Covid-19: il sovraccarico da lavoro di medici e infermieri
Medici e infermieri, tra sottodimensionamento degli organici, rischi alla salute ed esigenze di conciliazione
“Il sovraccarico di lavoro che da quasi un anno sta caratterizzando la condizione di tanti medici e infermieri alle prese con l’emergenza sanitaria, unitamente allo stress emotivo prodotto dall’eccezionalità delle condizioni di lavoro legate alla pandemia e alle inefficienze strutturali di sistema, rischia di metterne a dura prova la capacità di tenuta. L’emergenza Covid ha infatti portato alla luce, facendole esplodere, le fragilità di un sistema, quello Sanitario Nazionale (SSN), che negli ultimi anni ha registrato una significativa contrazione delle professionalità mediche e infermieristiche, concentrando su meno lavoratori un carico di assistenza e cura che è andato invece aumentando ed è divenuto insostenibile proprio nell’ultimo anno.
Al sottodimensionamento del personale si è accompagnato poi il progressivo invecchiamento della classe medica e infermieristica (il 28,5% dei medici in forza nel SSN ha 60 anni e più), con conseguenze importanti in termini di tutela della salute del personale coinvolto impegnato nel fronteggiare la pandemia.
Infine, l’elevata presenza di donne, sia tra i medici che – soprattutto – tra gli infermieri, di cui la maggioranza madri (68,6%), determina un’emergenza nell’emergenza, sottoponendo la gran parte del personale allo stress derivante dalla crescente difficoltà a conciliare sovraccarico professionale e famigliare.
Il report che segue intende fornire una fotografia della situazione lavorativa di medici e infermieri in servizio nelle strutture del SSN, che oggi sono impegnati in prima linea nella lotta alla pandemia. Un universo sottoposto ad una condizione di stress elevata, in Italia come del resto del mondo, che rischia di ripercuotersi sulla capacità stessa dei sistemi sanitari di rispondere adeguatamente alle sfide poste dall’emergenza sanitaria.
Il quadro anagrafico del personale
Il calo degli organici dettato dal blocco delle assunzioni ha prodotto, oltre che mancato ricambio, anche un innalzamento significativo dell’età media del personale in forza nel SSN: aspetto questo che, se da un lato valorizza esperienza e professionalità dall’altro lato vede esposto ad un carico di lavoro crescente proprio un personale che diventa sempre più anziano, con inevitabili conseguenze in termini di rischi per la salute degli stessi lavoratori. Negli ultimi 10 anni, la quota di medici in forza nel SSN con più di 59 anni è passata dal 7,3% al 28,5%, mentre quella degli “under 50” è scesa dal 41,8% al 38,1%. Anche tra gli infermieri, popolazione tendenzialmente più giovane di quella medica, si registra una simile tendenza: passa dal 32,7% al 46,3% la quota di infermieri con più di 50 anni, mentre resta tendenzialmente stabile quella dei giovani, con meno di 35 anni
I motivi di una difficile conciliazione vita-lavoro
Oltre alle inefficienze strutturali del SSN, che amplificano lo stress prodotto dal lavoro in una situazione emergenziale come quella attuale, non va trascurato come medici e infermieri siano sottoposti in questa fase ad ulteriori fonti di preoccupazione, legate alla loro sicurezza, ma anche alla conciliazione con gli impegni famigliari, aumentati di intensità soprattutto per chi ha figli. Un primo elemento di ansia è rappresentato dalla tutela della salute personale legata al rischio di contagio da Covid, considerato che, secondo le elaborazioni condotte dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, sui 2,8 milioni di lavoratori (12,2% del totale) che presentano un elevato rischio di contagio da malattie infettive respiratorie, come il Coronavirus, medici, tecnici della salute (tra cui infermieri, ostetriche, radiologi, esperti di diagnostica) e professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali (come massaggiatori sportivi, operatori sociosanitari, assistenti di studi medici) sono le figure che presentano il rischio più alto.
Un secondo elemento attiene all’impatto che la situazione sanitaria determina per la vita di molti medici e infermieri in termini di conciliazione, soprattutto per le donne. Va ricordato che la professione infermieristica presenta una forte caratterizzazione di genere: le donne rappresentano infatti il 75,7% degli occupati, superando l’80% nelle regioni del Nord.
Anche il personale medico in forza nelle strutture del SSN è stato interessato da un processo di progressiva femminilizzazione che ha portato ad una presenza ormai quasi paritaria di donne (46,5%) e uomini (53,5%). Al Nord, le dottoresse costituiscono la metà degli organici ospedalieri, e in alcune regioni come Emilia-Romagna (52,7%), Friuli-Venezia Giulia (51,7%), Lombardia (50,9%), Toscana (50,4%) sono ormai la componente maggioritaria.
Tale popolazione porta un’esigenza specifica di conciliazione che raramente trova risposta in un sistema pubblico strutturato negli anni “a misura d’uomo”. Una componente cresciuta nel tempo che proprio nella pandemia si è trovata a sommare l’emergenza lavorativa a quella di una gestione famigliare praticamente inconciliabile.
Si stima che su 100 donne occupate, tra medici e infermieri, ben il 68,6% abbiano dei figli, e il 31,7% con meno di 15 anni. Tra le dottoresse, la quota di occupate con figli con meno di 15 anni arriva al 34,4%, mentre tra le infermiere, malgrado le mamme siano più numerose, sono il 30,9% ad avere un’esigenza di accudimento di figli con meno di 15 anni.
Si tratta di un universo che tra restrizioni, scuola a distanza, e carico di lavoro rischia non solo quotidianamente di contagiarsi, ma di venire sottoposto ad uno stress che potrebbe determinarne il burnout.”
Scarica i documenti da cui è stratto l'articolo:
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
Pubblica un commento
Rispondi Autore: T. Bonifacio - likes: 0 | 03/12/2020 (09:37:14) |
Buongiorno, trovo molto scorretto che studi come questi non prendano in considerazione anche gli OSS, che operando a strettissimo contatto quotidiano con i pazienti sono ancora più a rischio sia di contagio che di stress, oltre che di fatica, e per i quali la caratterizzazione di genere è altrettanta se non maggiore. |