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Emergenza COVID-19: qual è il ruolo del tecnico della prevenzione?

Emergenza COVID-19: qual è il ruolo del tecnico della prevenzione?

Autore:

Categoria: Coronavirus-Covid19

15/07/2020

Una indagine ha permesso di mettere in rilievo quale sia il ruolo e il contributo dei Tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro durante l’emergenza COVID-19. A cura del dott. Alfredo Gabriele Di Placido.

 

Introduzione

Metodo

Risultati

Conclusioni

 

Introduzione

L'emergenza causata dal virus SARS-CoV-2 ha restituito la centralità persa da decenni di tagli di budget al Servizio sanitario nazionale. Tutte le figure professionali al loro interno hanno contribuito in diversa maniera nel fronteggiare tale situazione eccezionale.

Tra loro anche i Tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro hanno contribuito in varie modalità alle iniziative messe in campo per il contenimento della diffusione del virus.

Si è dunque deciso di comprendere quale ruolo il nostro profilo professionale ha assunto nell'emergenza, quali i compiti a lui affidati e quale il suo grado di soddisfazione nell'espletarli.

 

Metodo

Tramite l'applicativo di Google dedicato alla predisposizione di moduli, ne è stato creato uno a cui rispondere in maniera totalmente anonima e costituito dalle sei seguenti domande:

La regione/provincia autonoma in cui si lavora;

Il servizio/unità operativa di appartenenza;

Gli anni di esperienza in qualità di Tecnico della prevenzione;

Se si è usufruito di ferie obbligate e/o smart working;

L'indicazione dell'attività o delle attività espletate durante l'emergenza COVID-19;

Il grado di soddisfazione per il ruolo assunto dal Tecnico della prevenzione durante l'emergenza (in una scala così composta: molto, abbastanza, poco, per niente).

L'indagine è durata tre settimane: il questionario è stato pubblicato on-line in data 24 maggio 2020 ed è stato chiuso in data 14 giugno 2020. Per la pubblicità e la diffusione si è adottato un metodo non prettamente scientifico, come il passaparola sulle maggiori piattaforme social.


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Risultati

Al 14 giugno 2020, sono giunti 39 questionari.

La regione dove il riscontro è stato maggiore è stata l'Emilia-Romagna, con 14 tecnici della prevenzione (35,9%), a seguire la Lombardia con 10 questionari (25,6%) e la Toscana con 5 (12,8%).

Due questionari ciascuno sono giunti dal Veneto, Campania e Lazio (5,1% ciascuno). Infine, un questionario è pervenuto dalla Provincia autonoma di Trento, Sicilia, Puglia e Liguria (2,6 ciascuno).

Il questionario era aperto a tutti, sia dipendenti pubblici, che dipendenti privati o liberi professionisti.

 

La maggioranza delle risposte (22) è pervenuta da Tecnici della prevenzione assegnati presso il servizio/unità operativa di Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (56,4%). 10 questionari (25,6%) da Tecnici della prevenzione che si occupano di igiene degli alimenti e nutrizione.

2 (5,1%) da un servizio che ha sicuramente avuto un ruolo fondamentale nelle aziende sanitarie ed ospedaliere, ovvero il Servizio di prevenzione e protezione.

3 questionari (7,8%) sono pervenuti da dipendenti privati/libero professionisti, collocati nella categoria “Altro”: ufficio consulenza; consulenza sicurezza sul lavoro, RSPP e igiene alimentare; aspp industria.

I restanti due (2,6% ciascuno) appartengono a Tecnici della prevenzione assegnati all'igiene degli alimenti di origine animale e all'igiene e sanità pubblica.

