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Valutazione dei rischi: adempimento burocratico o strumento di sicurezza?

Valutazione dei rischi: adempimento burocratico o strumento di sicurezza?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Datore di lavoro

06/07/2016

Un manuale di autodifesa del datore di lavoro prodotto dall’ULSS 9 di Treviso si sofferma sulle criticità del documento di valutazione dei rischi. Un documento che può diventare mero “adempimento burocratico”.


Treviso, 6 Lug – “Lavorare in sicurezza non è una cosa semplice; talvolta i tentativi di semplificazione svuotano di contenuto la valutazione dei rischi e la trasformano in un adempimento burocratico. In realtà, se il processo di valutazione è svolto con concretezza, si semplifica da solo se i pericoli non ci sono o sono minimiDal nostro canto non possiamo fare altro che aiutarvi a ‘gestire la complicazione’”.

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A parlare in questi termini della valutazione, con parole dirette agli imprenditori, è il Servizio Prevenzione Igiene e Sicurezza in Ambienti di Lavoro (SPISAL) dell’ Azienda ULSS 9 di Treviso che ha elaborato un interessante documento, il “Manuale di autodifesa del datore di lavoro”, un documento che nasce da un disagio.
Il disagio che lo SPISAL prova quando deve “adottare i provvedimenti sanzionatori previsti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro nei confronti di imprenditori che, in assoluta buona fede, pensavano di aver fatto tutto ciò che è necessario affidandosi a persone esperte, investendo risorse economiche anche notevoli senza ottenere i risultati attesi”.
“Ovviamente non sempre è così”, ma lo SPISAL ritiene doveroso spendersi in “un’attività di assistenza alle aziende che, anche se non può sempre semplificare, almeno renda più facile gestire le cose complicate (e, in tema di sicurezza sul lavoro, le situazioni difficili dal punto di vista tecnico e normativo sono molte)”.
 
Questo manuale, le cui parti saranno gradualmente elaborate (ad oggi  sono presenti solo tre capitoli), è rivolto “agli imprenditori che ‘amano’ la propria azienda e la considerano frutto del loro lavoro, che la sentono come uno strumento destinato a produrre effetti positivi per la qualità del prodotto e per il lavoro che offre ai propri dipendenti, che condividono il principio etico e costituzionale della tutela della salute e della sicurezza dei collaboratori come una priorità”. Ma è rivolto anche a chi, da consulente tecnico o medico competente, lavora con le aziende in uno spirito di “sana” collaborazione, perché sappia cosa si attende legittimamente un imprenditore informato e ben orientato.
 
Dopo esserci soffermati sul Capitolo 0.0 (la presentazione del manuale), presentiamo ora brevemente il Capitolo 1.3Burocrazia e valutazione dei rischi”.
 
Il capitolo ricorda che ormai è un po’ di moda lamentarsi della “burocrazia” e che si rischia di inglobare in questa denominazione “tutto ciò che in qualche modo limita la nostra libertà d’azione e ciò di cui, al limite, siamo noi a non capire (o a non voler capire …) lo scopo e l’utilità. Il disagio che i cittadini provano nei confronti della pubblica amministrazione, accentuato dagli scandali che da un lato coinvolgono i politici e dall’altro i pubblici dipendenti, visti come ‘caste’ di privilegiati, spiegano, anche se non giustificano, l’avversione verso ogni adempimento che viene vissuto come una ‘vessazione’ da chi è impegnato in un’attività imprenditoriale o professionale”.
 
Ma in realtà – continua il manuale – “la valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione del documento non sono burocrazia”.
 
Lo SPISAL sottolinea che non si deve pensare che il documento di valutazione dei rischi, per quanto necessario, “possa essere sufficiente per il solo fatto di esistere. Quand’anche fosse perfetto sul piano dei contenuti, cosa che non capita quasi mai, la valutazione del rischio è un’attività in continuo divenire; in ogni momento, ogni azione deve essere preceduta dall’analisi di ciò che potrebbe verificarsi (pericolo), dal calcolo della probabilità (rischio) che ciò succeda e dall’individuazione delle modalità di lavoro da attuare per ridurre il rischio”.
 
 Il documento è dunque ‘un mezzo’ “per comunicare e rendere evidente il processo di valutazione dei rischi ma non è ‘il fine’; il documento viene reso ‘un adempimento burocratico’ più o meno costoso da chi lo considera una cosa inutile, formale, da tenere in forma cartacea, a prescindere dal contenuto e soprattutto da chiudere nel cassetto finché non sarà lo SPISAL (o altro organo di vigilanza) a richiederlo”.
 
Insomma il documento diventa “burocrazia” proprio quando lo si interpreta come “adempimento burocratico”: “è semplice riconoscere questa impostazione perché i documenti non fanno altro che ripetere ciò che già dice la legge e contengono analisi generiche dei rischi, di validità più o meno generale, non calate nella realtà aziendale. Ma, soprattutto, indicano misure di prevenzione del tutto generiche”.
 
Infatti quando si interpreta la valutazione dei rischi come burocrazia, “si acquista un prodotto inutile per l’azienda. L’inutilità si desume dal fatto che molte pagine sono il prodotto di un ‘copia incolla’ in cui sono pedissequamente riportate molte pagine del testo della norma (al solo scopo di aumentare il costo ?); infatti, dove è necessario citare una norma, è sufficiente il riferimento (articolo, comma) poiché si può dare per scontato che il contenuto sia noto”.
 
Altro segno di inutilità – continua il manuale - è la “descrizione generica dei pericoli e la valutazione dei rischi effettuata con metodi approssimativi; spesso, in questi casi, la definizione delle misure di prevenzione e protezione è generica, non specifica dell’attività aziendale (altro copia incolla ?) o, ancora peggio, conclude con la dicitura ‘il datore di lavoro adotterà misure idonee’ … ‘fornirà DPI idonei’ etc. In realtà cosa è idoneo per la sicurezza e per la salute deve essere definito in dettaglio proprio nel documento che firma il datore di lavoro”.
 
Rimandando ad un prossimo articolo l’analisi di altri aspetti di questo significativo capitolo, concludiamo con la sottolineatura che “il documento di valutazione dei rischi non serve allo SPISAL” e, diciamo noi, per estensione, a tutti gli altri servizi di prevenzione della aziende/unità locali sanitarie.
 
Nel manuale si segnala, infatti, che durante l’attività di vigilanza accade spesso che il documento “sia firmato dal datore di lavoro che tuttavia ne ignora il contenuto”.
 
Non bisogna pensare che il documento di valutazione dei rischi sia “ciò che serve per superare positivamente il controllo dell’organo di vigilanza che, invece, prende visione sia del documento sia dell’ambiente di lavoro; è molto difficile che vi sia un ambiente di lavoro completamente conforme alle normative sulla sicurezza se il documento (e la valutazione a monte) sono soltanto una produzione ‘di facciata’”.
 
 
 
ULSS 9 Treviso, “Manuale di autodifesa del datore di lavoro”:
Capitolo 0.0 - Il manuale (formato PDF, 99 kB);
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 

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