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COVID-19 e sicurezza sul lavoro: la tipologia di rischio e la valutazione

COVID-19 e sicurezza sul lavoro: la tipologia di rischio e la valutazione
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Coronavirus-Covid19

12/05/2020

Un working paper si sofferma sulle interferenze dell’emergenza COVID-19 tra la salute dei cittadini e la salute dei lavoratori. Normativa, rischi generici e specifici, misure anti-contagio e aggiornamento della valutazione dei rischi.

Benevento, 12 Mag  – Per poter costruire un futuro migliore, anche in materia di salute e sicurezza, abbiamo bisogno di riflettere, come abbiamo fatto in questi giorni con diversi articoli, sull’emergenza causata dal virus SARS-CoV-2 e sulle conseguenti “interferenze” tra la salute dei cittadini e la salute dei lavoratori.

 

Per farlo e per affrontare alcuni dei temi più delicati, anche in relazione ai problemi interpretativi ed applicativi correlati all’adozione di specifici provvedimenti e protocolli nei luoghi di lavoro, ci soffermiamo su un Working Paper prodotto dal “ Centre for the Study of European Labour Law ‘Massimo D’Antona’” dal titolo “Covid-19 e sicurezza sul lavoro: nuovi rischi, vecchie regole?” e a cura del Prof. Gaetano Natullo ( Università del Sannio).

 

 

L’articolo presenta brevemente alcuni degli argomenti trattati dal working paper con particolare riferimento a:



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La normativa di prevenzione ha gli anticorpi per l’emergenza COVID-19

Il documento ricorda che la normativa di prevenzione, con particolare riferimento al D.Lgs. 81/2008, già contiene gli “anticorpi” necessari a fronteggiare l’emergenza COVID-19 e ciò “anche a prescindere dalle indicazioni fornite dalla specifica normativa regolamentare e contrattuale” che l’autore riassume.

 

E questa precisazione è “funzionale” al dibattito che “si è immediatamente aperto circa contenuti e modalità degli adempimenti di prevenzione imposti e/o suggeriti alle aziende (ed amministrazioni) dal nuovo rischio derivante dal virus Sars-Cov-2”.

Infatti l’emergenza “ha determinato un incrocio/cortocircuito tra valenza ‘esterna’ del rischio ed ambito generale dei provvedimenti adottati d’urgenza dal Governo e dalle Parti sociali, e valenza ‘interna’ ai luoghi di lavoro. E ciò con riguardo essenzialmente ai seguenti principali aspetti/problemi generali e particolari:

  • sul piano generale:
    • natura ed efficacia delle “fonti” di previsione delle misure prescritte/suggerite;
    • natura generica (ambiente esterno) o specifica (riferita all’organizzazione produttiva/del lavoro aziendale) del rischio CoViD-19.
  • sul piano particolare, conseguente:
    • obbligo di aggiornare, o meno, la Valutazione dei rischi ed il relativo DVR;
    • di conseguenza, necessità di specificare la tipologia di rischio (biologico) e le misure di prevenzione da adottare e le relative modalità di attuazione”.

 

È evidente, premette l’autore, che “giungere a delle conclusioni tecnico-giuridiche assistite da un sufficiente grado di certezza è arduo. Il tentativo è quindi di ipotizzare soluzioni che rispondano innanzitutto ad un criterio di ragionevolezza, considerando l’obiettivo primario, almeno questo credo indiscusso ed indiscutibile, che è quello di tutelare la salute: dei lavoratori come dei cittadini. Ma cercando anche di renderlo compatibile con la necessità di non contemperare le esigenze organizzative e produttive delle imprese”.

 

Il documento richiama poi sia l’ art. 2087 c.c., sia la lettera n) dell’art. 2, co. 1, d.lgs. 81/08, che definisce la «prevenzione» come: “il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”. E quest’ultima definizione “rende bene l’idea del rapporto reciproco, bidirezionale, che c’è o può esserci tra i rischi ‘interni’ ed ‘esterni’ all’ambiente di lavoro; bidirezionale, giacché, come nel caso di specie, il fattore di rischio è comune all’ambiente esterno, e da esso può essere trasportato all’interno dei luoghi di lavoro, ma da quest’ultimo a sua volta, attraverso i lavoratori, può essere trasmesso all’esterno”.

