Imparare dagli errori: incidenti, insicurezza e rischi nel lavoro temporaneo
Brescia, 15 Apr – Concludiamo con questa puntata di “ Imparare dagli errori”, rubrica dedicata al racconto degli infortuni professionali, il breve viaggio attorno a quella che spesso viene chiamata la “dimensione dell’insicurezza sul lavoro” in riferimento al lavoro flessibile e al lavoro precario. Una insicurezza che è sicuramente cresciuta per le conseguenze dirette e indirette della pandemia e dell’emergenza COVID-19.
Ci riferiamo genericamente a tutte quelle tipologie contrattuali che, pur essendo cambiate nel tempo, sono caratterizzate da una maggiore flessibilità del lavoro rispetto ai classici contratti lavorativi (senza dimenticare che esistono purtroppo anche situazioni ancora non contrattualizzate): lavoro in somministrazione, lavoro temporaneo (ex lavoro interinale), rapporto di collaborazione, lavoro accessorio mediante voucher, lavoro a chiamata, …
In questo breve viaggio abbiamo raccolto, come faremo oggi, una serie di infortuni di lavoratori con contratti atipici, infortuni che sono avvenuti senza un rapporto diretto con le conseguenze dell’atipicità e flessibilità del contratto. Anche se tuttavia, ed è forse lo scopo di queste puntate, per fare una reale tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, dobbiamo imparare a tener conto anche di quella “ dimensione dell’insicurezza sul lavoro” che se non diventa un fattore causale diretto, può comunque favorire gli infortuni nei lavoratori atipici, ad esempio attraverso lo stress, la distrazione, la fretta, la minore esperienza o la maggiore disponibilità a operare senza tutele adeguate rispetto ad altri lavoratori.
Anche per quest’ultima puntata le dinamiche infortunistiche presentate sono tratte dall’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Questi gli argomenti trattati:
- Gli infortuni professionali di lavoratori con contratti di lavoro atipico
- Dimensione organizzativa della sicurezza e rischio infortuni
Gli infortuni professionali di lavoratori con contratti di lavoro atipico
Nel primo caso l’incidente avviene durante attività di montaggio di impianti sul terrazzo di copertura di un capannone industriale.
Si stanno eseguendo operazioni di saldatura per il montaggio degli impianti.
Un lavoratore, con rapporto di lavoro atipico, per far passare la “prolunga” del cavo elettrico di alimentazione della saldatrice, dal terrazzo ove si trova al locale sottostante, rimuove la copertura di una apertura nel solaio e successivamente precipita sul pavimento da circa 6 metri, riportando la frattura del cranio e decedendo durante il trasporto in eli-ambulanza. L’apertura nel solaio era protetta da pannelli in legno chiodati tra loro ed inoltre era presente un normale parapetto.
Il fattore causale rilevato nella scheda è l’attività dell'infortunato che “rimuoveva la copertura di una apertura nel solaio”.
Il secondo caso riguarda un infortunio di un lavoratore, sempre con contratto atipico, che svolge attività di movimentazione merci e magazzinaggio.
Il lavoratore movimenta con un collega manualmente un grosso elettrodomestico.
Nello scendere le scale il lavoratore inciampa e cadendo l'elettrodomestico lo schiaccia nella zona addominale bassa.
Le indagini successive hanno rilevato che il datore di lavoro non aveva messo a disposizione un’attrezzatura idonea per la movimentazione dell'elettrodomestico.
In questo caso il fattore causale consiste proprio nell’attività dell’infortunato che ha “movimentato manualmente un grosso elettrodomestico”.
Dimensione organizzativa della sicurezza e rischio infortuni
Non ci soffermiamo ulteriormente sulle cause degli eventi infortunistici presentati, ma torniamo a parlare della “dimensione dell’insicurezza” attraverso il contributo di Annalisa Tonarelli (Università degli Studi di Firenze) dal titolo “ Sicurezza sul lavoro, sicurezza del lavoro”, presentato nel seminario “La nuova legislazione del lavoro: ruolo e funzioni degli RLS nell’organizzazione del lavoro e nella valutazione dei rischi”.
