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Migliorare la sicurezza: cosa è stato fatto e cosa bisogna ancora fare

Migliorare la sicurezza: cosa è stato fatto e cosa bisogna ancora fare
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Coronavirus-Covid19

22/02/2022

Quali sono gli aspetti positivi delle recenti novità normative? Cosa manca ancora? Come poi affinare e aggiornare il D.Lgs. 81/2008? Ne parliamo con Cesare Damiano, ex Ministro del Lavoro, e con l’avvocato Maria Giovannone.

Brescia, 22 Feb – Dopo diversi anni di immobilismo del legislatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro in questi mesi, sospinti dalla preoccupazione del riacuirsi del fenomeno infortunistico, finalmente qualcosa è tornato a muoversi.

E non parliamo solamente dei nuovi provvedimenti, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, modificato dalla legge di conversione n. 215/2021. Parliamo anche delle prospettive future del D.Lgs. 81/2008, dei prossimi interventi in materia di formazione, della Strategia nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui si riprende a parlare, della possibile istituzione di una Procura nazionale del lavoro.

 

Se finalmente la normativa in materia di sicurezza ha ripreso muoversi, è tuttavia lecito chiedersi se questo movimento va nella direzione corretta. Quali sono gli aspetti positivi delle recenti novità? Cosa manca ancora? Cosa è lecito attendersi? Come poi affinare e modernizzare il D.Lgs. 81/2008?

 

Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato due degli organizzatori del convegno “A tredici anni dal Testo Unico Sicurezza: norme inattuate e prospettive evolutive” che si è tenuto ad Ambiente Lavoro il 3 dicembre 2021 con un parterre molto ricco di relatori del Ministero del Lavoro, dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), dell’Inail, del mondo universitario e delle parti sociali.

 

Ai due intervistati – a Cesare Damiano (ex ministro del Lavoro, consigliere d’amministrazione dell’Inail e presidente dell’associazione LavoroeWelfare, ) e all’avvocato Maria Giovannone – abbiamo posto diverse domande, ma era inevitabile che ne sarebbe sorta una intervista lunga, quasi un webinar, con argomenti e riflessioni molto interessanti.

 

Abbiamo deciso dunque di suddividere l’intervista – realizzata in video il 17 febbraio - in due parti.

 

Nella prima parte parliamo del DL 146/2021, delle modifiche del Testo Unico, di quello che c’è e di quello che ancora manca, specialmente riguardo ad un necessario rafforzamento della prevenzione. Si parla poi del D.Lgs. 81/2008, di cui Cesare Damiano è stato uno dei padri fondatori, degli interventi che il Testo Unico ancora necessita anche in relazione all’esperienza della pandemia da COVID-19. Si fa riferimento, ad esempio, al tema importante della qualificazione delle imprese, anche in relazione alle problematiche connesse alle truffe relative al superbonus e all’idea di un futuro “bollino blu”, degli strumenti di incentivo alle imprese, messi in campo dall’Inail. E si accenna, brevemente, anche al disegno di legge n. 2052 avente ad oggetto l’istituzione di una Procura nazionale del lavoro.

 

Questi gli argomenti trattati nella prima parte dell’intervista:

 

Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

 

Nei prossimi giorni pubblicheremo la seconda parte che si sofferma ancora sul Testo Unico, con particolare riferimento, ad esempio, a temi come la formazione e la sorveglianza sanitaria. Si parlerà poi di strategia nazionale e di quanto è necessario fare per migliorare l’efficacia delle tutele nei luoghi di lavoro.


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OttoUno - D.Lgs. 81/2008
Formazione e informazione generale dei lavoratori sulla sicurezza e salute sul lavoro

 

L’intervista di PuntoSicuro a Cesare Damiano e Maria Giovannone

 

 

Quello che c’è e quello che manca nella mini riforma del Testo Unico

Nella presentazione del convegno si indica che la ‘recrudescenza del fenomeno infortunistico ha ricondotto istituzioni e addetti ai lavori a un’attenzione sulla scarsa efficacia delle tutele sostanziali’. E tra le altre cose questa nuova attenzione ha portato alle tante novità del decreto-legge 146. Qual è il vostro parere su questo decreto? Le nuove misure garantiranno un maggior contrasto del fenomeno infortunistico?