 

A questo proposito l’autore riporta alcune esperienze applicative e nel diritto vivente di marca giurisprudenziale riguardo alla specifica “fattispecie dei rischi, per i lavoratori, derivanti dall’ambiente esterno che pure sono stati ritenuti rientranti nell’ambito di protezione dell’obbligo di sicurezza datoriale, in tal modo sostanzialmente convertendosi da rischi ‘generici’ a rischi ‘specifici’” (si fa, ad esempio, riferimento all’Interpello n. 11/2016).

 

E con riferimento alle attuali vicende, si indica che “sebbene ci si trovi senz’altro in un’ipotesi estrema, dalle caratteristiche del tutto peculiari, cionondimeno non mancano gli strumenti per leggerla alla luce della normativa generale e speciale già esistente”.

 

Come considerare il rischio del contagio del nuovo coronavirus

L’autore si sofferma poi in particolare sul fatto se il SARS-CoV-2 vada “considerato un rischio ‘generico’, esterno all’azienda, o ‘specifico’ e dunque interno all’azienda”. E la questione va affrontata e risolta “unitamente alla questione relativa alla Valutazione dei rischi ed al relativo DVR, dal momento che la prima questione si riflette sulla seconda”.

 

Il Prof. Natullo indica che non è “del tutto condivisibile sul piano tecnico, ma anche su quello dell’opportunità e ragionevolezza per le aziende, cercare di far leva sulla natura esterna/generica del rischio Covid-19 per dedurne la non obbligatorietà di un aggiornamento della Valutazione dei rischi”. Anche il “solo comune buon senso” suggerirebbe in ogni caso alle aziende “di fare tutto ciò che è opportuno e possibile per adeguare l’organizzazione aziendale e del lavoro al nuovo rischio e ridurre il contagio, tenendo conto delle disposizioni” ricordate nel documento, ma anche di “quelle ulteriori ritenute possibili ed applicabili, in ragioni dalle specifiche caratteristiche produttive ed organizzative delle diverse realtà aziendali, dalle competenze tecniche di cui le aziende si avvalgono (Servizio di prevenzione; Medico competente)”.

 

E in considerazione dei principi su cui si fonda il sistema di prevenzione in azienda prefigurato dal d.lgs. n. 81/2008 “pare davvero difficile che ciò possa avvenire senza documentare il nuovo assetto aziendale derivante dalla applicazione delle misure di prevenzione anti-contagio, seppure transitorio ed emergenziale. E, nel sistema normativo di prevenzione, tale ‘documentazione’ come noto avviene nel Dvr, che è conseguente alla Valutazione del rischio”.

 

A parere dell’autore ciò risponde “anche all’interesse degli stessi datori di lavoro, nella malaugurata ipotesi in cui venga richiesto alle aziende di comprovare l’adozione di idonee misure di prevenzione, in sede ispettiva o in giudizio”.

 

Il piano di intervento e l’aggiornamento della valutazione dei rischi

Comunque anche sul piano tecnico-giuridico – continua il working paper - sussistono “solidi argomenti per propendere per la tesi, diciamo, più ‘restrittiva’”. E ciò a partire da quanto indicato circa la natura del rischio Covid-19: “e cioè che, pur essendo certamente un rischio (biologico) non (direttamente e strettamente) aziendale (salvo ovviamente che per le aziende del settore sanitario), ma esterno/generale, si trasforma in rischio (generico, ma aggravato) ‘interno’ per i lavoratori che possono esserne esposti e, di conseguenza, va valutato dal datore come rischio (anche) aziendale e, in questo senso, specifico”. E non va anche in questa direzione anche l’Inail nel momento in cui “conferma che, se ne viene dimostrato il nesso eziologico con il lavoro (“occasione di lavoro”), è a tutti gli effetti da qualificare come infortunio sul lavoro”?

 

Si ricordano poi alcuni articoli del D.Lgs. 81/2008 e si segnala, ad esempio, che (art. 28) se ‘la “valutazione …..anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori…”, ‘la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata… in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate’.

