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Festa della donna: salute e sicurezza sono questioni anche di genere

Festa della donna: salute e sicurezza sono questioni anche di genere

Un intervento si sofferma sul tema delle differenze di genere in relazione alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. L’evoluzione dell’attenzione al tema, l’abbandono del modello neutro, le indicazioni normative e i cambiamenti del Jobs Act.

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Ancona, 8 Mar – “Un approccio alle differenze correlate all’appartenenza al genere femminile o a quello maschile, sia in termini di prevenzione sia di conseguenze per la salute, a partire dalle malattie professionali e all’incidenza infortunistica in ambito lavorativo, è relativamente recente”. Infatti fino alla fine degli anni '90 “il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in una prospettiva di genere risulta focalizzato, a livello sovranazionale, su due fronti:

1) tutela delle donne nei confronti della violenza sul luogo di lavoro;

2) tutela delle lavoratrici gestanti e puerpere”.

Ed è agli inizi del nuovo secolo “che la differenza di genere entra a pieno titolo nel dibattito politico e giuridico legato alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, anche in relazione ai “processi di trasformazione del mercato del lavoro e della struttura dell'occupazione”.

 

A parlare in questi termini del tema delle differenze di genere in relazione alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro è un approfondimento tematico, a cura della Dott.ssa Bianca Maria Orciani, raccolto sul sito di Olympus, l'Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro costituito presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Urbino Carlo Bo.

 

In “Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro dopo il Jobs Act. Una questione anche di genere”, intervento al convegno “La tutela della salute e sicurezza dopo il Jobs Act” che si è tenuto ad Ancona il 16 novembre 2016, la D.essa Orciani propone innanzitutto un excursus delle strategie istituzionali e delle norme che hanno trattato il tema del genere.

 

Ad esempio partendo dalla Strategia comunitaria per la salute e sicurezza 2002-2006 (Comunicazione della Commissione - Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e dalla società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006), che, ad esempio, tra gli obiettivi complementari – “finalizzati all'obiettivo comune del continuo miglioramento del benessere, sia esso fisico, morale e sociale, sul luogo di lavoro” – riporta ‘l'integrazione della dimensione legata al genere nella valutazione dei rischi, nelle misure di prevenzione, nonché nei dispositivi di riparazione e di compensazione, al fine di prendere in considerazione le particolari caratteristiche delle donne in materia di salute e di sicurezza sul luogo di lavoro’.

 

L’intervento affronta poi le novità della legge delega n. 123 del 2007 e del Decreto Legislativo 81/2008, il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

E dopo aver sottolineato che l’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008 (Oggetto della valutazione dei rischi) prevede che la valutazione fa esplicito riferimento anche ai rischi non solo delle lavoratrici in stato di gravidanza, ma anche a quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro, vengono presentate altre parti del Testo Unico, come modificate anche da altre normative:

- l’articolo 6 comma 8 lett. l) del D.Lgs. 81/08 prevede che la ‘Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ha il compito di: […] l) promuovere la considerazione della differenza di genere in relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di prevenzione’. E “il D.Lgs. 151/2015 attuativo del Jobs Act ha modificato l’articolo 6 c. 2 del D.Lgs. 81/08” prevedendo che ‘ai lavori della Commissione possono altresì partecipare rappresentanti di altre amministrazioni centrali dello Stato in ragione di specifiche tematiche inerenti le relative competenze, con particolare riferimento a quelle relative alle differenze di genere e a quelle relative alla materia dell’istruzione’;

- il D.Lgs. n. 32/2013 all’art.1 (Recepimento della direttiva 2007/30/CE e semplificazione della documentazione) “ha modificato il Testo Unico prevedendo l’aggiunta di un ulteriore compito a quelli già attribuiti alla Commissione Consultiva Permanente dall’art. 6”: deve ‘redigere ogni cinque anni una relazione sull'attuazione pratica della direttiva 89/391/CEE del Consiglio e delle altre direttive dell'Ue in materia di salute e sicurezza sul lavoro, comprese le direttive del Consiglio 83/477/CEE, 91/383/CEE, 92/29/CEE e 94/33/CE, con le modalità previste dall'articolo 17-bis della direttiva 89/391/CEE del Consiglio’. Nella relazione quinquennale “vengano forniti, ove appropriati e disponibili, dati disaggregati per genere”;

- l’articolo 8 del D. Lgs. 81/2008 fa poi riferimento al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). E i contenuti dei flussi informativi devono riguardare anche ‘il quadro dei rischi anche in un’ottica di genere’ e il ‘quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici’. A questo proposito l’intervento riporta anche indicazioni tratte dalla relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 106/2009;

- nell’articolo 40, comma 1, d.lgs. 81/2008, relativo ai rapporti del medico competente con il SSN, si indica che ‘entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B’.