 

Maria Giovannone: È chiaro che il decreto di cui stiamo parlando, il DL 146 poi convertito in legge dalla legge 215 del 17 dicembre 2021, segue, in un certo qual modo, la logica dei provvedimenti emergenziali ma si pone, però, in una prospettiva diversa. Nel senso che è andato ad intervenire quasi come una mini-riforma del Testo Unico di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sospinta sicuramente da una parte dalle contingenze legate alla recrudescenza del fenomeno infortunistico che sembra essere un po' l'onda lunga del seguito della fase pandemica specie in alcuni settori di attività (…).

 

Ma è vero pure che, in realtà, un'idea di mini riforma o di riforma del Testo Unico di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro già c'era prima. Perché noi sappiamo, noi addetti ai lavori che seguiamo l'evoluzione di questa materia costantemente, che già alla vigilia del primo lockdown, nei contesti istituzionali preposti a questa materia si stava già lavorando a delle ipotesi che si muovono lungo due binari principali. Da una parte di riforma di alcuni temi specifici e dall'altra parte di manutenzione ordinaria o straordinaria del Testo Unico di salute e sicurezza.

 

Allora dove collochiamo questo decreto 146?

Questo decreto 146 io lo pongo un po’ a cavallo tra queste istanze che sono un po' complementari tra di loro, perché in effetti il decreto 146 va ad incidere su diversi aspetti della materia prevenzionistica. Sono diversi gli articoli che sono stati toccati da questo provvedimento, dietro un obiettivo macro che è quello di contrastare i fenomeni di utilizzo dei lavoratori in nero, prevedendo sanzioni più severe e tempestive, di incentivare e semplificare l'attività di vigilanza ampliando l'organico e le competenze generali e di coordinamento dell'ispettorato Nazionale del Lavoro in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di razionalizzare le informazioni raccolte da INL, Inail e ASL - rispetto al fenomeno infortunistico e di rischio a seguito delle risultanze ispettive - e di delineare in modo più stringente ruolo, funzioni, responsabilità di alcune figure chiave del sistema prevenzionistico come appunto il preposto. E da ultimo, ma non ultimo, intervenire sul ruolo degli organismi paritetici che dovrebbero essere potenziati ancora di più quali attori dell’attività di formazione e consulenza in materia di sicurezza.

 

Io ho avuto modo di scrivere un recentissimo saggio proprio sul DL 146 nel quale, però, mi sono concentrata, in particolare, sulle novità in materia ispettiva e sanzionatoria che a mio avviso sono tra quelli più corpose, immediatamente operative, per altro, di questo decreto. Perché c'è da dire anche che questo decreto, per alcune norme che ha inserito, in realtà non è immediatamente operativo, come del resto conferma la circolare dell'ispettorato Nazionale del Lavoro uscita proprio ieri ( Circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, NdR) che va a toccare la riforma relativa alla parte “formazione”.

 

È un decreto che sicuramente cerca di rispondere a delle esigenze reali, quindi, da questo punto di vista, possiamo dire che nel complesso la ratio di questa norma è condivisibile. Ha sollecitato nell'immediatezza sia dell'approvazione del DL, sia un po’ meno dopo la conversione in legge - perché poi la legge di conversione è intervenuta su alcuni punti oscuri –delle questioni, dei nodi interpretativi, di cui solo alcuni sono stati sciolti dai primi interventi con le circolari dell'Ispettorato, emanate nell'immediatezza del provvedimento stesso.

 

La sensazione generale è che si vada molto a incidere sull'aspetto sanzionatorio, di vigilanza, che pur rappresenta uno dei poli fondamentali del sistema prevenzionistico, perché non c'è norma perfetta che non sia accompagnata da un adeguato sistema sanzionatorio. Non vi è dubbio. La risposta sanzionatoria deve essere chiara, decisa, forte. Deve essere necessariamente messa in atto attraverso un'attività di vigilanza pervasiva e quindi io, da questo punto di vista, ti dico che vedo positivamente l'ampliamento delle competenze ispettive dell'Ispettorato. Oggi, ancor di più, alla luce del fatto che l’Ispettorato è diretto da una figura che ha una competenza fortissima sulla materia di salute e sicurezza, il direttore Bruno Giordano. Questo rafforzamento dell'organico è cosa assolutamente positiva.