 

Ebbene da una lettura sistematica di tale disposizione “la Valutazione deve essere aggiornata nel momento in cui un qualsiasi fattore di rischio, diverso o incrementato rispetto al pregresso assetto aziendale, renda necessario un adeguamento delle misure di prevenzione, anche in termini di modifiche organizzative. E mi pare che sia questo il caso anche del rischio Covid-19, che impone l’adozione di alcune misure minime di cautela, indicate dalle disposizioni governative e dall’autonomia collettiva, ma che, invero, si potrebbe ritenere che i datori di lavoro comunque avrebbero potuto e dovuto adottare anche in assenza di queste ultime, sulla scorta delle (pur se recenti, incerte e scarse) conoscenze ed esperienze tecnico-scientifiche, peraltro quasi da subito divenute conoscenze comuni (distanziamento, misure igieniche, etc.)”.

 

E tale conclusione trova conferma, a pare dell’autore, “nella circostanza che il rispetto di tali misure impone scelte anche organizzative (selezione dei reparti da chiudere rispetto a quelli da mantenere attivi, modalità di ingresso ed uscita, distribuzione zone e posti di lavoro, zone comuni, etc.,) che certamente richiederebbero di essere valutate e, per così dire, ‘rendicontate’ nel Dvr”.

 

Si ricorda che lo stesso INL - nota n. 89 del 13 marzo – indica che ‘si ritiene utile, per esigenze di natura organizzativa/gestionale, redigere – in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente – un piano di intervento o una procedura per un approccio graduale nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione, basati sul contesto aziendale, sul profilo del lavoratore – o soggetto a questi equiparato – assicurando al personale anche adeguati DPI’. E il Prof. Natullo ritiene che, in questo senso, non sia “tanto diverso, nella sostanza, tale ‘Piano’ da un aggiornamento del Dvr”.

 

Certo – continua il documento – è anche “comprensibile l’esigenza di non onerare troppo le aziende, in un momento già così complicato. Ma, a parte l’esistenza di procedure semplificate per le aziende più piccole, anche considerando la (per ora, e auspicabilmente) temporaneità del rischio Sars-CoV-2 e delle relative misure”, potrebbe essere sufficiente un “aggiornamento ‘essenziale’ nel DVR, con rinvio sia alle disposizioni governative (e contrattuali) sia, sul piano organizzativo, ad un più articolato e dettagliato allegato/addendum. Ciò dovrebbe consentire anche, una volta terminata l’emergenza, e tornati ad un assetto fisiologico, di espungere più agevolmente le integrazioni dal Dvr”.

 

E, infine, si chiede il Prof Natullo con riferimento alla responsabilità amministrativa degli enti (d.lgs. n. 231/01), ed ai modelli organizzativi e gestionali “esimenti” (art. 30 d.lgs. n. 81/08), “non sarà opportuno, se non necessario, che l’impresa abbia, nel caso, la possibilità di dimostrare di aver adeguato il “modello” e le procedure al nuovo rischio ed alla sua prevenzione? E ciò, anche ed in ogni caso nei confronti dell’eventuale Organismo di Vigilanza costituito ex art. 6 d.lg. n. 231/01”?

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del working paper che riporta ulteriori dettagli e riflessioni su altre “interferenze” dell’emergenza COVID-19 sul sistema di prevenzione aziendale.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Centre for the Study of European Labour Law ‘Massimo D’Antona’, “ Covid-19 e sicurezza sul lavoro: nuovi rischi, vecchie regole?”, a cura di Gaetano Natullo (Università del Sannio), Working Paper - WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT – 413/2020 (formato PDF, 674 kB).

 

 

 

Scarica la normativa di riferimento:

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 aprile 2020 – Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale.

 

Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.

 

Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

 

 

 