 

La maggioranza dei questionari (19, ovvero 48,7%) è pervenuta da Tecnici della prevenzione con esperienza inferiore ai 5 anni. Solo un questionario in meno (18) da colleghi con un'esperienza superiore ai 10 anni (46,2%). Nel mezzo, 2 questionari (5,1%), da Tecnici della prevenzione con esperienza dai 5 ai 10 anni. La maggioranza degli interpellati (22 questionari, 56,4%) non ha usufruito né di ferie obbligate né dello smart working. Il 23,1% (9 colleghi) ha usufruito sia di ferie obbligate che di smart working; il 15,4% (6 questionari) del solo smart working. Infine, al 5,1% (2) sono state imposte le ferie obbligate.

Per le attività svolte durante l'emergenza COVID-19 è stata consentita la possibilità di indicare più risposte.

 

 

 

15 tecnici della prevenzione (38,5%) hanno indicato l'attività di ispezione e vigilanza sull'applicazione nelle aziende del Protocollo condiviso per il contenimento della diffusione del COVID-19 aggiornato il 24 aprile 2020 e firmato dalle parti sociali.

Il 33,3% (13 questionari) ha prestato assistenza telefonica alle aziende sull'applicazione del Protocollo.

In 12 questionari (30,8%) è stata indicata, tra le attività svolte, l'esecuzione delle indagini epidemiologiche.

In 11 casi (28,2%) sono state svolte la sorveglianza sanitaria dei casi posti in quarantena e la predisposizione di misure e procedure per il contenimento della diffusione del coronavirus.

Il 15,4% ha indicato anche l'esecuzione di ispezioni e controlli “classici” nelle aziende, a prescindere dall'applicazione del Protocollo (verifica D.Lgs 81/08, esecuzione di campionamenti di matrici alimentari).

5 tecnici della prevenzione (12,8%) hanno indicato anche l'esecuzione di ispezione e controllo a seguito di esposti pervenuti presso i loro servizi/unità operative e legati all'applicazione delle misure di contenimento anti-COVID.

In 4 questionari (10,3%) è stata indicata l'attività di assistenza in presenza alle aziende in materia di indicazioni sul Protocollo anti-contagio ed il supporto ad altre figure professionali nell'esecuzione dei tamponi.

Il 7,7% (3 questionari) hanno prestato anche assistenza alla cittadinanza sul coronavirus.

Altre attività indicate (2,6% ciascuno) sono state: immissione dati; lavoro d'archivio; attività di informazione, formazione e addestramento; valutazioni documentali SCIA.

 

La maggioranza dei tecnici della prevenzione si ritiene abbastanza soddisfatto (48,7%) dal ruolo che la professione ha avuto durante l'emergenza; il 25,6% si ritiene invece poco considerato; stessa percentuale (12,8%) per gli estremi delle alternative tra le risposte: 5 si considerano per niente soddisfatti del ruolo avuto durante l'emergenza, altri 5 si ritengono invece molto soddisfatti.

 

 

Analizzando i questionari pervenuti dall'Emilia-Romagna si evince come l'attività da Piacenza a Rimini sia stata la più varia: indagini epidemiologiche; sorveglianza sanitaria; attività di ispezione e vigilanza sia classica sia per la verifica dell'applicazione del Protocollo anti-COVID; assistenza in presenza e soprattutto telefonica alle aziende; immissione dati; supporto ad altre figure professionali nell'esecuzione dei tamponi: da evidenziare come in un questionario sia stata riportata anche l'attività di supporto, nel periodo più critico dell'emergenza, presso il Pronto Soccorso COVID per informare telefonicamente i famigliari sullo stato dei pazienti, rispondendo inoltre alle richieste interne ed esterne.

 

La maggior parte dei tecnici della prevenzione dipendenti in Emilia-Romagna si considerano abbastanza soddisfatti dal ruolo che la figura professionale ha avuto nell'emergenza; uno stesso numero di questionari (4) hanno scelto la risposta “molto” e “poco”.

 

Anche la Lombardia ha visto diverse attività svolte dai tecnici della prevenzione: le maggiori sono state l'esecuzione di indagini epidemiologiche; la predisposizione di procedure e misure dipartimentali/aziendali per il contenimento del coronavirus; e l'assistenza telefonica alle imprese.

