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Imparare dagli errori: il rischio investimento in ambito portuale

Imparare dagli errori: il rischio investimento in ambito portuale
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Attrezzature e macchine

19/05/2022

Esempi di infortuni professionali in ambito portuale. Focus sul rischio di investimento con riferimento al rizzaggio di un semirimorchio e alle attività nel terminal container retroportuale. Le dinamiche degli infortuni e la prevenzione.

Brescia, 19 Mag – Come ricordato nei nostri articoli e nella rubrica “ Imparare dagli errori”, il lavoro portuale presenta un’incidenza infortunistica molto elevata e la più diffusa modalità di infortunio in ambiente portuale riguarda gli investimenti che avvengono nell’interazione mezzo/attrezzatura/lavoratore.

 

La scheda Problematiche di sicurezza e dinamiche infortunistiche in ambito portuale”, pubblicata da INFOR.MO. e in cui sono analizzati i casi di infortunio disponibili nell’archivio del Sistema di sorveglianza degli infortuni mortali sul lavoro, si indica che tra i fattori causali più ricorrenti “risultano le modalità operative (70,5%) sia dell’infortunato che si trova nel raggio di azione del mezzo che lo investe che del lavoratore alla guida del mezzo; in entrambi i casi, si rimanda a errori di procedura, collegati al posizionamento dell’infortunato rispetto ai mezzi/attrezzature incluso l’attraversamento delle aree di lavoro, e/o errori nella conduzione dei mezzi e delle attrezzature di movimentazione da parte degli operatori alla guida. In quasi la metà dei casi risultano fattori non/o insufficientemente valutati nella valutazione dei rischi (47%). Tra i fattori causali seguono poi le criticità dei mezzi di trasporto e sollevamento (15,9%) e dell’organizzazione degli ambienti di lavoro quale la viabilità (6,8%)”.

 

Inoltre “in più della metà dei casi (52,7%) si registrano, insieme alle problematiche collegate alle modalità lavorative degli operatori, altri fattori di rischio quali i mezzi/attrezzature che presentano problemi di visibilità o di funzionamento, la viabilità non correttamente organizzata e, in maniera inferiore, gli indumenti ad alta visibilità che risultano non forniti o non utilizzati”.

 

Per parlare del rischio investimento in ambito portuale riprendiamo il viaggio della rubrica “ Imparare dagli errori” attraverso tre racconti di infortuni raccolti nel documento Inail “ Gli infortuni dei lavoratori del mare” tratti, anche in questo caso, dagli archivi del sistema di sorveglianza degli infortuni mortali sul lavoro.

 

Questi gli argomenti trattati:


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Interventi in Stiva Nave - Categoria: Procedure Ambienti Confinati

 

Esempi di infortuni e investimenti che avvengono in ambito portuale

Nel primo caso il lavoratore fa parte di una squadra, chiamata in fornitura di lavoro temporaneo da un’impresa di operazioni e servizi portuali, che opera all’imbarco di semirimorchi su una nave traghetto (passeggeri e merci); la squadra deve eseguire a bordo il rizzaggio (vincolo alle strutture fisse del garage della nave con catene e tornichetti) di semirimorchi e altri veicoli commerciali.

Verso la fine dell’imbarco un semirimorchio è posizionato nel garage, in un tratto in leggera (ma non facilmente apprezzabile) pendenza, tramite una motrice a ralla portuale condotta da un addetto dell’impresa portuale; con la motrice ancora collegata è stato posto sotto il semirimorchio da personale marittimo il cavalletto di stazionamento (che serve a sostenere il semirimorchio quando sganciato dalla motrice). Il lavoratore si trova dietro tale semirimorchio, ed ha già agganciato una delle due rizze posteriori dello stesso, quando il marittimo che collabora alle operazioni autorizza l’autista del mezzo allo svincolo del semirimorchio dalla motrice. Immediatamente dopo lo sgancio di questa, il semirimorchio indietreggia improvvisamente schiacciando l’infortunato contro un autoarticolato già rizzato, posto dietro di esso.

Dalle indagini “è emerso che:

  • prima dello sgancio della motrice era stato posizionato dal marittimo solo uno dei due elementi accessori di fermo delle ruote (due cunei contrapposti posti sullo stesso treno di ruote), in particolare quello che non impediva l’arretramento del mezzo nel senso della pendenza;
  • il semirimorchio era stato trainato dalla motrice nel garage senza essere collegato all’impianto frenante della stessa e dopo essere stato ‘sfrenato’ (cioè reso libero nella rotazione delle ruote con l’azionamento di una valvola manuale) sul piazzale prospiciente la rampa da altro addetto della squadra”. Si indica poi che l’impianto frenante del semirimorchio “funziona nel modo seguente: quando l’impianto pneumatico della motrice viene scollegato da esso, interviene un sistema di arresto automatico che frena il semirimorchio e ne impedisce la movimentazione. Esiste però una valvola manuale, posizionata su un lato del semirimorchio, che permette di aggirare tale sistema di arresto automatico consentendo quindi la rotazione delle ruote;
  • la trazione esercitata dalla rizza, già predisposta dal lavoratore sul mezzo ancora non immobilizzato, al momento dello sgancio della motrice ha dato la spinta al movimento all’indietro del semirimorchio (non bloccato né da freni né da cunei). La pratica di applicare una rizza prima dello svincolo del semirimorchio dalla motrice è prassi scorretta in quanto pericolosa per la posizione del lavoratore dietro un mezzo in movimento
  • non c’era chiarezza su chi dovesse svolgere e coordinare le varie operazioni elementari e possono esserci stati fraintendimenti tra il personale impegnato nell’operazione (autista dell’impresa portuale, rizzatori dell’impresa di fornitura di lavoro temporaneo e marittimi di bordo)”.

