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Le malattie professionali e gli infortuni nell’industria alimentare
ROMA - In attesa dei dati del quinquennio 2018-2022, che saranno diffusi in occasione della presentazione del nuovo rapporto annuale, il periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, analizza l’andamento infortunistico e tecnopatico dell’industria alimentareitaliana nel 2021, fortemente condizionato, come il 2020, dalla pandemia da Covid-19. Questo settore, leader in Europa per numero di imprese operanti e al terzo posto, dopo Germania e Francia, per fatturato, rappresenta una componente rilevante all’interno del tessuto manifatturiero nazionale con oltre il 12% del totale degli occupati, percentuale superata solo dalle attività metallurgiche e fabbricazione di prodotti in metallo.
Otto aziende su 10 hanno meno di nove addetti.
L’industria alimentareè caratterizzata da una netta maggioranza (83,4%) di aziende con meno di nove addetti, concentrate soprattutto nel Sud Italia, in particolare in Calabria, Basilicata e Sicilia, e nel 2021 ha registrato poco più di 11mila denunce di infortunio e 33 decessi sul lavoro. Le attività più colpite sono quelle della lavorazione delle carni (3.249 casi denunciati), della produzione di prodotti da forno (2.749) e dell’industria lattiero-casearia (2.121), che insieme raccolgono il 73% degli infortuni e 19 decessi. Le professioni più coinvolte sono quelle dei panettieri e pasticceri (17% delle denunce), macellai e pesciaioli (14%), operai addetti a macchine confezionatrici di prodotti industriali (11%) e commessi, personale addetto all’imballaggio e al magazzino, facchini e addetti allo spostamento di merci, con circa il 10% complessivamente.
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Le denunce in crescita costante tra gli over 60.
Gli infortunati sono prevalentemente uomini (due su tre), ma all’interno dei singoli comparti si segnalano evidenti differenze di genere. La componente femminile, per esempio, ha registrato un elevato numero di denunce nella produzione di prodotti da forno e nell’industria lattiero-casearia. Le lavoratrici infortunate sono generalmente più anziane rispetto agli uomini: quelle dai 50 anni in su rappresentano, infatti, il 36,3% sul totale dello stesso sesso rispetto al 30,7% degli uomini. Nel complesso gli infortunati con più di 60 anni nel periodo compreso tra il 2018 e il 2021 hanno avuto un andamento infortunistico sempre crescente.
La caduta dall’alto e l’inciampamento/scivolamento tra le cause più frequenti dei decessi.
Nel 2021 più di nove casi mortali su 10 hanno riguardato il genere maschile, con oltre la metà dei deceduti di età superiore ai 49 anni. Le donne che hanno perso la vita, invece, sono state quattro (tre in occasione di lavoro), tutte di età compresa tra i 50 e i 64 anni. Il calo rispetto al 2020 per i lavoratori e le lavoratrici è pari, rispettivamente, a nove e due decessi. Oltre il 30% dei casi mortali avvenuti in occasione di lavoro è stato causato da caduta dall’alto o da inciampamento/scivolamento.
Le malattie professionali in aumento del 12,7% rispetto al 2017.
Un ambito produttivo molto articolato e complesso come quello dell’industria alimentare espone i lavoratori anche a diverse tipologie di rischio di malattia professionale, derivanti dall’utilizzo di macchine, dall’esposizione ad agenti chimici, biologici e fisici, dalla movimentazione manuale dei carichi e da movimenti ripetitivi. Nel quinquennio 2017-2021 le denunce di patologie lavoro-correlate in questo settore sono aumentate dalle 1.360 del 2017 alle 1.533 del 2021, con un incremento del 12,7% che è in controtendenza rispetto alla diminuzione dell’1,0% registrata nel complesso della gestione Industria e servizi, dai 45.996 casi del 2017 ai 45.552 del 2021. Questa differenza è confermata anche prendendo in considerazione solo i casi definiti positivamente, con un aumento più contenuto per il settore alimentare, pari al 7,7% (dai 608 del 2017 ai 655 del 2021), a fronte però di un calo molto più significativo per l’insieme dell’Industria e servizi, pari al -9,2%.
Netta prevalenza delle patologie osteomuscolari e del tessuto connettivo.
La fascia di età più colpita è quella dai 55 ai 59 anni, con il 25,8% delle tecnopatie riconosciute positivamente, seguita dalle fasce 50-54 e 45-49 anni, rispettivamente con il 22,6% e il 16,4%. Considerando anche il 14,1% dei lavoratori tra 60 e 64 anni e l’8,9% di quelli tra 40 e 44 anni, emerge che quasi il 90% dei casi è concentrato nelle età centrali della vita lavorativa, con quote molto marginali per gli under 40 e gli over 65. La percentuale dei lavoratori stranieri che hanno contratto malattie professionali nel settore alimentare è pari al 21,9% del totale, significativamente più alta rispetto al 7,5% rilevato nel complesso della gestione Industria e servizi. Tra le patologie riscontrate, quasi il 73% sono malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, in particolare dorsopatie e disturbi dei tessuti molli, seguite dalle patologie del sistema nervoso (20,9%), dalle malattie dell’orecchio (2,6%) e dalle malattie del sistema respiratorio (2,2%).
