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MACCHINE E MARCATURA CE

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Attrezzature e macchine

11/11/2005

La prima parte dell’approfondimento “Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali”. Resta pienamente in vigore il D.p.r. 547/55 anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 459/96. di Rolando Dubini.

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Comincia oggi la pubblicazione a puntate dell’approfondimento di Rolando Dubini, di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano, sui “Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali”, contributo che si inserisce nel dibattito sulla validità del D.p.r. 547/55 anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 459/96 (vedere i numeri 1357, 1347 e 1359 di PuntoSicuro).

 

Il documento integrale con le sentenze allegate è disponibile per gli abbonati alla banca dati di PuntoSicuro in fondo all’articolo.

 

Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali

 

D.p.r. n. 547/1955, D. Lgs. n. 459/96, artt. 6 c. 2 del D.Lgs. n. 626/94 e 7 comma 1 del D.p.r. n. 547/55. Resta pienamente in vigore il D.p.r. 547/55 anche dopo l'entrata in vigore del D. Lgs. n. 459/96 (art. 7 D.p.r. n. 547/55 compreso).

di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano

 

PARTE PRIMA

1. dell'ordinamento giuridico e rapporti tra D.p.r. n. 547/55 e D. Lgs. n. 626/94.

Si definiscono fonti normative gli atti e i fatti mediante cui vengono poste e prodotte le norme giuridiche.

La fonte è lo strumento tecnico predisposto o riconosciuto dall’ordinamento che serve a produrre il diritto oggettivo e per questo le fonti in esame vengono definite fonti di produzione.

Il processo di produzione del diritto è costituito da quattro elementi fondamentali:

1. una autorità normativa: il soggetto investito del potere, o della competenza, per creare diritto (es., l’organo legislativo);

2. un atto normativo, ovvero un atto produttivo di norme. Gli atti normativi sono atti linguistici di contenuto prescrittivo (comandano, vietano, autorizzano) e ciò fanno anche quando abrogano comandi, divieti ed autorizzazioni precedenti. In effetti produrre norme significa, empiricamente, emanare una pluralità di atti linguistici di contenuto prescrittivo, attraverso non un singolo atto quanto piuttosto e più spesso attraverso un procedimento, una sequenza di atti e comportamenti;

3. un testo o un documento normativo, ossia il prodotto del procedimento normativo (es., una legge);

4. il contenuto di significato del documento normativo, quale risulta dall’interpretazione.

 

Struttura gerarchica (a gradi) dell'ordinamento giuridico

In via generale le fonti (normative) sono i tipi di atti con i quali vengono introdotte nell'ordinamento giuridico le norme che disciplinano i rapporti tra i consociati.

Per quanto attiene il campo della sicurezza e igiene del lavoro, vengono in considerazione:

- fonti di origine internazionale (ad esempio Convenzioni e Raccomandazioni dell'O.I.L. -I.L.O. - Organizzazione Internazionale del Lavoro ecc.);

- fonti di origine comunitaria (Regolamenti, Decisioni, Direttive ecc.);

- fonti di origine statale (leggi ordinarie, decreti ecc.);

- fonti di orgine regionale e provinciale (leggi regionali e provinciali ecc.);

- fonti di orgine negoziale (contratti collettivi nazionali di lavoro, ecc.).

Il sistema giuridico italiano è costituito in forma piramidale, gerarchica, ovvero è contraddistinto da una gerarchia delle fonti, in forza delle quali alcune norme prevalgono su altre, mentre altre sono subordinate, nella loro efficacie e/o nel loro contenuto a norme di grado superiore (sovraordinate): questo significa che dal punto di vista della loro efficacia o forza giuridica (ovvero della capacità di innovare le norme preesistenti o di resistere a norme successive) esiste una precisa gerarchia delle fonti, una vera e propria scala (o piramide) gerarchica che prevede la subordinazione delle norme di grado inferiore nei confronti delle norme di grado superiore, e la sovraordinazione delle norme di grado superiore rispetto alle norme di grado inferiore.

 

Una norma giuridica (detta anche, genericamente, legge) ha vigore, ha forza, in quanto un'altra di grado superiore ne abbia definito il campo d'azione.

 La varietà, e la molteplicità, delle fonti richiede l'utilizzo di un criterio per il loro coordinamento in sistema.