 

Però dall'altra parte è chiaro (…) che le sanzioni da sole non bastano. Ma un sistema sanzionatorio più predittivo, più reattivo funziona sicuramente per il contrasto ai fenomeni patologici del sistema prevenzionistico, e quindi ben venga. Dall'altro però noi dobbiamo lavorare moltissimo, secondo me, sul potenziamento anche di meccanismi premiali. Meccanismi premiali che vadano incontro per fortuna alla faccia più chiara e meno oscura della medaglia, che è quella delle aziende che operano rispettando le regole, anzi facendo molto spesso anche di più rispetto a quello che le regole minimali, le prescrizioni minime, richiedono.

 

Quindi, in definitiva, il provvedimento è una mini-riforma del decreto 81, intercetta delle sensibilità forti e importanti sul tema, cerca di rispondere a delle esigenze reali sul tema, ma non affronta in maniera olistica il tema della prevenzione a più di 13 anni dall'adozione del Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro. Probabilmente non poteva che essere così trattandosi di un decreto-legge, quindi, comunque, di una norma adottata in contesto di urgenza (…).

Sono convinta, quindi, che servono ancora degli interventi per completare questo aggiornamento, manutenzione del decreto 81, anche nella logica di completamento della sua attuazione e magari di rafforzamento di quella logica premiale che serve a premiare chi le norme le rispetta. Rispetto alla quale il rafforzamento del sistema sanzionatorio serve, ma non è il primo punto di forza.

 

L’ipotesi riformatrice di una Procura nazionale del lavoro

Durante il convegno avete parlato anche del disegno di legge per istituire una Procura unica nazionale…

 

Maria Giovannone: Anche questo è un tema non nuovo. (…)

L’idea di una Procura unica è un’idea che si discute da tempo e che risponde a un'esigenza di maggiore specializzazione sulla materia. Quindi potrebbe seriamente prendersi in considerazione questa ipotesi riformatrice della Procura unica nazionale per avere magistrati e organi inquirenti e giudicanti che abbiano delle competenze più specifiche su questo settore. Il tutto parallelamente ad una riforma anche della procedura penale relativa ai processi sulla materia, per avere una maggiore certezza anche delle tempistiche entro cui la giustizia viene fatta.

 

È un dibattito aperto, delicato (…). Sono riforme complesse perché incidono su un'importante funzione, quella del processo penale, delle fasi di indagini e di svolgimento del dibattimento, per cui sono molto delicate, ma credo che sia un tema sul quale valga la pena effettivamente confrontarsi.

(…)

 

Decreto 81: l’affinamento, le occasioni perse e la qualificazione delle imprese

Veniamo al decreto 81. Stiamo entrando nel quattordicesimo anno del Testo Unico. Durante il convegno si è riflettuto sul fatto se, dopo ormai quasi quattordici anni, che il Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro sia ancora il riferimento normativo a cui guardare. Quali sono a vostro parere gli interventi di cui necessita questo apparato normativo anche alla luce dell’esperienza della pandemia da COVID-19?

 

Cesare Damiano: (…)

È chiaro che il Testo Unico della salute e sicurezza continua ad essere il riferimento normativo, è la pietra miliare. Però pur avendo contribuito a realizzarlo, so bene che dopo 14 anni le cose diventano obsolete, ci sono delle parti da completare e così via.

Quindi diciamo che un intervento di affinamento è assolutamente auspicabile.

 

In primo luogo, io credo che si tratti anche di completare l’attuazione di questo decreto, anche attraverso interventi di razionalizzazione delle sue disposizioni (…).

Io dico semplificare va bene, ripulire, razionalizzare, badare al sostanziale e non al formale, a condizione però che non si abbassi il livello delle tutele, cioè che l'elemento della razionalizzazione, della semplificazione, non significhi la cancellazione di quello che deve essere il livello di guardia.

 

Diciamo che ci sono state alcune occasioni perse per il completamento del processo di attuazione del Testo Unico. Sono poco meno di una ventina i provvedimenti da attuare. Non sono pochi. Con particolare riferimento a materie che hanno qualche rilievo.

