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I dati dell’Istat sui problemi di salute lavoro-correlati

I dati dell’Istat sui problemi di salute lavoro-correlati
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Dati e statistiche

13/01/2015

Le indicazioni relative ai problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa e ai fattori di rischio presentati nell’approfondimento “Salute e Sicurezza sul lavoro” dell’Istat. Quali sono i fattori di rischio a cui siamo più esposti?

Roma, 13 Gen – Torniamo ad occuparci dell’approfondimento “ Salute e Sicurezza sul lavoro” elaborato nelle scorse settimane dall’Istituto nazionale di Statistica ( Istat) presentando un contributo pubblicato sulla Newsletter dell’Inca CGIL - Numero  49/2014.
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Nelle scorse settimane l’ISTAT ha presentato, nell’ambito dell’Indagine Forze di lavoro, l’approfondimento “Salute e Sicurezza sul lavoro” che ha indagato i lavoratori che nel 2013 hanno dichiarato di aver subito un infortunio sul lavoro o aver accusato problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa.
 
Per quanto concerne gli infortuni secondo l’ISTAT sono 714 mila le persone che dichiarano, nel secondo trimestre del 2013, di aver subito nei dodici mesi precedenti l’intervista almeno un infortunio sul lavoro (compresi quelli in itinere).
 Essi costituiscono il 2,9% di coloro che svolgono o hanno svolto una attività lavorativa negli ultimi 12 mesi, di questi 531 mila hanno subito un infortunio sul luogo di lavoro e 193mila un infortunio nel tragitto casa-lavoro.
I dati amministrativi di fonte INAIL, per il 2013 riportano 695 mila infortuni.
 
Come si vede anche i dati ISTAT nel segnalare una riduzione degli infortuni sul lavoro, che resta significativa anche in relazione alla diminuzione delle ore lavorate, confermano un dato che meriterebbe ulteriori approfondimenti ed indagini, infatti a fronte di una riduzione degli infortuni “lievi” registriamo una costanza del numero degli infortuni gravi e mortali, cioè di quelli che giungono all’attenzione dei Pronto Soccorso con immediata segnalazione all’INAIL.
 
Circa un quarto degli infortunati è stato assente per un periodo compreso fra 4 giorni e le due settimane, il 20,8% ha avuto ripercussioni per un periodo più considerevole compreso fra 1 e 3 mesi, il 12,9% ha subito infortuni di lieve entità, che non hanno comportato giorni di assenza ed infine , l’1,5% degli infortunati non è più stato in grado di riprendere l’attività lavorativa a causa dell’infortunio. 
 
  
 
 
I problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa
Dall’indagine emergono spunti importanti soprattutto se vengono confrontati con quelli derivanti da analoghe indagini europee, si pensi in particolare (per la similitudine dei sistemi produttivi) all’indagine francese SUMER.
Spunti importanti per la nostra attività di tutela ed emersione delle malattie professionali, soprattutto se concentriamo l’attenzione sui dati che riguardano i lavoratori “giovani”, rispetto ai quali una riflessione andrà fatta anche in tema di esigibilità del diritto alla tutela assicurativa.
 
Tra gli occupati ed i non occupati con una precedente esperienza di lavoro, le persone che hanno dichiarato di aver sofferto di malattie o problemi di salute ritenuti causati o aggravati dall’attività lavorativa, sono state 2 milioni 282 mila, il 5,4% del totale.
A soffrire di problemi di salute connessi con la propria attività lavorativa sono in misura maggiore gli uomini (5,7%) rispetto alle donne (5,1%). La quota di cittadini italiani che soffre di problemi di salute lavoro-correlati è maggiore di quella degli stranieri. La prevalenza delle malattie connesse con l’attività lavorativa aumenta con il crescere dell’età, per entrambi i sessi.
Il 59% di quanti soffrono di problemi di salute lamenta un problema osseo, articolare o muscolare, nello specifico i lavoratori segnalano principalmente problemi a carico del rachide (29,5%), degli arti superiori (18,7%) e di quelli inferiori (10,8%).
 
Problemi di natura psicologica come lo stress, la depressione e l’ansia sono avvertiti dall’11,9% di quanti soffrono di problemi di salute, il 7,9% soffre di problemi respiratori, il 5,0% di problemi cardiovascolari, il 4,5% di disturbi dell’udito ed il 2,9% di problemi della vista.
Problemi diversi da quelli già elencati, come quelli legati allo stomaco, alla testa, alla cute o alle infezioni coinvolgono il restante 8,7%.
 