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Rispondi Autore: Francesco Forte - likes: 0
12/05/2020 (08:33:46)
Sapete cosa succederà e mi farà tanto ridere? Che la responsabilità cadrà sui tecnici e sui datori di lavoro anzichè su coloro che non hanno adeguatamente gestito l'emergenza a livello regionale. Mi permetto di dire un'altra cosa, la conoscenza su questo virus non è affatto certa, ne dico solo una, la distanza droplet adesso non è più di un metro ma di 1,5m. In itinere ci danno sempre nuove informazioni, nuovi protocolli, nuove autocertificazioni. Ogni giorno nuovi sintomi, mi dite come è possibile prevedere un rischio del genere in un mese?
Rispondi Autore: Arturo M. - likes: 0
12/05/2020 (08:42:11)
Concordo con il signor Stefano, sarebbe ora che la valutazione del rischio divenisse piu' seria, con calcoli che non siano legati esclusivamente a matrici soggettive. E' necessario ( indispensabile per le pubbliche amministrazioni) definire cosa sia il Rischio accettabile al di la del quale non e' necessario adottare ulteriori misure.
Rispondi Autore: Lui che sa - likes: 0
12/05/2020 (08:45:00)
Ma se il protocollo dice apertamente generico, perché si aggiungono termini?
Bisogna smettere di interpretare le parole.
Poi il DVR copia incolla è la morte del processo di valutazione del rischio.
Rispondi Autore: Dani mass - likes: 0
12/05/2020 (08:51:55)
E poi il protocollo è chiaro: chi non si adegua al protocollo avrà una sospensione temporanea fino a che non si adeguerà. Mi sembra sacrosanto!!!C'è bisogno di aggiungere pene, sanzioni o altro? Secondo me, dato il periodo assolutamente no.
Rispondi Autore: RSPP - likes: 0
12/05/2020 (09:01:28)
Articolo e documento di Natullo assolutamente NON condivisibili
Rispondi Autore: Giorgio Gallo - likes: 0
12/05/2020 (09:09:22)
Il problema vero a mio avviso, è che finché non si ha chiaro cosa significa valutare un rischio, ci sarà sempre chi ritiene che il dvr vada aggiornato con dei copia incolla o rimandi inutili, come se questa produzione di carta salvasse automaticamente i lavoratori dal coronavirus. Il dvr non è un mero contenitore di "robe" fini a se stesse, quelle "robe" escono fuori sempre da un processo di valutazione. Nello scenario attuale, la parte specifica della valutazione, inteso come procedimento per attribuire un valore al rischio (per essere estremamente semplici), ancorché non professionale, sul coronavirus non avrebbe comunque alcun metodo utilizzabile, perché non esistono metodi ufficiali, infatti ci sta pensando il governo. L'output della valutazione sono poi le misure preventive e protettive ed anche qui vogliamo credere possibile che sia il Datore di lavoro a decidere quali misure applicare, sulla scorta di una valutazione che non ha criteri ufficiali? Naturalmente il datore di lavoro dovrà invece applicare i protocolli anti contagio calati nella realtà aziendale, che guarda caso, ha stabilito sempre il governo. Il 18 dovrebbero riaprire nuove attività, siamo tutti in attesa di conoscere i nuovi protocolli da applicare, o vogliamo pensare che ogni datore di lavoro può anche farsi la sua valutazione autonoma e decidere quello che vuole?
Il problema non è solo sulla forma (appendice al dvr oppure aggiornamento del dvr), ma è quindi anche sostanziale. Sulla.scorta di cosa decido di aggiornare la VALUTAZIONE? Che valutazione inserisco nel capitolo "rischio biologico"? Che metodo uso per quantificare questo rischio? Cosa cambierebbe se questa valutazione empirica, ammettendo pure di essere più bravo dell'OMS e dell'ISS, mi restituisse rischio alto o medio, visto che le misure da applicare sono sempre e solo quelle del protocollo anti contagio? E tutto questo senza considerare che stiano parlando di un rischio che NON si genera dal lavoro e quindi esogeno.
Ai fautori dell'aggiornamento del DVR chiederei se per cortesia e di grazia ci dicano ANCHE quale metodo suggeriscono per farla questa valutazione, chiedo che ci propongano un metodo riconosciuto e valido alla portata di un DDL per attribuire un livello di rischio e di conseguenza con quali criteri usare questi risultati per calare o modulare le indicazioni dei protocolli di intesa tra governo e parti sociali. Eh sì, perché dire "aggiornate il dvr" è facile, ma poi nel mondo reale, se questo fosse vero, qualcuno dovrà pur mettersi a scriverlo e sono curioso di cosa dovremmo scriverci. Alla fine, non potremmo far altro che scrivere quello che abbiamo fatto dai protocolli, ma questo NON è valutare un rischio è eseguire gli ordini del Governo. È come quando un datore di lavoro valuta un rischio lavorativo (per esempio il rumore del quale abbiamo metodi riconosciuti essendo rischio professionale noto da annissimi), inserisce in dvr i criteri di valutazione e i risultati e poi con una procedura esterna al dvr ne disciplina le modalità operative. Col coronavirus, rischio non professionale, la valutazione l'ha fatta il governo con la sua task force di scienziati, tra l'altro in continua evoluzione, a noi chiede di applicare la procedura da loro elaborata ma da calare nei nostri ambienti di lavoro, quale disposizione straordinaria e sovraordinata rispetto alle norme occupazionali. Ne usciamo, forse, solo se comprendiamo questo.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
12/05/2020 (09:50:06)
Condivido in toto quanto scritto dall'ing. Gallo.
Se cominciassimo a non ascoltare i "soliti noti" (come quello che sicuramente interverrà appena avrà visto il mio commento), che strumentalizzano la situazione senza avere la più pallida idea di cosa voglia dire fare una valutazione del rischio, forse ne potremo uscire concentrandoci sugli aspetti sostanziali e cioè sull'applicazione contestualizzata dei Protocolli in funzione delle specificità delle imprese, visto che questi rappresentano la "summa", in continua evoluzione, delle migliori conoscenze scientifiche oggi disponibili per la prevenzione del contagio da COVID19.
Il resto è fuffa.