Da sottolineare come tra i questionari lombardi ci siano anche due dei tre pervenuti da tecnici della prevenzione attivi nel settore privato.

Altra nota di merito è la scarsa soddisfazione espressa: sui dieci questionari pervenuti dalla regione maggiormente colpita dal coronavirus, ben 6 hanno espresso un grado di soddisfazione tra “poco” (2) e “per niente” (4). Dei colleghi che non hanno espresso totalmente soddisfazione, due di loro hanno svolto un compito monotematico, in un caso costituito dall'esecuzione delle indagini epidemiologiche, nell'altro addirittura dalle valutazioni SCIA. Negli altri due casi di mancata soddisfazione, sono state svolte indagini epidemiologiche e la sorveglianza sanitaria sui pazienti posti in quarantena.

 

Infine, dei cinque questionari giunti dalla Toscana è opportuno evidenziare come sia stato effettuato da parte di un collega esclusivamente un lavoro d'archivio, che lo ha portato a ritenersi “poco” soddisfatto dal ruolo avuto dal Tecnico della prevenzione durante l'emergenza. Le attività maggiormente indicate sono state la vigilanza sull'applicazione del Protocollo all'interno delle aziende (2) e l'assistenza telefonica alle stesse aziende per le misure di contenimento COVID-19.

 

Ulteriori osservazioni riguardano i tre questionari pervenuti dal settore privato: è utile capire soprattutto il grado di soddisfazione dei colleghi. Due dei questionari, come già accennato, sono arrivati dalla Lombardia (consulente sicurezza, RSPP e igiene degli alimenti; e consulenza) ed uno dal Lazio (ASPP industria). Le prestazioni effettuate sono quasi d'obbligo per i consulenti privati: assistenza telefonica alle aziende e predisposizione di procedure e misure per il contenimento COVID-19 (risposte indicate nei questionari lombardi), ma anche, in aggiunta, ispezione dell'industria e assistenza in presenza, per il collega del Lazio.

Se dal Lazio, il grado di soddisfazione indicato è stato “abbastanza”, in Lombardia, invece, la soddisfazione sul ruolo del Tecnico della prevenzione è stata considerata di “poco” conto.

 

Ultima annotazione che può essere dedotta dall'analisi dei questionari è legata alla fruizione delle ferie obbligate e/o dello smart working. In Toscana, dei cinque questionari pervenuti, ben 4 indicano le ferie obbligate, e tre di essi anche la modalità di smart working. In Veneto, un questionario indica l'imposizione di ferie obbligate. Mentre in Lombardia, 6 questionari su 10 indicano l'utilizzo dello smart working e di ferie obbligate, altri 3 della sola modalità di smart working.

 

Conclusioni

In definitiva, anche il Tecnico della prevenzione ha dato il suo contributo per fronteggiare l'emergenza coronavirus sia all'interno del Servizio sanitario nazionale sia nel settore privato.

Sono stati svolti non solo i compiti più affini alla nostra professione (come ispezione e vigilanza), ma anche inchieste epidemiologiche e sorveglianza sanitaria, attività che si discostano rispetto al profilo normato dal DM 58/1997.

Il grado di soddisfazione è stato tutto sommato buono.

 

Ora non resta che cercare di prevenire una possibile seconda ondata, attenzionando soprattutto l’applicazione delle misure di distanziamento sociale e di protezione. Perché, del resto, prevenire è meglio che curare.

 

 

 

dott. Alfredo Gabriele Di Placido

tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro

 

 

 

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Rispondi Autore: Lenny il Bravo - likes: 0
15/07/2020 (17:22:27)
La frase "prevenire è meglio che curare" è del professor Bernardino Ramazzini, padre della medicina del lavoro. Medico che si sarebbe rivoltato nella tomba nel vedere mascherine chirurgiche e mascherine di comunità utilizzate come DPI.

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