 
Il problema alla schiena viene indicato in modo molto più accentuato dai lavoratori stranieri 42,1% contro il 28,5%.
Nel complesso, circa sette stranieri su dieci che soffrono di problemi di salute lamentano un problema osseo, articolare o muscolare, mentre per gli italiani la stessa proporzione scende a meno di sei su dieci.
I valori riflettono la diversa distribuzione per settore di attività economica e le differenti posizioni nella professione per cittadinanza ed evidenziano come per gli stranieri che svolgono lavori fisicamente più faticosi si concretizzi il rischio di soffrire di una problematica correlata, per tutti gli altrui problemi il disagio degli italiani è maggiore di quello degli stranieri.
 
I problemi osteo-articolari che non contemplino la schiena riguardano maggiormente le donne (35,2%) rispetto agli uomini (25%).
Lo svantaggio maschile è maggiore per i problemi cardiovascolari, di udito e in misura più limitata per i problemi respiratori e per il rachide.
I lavoratori giovani fino a 34 anni soffrono di più per problemi di stress, depressione o ansietà (circa uno su quattro).
Tra quanti hanno sofferto di problemi di salute nei dodici mesi antecedenti l’intervista il 52,9% dichiara problemi di salute che non hanno comportato giorni di assenza dal lavoro, il 9,1% è stato invece assente per più di un mese ed il 10,6% di non essere più in grado di lavorare a causa di questo problema.
 
 
Tra i settori di attività economica l’industria in senso stretto è quello che con il maggior numero di individui che soffrono di problemi di salute, seguono il commercio, e la sanità.
Quest’ultimo rappresenta il settore con la maggiore prevalenza del fenomeno con l’8,2% degli occupati che dichiara problemi di salute associati alla professione, seguito dall’istruzione (7,3%) e dal trasporto (6,7%). I settori dei servizi di informazione e comunicazione, degli altri servizi collettivi e personali e del commercio registrano invece, le minori prevalenze del fenomeno. Nell’istruzione e della sanità si evidenzia un maggiore svantaggio delle donne nei confronti degli uomini.
 Il problema alla schiena è quello maggiormente indicato dagli occupati (31,7%), seguito dagli altri problemi osteo-muscolari (26,7%) e dallo stress, depressione o ansietà (17,1%).
Quest’ultimo tipo di problematica di salute è maggiormente avvertita dai giovani ed è prevalente nelle attività a vocazione intellettuale o decisionale, in particolare per gli imprenditori, i liberi professionisti, e per i dirigenti e quadri.
 
I problemi di schiena e osteo-muscolari rappresentano di gran lunga la problematica principale per chi nel proprio lavoro compie per lo più mansioni manuali come gli operai ed i lavoratori autonomi.
I problemi alla schiena o di altro tipo osteo-muscolare coinvolgono circa otto occupati su dieci nelle costruzioni e nell’agricoltura, circa sette su dieci nei trasporti , negli alberghi e negli altri servizi collettivi e personali.
I disagi psicologici vengono invece maggiormente percepiti fra gli occupati nei servizi di informazione e comunicazione, nelle attività immobiliari, nelle attività finanziarie e assicurative e nel commercio.
L’istruzione e l’agricoltura rappresentano i settori con le percentuali più elevate per quanto riguarda i problemi respiratori.
 
 
 
L’esposizione a fattori di rischio per la salute sui luoghi di lavoro
Nel II semestre del 2013 oltre 17 milioni di occupati (pari al 76,6% del totale) percepiscono la presenza di almeno un fattore di rischio per la salute, fisica o psicologica, sui luoghi di lavoro.
In particolare 16miloni 784mila avvertono la presenza di almeno un fattore di rischio fisico mentre 6 milioni 55mila lavoratori percepiscono almeno uno dei fattori di rischio psicologico.
 