 

Facendo qualche esempio (…) si può accennare al sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, che è disciplinato dall'articolo 27 del decreto 81, eccetto il caso degli ambienti confinati e del settore della sanificazione del tessile, dello strumentario chirurgico. Lì ci sono i decreti della Presidenza della Repubblica. Fatte queste eccezioni, il resto è rimasto lettera morta, per settori che hanno anche alti tassi infortunistici (…) oppure che sono caratterizzati da forti complessità organizzative e anche da fenomeni di cosiddetta concorrenza sleale. Quindi l'incompiuta c'è su questo punto: il tema della qualificazione delle imprese è un tema rilevante.

Questo tema sta tornando di attualità; c’è tutta una discussione tra Draghi, il Ministro dell’Economia Franco, le associazioni dei datori di lavoro, dei sindacati, ministri, partiti politici, Governo e Parlamento sul fatto che ci sono delle truffe, degli imbrogli in questi superbonus, con questa spinta alla crescita soprattutto nel settore dell'edilizia.

Io penso che abbiano ragione Draghi e Franco. Truffe ci sono. Poi per carità non è tutto una truffa, ma ci sono quelle truffe che ovviamente chiamano in causa l'esigenza della qualificazione di imprese.

 

Cioè se una correzione va fatta, qual è la correzione? Se un'azienda fantasma, sorta dal nulla, che si qualifica come edile perché è andata alla camera di commercio e ha fatto una firma, ma non ha competenza, non ha storia nel settore, non ha dipendenti, non ha macchinari, si mette a ristrutturare, poi non possiamo lamentarci se ci sono morti, feriti o malattie professionali. In questo senso bisogna dire: ‘ti do il superbonus (…) a condizione che l'azienda che ti fa la ristrutturazione abbia punto un bollino blu, abbia una certificazione, che applichi il contratto dell'edilizia. Questi mi sembrano dei requisiti essenziali.

Quindi parliamo anche degli appalti perché il sistema di qualificazione delle imprese ci consentirebbe una continua verifica anche della idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o subappaltatrici, tenendo conto degli elementi come gli adempimenti formativi o l’assenza di sanzioni da parte degli organi di vigilanza. Sono tutti argini alla malversazione.

Poi la qualificazione preventiva delle imprese, il controllo sul costante ed effettivo mantenimento di standard, diciamo così, virtuosi, sia contrattuali che organizzativi, sono condizioni indispensabili per un salto di qualità nella gestione degli appalti

Purtroppo c'è una mentalità che non va in quella direzione. Cioè fissare un tetto ristretto, basso, al subappalto, secondo me, è giusto, mentre si va in direzione opposta.

Quindi in sostanza io dico che se si vuole prevenire, allora bisogna prendere il problema dalla testa e non dalla coda.

 

Poi tra i provvedimenti del Testo Unico che sono rimasti ancora sulla carta c’è quello dell'articolo 52 a sostegno della bilateralità, della pariteticità. È una disposizione importante se consideriamo il ruolo strategico della bilateralità (…).

Cito un altro articolo, l’articolo 41 comma 4 bis del Testo Unico. Un articolo che attende ormai da troppo tempo un intervento sulla disciplina della sorveglianza sanitaria speciale dei lavoratori.

 

Ho fatto questi esempi per dire che un affinamento sarebbe necessario. L'impellenza normativa è spiegata dal dilagante utilizzo di sostanze, diciamo così, psicotrope, ad esempio stupefacenti, nei luoghi di lavoro. È una gestione molto complessa anche per i datori di lavoro (…).

 

Quindi abbiamo un complesso di norme che sono rimaste sulla carta, che sono inattuate. E tutto questo ha delle conseguenze. Perché ovviamente si produce la mancanza di tutela per i lavoratori e anche incertezze da parte dei datori di lavori circa la gestione della prevenzione all'interno delle loro aziende.

Quindi metter mano, affinare,… La domanda era è ancora buono il Testo Unico? Certo è una pietra miliare, ma smussiamo gli angoli perché delle cose sono rimaste sulla carta e non sono cose secondarie.

 

Poi tu citavi l’emergenza COVID che ha complicato il quadro.

La pandemia ha ampliato, acuito problematiche, ha aggiunto nuovi aspetti che concernono le tutele della sicurezza. Ad esempio il coordinamento fra le norme già esistenti e le norme emergenziali. Mi riferisco al protocollo interconfederale condiviso, quello del 24 aprile del 2020 che è integrato al più recente protocollo del 6 aprile 2021, fatti in circostanze iniziali di estrema emergenza. (…). Questi protocolli hanno fornito indicazioni operative che hanno incrementato l'efficacia delle misure di contenimento dell'epidemia nei luoghi di lavoro, senza tralasciare il ruolo della prevenzione sul lavoro in ambito vaccinale, attraverso l'introduzione, la graduale estensione dell'obbligo di sottoporsi alla vaccinazione per prevenire l'infezione da Covid per alcune categorie di lavoratori (…).