I criteri comunemente adottati sono:

1. quello gerarchico, che consiste nell’ordinare e coordinare le fonti secondo la diversa efficacia (o forza) loro attribuita dall’ordinamento;

2. quello cronologico e quello della separazione delle competenze.

In base all’ordinamento gerarchico le fonti vengono collocate su questa immaginaria scala in base alla loro forza (per forza attiva si intende la capacità di introdurre nuove norme mentre per forza passiva si intende la capacità di resistere all’abrogazione).

Fonti primarie

La Costituzione è la fonte (superprimaria) della validità dell'intero ordinamento e quindi della legge ordinaria, e la legge ordinaria è la fonte del regolamento.

 

La Costituzione e le leggi costituzionali (equiparate alla Costituzione dall'art. 138 della stessa) rappresentano la massima capacità attiva, innovativa e passiva, di resistenza: infatti la Costituzione e le leggi costituzionali sono poste in posizione di supremazia rispetto a tutte le altre norme giuridiche dell'ordinamento italiano.

 

Fonti primarie

Dopo le leggi costituzionali, che rappresentano le fonti superprimarie dell'ordinamento, abbiamo le  norme primarie: leggi ordinarie (L.), i c.d. atti normativi del Governo aventi forza di legge quali i decreti legge (D.L., cfr. art. 77 Cost. ), e i decreti delegati (Decreto Legislativo, cfr. art. 76 Cost., ovvero D. Lgs. o D. Lvo e i Decreti del Presidente della Repubblica o D.p.r.), il referendum abrogativo e nell'ambito delle proprie competenze le leggi regionali (L.R.) e delle provincie autonome di Trento e di Bolzano.

Delle fonti atti non statali fanno dunque parte le leggi regionali, i regolamenti regionali e le leggi provinciali. A differenza della legge statale (che è un atto complesso) la legge regionale è un atto semplice essendo espressione della volontà di un solo organo legislativo.

La legge regionale è subordinata alla Costituzione (si veda in particolare l'art. 117 Cost.) sia nel suo contenuto sia nel rispetto dei limiti posti dalla Costituzione all’esercizio della potestà legislativa regionale.

Da notare la riserva di legge in materia penale, di cui all'art. 25 della Costituzione, ai sensi della quale nessuno può essere punito se non in forza di legge (ordinaria, o provvedimento equivalente, come il D. Lgs., il Dpr o il D.L.) entrata in vigore prima del fatto commesso.

 

Fonti secondarie

Tra le fonti secondarie, che sono applicative delle fonti primarie e che da esse traggono efficacia e validità, abbiamo: i decreti ministeriali (D.M., che non possono contrastare con la Costituzione e derogare alle leggi ordinarie) e del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.), i regolamenti esecutivi, le norme tecniche nazionali e internazionali, le circolari (che sono tuttavia, in genere, solo interpretazioni qualificate di norme vigenti, che giuridicamente vincolano solo gli appartenenti all'amministrazione che lle ha emanate, ma non i giudici, soggetti solo alla legge), i contratti collettivi nazionali di lavoro ecc.

 

Oltre al principio gerarchico qui descritto, vige nell'ordinamento giuridico anche il principio della riserva della fonte competente, in forza della quale determinate materie vengono circoscritte per territorio o per oggetto ad un certo tipo di fonte: e quindi la fonte competente prevale e si impone alla fonte incompetente (ad esempio la legge regionale non può imporre sanzioni penali, che sono riservate in via esclusiva dalla Costituzione alla legge statale).

Ad esempio nella materia penale vige il principo assoluto della riserva di legge (art. 25 comma 2 Cost.), in forza del quale "nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso".

Nella gerarchia delle fonti hanno efficacia formale e sostanziale subordinata a quella delle leggi i regolamenti governativi e di altre autorità. La potestà del Governo di emanare i regolamenti è prevista dalla legge n. 400 del 1988 che disciplina l’attività di Governo e l’ordinamento della Presidenza del consiglio. I regolamenti si dividono in governativi (emanati dal Governo), ministeriali (emanati da singoli ministri) e interministeriali (emanati da più ministri).