Ad essere esposti a fattori di rischio per la salute fisica sono soprattutto gli uomini in tutte le classi di età, mentre per il rischio psicologico non si osservano particolari differenze di genere.
Gli occupati stranieri, rispetto quelli italiani, riportano una minore esposizione a fattori di rischio per la salute sia fisica che psicologica.
A determinare la distanza nei livelli di percezione del rischio di italiani e stranieri è principalmente la componente femminile dell’occupazione straniera che mostra valori nettamente inferiori a quelli osservati per le donne italiane. Le differenze nei livelli di percezione del rischio psicologico tra italiani e stranieri sono marcate anche fra gli uomini, mentre si riducono con riferimento al rischio fisico.
 
L’esposizione a fattori di rischio fisico
Movimenti ripetitivi della mano e del braccio (43,6%), infortunio (40,2%) e problemi alla vista (39,0%) sono i tre fattori di rischio fisico più diffusi fra i lavoratori. Seguono, nell’ordine, le posizioni dolorose o stancanti e l’esposizione a sollevamento o spostamento di carichi pesanti.
Polveri, gas, esalazioni così come rumori eccessivi o vibrazioni rappresentano un rischio per la salute fisica per il 18% degli occupati.
Se per tutti i fattori fisici considerati la percezione del rischio è più elevata tra gli uomini che tra le donne; la graduatoria dei fattori si modifica in base al sesso: il rischio generico di infortunio rappresenta il fattore di rischio a maggiore incidenza tra gli uomini (46,3%), mentre è al terzo posto fra le donne (31.7%), dopo i movimenti ripetuti (42%) e la concentrazione visiva (38,7%).
Differenze più marcate nella percezione dei singoli rischi si osservano nel confronto fra occupati italiani e stranieri. I lavoratori stranieri si sentono più esposti ai rischi associati prevalentemente a lavori di tipo manuale quali posizioni dolorose o stancanti (42,5%), carichi pesanti (41,9%) e rischio di infortuni (40,9%).
La distanza rispetto al dato relativo agli occupati italiani è massima per il rischio legato a sollevamento o spostamento di carichi pesanti (+ 20,1 punti percentuali). Di contro si evidenzia la bassa incidenza del fattore concentrazione della vista per gli stranieri (con uno scarto di 28 punti percentuali rispetto agli italiani), più associato a posizioni impiegatizie.
 
Gli operai (52,5%) ed i lavoratori in proprio (47,1%) sono le posizioni professionali più interessate ai movimenti ripetuti della mano, che rappresenta il fattore di rischio al quale i lavoratori si sentono più esposti (43,6%). I settori maggiormente colpiti risultano l’agricoltura (58,5%) e le costruzioni (58,4%).
 
Circa quattro lavoratori su dieci avvertono la presenza di un rischio per la salute fisica associato ad attività che richiedono una forte concentrazione visiva. Dirigenti e quadri (57,0%), imprenditori e liberi professionisti (52,4%) ed impiegati (52,3%) sono le posizioni più interessate. Particolarmente elevata è la percentuale nel settore dei servizi di informazione e comunicazione (71,2%), delle attività finanziarie e assicurative (62,4%) e dell’Amministrazione Pubblica (56,6%).
L’assunzione di posizioni dolorose o stancanti viene segnalata in misura maggiore tra gli operai (43,5%) e tra i lavoratori in proprio (41,2%) e prevalentemente nei settori dell’agricoltura (56,6%9, delle costruzioni (55,5%) e dei trasporti (41,6%).
 
L’esposizione ai fattori di rischio psicologico
Tra i fattori di rischio per la salute psicologica quello prevalente, sia per gli uomini sia per le donne, è il carico di lavoro eccessivo o tempistiche di lavoro pressanti, che viene indicato nel complesso da un quarto degli occupati (25,3%).
 
 
I lavoratori nelle fasce di età centrali (in misura maggiore i 45-54enni con il 27,6%), i residenti al Nord (28,7%) ed i cittadini italiani (26,2% contro il 17,7% degli stranieri) sono gli occupati che percepiscono una maggiore esposizione al carico di lavoro eccessivo o a tempistiche di lavoro pressanti.
 
