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Imparare dagli errori: infortuni per assenza del casco e imprudenza

Imparare dagli errori: infortuni per assenza del casco e imprudenza

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Categoria: Imparare dagli errori

04/04/2024

Esempi di infortuni sul lavoro con riferimento all’assenza del casco in cantiere o alla eccessiva fiducia in presenza di un contenitore potenzialmente pericoloso. I racconti dell’Ingegnere Mario Zaniboni.


Come già segnalato in un precedente articolo, nella nostra rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata alle dinamiche e alla prevenzione degli infortuni professionali, stiamo raccogliendo alcuni racconti di infortuni di cui i nostri lettori possono aver avuto informazione o che hanno affrontato e indagato a livello professionale.

 

In questo caso, lo abbiamo fatto già in alcuni altri articoli, riprendiamo alcuni racconti inviati dall’ingegnere Mario Zaniboni, che è stato funzionario della Regione Toscana nell'ASL di Massa Carrara, e che già in passato si è occupato su PuntoSicuro della sicurezza nel settore estrattivo.

 

Tra i racconti inviati dall’ingegnere Zaniboni ne pubblichiamo oggi due che fanno riferimento a problematiche diverse:

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Contenitori potenzialmente pericolosi: non fidarsi mai

 

Nelle attività estrattive, e ovunque si lavori, servono certi interventi che non si riscontrano nella produzione, ma che sono necessari per il decoro e il buon funzionamento di un'impresa.

E quando si fanno queste operazioni al di fuori di un programma, può succedere che serva qualcosa che consentirebbe di fare quanto voluto senza spendere denaro o perdere tempo.

 

Così, solitamente si va a cercare dove sono stati immagazzinati oggetti (attrezzi e cose varie) che, forse, domani sarebbero recuperati. È quanto è capitato in una cava di sabbia, ma il risultato sarebbe potuto essere lo stesso anche se fosse successo in una miniera d'oro, tanto per fare un esempio.

 

Un lavoratore, in questo caso un muratore, aveva avuto l'incarico di approntare le basi in muratura per gli elementi portanti di un cancello metallico da installare all'ingresso del piazzale degli uffici.

 

Egli, dopo aver preso tutto quanto gli serviva, si trovò sprovvisto del contenitore in cui impastare la calce. E, come si è detto, andò nel deposito delle cose dismesse per vedere di recuperare quanto gli serviva. Lì, trovò un vecchio e rugginoso barile di lamiera, con la scritta riportante il nome del contenuto illeggibile, e con il tappo bloccato, che, malgrado ogni sforzo, non cedette.

Il muratore, senza pensarci due volte, decise come fare. Portò il barile in cortile, trascinando con sé una bombola di gas. Quindi, lo accese e puntò il raggio ossiacetilenico presso l'orlo del coperchio, con l'intenzione di tagliare lungo tutta la circonferenza, in modo da eliminarlo.

Ma, non appena il raggio perforò la grossa lamiera, avvenne un violentissimo scoppio, che ruppe la tranquillità della mattinata e fu sentito dalla gente anche molto lontano. Il coperchio fu scagliato violentemente verso l'alto, finché, dondolando pesantemente come un nero uccellaccio, ricadde al suolo abbastanza lontano, però senza combinare danni.

 

Però, quando i curiosi accorsero per rendersi conto di ciò che era avvenuto, ebbero la brutta sorpresa di trovare steso a terra, supino, il muratore in un lago di sangue: il coperchio, quando fu scagliato in alto, l'aveva colpito fra la gola e il mento, uccidendolo sul colpo.

Questa disgrazia dice, una volta ancora, che l'attenzione non è mai troppa, che non ci si deve fidare di ciò che non si conosce e che potrebbe essere pericoloso per la propria incolumità.

 

Spesso lo si fa, non tanto per non spendere denaro, bensì per risparmiare tempo. Ebbene, in tali casi, se ci sono dubbi (sperando che sorgano, perché a quel muratore non sono proprio venuti), è fondamentale tenerli nel debito conto.

 

Nei cantieri l'uso del casco è obbligatorio: sempre!

