Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing' Adalberto Biasiotti
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La sicurezza degli aeroporti richiede un approccio più professionale
È possibile che alcuni dei problemi che sono stati evidenziati in un ponderoso documento, che i lettori trovano in allegato, possano esistere anche in altri nazioni, tra cui forse l’Italia.
Come purtroppo accade, quando la valutazione e l’attuazione di misure di sicurezza e di prevenzione contro un determinato rischio non vengono affidate ad un professionista della security, gli ispettori del General Accontability Office hanno rilevato che l’ente americano, responsabile per la protezione degli aeroporti commerciali, non ha condotto un’analisi di rischio, magari conforme a normative internazionali già disponibili, e non ha, di conseguenza, messo a punto una strategia di messa sotto controllo dei rischi identificati.
Ancora una volta, mi permetto di ricordare ai lettori che il passo fondamentale per proteggere un bene è quello di condurre una appropriata analisi di rischio, elencando tutti i rischi individuati ed attribuendo ad ognuno un peso, che deriva dall’impatto ed alla probabilità del verificarsi del rischio stesso. Solo dopo aver condotto questa analisi di rischio è possibile impostare una strategia di difesa, tesa a trasferire, mitigare, frazionare o comunque in vari modi mettere il rischio sotto controllo.
Orbene, gli ispettori del General Accontability Office hanno rilevato che, nonostante avessero già raccomandato nel maggio 2013 alla Transportation security Adminstration di impostare in questo modo gli interventi, tesi a mettere in sicurezza gli aeroporti commerciali, la situazione è lungi dall’essere soddisfacente.
Oltretutto, in un contesto oltre modo dinamico, come appunto il rischio collegato agli aeroporti commerciali, occorre avere a disposizione strumenti oltremodo flessibili. Ad esempio, il rischio che dipendenti di aziende che lavorano nel contesto aeroportuale possano operare senza appropriata supervisione, e senza neppure che le loro credenziali siano state accuratamente controllate, porta evidentemente ad una situazione di elevato rischio.
Anche l’adozione di sistemi di video sorveglianza e protezione perimetrale, che non risultano conformi a norme convalidate, e quindi non risultano conformi allo stato dell’arte, rappresentano delle aree di debolezza, che potrebbero essere sfruttate da criminali in genere e soprattutto da terroristi.
Anche laddove è stata condotta una valutazione di vulnerabilità degli aeroporti commerciali, soltanto il 19 % degli aeroporti degli Stati Uniti è stato sottoposto a questa analisi, che comunque lascia ancora dei dubbi.
La ragione offerta per questa carenza è legata alla insufficienza di risorse umane e professionali, in grado di condurre con efficienza ed efficacia di queste valutazioni.
Anche se nel 2012 la Transportation security Adminstration ha sviluppato una strategia nazionale per la sicurezza del perimetro aeroportuale ed il controllo degli accessi, questo documento non è stato aggiornato e quindi le linee guida indicate non risultano coerenti con l’evoluzione del rischio.
Questa è la ragione per la quale sarebbe opportuno che anche in Italia venisse condotta una similare analisi di rischio, prendendo in esame un certo numero di aeroporti campione, e verificando se le misure di sicurezza attualmente in essere sono congrue e coerenti con una aggiornata valutazione del rischio.
Il fatto che spesso la pubblica amministrazione si approvvigioni di impiantistica di sicurezza anticrimine, senza fare sufficiente riferimento a normative del settore, che per definizione costituiscono “stato dell’arte”, permette di avanzare alcune perplessità, che sarebbe bene poter risolvere al più presto.
Per i lettori interessati ad approfondire l’argomento, offro in allegato l’intero documento pubblicato dalla General Accontability Office, un documento di 85 pagine, che potrebbe comunque essere utilizzato come linea guida anche per condurre un’analisi di rischio e mettere in sicurezza complessi commerciali e industriali di medie e grandi dimensioni.
Il documento è in lingua inglese, ma ormai è noto che nel mondo aeroportuale l’inglese è la lingua primaria, ben più frequentemente usata rispetto all’italiano.
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