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Gestione delle emergenze negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati

Gestione delle emergenze negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati

Un approfondimento sulla prevenzione dei rischi negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Prima parte: gestione delle emergenze e procedure di soccorso. A cura di Giuseppe Costa, Dirigente Vicario nel Comando dei Vigili del Fuoco di Venezia.

 

Sempre con la convinzione che sia più che mai necessario migliorare la prevenzione dei tanti incidenti che ancora avvengono durante le attività negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, riprendiamo la pubblicazione dei contributi di Giuseppe Costa, Dirigente Vicario nel Comando dei Vigili del Fuoco di Venezia.

In questo articolo, che abbiamo diviso in più parti, l’autore si sofferma in particolare sulla gestione delle emergenze negli ambienti confinati.

 

Ricordiamo i recenti articoli pubblicati dall’autore sul tema:

- “ Ambienti sospetti di inquinamento o confinati: classificazione e valutazione

- “ Conoscere i rischi negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati

- “ Ambienti confinati: analisi degli infortuni e importanza della formazione”.

 

Nelle successive parti dell’attuale contributo l’autore si soffermerà su altri temi: la formazione, briefing e debriefing, dispositivi di protezione e sorveglianza sanitaria.



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Sicurezza Lavorazioni in Ambienti Confinati - Categoria Istat: C - Attività Manifatturiere

LA GESTIONE DELLE EMERGENZE E SALVATAGGIO

Negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati è fondamentale per la prevenzione degli infortuni l’elaborazione di adeguate procedure di emergenza e di salvataggio.

La formazione sul potenziale pericolo di asfissia ed intossicazione è importante sia per gli operatori in ambienti confinati, sia per chi, in situazioni di emergenza, si ritrova a dover intervenire in soccorso di altri. È noto come la maggior parte delle vittime in ambienti confinati è ravvisabile nelle persone dei soccorritori dell’operatore che, non essendo informati sui pericoli e rischi presenti e non sapendo come procedere, intervengono per prestare aiuto, ritrovandosi anch’essi vittime.

 

Il datore di lavoro deve provvedere quindi ad elaborare il piano di emergenza in relazione all’ambiente confinato in cui si deve operare, mettere a disposizione dei lavoratori idonei mezzi e dispositivi di salvataggio e provvedere all’informazione, alla formazione e all’addestramento dei lavoratori anche per quanto riguarda la gestione delle emergenze.

 

La pianificazione delle emergenze dovrà prendere in considerazione tutte le eventuali imprese presenti nell’area circostante l’ambiente confinato e le attività svolte; si dovrà successivamente rendere disponibile e consultabile l’intera procedura agli operatori negli ambienti confinati, alle altre imprese e agli addetti emergenze e agli addetti di primo soccorso.

 

Come per le procedure operative, il piano di emergenza non può essere standardizzato ma deve essere formulato tenendo conto della natura dell’ ambiente confinato, dei rischi identificati e del tipo di soccorso da effettuare; inoltre deve riportare tutte le misure necessarie da attuare sulla base di possibili scenari incidentali.

 

Si possono individuare tre tipologie di soccorso:

  1. AUTOSOCCORSO: l’individuo che lavora all’interno dello spazio confinato deve essere in grado di riconoscere una situazione critica ed uscire autonomamente prima che la situazione gli impedisca di mettersi in salvo; in questo caso è necessaria una valutazione dei rischi e una formazione specifica degli operatori.
  2. NON INGRESSO IN SALVATAGGIO: consiste nel sistema di recupero dell’operatore dall’esterno dell’ambiente confinato attraverso il sistema del “cordone ombelicale”, ovvero l’operatore è munito di un’imbragatura di salvataggio ancorata ad una fune collegata ad un sistema di recupero che viene azionato dall’operatore esterno. Normalmente questo sistema viene impiegato nei casi in cui, a seguito di bonifica dell’area confinata, sussistano ancora dei dubbi sulla pericolosità dell’atmosfera e prevede necessariamente il sollevamento verticale dell’infortunato; è da notare come invece il sistema non possa essere impiegato in casi in cui la conformazione dell’ambiente stesso non lo permetta o quando ad operare all’interno dello spazio confinato siano due operatori che, essendo collegati con l’esterno attraverso la fune, potrebbero intralciarsi durante le lavorazioni o inficiare la validità dell’intero sistema di sicurezza o quando l’infortunato presenta un trauma cranico o alla colonna vertebrale.
  3. ENTRATA IN SALVATAGGIO: è un’opzione ultima che deve essere attentamente pianificata ed eseguita per evitare che lo stesso soccorritore divenga vittima. Prevede l’ingresso di un soccorritore all’interno dell’ambiente confinato per il recupero del lavoratore incidentato; il soccorritore deve esser consapevole dei rischi e della natura dell’ambiente confinato, deve essere dotato di tutti i dispositivi di protezione, soprattutto delle vie respiratorie, e deve rivalutare il piano di soccorso in occasione di eventi mutevoli nell’ambiente confinato. Per l’entrata in salvataggio è necessario prevedere all’esterno dei soccorritori di riserva che intervengano in caso di difficoltà del primo soccorritore, oltre ad eseguire un’adeguata e accurata formazione dei lavoratori adibiti al soccorso.