In ogni cantiere è sempre previsto e obbligatorio l' uso del casco, anche quando, guardandosi attorno, ci si rende conto di trovarsi in un ambiente nel quale non c'è nulla, ma proprio nulla, che possa colpire. Ma non si può mai essere certi di ciò che può riservare il futuro, perché l'eccezione può sempre essere pronta ad apparire, lasciando segni indelebili a chi l'ha dovuta riscontrare o, addirittura, dando luogo a conseguenze letali.

 

Ecco cosa è successo in un impianto di frantumazione diversi anni fa.

Era una di quelle strutture che funzionano quasi con continuità, lavorando sui prodotti calcarei ottenuti di solito con l'uso dell'esplosivo, giacché non interessa la pezzatura e, pertanto, si può fare una produzione rapida; é poi l'impianto a fornire la giusta granulometria ai materiali lapidei, secondo le richieste dei settori interessati, di solito di quello edilizio e di quello della formazione delle massicciate stradali e ferroviarie.

 

Si trattò di un gravissimo episodio capitato, quando ero ancora funzionario della Regione Emilia Romagna al Servizio Provinciale Difesa del Suolo di Bologna e che ebbi l'incarico di rilevare.

 

Un mattino di una giornata estiva e piena di sole, un lavoratore stava attraversando a piedi il piazzale, passando a una distanza di una ventina di metri dal rumoroso impianto che lavorava a pieno ritmo, quando i colleghi lo videro bloccarsi e poi cadere rovinosamente al suolo. Accorsero immediatamente per prestargli soccorso, convinti che fosse stato colpito da un malore o da un colpo di sole, ma esterrefatti ebbero l'amara sorpresa di vedere uscire, da un grande ferita aperta nella parte sinistra del cranio un rivolo di sangue che si mescolava con la polvere. Si resero conto che la situazione era disperata, tanto da non toccarlo, e fecero chiamare immediatamente un medico che, giunto in poco tempo, non poté far altro che certificare il decesso del poveretto, confermando quanto avevano temuto i colleghi.

 

Quando fu spostato, sotto di lui trovarono un pezzetto di bullone con il relativo dado in acciaio, staccatosi improvvisamente da un organo in movimento dell'impianto e scagliato lontano a una grande velocità.

 

Fu un reperto importante e chiarificatore di ciò che era capitato: la vite aveva un evidente segno di frattura, però la sezione era suddivisa in due parti, delle quali una era fresca e luccicante, mentre l'altra era ossidata: il che significa che la vite da tempo aveva iniziato a cedere piano piano "per fatica", finché la sezione resistente era divenuta talmente esigua, che quel giorno, non riuscendo più a sopportare gli sforzi cui era soggetta, cedette di colpo.

 

Naturalmente, ci furono indagini che portarono all'accusa di scarso controllo da parte di chi aveva il compito di verificare se si notasse qualche anomalia o difetto nell'impianto durante il suo funzionamento, anche se - si deve riconoscerlo - non è facile riconoscere un qualcosa non ancora definitivamente in fase di rottura.

 

Comunque, ciò che interessa in questa faccenda, oltre al cordoglio sollevato dalla perdita di una vita umana, è che mai e poi mai ci si deve fidare del proprio intuito e delle proprie conoscenze; questo perché c'è sempre qualcosa che travalica l'evidenza e mette in grave difficoltà. Infatti, quando mai qualcuno penserebbe che un oggetto pesante, che di solito, se non è ben fissato, cade sulla testa dall'alto, arrivi di fianco come se fosse sparato da un cecchino appostato dietro un riparo?

Ebbene, è successo, e pertanto, cielo coperto di strutture dell'uomo o perfettamente libero, questo caso insegna che, quando ci sono organi in movimento, il casco deve essere tenuto ben calcato sul cranio.