Rispondi Autore: Redazione PS - likes: 0
12/05/2020 (09:59:05)
Buongiorno, ricordiamo a tutti il rispetto della policy dei commenti (https://www.puntosicuro.it/policy-commenti/) e di evitare provocazioni al fine di mantenere il dibattito nel rispetto reciproco.
Ringraziamo per la gentile collaborazione.
La redazione
Rispondi Autore: Nicola Baldi - likes: 0
12/05/2020 (10:48:30)
Concordo con chi mi ha preceduto, in particolare con l'analisi di Giorgio Gallo. Mi piacerebbe capire se tutti quelli che parlano di "aggiornare il DVR" hanno mai fatto una valutazione dei rischi (come indicata da Gallo). Non sono concordi fra loro gli esperti la fa il datore di lavoro la valutazione? Ma non scherziamo, siamo seri, è il momento della concretezza, cioè applicare/calare i protocolli nella propria realtà lavorativa e stop, sarebbe già molto, perchè sarebbe il succo di questa materia: garantire sicurezza e salute negli ambienti di lavoro.
Rispondi Autore: Dani mass - likes: 0
12/05/2020 (11:34:26)
Non credo mi stupirò se su rete 4 vedrò gente che scrive in questa sede.
C'è bisogno di esperti come avvocati, giuristi, pontificatori del DVR che ci diano indicazioni su come debellare il virus perchè fino ad ora i virologi hanno alzato le mani, hanno ammesso che questo virus è imprevedibile e ancora sconosciuto.
Rispondi Autore: lino emilio ceruti - likes: 0
12/05/2020 (11:46:18)
A me piacerebbe che "qualcuno" spiegasse che senso avrebbe avuto licenziare una serie di DPCM in continui aggiornamenti e un Protocollo quando sarebbero bastate poche parole per risolvere tutto:

"il rischio COVID-19 negli ambienti di lavoro necessiterà di uno specifico aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi aziendale da parte del Datore di Lavoro"

Perchè non è stato fatto ?
Perchè il Governo impugna Ordinanze regionali quando contengono estensioni rispetto a quanto contenuto nei DPCM ?
Perchè necessita estendere i rischi professionali endogeni a quelli esogeni ?
Perchè (anche se dopo il copia-incolla non credo possa pervenire un'altra concreta procedura a stupore maggiorato) ancora "qualcuno" insiste in queste personali interpretazioni mentre l'argomento non viene, giustamente, nemmeno sfiorato dagli Organi Istituzional-sindacali ?