 

È importante far notare come il tempo a disposizione per un soccorso di successo sia estremamente limitato, basti pensare che in soli 4 minuti il lavoratore in un’atmosfera in carenza di ossigeno può perire a causa di asfissia.

La scelta della tipologia di soccorso da impiegare deve essere effettuata caso per caso, in base alla valutazione specifica di ogni ambiente confinato, ma deve essere sempre garantita la tecnica di autosoccorso.

 

Il piano di emergenza deve inoltre definire nello specifico, per entrambe le procedure di soccorso di “non ingresso in salvataggio” e “entrata in salvataggio”:

  • Il numero delle persone che devono stazionare all’esterno dello spazio confinato con funzioni di sorveglianza/allertamento ed eventuale primo soccorso. All’esterno dell’ambiente confinato deve sempre permanere almeno una persona con la funzione di sorveglianza/allertamento, la quale non deve mai entrare nell’ambiente confinato e deve vigilare con continuità sull’attività in corso.
  • Il numero delle persone designate alla squadra di soccorso aziendale, che devono essere sempre reperibili e disponibili nei pressi del luogo confinato per poter intervenire tempestivamente in caso di necessità, qualora l’emergenza richieda un numero maggiore di soccorritori.
  • Le modalità di allertamento della squadra di soccorso e degli enti di pubblico soccorso (SUEM e Vigili del fuoco). È consigliabile, prima dell’inizio dei lavori nello spazio confinato, rendere nota la propria presenza e il tipo di attività da svolgersi alla squadra di emergenza aziendale, oltre che fornire una copia della valutazione dei rischi e del piano di emergenza agli enti pubblici di soccorso.
  • Le attrezzature di emergenza necessarie, che devono essere disponibili nell’immediato per effettuare il soccorso. Esempi di attrezzature necessarie al salvataggio possono essere i dispositivi di allarme, la fune di salvataggio con moschettone di sicurezza, i dispositivi meccanici di recupero di persone prive di conoscenza, i mezzi di comunicazione tra interno ed esterno, il telo di scorrimento in pvc, l’equipaggiamento di primo soccorso e il kit per la rianimazione, i dispositivi per la ventilazione, i dispositivi di monitoraggio dell’ossigeno o di rilevazione di agenti contaminanti, i dispositivi di protezione delle vie respiratorie (maschere a filtro o autorespiratori),ecc.; resta fermo comunque il principio secondo il quale sulla base della tipologia di soccorso indicato e sulla base delle caratteristiche e dei rischi dell’ambiente confinato in cui si effettua il salvataggio, devono essere scelte e predisposte le attrezzature di salvataggio idonee.

Il numero di addetti all’emergenza/salvataggio deve essere proporzionale al numero di lavoratori operanti all’interno dell’ ambiente confinato e alla complessità delle operazioni di soccorso. Nel predisporre il numero minimo di addetti all’emergenza, il datore di lavoro deve tener conto di molteplici variabili legate a tipologia, struttura e atmosfera dell’ambiente confinato stesso, ad esempio nel caso di più punti d’accesso o di ambienti molto vasti che richiedono l’impiego di più operatori o di atmosfere che richiedono l’immissione di aria e il soccorso di una persona non cosciente, il numero degli addetti di emergenza da prevedere aumenta rispetto ad altre situazioni di soccorso meno complesse, richiedendo alle volte anche la predisposizione di un’organizzazione ad hoc per un efficace e celere soccorso.