 

Mario Zaniboni

Ingegnere

 

 

Per un approfondimento generale sui rischi e la prevenzione degli infortuni con riferimento alle attività estrattive e all’uso dei caschi, rimandiamo alla lettura di altre puntate della rubrica “Imparare dagli errori” e di altri articoli pubblicati dal nostro giornale:

 

 




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Rispondi Autore: Giovanni Bersani - likes: 0
04/04/2024 (21:01:03)
Mi permetto di dare il mio parere: "gli organi in movimento" non possono implicare automaticamente l'obbligo del casco, come sembrerebbe indicare l'interessante articolo, in fondo. E' una questione di valutazione dei rischi (in senso ampio) poiché altrimenti vigerebbe l'obbligo ad esempio anche in ogni fabbrica, in cui è facile che vi siano parti in movimento che non sono necessariamente sempre chiuse dentro protezioni su tutti i lati, compreso quello superiore.
Ovviamente non mi permetto di entrare nel caso specifico in dettaglio (cantiere ecc.) ma ritengo però che se in generale passasse l'idea che "qualcosa può sempre succedere" ...si prenderebbe una pericolosa deriva (esempio: una vite che esplode in quella maniera può colpire non solo la testa ma può colpire anche altre parti del corpo).
"Purtroppo" il rischio zero non esiste e una buona valutazione dei rischi ce lo ricorda, ma senza poter e dover portare tutto a zero.
Grazie
Rispondi Autore: Riccardo Ambrosio, Ingegnere, RSPP, CSP/CSE, Consulente, Coordinatore AIAS sede regionale Calabria - likes: 0
05/04/2024 (13:15:00)
Affermare che “Nei cantieri l'uso del casco è obbligatorio: sempre!” ritengo che sia, prima di ogni altra cosa, una contraddizione con la definizione di DPI offerta dall’Art. 74 c. 1 del D.Lgs. 81/08 e s.m. e i: “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”. E qui concordo con l’osservazione di Giovanni Bersani.
Occorre partire da una attenta valutazione di tutti i rischi “che abbiano la ragionevole e concreta possibilità di manifestarsi in correlazione all’attività lavorativa svolta”(Interpello N. 11/2016). Se il rischio esiste, allora, esperite tutte le misure di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori di cui all’art. 15 TUSSL da privilegiare, rispetto ai DPI, in base all’art. 75 (I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro), si adotta il dispositivo, altrimenti si perde di vista il significato dello stesso, e soprattutto non è assolutamente detto che indossare un DPI in assenza di rischio (e quindi una contraddizione in termini, data la definizione) sia un aumento della sicurezza o della salute (intesa come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità”).
Mi permetto di citare un caso di “politica aziendale” di un importante Gruppo presente a livello nazionale in più siti, nei confronti della quale ebbi modo di polemizzare in sede di riunione di coordinamento (ero RSPP di una ditta esterna di carpenteria metallica, appaltatrice della manutenzione). Ora la grossa azienda pretendeva che, varcato il cancello dello stabilimento, tutti dovessero indossare l’elmetto ed il gilet ad alta visibilità, a prescindere dal luogo specifico all’interno del sito e dal rischio presente e valutato. Per essere esplicito, anche in ufficio si entrava con l’elmetto ed il gilet ad alta visibilità doveva essere indossato anche in luoghi non aperti al traffico; anche da parte di saldatori, i quali dovevano sovrapporre tale DPI agli indumenti di protezione dal calore e dagli schizzi di materiale incandescente, con l’aggravio che il gilet evidentemente non è ignifugo e quindi peggiora la sicurezza del lavoratore, elevando il rischio. Stessa pretesa per un lavoratore esposto al sole in piena estate, obbligato ad indossare l’elmetto anche dove il rischio di urto del capo o di proiezione di oggetti non è presente (sempre secondo la logica dell’Interpello N. 11/2016) ed ovviamente a prescindere dalla valutazione dell'esposizione del lavoratore a Radiazioni Ottiche Naturali ed a temperature estreme (caldo), che però sicuramente possono richiedere dispositivi di protezione diversi dall’elmetto, come indumenti protettivi a maniche lunghe con tessuti anti UV, cappello a falde, crema di protezione solare, occhiali da sole, sempre dopo aver considerato – ove possibile - di impiegare, concordemente con la normativa citata, schermature con teli e con coperture e una diversa organizzazione del lavoro.

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