Il focus sull’allevamento di insetti come alternativa ecosostenibile per l’alimentazione umana e animale.
Nell’approfondimento dedicato all’allevamento di insetti, una delle fonti alternative ed ecosostenibili di biomasse da destinare all’alimentazione umana e animale su cui si sta orientando la ricerca a livello mondiale, insieme alla carne sintetica e alle micro e macro alghe, Dati Inail riporta sinteticamente alcune informazioni che riguardano gli aspetti tecnico-impiantistici di questo tipo di produzione, che nella Tariffa dei premi dell’Istituto è compresa a tutti gli effetti tra gli allevamenti di animali. Anche se gli insetti in Occidente non sono mai stati considerati una fonte di cibo, si stima che oltre duemila specie siano consumate in circa 140 Paesi in Asia, Africa e nelle Americhe. Come segnalato dalla Fao, infatti, dal punto di vista nutrizionale e ambientale l’allevamento degli insetti presenta numerosi vantaggi rispetto ad altre forme tradizionali di allevamento.
I risultati dell’indagine di customer satisfaction.
Un ulteriore approfondimento è dedicato ai risultati dell’ultima rilevazione del grado di soddisfazione dell’utenza rispetto ai servizi erogati dall’Istituto, condotta tra il 21 novembre e il 20 dicembre 2022 attraverso il coinvolgimento di tutte le sedi dislocate sul territorio nazionale. Dalle risposte fornite nei 33.583 questionari raccolti (il 53% compilati da lavoratori e il restante 47% da aziende) il giudizio medio dell’Inail, su una scala di valutazione compresa tra 1 e 5, è pari a 3,90, sintesi del 4,06 relativo ai servizi specifici e del 3,74 di quelli generali. Tra i servizi specifici sono state apprezzate, in particolare, la privacy – allo sportello (4,34), negli ambulatori (4,37) e presso le unità che si occupano di certificazione e verifica (4,42) – e la professionalità, competenza e disponibilità del personale amministrativo (4,24), mentre tra i servizi generali i punteggi più elevati riguardano l’accessibilità delle sedi (3,92) e i servizi online e informativi del portale istituzionale (3,91).
- Giugno 2023 (.pdf - 708 kb)
Il settore alimentare e i consumi delle famiglie - Panettieri, pasticceri e macellai tra gli infortunati nell’industria alimentare - Le malattie professionali nell’industria alimentare - L’allevamento di insetti per l’alimentazione umana e animale - Sempre positiva la soddisfazione degli utenti dell’Istituto
Fonte: INAIL
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Rispondi Autore: Ing. Sergio Misuri - likes: 0 | 13/07/2023 (22:43:28) |
Le statistiche sono utili per individuare le priorità di azioni di prevenzione infortuni. La prevenzione invece ha bisogno di conoscere le CAUSE RICORRENTI degli infortuni e quindi DETERMINARE LE CONSEGUENTI MISURE EFFICACI. Ora, le statistiche (anche ufficiali) e l'esperienza ci dicono che la stragrande maggioranza degli infortuni hanno causa o concausa nei COMPORTAMENTI IMPRUDENTI (volontari o involontari). Verso questi RISCHI RESIDUI di natura comportamentali i Sistemi di prevenzione tradizionali, validi per i rischi palesi se correttamente applicati secondo i requisiti del Dlgs 81, risultano inefficaci nei confronti dei comportamenti imprudenti. I Sistemi di Gestione ISO 45001 e similari, pur utili per le imprudenze volontarie (eccessi di sicurezza, cattive abitudini, ecc.), non riescono ad incidere nei confronti dei comportamenti imprudenti involontari (distrazioni, gesti istintivi, momentanei vuoti di memoria, sottovalutazione dei rischi, ecc.). I programmi di miglioramento della cultura della sicurezza hanno risultati (non omogenei per i diversi destinatari) in tempi estremamente lunghi. Al contempo. esistono da molto tempo numerose Buone Prassi di prestigiose Organizzazioni (italiane e internazionali) che hanno dimostrato (e documentato) ottimi risultati proprio nei confronti dei rischi residui di natura comportamentale. Ricordo, per brevità, solo alcuni nomi: ENEL; ASL 7 di Siena; ACCIAI SPECIALI TERNI Spa; EXPO 2015; DuPont) Le riduzioni di infortuni con queste Buone prassi sono tutte abbondantemente sopra il 10%, con punte del 60%. Cosa aspettano le Autorità, le PA, le CCIAA, le Associazioni di Categoria, l'INAIL stessa a promuovere ANCHE queste Buone Prassi? Cosa impedisce ai Consulenti e ai Datori di Lavoro, di prendere in considerazione ANCHE queste possibili soluzioni? |