 I regolamenti incontrano limiti specifici contenuti in altrettante riserve di legge espressamente previste nella Costituzione: si ha una riserva di legge quando una norma costituzionale riserva alla legge la disciplina di una determinata materia escludendo pertanto che essa possa essere fatta oggetto del potere regolamentare del Governo

 

A seconda del contenuto e dell'oggetto i regolamenti si distinguono in:

- regolamenti di esecuzione, adottati per regolare le modalità di esecuzione di una legge senza introdurre novità giuridiche sostanziali e senza creare nuovi diritti, obblighi o doveri a carico dei cittadini;

- regolamenti di attuazione e integrazione, adottati per integrare o attuare i principi contenuti all'interno di una legge o di un decreto legislativo, sempre che si tratti di materie non coperte da una riserva di legge assoluta;

- regolamenti indipendenti, con cui il Governo detta norme nei più svariati settori di interesse pubblico al di là di quanto già previsto dalle legge, determinando spesso nuovi diritti e doveri dei cittadini. Vengono disciplinate infatti materie non già regolate da leggi o atti aventi forza di legge, sempre che non siano coperte da riserva di legge;

- regolamenti delegati, finalizzati a permettere un processo di delegificazione; questi regolamenti emanati su delega del Parlamento al Governo disciplinano ex novo una materia precedentemente disciplinata da norma primaria abrogandola per espressa previsione contenuta nella legge di delega (norma primaria). Quindi in realtà l'abrogazione e la delegificazione si verificano per effetto del regolamento ma sono predisposte dalla legge di delega.

I regolamenti vengono emanati con D.P.R. ovvero con Decreto del Presidente della Repubblica e sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

Fino al 1988 i decreti legislativi hanno assunto la forma del Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.). Siccome la stessa forma era assunta anche dai regolamenti, da norme emanate dall'esecutivo, cioè, ma dotate di forza secondaria, era impossibile capire, leggendo la sola intestazione di una norma, se si trattava di una norma con forza primaria o con forza secondaria.

Per porre fine a questo stato di incertezza la legge 23 agosto 1988 n. 400 ha disposto che le norme emanate dal Governo su delega del Parlamento prendano il nome di "decreto legislativo".

Prima di questa legge, però, sono stati emanati numerosi ed importanti decreti legislativi, indicati allora anche con l'espressione decreti delegati, entrati in vigore come D.P.R.

 

Occorre qui notare che mentre il D.p.r. n. 547/1955 è un decreto legislativo vero e proprio, nella forma del D.p.r. (o regolamento delegato, emanato in base a specifica legge delega del parlamento, in quanto incide su una sfera del diritto coperta dalla riserva di legge assoluta, prevedendo sanzioni penali), il D.p.r. n. 459/96 non è un decreto legislativo, non è stato emanato a seguito di legge delega del parlamento, è un regolamento di attuazione (come recita il titolo dello stesso) che da attuazione ad una direttiva, ma, essendo atto governativo, non può incidere sulla materia penale, essendo la stessa coperta dalla riserva di legge assoluta prevista dalla costituzione (la norma costituzionale prevede la riserva assoluta di legge proprio per sottrarre al governo, all'esecutivo, la facoltà di emanare norme aventi rilevanza penale, se non dopo delega parlamentare: concedere al governo la facoltà di abrogare norme sanzionate penalmente con regolamenti di attuazione, ad esempio, vanificherebbe totalmente la potestà penale del Parlamento, ed è per questo in contrasto con la costituzione).

Dunque il D.p.r. n. 547/1955 può essere modificato solo da norma di pari grado gerarchico, non da una norma di grado inferiore e che non copre la riserva di legge assoluta in materia penale di cui all'art. 25 Cost., come è nel caso del D. Lgs. n. 494/96.

 

Fine della prima parte. Le restanti parti del documento saranno pubblicate prossimamente.

 

Rapporti tra norme di grado diverso, e tra norme speciali e norme generali.

 

“Sulle prassi amministrative illegittime” (Cassazione penale, sez. III, sentenza n. 851 del 22 gennaio 1999)

 

“La disciplina prevista dal D.P.R. n.459/1996 non ha abrogato gli artt. 55, 68, 69 e 75 del D.P.R. n.547/1955” (Cassazione Penale Sez.III – sentenza 08.07.2002 n.25953 e Cassazione penale sez. III - Sentenza 4 febbraio 2003, n. 5167)

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