Ci saranno risposte a queste domande ?
L'esperienza direbbe di no.
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0
12/05/2020 (12:20:27)
Uno splendido contributo di un giurista vero, in esperto che leggere le norme di legge perché è la sua professione. Affidarsi sempre ai professionisti del diritto se la questione è giuridica. Il metodo spannometrico porta invece direttamente a violare il Dlgs 81/2008.
Rispondi Autore: avv. Dubini Rolando - likes: 0
12/05/2020 (12:28:18)
Il Codice Penale e il Testo Unico di Sicurezza sul lavoro DLgs. n. 81/2008 sono norme di legge e fonti primarie del diritto.
I protocolli condivisi anticontagio del 24.4.2020, in quanto recepiti dal DPCM 26.4.2020, sono al livello di norma secondaria.
Quindi sono validi per tutti gli obblighi concreti indicati, che non contraddicono in alcun modo le norme primarie del codice penale e del D.Lgs. n. 81/2008.
Viceversa ogni passaggio scritto nei protocolli, o ogni interpretazione degli stessi che sia in contrasto con le norme primarie citate non può essere inteso come eccezione, e va riletto nel rispetto del Codice penale e del D Lgs. n. 81/2008. E non è un caso se i Protocolli citano più volte io Dlgs 81/2008, nel cui alveo sono integralmente collocati
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
12/05/2020 (13:25:16)
Qualcuno può spiegare al giurista Dubini che:

- le norme di Igiene Pubblica in una situazione d'emergenza quale quella che stiamo vivendo oggi, sono sovraordinate alle norme di Igiene Occupazionale, riguardando le prima tutte la popolazione, lavorativa e non;

- oggetto del DVR sono i tutti i rischi professionali e cioè quelli che nascono/derivano dal lavoro eseguito dal lavoratore;

- la tutela della salute di tutti i lavoratori la si ottiene applicando le migliori conoscenze scientifiche oggi disponibili e cioè quello che le Autorità sanitarie ci hanno indicato nei Protocolli come misure di contenimento del contagio;

- la valutazione del rischio da contagio non può essere lasciata al datore di lavoro proprio perché esula dalle sue competenze ed è un rischio a cui è esposta tutta la popolazione, lavorativa e non;

- tali norme di Igiene Pubblica sono in continua evoluzione in funzione delle conoscenze scientifiche che si accumulano studiando il Corona Virus;

- il D. Lgs. n° 81/2008 è citato, nel Protocollo del 24/04/2020 solo una volta ed a proposito della visita medica al rientro al lavoro di un malato di Covid-19.

Comunque, è stata presentata una interrogazione al Senato lo scorso 30 aprile
Vedremo cosa risponderanno e, di conseguenza, ci comporteremo.

Speriamo adesso di non ricominciare con il solito copia-incolla ossessivo compulsivo.
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
12/05/2020 (13:54:43)
Per Lui che sa e Sconcertato.
Restiamo nell'ambito delle critiche alle opinioni e non passiamo alla critiche alle persone.
Se ci si deve confrontare, il confronto lo si fa sulle idee che, ovviamente, possono essere diverse.
L'importante è che lo si faccia, anche aspramente, ma soprattutto in modo civile ed educato.
Se quanto dice il sottoscritto non è condiviso, basta scriverlo nei commenti ma civilmente
Se quanto dice Dubini non è condiviso, basta scriverlo nei commenti ma sempre civilmente.

Su questa storia e cioè aggiornamento DVR (SI/NO) per le aziende "non sanitarie", ne sapremo a breve vista l'interrogazione al Senato.
Quando avremo una riposta, ci atterremo a quello che ci diranno anche se contrario alle nostre convinzioni.
Rispondi Autore: Redazione PS - likes: 0
12/05/2020 (14:23:40)
*nota della redazione: i due commenti sono stati eliminati perchè non rispettavano la policy dei commenti (erano offensivi e per nulla costruttivi)
Rispondi Autore: maurizio f - likes: 0
13/05/2020 (08:55:19)
Siamo stufi di produrre carta inutile, lo volete capire? Perché in Italia dobbiamo sempre complicarci la vita?
Rispondi Autore: Cristina crocioni - likes: 0
13/05/2020 (10:51:30)
Buongiorno , mi chiamo Cristina , Sono stata esonerata dal lavoro per fragilità fino il 30 aprile.. lavoro a stretto contatto con PZ anziani
Vorrei sapere rispetto al protocollo condiviso ...integrato il 24 aprile se dovevo essere rivista o passare tramite MC per salvaguardare comunque il mio stato di saluti anche se con patologia cronica " Difetti ereditari della coagulazione trombofilici"
Grazie aspetto vista risposta
Rispondi Autore: Lui che sa - likes: 0
16/05/2020 (21:58:31)
No, è prevista visita in caso di infezione.

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