone nella maggiore misura possibile”.

 

E che gli aspetti della Progettazione Universale siano applicabili anche alle situazioni di emergenza lo mostrano i vari casi di studio presentati dal Prof. Marotta con l’obiettivo di fornire una “soluzione innovativa mediante lo studio di un sistema non convenzionale di evacuazione per edifici (Building Evacuation System) capace di preservare l’incolumità di tutte le persone, senza distinzione di categoria, in caso di emergenza”.

 

A questo proposito si ricorda che “la ricerca di sistemi di evacuazione alternativi e affidabili, che non richiedono mutamenti architettonico-strutturali significativi, è fortemente sentita nel campo della prevenzione incendi, oltre che per la presenza di persone disabili, soprattutto per gli edifici pregevoli per arte e storia, ove qualsiasi tipo di trasformazione edilizia appare di difficile attuazione ed in contrasto con il severo sistema vincolistico in vigore nel nostro paese”. E due sistemi sembrano “poter essere presi in seria considerazione, in quando già adottati e sperimentati con rigore, ormai da alcuni anni, soprattutto per l’evacuazione di emergenza in campo navale e come evacuazione di emergenza negli aeromobili: Escape Chute System (ECS); Evacuation Slide System (ESS)”.

Si segnala che il sistema “Escape chute” è ideato per l’evacuazione di emergenza “anche da altezze elevate, viene montato solitamente all’esterno. Nella sua forma tipica esterna è costituito da un tubo verticale di stoffa a tre strati: il rivestimento esterno è resistente al fuoco ed a tutti gli agenti atmosferici, lo strato interno è costituito da un tipo di stoffa che facilita lo scivolamento, mentre lo strato intermedio ha funzione portante. L’altezza raggiungibile con questo sistema di evacuazione è di 60 - 80 metri”.

 

 

La lezione, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta alcuni specifici casi studio con riferimento alla Certosa di Calci, al Museo Nazionale della Certosa, al Museo di Storia Naturale e del territorio dell’Università di Pisa, … E si è cercato di “studiare il caso di evacuazione delle persone con disabilità in edificio storico e artistico vincolato dalla Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici”. Con interventi che non influenzino le qualità intrinseche del bene vincolato e soddisfino i principi di inclusione e mainstreaming.

Viene dunque presentata una proposta alternativa relativa ad un sistema di evacuazione non convenzionale in presenza di persone disabili, un sistema che è applicabile “negli edifici con presenza di persone con disabilità, in edifici storici, in ospedali, case di cura per anziani, scuole, alberghi, ecc, in tutti i casi in cui il sistema di evacuazione è mancante o insufficiente”.

 

Un altro caso di studio riguarda le mura medievali della città di Pisa e un progetto di sistema   di evacuazione alternativo che:

- “permette l’evacuazione sicura di tutte le persone comprese quelle disabili;

- non discrimina;

- la installazione non determina impatto con la struttura;

- ha un ingombro limitato;

- si può istallare facilmente;

- il sistema di può rimuovere facilmente e la situazione originaria può essere ripristinata;

- il tempo di armamento varia da 6 – 10 secondi;

- la capacità di evacuazione è di 10 -15 persona/minuto”.

 

 

Dunque se la sicurezza delle persone con disabilità in caso di emergenza dagli edifici storici e artistici in alcuni casi può essere difficile da ottenere, il sistema di evacuazione alternativo descritto “può, in questi casi, risolvere il problema. Si tratta di un sistema che ancora deve essere sperimentato e richiede controlli appropriati, soprattutto in relazione alla sua affidabilità e la capacità d’uso”. 

 

Riprendiamo, per finire, le conclusioni dell’autore.

 

Si indica che la disabilità come fattore di pianificazione di emergenza è “un problema che sta ricevendo l'attenzione da parte di alcune istituzioni che si occupano di gestione delle catastrofi, mentre varie organizzazioni che tutelano i diritti dei disabili sono attive per includere le esigenze delle persone disabili nella pianificazione delle emergenze (emergenza inclusiva)”. E nasce dunque l’esigenza “di un cambiamento di prospettiva culturale prima e forse più che organizzativa”. È necessario riconoscere che “le persone con disabilità possono e devono essere soggetti attivi: in una parola, a condizione che si rimuovano effettivamente le barriere e gli ostacoli che lo impediscono, esse possono essere responsabili della propria e dell'altrui sicurezza, come qualsiasi altro individuo”.

 

 

 

Emergenza e Disabilità”, a cura del Prof. Ing. Nicola Marotta, documento tratto da una lezione relativa al Master di Secondo Livello in Management in Sicurezza dei Luoghi di Lavoro e Valutazione dei Rischi (Esperto in Sicurezza) dell'Università di Pisa (formato PDF, 8.23 MB). 

 

Carta di Verona sul salvataggio delle persone con disabilità in situazioni di crisi ed emergenza (formato PDF, 306 kB).

 

 

Link alla prima parte della presentazione della lezione…

 

 

Tiziano Menduto



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