Un punto fondamentale da tenere in considerazione nella definizione del numero di addetti al soccorso è la possibile esigenza di intervento contemporaneo con attività di recupero, attività di primo soccorso esterno o interno allo spazio confinato e con attività di supporto operativo ai soccorritori.

 

Il piano di emergenza non è però sufficiente a garantire un soccorso efficace senza ulteriori vittime, in quando è strettamente collegata la necessità che le persone designate alla squadra di salvataggio dispongano delle competenze idonee ai tipi di emergenza previste, siano formate e addestrate in misura adeguata e abbiano a disposizione, siano stati addestrati al corretto utilizzo e indossino nella modalità corretta i dispositivi di protezione necessari all’ingresso nell’ambiente confinato. Il soccorritore deve spesso possedere delle competenze sanitarie di primo soccorso, oltre a competenze nell’uso di strumentazioni tecniche (per esempio per i monitoraggi sulla qualità dell’aria e sulla presenza di agenti chimici contaminanti).

 

Il datore di lavoro, nell’ elaborazione del piano di emergenza, oltre a prevedere i possibili scenari e le rispettive misure di soccorso da porre in essere nello specifico, deve descrivere le modalità di chiamata al SUEM 118, ai Vigili del Fuoco, ecc.. Spesso infatti la situazione di panico non permette a chi chiama di fornire le esatte indicazioni per attivare il soccorso, oppure vi possono essere più chiamate contradditorie; è necessario quindi che in fase di redazione del piano di emergenza venga descritta la procedura di chiamata agli enti di soccorso, precisando:

  • La persona incaricata alla chiamata, la quale deve essere a conoscenza dei rischi presenti nell’ambiente confinato per dare le adeguate indicazioni;
  • Gli elementi minimi da comunicare durante la chiamata, quindi: nome dell’azienda, luogo e indirizzo del luogo da raggiungere, il proprio nome e il numero dal quale si chiama, la tipologia di incedente in corso (utile sarebbe indicare se e quali sostanze chimiche pericolose possono essere presenti), il numero di lavoratori coinvolti.

 

Per facilitare gli interventi di soccorso da parte dei Vigili del fuoco o del 118 sarebbe utile rendere noto il piano di emergenza con la valutazione dei rischi presenti nell’ambiente confinato e fornire una lista delle informazioni utili circa i pericoli che potrebbero dover affrontare gli operatori del soccorso pubblico.

 

Come regole fondamentali per l’elaborazione di un buon piano di emergenza, il datore di lavoro deve tener presente i seguenti punti:

  • Il piano di emergenza deve essere unico, chiaro e non deve offrire delle soluzioni alternative per le singole situazioni di emergenza;
  • Deve essere schematico, snello e di facile e celere lettura;
  • Deve analizzare tutti i possibili scenari incidentali e fornire le indicazioni sulle modalità per un intervento in piena sicurezza;
  • Deve prendere in considerazione le possibili sostanze chimiche presenti e i rischi associati ad esse:
  • Deve essere reso conoscibile a tutti gli operatori e gli stessi devono essere puntualmente addestrati circa le modalità da porre in essere per ogni singolo caso. La conoscenza degli operatori non deve limitarsi ad una semplice lettura delle procedure descritte, ma deve essere sempre correlata da una pluralità di prove pratiche per ridurre le incertezze nel soccorso e le possibili dimenticanze, come l’uso dei dpi, che potrebbero verificarsi in uno scenario reale: le informazioni e le procedure devono essere assimilate dagli operatori e dai soccorritori nel migliore dei modi.

 

- fine della prima parte -

 

 

La seconda e terza parte del contributo si soffermeranno su formazione, briefing, debriefing, dispositivi di protezione e sorveglianza sanitaria.

 

 

 

Giuseppe Costa

Dirigente Vicario nel Comando dei Vigili del Fuoco di Venezia

 

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sui rischi relativi agli spazi confinati

 



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Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
04/09/2020 (08:11:23)
Il NUE (Numero Unico per le Emergenze) è il 112.
Alcune regioni non lo hanno ancora recepito e mantengono il vecchio 118

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