I settori più interessati sono quelli delle attività finanziarie ed assicurative (33,6%), dei servizi di informazione e comunicazione (33,4%), della amministrazione pubblica (33,2%) e della sanità (32,6%) mentre tra le posizioni professionali più soggette a tale tipo di rischio vi sono i dirigenti ed i quadri (39,6%), gli imprenditori ed i liberi professionisti (29,6%), gli impiegati (29,3%). Le distanze maggiori nella percezione di uomini e donne si riscontrano tra i collaboratori (superiore tra gli uomini di 11,2 punti percentuali) e tra gli occupati in posizioni dirigenziali dove sono le donne a denunciare una maggiore esposizione a carico di lavoro eccessivo o tempistiche di lavoro pressanti (+4,2 punti percentuali).
Le manifestazioni di prepotenza o vessazione, così come l’ esposizione a minacce o violenze, sono avvertite da una quota più bassa, seppur rilevante di lavoratori.
Si tratta di poco meno di un milione di occupati nel caso di prepotenza o vessazione (4,3%), mentre minacce o violenze fisiche riguardano circa 331 mila lavoratori (1,5%).
Dichiarano di essere esposte a fenomeni di prepotenza o vessazione soprattutto le donne (5,1% contro il 3,7% degli uomini), mentre per quanto riguarda le minacce o violenze fisiche, entrambi i sessi si attestano intorno al valore medio di 1,5%. Fenomeni di prepotenza o vessazione riguardano in misura maggiore le donne occupate più adulte (6,3% tra le 45-54enni) e le residenti nel Nord (5,6%). Fatta eccezione per il settore delle costruzioni, in tutti gli altri la componente femminile è la più esposta in particolare nei settori dei trasporti e magazzinaggio (10,8%), della sanità (8,8%) e della Pubblica Amministrazione (8,0%), mentre le posizioni professionali più colpite sono le dirigenti (10,0%), le impiegate (6,0%), le imprenditrici e le libere professioniste (4,5%).
Una situazione simile con riferimento alle posizioni professionali e ai settori economici si osserva anche per minacce o violenze fisiche. La percezione è maggiore tra in dirigenti e gli impiegati (2,6% e 2,1%), mentre i settori con valori più alti sono quelli della Pubblica Amministrazione (5,3% con una percezione doppia fra gli uomini), della sanità (4,3%) e dei trasporti e magazzinaggio (3,6%). A livello territoriale è il Mezzogiorno a registrare una maggiore percezione della esposizione.
Tanto per prepotenza o vessazione quanto per esposizione a minacce o violenze, la percezione degli stranieri è lievemente inferiore a quella degli italiani (con scarti rispettivamente di 0,8 e 0,6 punti percentuali). Sono principalmente le occupate straniere a sentirsi meno esposte rispetto alle occupate italiane (-2 e -0,8 punti percentuali).
 
La multi-esposizione a fattori di rischio
L’esposizione multipla a fattori di rischio per la salute sui luoghi di lavoro (che comprende sia il rischio psicologico che quello fisico) risulta piuttosto diffusa: 4 occupati su 10 percepiscono infatti almeno tre fattori di rischio (44,4%), mentre la percentuale è del 16,6% tra coloro che dichiarano un solo fattore. La multi-esposizione è un fenomeno che interessa quasi esclusivamente i rischi per la salute fisica.
Se infatti si considerano solo i fattori di rischio fisico, la quota di lavoratori che dichiarano almeno tre fattori di rischio si attesta al 38%, mentre solo lo 0,7% degli occupati percepisce tutti e tre i fattori di rischio psicologico indagati.
Almeno tre fattori di rischio complessivo sono indicati dal 48,9% degli uomini e dal 38,1% delle donne. Le fasce di età centrali (35-44 anni e 45-54 anni) sono le più colpite e percentuali leggermente più elevate si osservano tra i lavoratori stranieri (+0,5 punti percentuali rispetto ai lavoratori italiani).  A livello territoriale l’esposizione multipla viene avvertita in misura lievemente superiore fra gli occupati del Mezzogiorno (44.9%) rispetto alle altre ripartizioni.
 
Le costruzioni (65,1%), l’agricoltura (59,8%) e i trasporti e magazzinaggio (57,4%) sono i settori di attività economica che raccolgono le quote più elevate di occupati esposte a più fattori mentre gli operai (53,5%) ed i lavoratori in proprio (48%) sono le posizioni professionali con la maggiore diffusione. Di contro la percezione di un solo fattore di rischio è diffusa soprattutto tra gli occupati nel settore dell’informazione e comunicazione, delle attività finanziarie ed assicurative e nell’istruzione.
 
 
Fonte : Inca Cgil
 
 
 
 
 

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