Per concludere parliamo di misure che complessivamente realizzano due obiettivi quello di accelerare la campagna di vaccinazione da una parte e di rendere più sicura la prosecuzione delle attività, siano esse commerciali o produttive (…).

Le nuove strategie prevenzionistiche per il contrasto del contagio sono state poi corroborate dall'ampliamento delle tutele assicurative attraverso l'equiparazione dell’infezione da Covid, contratta in occasione di lavoro, all'infortunio sul lavoro, che ha determinato la possibile applicazione delle tutele INAIL a favore del lavoratore colpito dall'infezione o a favore dei suoi familiari in caso, disgraziato, di decesso.

Del resto dall'inizio della pandemia i dati statistici forniti dall'INAIL ci dicono che i morti sul lavoro ascrivibili a Covid, computate dall'INAIL, sono 811. 500 nel 2020, il restante nel 2021.

Se poi noi guardiamo il complesso degli infortuni sul lavoro, qui ci sono dei dati contraddittori, perché nel 2020 abbiamo 1270 morti sul lavoro. Nel 2021 ne abbiamo 1211, quindi c'è una diminuzione del 4%. Però se noi togliamo i morti da Covid la statistica s’inverte. Perché, è evidente, se ne tolgo 500 nel 2020 e solo 300 nel 2021, cosa succede? Succede che i morti non da Covid nel 2021 salgono in modo importante rispetto alle 2020. Quindi abbiamo una crescita, secondo le ultime stime dell’Inail, del 20% o 22% di morti sul lavoro 2021. Questo ci deve ovviamente fare riflettere sull’esigenza di questi interventi. Con l’ultimo decreto, che ha indicato la professoressa, si è già intervenuti. Però, secondo me, bisogna rafforzare il tema della prevenzione.

 

 

--- fine della prima parte dell’intervista ---

vai alla seconda parte "Come migliorare la sicurezza: formazione, sorveglianza e prevenzione"