 

In definitiva, continua la Dott.ssa Bianca Maria Orciani, l'abbandono di un modello neutro “comporta la necessità di ripensare completamente la metodologia d’analisi e i processi di valutazione del rischio e rivedere l’organizzazione stessa del lavoro. Gli effetti del lavoro sulla salute possono essere diversi per donne e uomini in quanto dovuti a specificità biologiche, a differenti percezioni della salute/malattia, al contesto sociale e organizzativo”.

 

Sono poi riportate ulteriori indicazioni tratte dalla Strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006 e da una Ricerca Inail del 2013. Si segnala, ad esempio, che, dai dati raccolti a livello europeo, “le donne lamentano più degli uomini di ‘soffrire’ i tempi, la ridotta autonomia, la scarsa sicurezza del posto di lavoro, il clima, gli stipendi più bassi, i compiti assegnati e le limitazioni agli sviluppi di carriera. Ancora le donne sono le più colpite dalla violenza e dalle molestie sessuali e hanno maggiori difficoltà a gestire un buon equilibrio tra vita privata e lavorativa. Fenomeni di discriminazione basati sul sesso, il mobbing strategico di genere, le molestie sessuali (aventi sovente denominatori comuni) influiscono in modo determinante sulla rottura dell’equilibrio psicofisico, minando l’integrità individuale e sociale delle persone esposte”.

 

Si segnala poi che il Jobs Act ha “ridisegnato in profondità le relazioni di potere tra lavoratori/lavoratrici e impresa”.

Emerge, infatti, un quadro normativo “caratterizzato da una forte flessibilità non solo sul piano delle tipologie contrattuali (contratto a termine, part-time, voucher, etc) ma anche su quello della gestione del rapporto di lavoro (nuova disciplina delle mansioni, contratto a tutele crescenti, etc). Alle problematiche in termini di tutela della salute e della sicurezza legate alle specifiche tipologie contrattuali si aggiungono quelle legate alle implicazioni della flessibilità organizzativa e tipologica sull' appartenenza di genere come costrutto sociale”.

 

In particolare “l'aumento della precarizzazione del mercato del lavoro prodotto dal Jobs Act, incidendo negativamente sulla condizione di vita delle donne, rischia di aumentare anche le diseguaglianze di salute”. E “uno sguardo al mercato del lavoro conferma la natura compromissoria della femminilizzazione dell'occupazione part time come risultato di un modello di famiglia con un percettore di un reddito e mezzo a risolvere l'enigma della conciliazione. Quanto alla flessibilità organizzativa (mansioni, contratto a tutele crescenti, etc.) l'ampliamento dei poteri del datore di lavoro e il conseguente aumento del timore (metus) del licenziamento rischiano di favorire pratiche vessatorie e discriminazioni sommerse (mobbing strategico, violenza, etc) a danno delle lavoratrici con inevitabili ricadute sulla integrità psicofisica delle stesse”.

 

E, conclude la relatrice, occorre far leva sui Rappresentanti dei lavoratori della sicurezza perché nell'ambito delle prerogative riconosciute dal Testo Unico “esercitino una funzione di controllo e promozione della tutela della salute e della sicurezza inclusiva della differenza di genere”. E, dopo avere accennato alla rilevanza del tema del benessere organizzativo, si segnala, infine, che bisogna “investire sulla contrattazione collettiva affinché incorpori la prospettiva di genere nelle politiche contrattuali in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

 

 

Tutela della salute e della sicurezza sul lavoro dopo il Jobs Act. Una questione anche di genere”, a cura della Dott.ssa Bianca Maria Orciani, intervento al convegno “La tutela della salute e sicurezza dopo il Jobs Act”, pubblicato sul sito di Olympus (formato PDF, 397 kB).

 

 

Tiziano Menduto


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