La relatrice ricorda che partendo dalla considerazione che nel Testo Unico (D.Lgs. 81/2008) sono “considerati lavoratori, ai fini del riconoscimento della tutela antinfortunistica, tutti i soggetti coinvolti funzionalmente nell’ambito organizzativo del datore di lavoro”, si evidenzia una dimensione organizzativa della sicurezza “strettamente connessa con l’esercizio del potere attribuito a chi ha la responsabilità e la direzione dell’organizzazione”. E se l’organizzazione diventa “l’elemento essenziale per individuare i soggetti passivi (e quelli attivi) dell’obbligo di sicurezza”, è evidente “l’interdipendenza tra la tutela della salute e della sicurezza e l’organizzazione del lavoro”.
Si indica, a questo proposito, anche che “un approccio preventivo, olistico e sistematico alla gestione dei rischi psicosociali, che coinvolga la dimensione organizzativa, è ritenuto essere il più efficace”.
Infatti adottando il giusto approccio “è possibile prevenire e gestire con efficacia i rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato, a prescindere dalle caratteristiche o dalle dimensioni dell'impresa, e affrontarli con la stessa logica e sistematicità riservate ad altre questioni di salute e sicurezza sul lavoro”.
Rimandando alla lettura integrale dell’intervento, molto più articolato e ricco di indicazioni sulla dimensione dell’insicurezza, concludiamo riprendendo qualche spunto tratto da un documento pubblicato dall’ex ASL Roma H (ora ASL Roma 6), “ Sorveglianza sanitaria e prevenzione nel lavoro atipico flessibile”, a cura di A. Bruschi, G. Di Martino, A. Imperatore, A. Messineo, O. Rossi e N. Serretti.
Nel documento si indica che la “flessibilità” è considerata come il “grado di adattabilità o adeguamento del sistema o dei suoi elementi al manifestarsi di mutamenti o al sorgere di determinati vincoli”. E la situazione dei lavoratori atipici/flessibili è caratterizzata da una estrema variabilità del contesto in cui si opera e spesso da:
- “discontinuità d'impiego;
- utilizzazione ambienti fisicamente non determinati;
- contesti organizzativi mutevoli;
- esposizioni frammentate e multiesposizioni;
- difficoltà bonifiche strutturali;
- problemi di formazione (inadeguatezza dei tempi ai fini dell’apprendimento, scarsa integrazione con i processi tecnici ed organizzativi aziendali, scarsa assimilazione procedure…);
- non infrequenti conflittualità orizzontali”.
Riguardo poi al rischio infortuni per i lavoratori atipici si segnala che “l’inserimento solo temporaneo in una azienda può essere causa di un incremento degli infortuni sul lavoro rispetto a quanto avviene nei lavoratori a tempo indeterminato”, e questo dipende da alcuni elementi che generalmente caratterizzano i lavoratori atipici: scarsa conoscenza dell’ambiente, scarso addestramento, breve durata del lavoro, bassa qualifica professionale e giovane età.
Inoltre spesso il lavoratore atipico:
- svolge spesso lavori che lo mettono “in condizione di cambiare continuamente mansione e quindi di doversi riformare circa i rischi cui è esposto;
- alterna momenti di superlavoro a momenti di lavoro normale, a periodi di disoccupazione e ciò aumenta lo stress che è la causa principale di infortuni oggi in Europa”;
- “viene utilizzato per i lavori meno ‘graditi’ che vengono accettati proprio per lo stato di precarietà”.
Rimandiamo infine, anche in questo caso, alla lettura del documento che riporta ulteriori considerazioni e molti dati sulla distribuzione di infortuni e malattie professionali.
Tiziano Menduto
Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 1612 e 3954 (archivio incidenti 2002/2016).
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