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La percezione del rischio e lo studio del fattore umano
Firenze, 12 Giu – Nel comparto del legno, specialmente con riferimento alle falegnamerie artigianali, il rischio infortunistico è sempre in agguato: in queste falegnamerie la lavorazione del legno si basa non solo sull’utilizzo di vari macchinari, ma anche sulla manualità del falegname. Con infortuni che coinvolgono spesso gli arti superiori, in particolare le mani, e sono causati dall’uso di strumenti manuali e di macchinari utilizzati per la lavorazione del legno (toupie, seghe elettriche, troncatrice, piallatrice, presse per legno, pantografo, ...). E nel comparto del legno sono presenti anche diversi rischi per la salute con particolare riferimento ai rischi cancerogeni correlati all’ esposizione a polvere di legno duro.
È dunque normale, in un’attività con rischi così elevati, soffermarsi sul fattore umano e sulla percezione dei rischi, partendo dalla costatazione che molti degli incidenti che avvengono dipendono proprio da errori umani.
Ne parla Pier Luigi Faina (Dipartimento di Prevenzione – Azienda Sanitaria di Firenze) in un intervento che si è tenuto in un seminario dedicato al comparto del legno, organizzato dall’ ASL 10 di Firenze e dal titolo “ Sorveglianza sanitaria in esposti a polveri di legno” (Sesto Fiorentino, 15 giugno 2013). Un seminario che aveva tra i suoi obiettivi anche la diffusione dei risultati di un progetto della Azienda Sanitaria di Firenze sulla tutela della salute di lavoratori esposti a polvere di legno.
Nell’intervento “Percezione del rischio ovvero studio del fattore umano”, P.L. Faina dopo aver ricordato i vari passaggi/fasi della valutazione dei rischi nelle aziende (identificare; valutare - criterio qualitativo; misurare - criterio quantitativo; classificare; abbattere/ridurre; controllare; verificare; rischio residuo; documento - DVR), si sofferma sulla gestione del rischio residuo che deve tenere conto di:
- elementi oggettivi;
- elementi soggettivi.
Lo scopo ultimo della gestione del rischio “è fare sì che rischio reale e rischio percepito, entro certi limiti, coincidano”.
In questo senso è importante lo studio del fattore umano, studio che tuttavia deve trattare tale fattore:
- “non come oggetto = migliore utilizzo dell’uomo nel ciclo produttivo (Taylor);
- ma come soggetto = inserimento dell’uomo nel ciclo di produzione attraverso una sua diretta partecipazione (Olivetti)”.
E la partecipazione “presuppone:
- esperienza;
- conoscenza;
- informazione;
- formazione;
- addestramento”.
E produce consapevolezza.
Consapevolezza che “influenza in modo positivo il comportamento riducendo in modo significativo l’ errore umano”.
Infatti “l’errore umano produce azioni che agiscono in modo significativamente negativo sulla sicurezza” e, secondo il relatore, “oltre il 65% degli incidenti sui luoghi di lavoro sono dovuti a errori umani”.
Le azioni conseguenti a questi ragionamenti e utili per la riduzione degli errori umani devono prendere in considerazione:
- “interventi di tipo tecnico;
- valutazione del possibile errore umano;
- fattori che intervengono sul piano di tipo organizzativo e procedurale;
- fenomeni ambientali”.
In particolare la gestione del rischio “significa analizzare, ed eventualmente rimuovere, le condizioni che ostacolano una corretta interazione fra le varie componenti:
- rapporto fra uomo/macchina;
- rapporto fra uomo/uomo;
- rapporto fra uomo/ambiente”.
Concludiamo questa breve presentazione degli atti dell’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, parlando di percezione del rischio.
Nell’intervento si indica che “la mente umana tende a valutare come maggiormente rischiose situazioni piuttosto tangibili:
- concentrate nel tempo;
- alta frequenza di incidenza di accadimento;
- che possono indurre gravi conseguenze”.
Inoltre la mente umana “tende a valutare come meno rischiose situazioni piuttosto intangibili:
- non concentrate nel tempo;
- poco frequenti;
- che non inducono gravi conseguenze nell’immediato” (come ad esempio le conseguenze dell’inalazione di polveri di legno duro).
E dunque la percezione del rischio può essere influenzata da:
- conoscenza effettiva dei pericoli;
- livello di attenzione;
- esperienza;
- osservazione”.
Insomma, conclude il relatore, “per far cogliere l’essenza di una cultura della sicurezza è pertanto necessario basarsi non solo su gli strumenti di lavoro ma anche su l’utilizzatore, cercando di capire gli atteggiamenti ed i criteri di giudizio e di critica individuali e le dinamiche di gruppo in cui l’individuo è coinvolto”.
Segnaliamo, infine, che l’intervento si sofferma ampiamente anche sui risultati di alcune ricerche e di specifici questionari sulla percezione del rischio nel settore del legno, anche con riferimento agli interventi di formazione e all’uso di dispositivi di protezione individuale (occhiali, maschera antipolvere, DPI delle vie respiratorie, ...).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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