 

Nel secondo caso l’infortunato si trova in banchina portuale per verificare della merce quando è stato investito e travolto da una ralla con semirimorchio che procede in retromarcia.

 

Dagli accertamenti è emerso che:

  • “l’infortunato, libero professionista, è entrato nel terminal senza avvisare il personale
  • non era previsto un preposto con funzioni di segnalatore per i movimenti dei mezzi a terra
  • non erano state predisposte idonee regole di circolazione e adeguata segnaletica
  • dal posto di manovra del mezzo la visibilità non risultava sufficiente per la visione dei pedoni
  • l’autocarro non era provvisto di ‘cicalino’ di retromarcia”.

 

Infine nel terzo caso l’infortunato è investito da un carrello elevatore durante la manovra di retromarcia, all’interno di un terminal container retroportuale.

 

Dagli accertamenti effettuati è emerso “che i percorsi pedonali, ubicati sul perimetro del piazzale, risultavano ostruiti da materiali vari in stoccaggio, per cui risultavano inaccessibili al transito degli operatori che risultavano pertanto costretti a transitare nelle aree operative. Da una verifica eseguita sul carrello elevatore è inoltre emerso che la visibilità dal posto di guida e l’udibilità del segnale acustico di retromarcia non risultavano conformi a quanto prescritto dalla Direttiva macchine”.

 

Spunti per la prevenzione: il rischio di investimento

Per avere qualche suggerimento per la prevenzione del rischio di investimento nei porti possiamo fare riferimento alla già citata, in apertura di articolo, scheda Problematiche di sicurezza e dinamiche infortunistiche in ambito portuale”, curata da M. Pellicci, B. Malorgio, A. Guglielmi, E. Lo Scrudato, R. Piergili e M. Presto.

 

La scheda segnala che tra le misure per la “prevenzione del rischio di investimento nei diversi spazi di un’area portuale è importante la pianificazione della viabilità attraverso:

  • sistemi di controllo ai varchi per l’accesso solo a personale autorizzato;
  • delimitazione e divieto di accesso alle aree operative al personale non autorizzato;
  • gestione del traffico anche tramite individuazione di una figura a ciò preposta;
  • segnaletica che indichi la viabilità in entrata e in uscita, il limite di velocità, le aree di sosta di veicoli e mezzi e/o lo stoccaggio temporaneo di merci in attesa di imbarco o successivamente allo sbarco;
  • segnaletica che individua le aree occupate dai mezzi di sollevamento con le relative aree di rispetto, e dalle tramogge;
  • definizione, per quanto possibile, di percorsi separati per persone e/o mezzi anche attraverso delimitazioni di tipo modulare amovibili all’interno dell’area operativa, regole di circolazione;
  • organizzazione del lavoro in banchina al fine di definire spazi adeguati di manovra tra camion e carrelli elevatori;
  • organizzazione dell’emergenza e procedure, individuazione di corsia dedicata di ingresso e uscita per i mezzi di soccorso e/o autopompe V.V.F.F.;
  • procedure di ispezione preliminare dei luoghi di lavoro per la verifica della rispondenza dei luoghi a quanto pianificato e riportato sulle planimetrie e procedure di controllo del limite di velocità”.

Inoltre altre misure “sono rappresentate da:

  • progettazione e periodica manutenzione delle superfici (resistenza ai carichi pesanti, prive di crepe, fori, buche, uniformi, antiscivolo, ecc.);
  • operazioni eseguite sulla banchina per l’inserimento dei twistlocks devono essere condotte in accordo con un sistema di sicurezza per proteggere i lavoratori;
  • manutenzione dei mezzi ed attrezzature di movimentazione/ sollevamento inclusi i sistemi per migliorare la visibilità in manovra;
  • fornitura e controllo d’utilizzo dei DPI (elmetto, vestiario ad alta visibilità, scarpe antinfortunistiche);
  • adeguata illuminazione in funzione delle aree di lavoro;
  • definizione di procedure di lavoro che tengano conto del rischio interferenziale in situazione di interazione tra mezzi e personale a piedi e trasferimento tramite formazione/informazione adeguata e sufficiente;
  • regole di circolazione e di sito per l’informazione di autisti di camion e appaltatori;
  • ecc.”.

 

Rimandiamo, in definitiva, alla lettura integrale della scheda che, per quanto riguardo l’ ambito portuale, si sofferma anche sulle misure connesse alla caduta dall’alto dei lavoratori e alla caduta dall’alto di gravi.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, “ Gli infortuni dei lavoratori del mare”, a cura di Antonio Leva, Diego De Merich, Mauro Pellicci, Daniele De Santis, Giulia Forte, Claudio Scarici, Rita Vallerotonda, Giuseppe Campo (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale) e Alessandro Di Francesco (Inail - Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici) - edizione 2018 (formato PDF, 1.19 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Sicurezza e infortuni dei lavoratori del mare”.

 


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