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 



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Rispondi Autore: tm - likes: 0
22/02/2022 (10:33:40)
Articolo interessante, ben fatto, utile. Aspetto il seguito. E mi si conferma il mantra: più formazione diretta e online --->più sicurezza sul lavoro.
Rispondi Autore: Salvatore Donato Consonni - likes: 0
22/02/2022 (10:55:46)
Grazie per questo interessante articolo. Mi spiace dover sottolineare però che finché si continuerà a pensare che aggiungendo nuove norme miglioreremo la sicurezza, le cose non cambieranno! Infatti, non sono significativamente cambiate negli ultimi 28 anni come attestano le statistiche dei morti sul lavoro, nonostante il D.Lgs. 626/4, e l'81/2008 e tutte le norme correlate. Per la prima volta, nei molti provvedimenti normativi emanati sulla sicurezza dal 1955 in poi, nell'accordo stato-regioni del 21 dicembre 2011 si è inserito, nei processi formativi, il capitolo delle "tecniche di comunicazione di sensibilizzazione dei lavoratori", con l'implicito presupposto che dirigenti e preposti debbano diventare molto sensibili ai temi della sicurezza, così da poter trasferire questa sensibilità ai loro sottoposti. Se è vero, come è vero, che le tante statistiche accreditate negli ultimi decenni hanno evidenziato che la maggior parte degli infortuni sono riconducibili ai fattori umani (disattenzioni, distrazioni, mancato rispetto di norme pur conosciute, ergo mancanza di sensibilità alla necessità di rispettarle), la vera soluzione sta nella formazione intesa come processo culturale che partendo dal riconoscimento dei valori fondanti di una società civile, fra i quali il rispetto per la propria e l'altrui integrità fisica e morale, conduca progressivamente alla consapevolezza delle proprie azioni ed al senso di responsabilità. Capita di rado di veder impostare la formazione nelle aziende su questi principi. Certo sarebbe meglio cominciare a farlo già nelle scuole primarie. Nei molti audit aziendali fatti anche dopo la pubblicazione del citato accordo del dicembre 2011, mi è capitato spesso di rilevare che il capitolo della sensibilizzazione è praticamente omesso o affrontato in modo molto marginale nei percorsi formativi di dirigenti e preposti (particolarmente importante soprattutto per questi ultimi). Il problema è profondamente culturale, faccio un esempio fuori dal contesto: la mortalità sulle strade in Italia è il triplo di quella sul lavoro (ma se ne parla molto meno, credo per motivi ideologici, ma questa è un'altra storia). Se andiamo a vedere le statistiche dei morti nei 27 paesi della comunità europea, scopriamo che noi siamo nettamente sopra la media, e che in UK, ad esempio, hanno una mortalità che è meno metà della nostra. Siamo soliti dire che la storia è maestra di vita: bene, non c'è niente di meglio delle statistiche per raccontare la storia, perché ci ricordano fatti realmente accaduti, non opinioni spesso basate su alcunché di razionale. E su quel che ci dice la scienza attraverso la statistica, che ne è una branca, è opportuno riflettere di più.
Rispondi Autore: enzo raneri - likes: 0
22/02/2022 (11:49:10)
Rimango sempre più convinto del fatto che la formazione del Prsonale per la sicurezza ed igiene sul lavoro dovrebbe essere uno dei servizi offerti dello stato italiano, esattamente come avviene in Svizzera ad esempio, ove ogni lavoratore, prima di essere assunto deve avere una specie di "patentino" di idoneità alla masione da svolgere in termini di sicurezza ed igiene sul lavoro.
Diversamente penso che continueremo ad assistere prevalentemente ai sotterfugi ed elusioni dei datori di lavoro, i quali non amano (sopratutto nelle piccole imprese) fare trascorrere ore ai Lavoratori senza vederli lontani dal posto di produzione.
Pur non di meno l'Accordo Stato Regioni sulla Formazione dei Lavoratori, essendo un compromesso (al ribasso) risulta essere non pienamente aderente con le necessità dello stesso articolo 28 del D.Lgs. n.81/2008: lo sarebbe stato se, invece di suddividere (troppo grossolanamente) le attività lavorative in tre tipologie in base al grado di rischio (ipotetico), avesse previsto invece un monte ore di formazione minima scaturente, dal numero, dal tipo e dal grado di rischi individuati nel DVR aziendale: alcune tipologie di aziende sarebbero dovute arrivare ad almeno quaranta ore di formazione minima
Rispondi Autore: Fausto Pane - likes: 0
22/02/2022 (11:58:31)
Mi domando: siccome chi muore sulla strada lavorando è contato come morto sul lavoro, non è che le statistiche me lo contano anche come incidente stradale mortale. Così, nel confronto con i nostri colleghi oltralpe, non la spunteremo mai, sia come casistica stradale, sia come casistica lavorativa! Contiamo i morti due volte... E non facciamo nulla né per far calare i primi, né i secondi. Scusate un po' di qualunquismo, ma non ho voglia di approfondire. Sono demoralizzato dall'istituzione del SUPER PREPOSTO: un'altra assurdità del legislatore di questo sfortunato paese, che nulla risolverà a riguardo, purtroppo.
Rispondi Autore: Misuri Sergio - likes: 0
24/02/2022 (19:57:49)
"la maggior parte degli infortuni sono riconducibili ai fattori umani (disattenzioni, distrazioni, mancato rispetto di norme pur conosciute, ergo mancanza di sensibilità alla necessità di rispettarle)" La "diagnosi è esatta"
La terapia giusta a medio-lungo termine è culturale. La TERAPIA giusta, integrativa IMMEDIATA, è data da brevi (2 - 3 minuti) e SISTEMATICHE pillole (digitalizzate) di ALLERTA PRE-JOB sulle operazioni e sulle attrezzature a rischio "ad personam, ad hoc, qui e ora". Tipo LMRA ; HSE Moment ; TAKE TWO ; ecc. ecc. - Tra l'altro questa "terapia" sarebbe in linea con la Legge 215/21 su "ADDESTRAMENTO" sul luogo di lavoro e dal PREPOSTO.
Altre idee su terapie di immediato avvio sono gradite, anzi necessarie non per immunizzare ma almeno per AIUTARE e RIDURRE I RISCHI anche nelle PMI. Vedere le esperienze italiane e internaziomali

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