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Sul comportamento del CSE nel caso di mancata sospensione dei lavori

Sul comportamento del CSE nel caso di mancata sospensione dei lavori
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Committenti di lavori edili

07/04/2014

Nel caso in cui il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione constati la necessità di sospensione dei lavori, ma non la ottenga, per esonerarsi da responsabilità non ha strada diversa da quella di dimettersi dall'incarico. A cura di G. Porreca.

 
Commento
 
Singolare e fino ad un certo punto condivisibile è l’affermazione che la Corte di Cassazione ha fatto in questa sentenza con la quale ha annullata con rinvio la sentenza emanata dalla Corte di Appello di assoluzione di un coordinatore in fase di esecuzione già condannato dal Tribunale per omicidio colposo in relazione ad un infortunio occorso in un cantiere edile ad un lavoratore dipendente di una ditta esecutrice. Nel caso in cui il  coordinatore per la sicurezza, ha sostenuto infatti la suprema Corte, constati l'obiettiva necessità di sospendere i lavori in un cantiere edile e ciò non viene fatto, lo stesso, per esonerarsi da responsabilità, non ha strada diversa da quella di dimettersi dall'incarico il cui mantenimento risulterebbe del tutto incompatibile con una situazione a lui ben presente che di fatto pone a rischio l'incolumità dei lavoratori addetti al cantiere.

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Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
 
Il Tribunale ha condannato alla pena stimata di giustizia, nonché al risarcimento del danno e al pagamento di provvisionali, il legale rappresentante di una società, committente e responsabile di alcuni lavori edili, nonché il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione per avere causato, per colpa, la morte di un operaio dipendente dell’impresa esecutrice gestita dalla società deceduto per le conseguenze subite a causa di una caduta dall'alto. La Corte d'Appello, esprimendosi sull'impugnazione di entrambi gli imputati, ha assolto il coordinatore per la sicurezza per non avere commesso il fatto, revocando nei suoi confronti le statuizioni civili, mentre ha confermata la penale e civile responsabilità del committente. Quest’ultimo ha ricorso in cassazione lamentando il trattamento diverso riservatogli rispetto al coordinatore nonostante che le ragioni che avevano imposto l'assoluzione del coordinatore avrebbero dovuto estendersi anche alla sua posizione. Lo stesso committente ha fatto notare, infatti, che il coordinatore per la sicurezza era stato assolto perché era stato accertato documentalmente che l’esecutore dei lavori, facendo in merito una comunicazione sia a lui che al coordinatore, si era formalmente impegnato per iscritto a custodire il cantiere sotto la sua esclusiva responsabilità fino alla messa in sicurezza del cantiere stesso, tenendo comunque sospesi i lavori, per cui tale adempimento avrebbe dovuto portare anche alla sua assoluzione. Il committente ha fatto notare altresì che la Corte territoriale nell’assumere la propria decisione non aveva espressa alcuna motivazione.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione.
 
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione che non ha condiviso le decisioni assunte dalla Corte di Appello la quale aveva ritenuto sufficiente che il coordinatore, perché fosse esonerato dalle sue responsabilità, avesse più volte chiesto all’impresa ed al committente di sospendere i lavori e di chiudere il cantiere. “Nel caso in cui il coordinatore per la sicurezza”, ha quindi sostenuto la Corte suprema, “constati l'obiettiva necessità di sospendere i lavori e ciò non ottenga, per esonerarsi da responsabilità non ha strada diversa da quella di dimettersi dall'incarico, il cui mantenimento risulterebbe del tutto incompatibile con una situazione fattuale, a lui ben presente, che ponga a rischio l'incolumità dei lavoratori addetti al cantiere”.
 
A definitivo rafforzamento del convincimento di non colpevolezza del coordinatore i Giudici della Corte territoriale avevano messo in evidenza che lo stesso, in fase d'appello, aveva esibita documentazione attestante la custodia esclusiva del cantiere da parte dell’impresa che si era impegnata altresì a non proseguire i lavori fino a quando non avesse esibito tutta la documentazione necessaria ad attestare la messa in sicurezza del cantiere medesimo per cui avevano ritenuto verosimile che i lavori fossero proseguiti all'insaputa del coordinatore per la sicurezza. Se l’appaltatore si era affermato custode esclusivo del cantiere obbligandosi a mantenerne sospesa ogni attività almeno in attesa della piena messa in sicurezza dello stesso, ha quindi sostenuto la Sez. IV,  restavano da chiarire le ragioni per le quali il rappresentante legale dell'impresa committente doveva essere considerato colpevole di essere venuto meno ai propri doveri di garante a differenza del coordinatore per la sicurezza, chiarimenti che secondo la Sez. IV la Corte territoriale non aveva comunque fornito nell’esprimere le motivazioni nella propria sentenza.
 
Alla luce di quanto sopra detto quindi nonché a causa della carenza motivazionale che aveva reso palesemente illogica e contraddittoria l'affermazione di colpevolezza espressa nei confronti del committente, la Corte di Cassazione ha pertanto annullata la sentenza impugnata emanata dalla Corte di Appello disponendo il rinvio degli atti alla stessa per una nuova valutazione sul punto.
 
 
 
 
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Rispondi Autore: Carlo Paladini - likes: 0
07/04/2014 (14:41:08)
E' necessaria una premessa: il CSE è molto spesso nominato dal Committente o dall'Impresa/Committente; questo aspetto è contraddittorio in relazione a scelte anche rilevanti da prendere in cantiere! Il CSE dovrebbe essere nominato da un ente terzo, esterno alle logiche economiche del cantiere.
Nello specifico,non piacendomi l'idea delle dimissioni,opterei per una telefonata al Comando dei Carabinieri per far sospendere temporaneamente i lavori, cordiali saluti

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