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Il nuovo decreto legislativo “Testo Unico” sulla sicurezza sul lavoro

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Approfondimento

07/04/2008

Prime considerazioni sul decreto legislativo che riforma le principali norme vigenti sulla sicurezza sul lavoro, dal DPR 547/55 al D. Lgs. 626/94 fino al D. Lgs. 494/96 sostituendole con un nuovo “codice”. A cura di Rolando Dubini.

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A cura di Rolando Dubini.
 
Il Consiglio dei Ministri nella seduta del 1° aprile 2008 ha approvato il decreto legislativo c.d. “Testo Unico” di sicurezza e salute durante il lavoro (DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) che coordina, riordina e riforma tutte le principali norme vigenti (decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956 n. 164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187; gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123) sostituendole con un nuovo “codice” unico di 306 articoli e 51 allegati.
 
Si tratta di un provvedimento avanzato, complessivamente positivo e innovativo, che in buona misura migliora e unifica la normativa vigente, consentendo, laddove rettamente ed effettivamente applicato (e questa è la circostanza più difficile da garantire) significativi miglioramenti delle condizioni di lavoro e di esposizione al rischio lavorativo. Non è un testo perfetto, e privo di difetti, se mai ve ne è stato uno di questo tipo, ma è comunque un importante passo in avanti verso una più avanzata civiltà del lavoro, dell'organizzazione e della gestione della sicurezza nelle aziende e negli enti, per dare piena attuazione all'articolo 32 della Costituzione repubblicana che riconosce nella salute un diritto fondamentale di ogni individuo e un interesse preminente della comunità.
 
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Qui di seguito riproduciamo la relazione illustrativa del provvedimento, che sintetizza alcuni degli innumerevoli elementi di innovazione e miglioramento. In attuazione della delega di cui all'articolo 1 della legge n. 123/2007.
 
Si tratta di un testo legislativo atteso da trent'anni, dai tempi della legge di riforma sanitaria L. 833/1978, e che solo ora è giunto ad un epilogo soddisfacente, con un merito di cui occorre onestamente dar atto a questo governo. Di questo da dato atto in primo luogo alle vittime sacrificali del troppo lavoro insicuro presente in Italia, che non possiamo non ricordare qui, i 1346 morti sul lavoro e i circa 27.000 mutilati che hanno subito il costo umano inaccettabile della mancata sicurezza, i duecento morti all'anno per malattie professionali, nonché i morti della ThyssenKrupp Antonio Schiavone, 36 anni, Roberto Scola, 23 anni, Angelo Laurino, 43 anni, Bruno Santino, 26 anni, Rocco Marzo, 54 anni, Rosario Rodin, 26 anni, Giuseppe Demasi, 26 anni, e i morti di Molfetta, dentro l'autocisterna di proprietà Fs Logistica, società del gruppo Ferrovie dello Stato Guglielmo Mangano, 43 anni. Luigi Farinola, 36 anni. Biagio Sciancalepore, 22 anni. Michele Tasca, 20 anni. Vincenzo Altomare, 63 anni.
 
L'imminente entrata in vigore di questo “testo unico”, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, costituisce un'occasione unica per mettere in moto un meccanismo virtuoso che veda concorrere aziende, sindacati, datori di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori, RSPP, consulenti, medici competenti, organi di vigilanza teso al miglioramento continuo dell'organizzazione del lavoro, della gestione partecipata della sicurezza, salute e antincendio sul luogo di lavoro (valutazione dei rischi lavorativi e dei rischi da interferenza, PSC e POS, che siano un effettivo strumento di pianificazione aggiornata e migliorativa, e non un pezzo di carta lasciato nei cassetti ad ammuffire, definizione e corretta attuazione dei compiti funzionali di prevenzione da parte di datori di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori, definizione scritta, partecipata e effettiva attuazione di tutte le numerose procedure gestionali di sicurezza previste dal decreto), ampliamento, o meglio generalizzazione dei controlli sull'effettività ed efficacia delle misure di sicurezza predisposte sulla carta (da parte innanzitutto degli organi di vigilanza delle Asl, dell'ispezione del lavoro, dei vigili del fuoco, dell'Inail e dell'Inps, delle aziende stesse che devono organizzare specifici controlli interni, in mancanza dei quali scatteranno gravissime responsabilità penali, amministrative e pecuniarie, visto il forte aumento delle sanzioni previste dal decreto per i reati più gravi, dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, RLS, che devono essere presenti in tutte le aziende ed elevare la propria qualificazione).
 
Tratto dalle guide di Supereva
 
Il testo del decreto legislativo “Testo Unico” sulla sicurezza sul lavoro presentato alla seduta del consiglio dei ministri del 1° aprile, che lo ha approvato.
 
A breve saranno disponibili i 51 allegati.

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Relazione illustrativa allo schema di decreto attuativo della delega di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 123
 
Parte prima
 
La normativa in materia di sicurezza è il risultato di una stratificazione di norme, molte delle quali di derivazione comunitaria, emanate nell’arco di quasi sessanta anni.
 
Il Governo, nella consapevolezza della assoluta priorità della materia della sicurezza, ha perseguito con convinzione l’obiettivo di procedere al riassetto ed alla riforma delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. A tale scopo, la legge delega 3 agosto 2007, n. 123, ha previsto, non solo un’operazione di riorganizzazione della normativa di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro bensì anche la rivisitazione della medesima materia attraverso l’armonizzazione di tutte le leggi vigenti in una logica unitaria ed innovativa e nel pieno rispetto delle previsioni dell’art. 117 della Costituzione, il cui terzo comma attribuisce alla competenza ripartita di Stato e Regioni la materia della tutela e sicurezza del lavoro.
 
Il presente decreto legislativo è stato elaborato nel pieno rispetto della filosofia delle direttive comunitarie in materia e del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il quale – come noto – trova i suoi capisaldi nella programmazione della sicurezza in azienda, da realizzare tramite la partecipazione di tutti i soggetti delle comunità di lavoro. Il decreto è stato predisposto all’esito di un serrato e costante confronto con le Regioni, gli enti competenti in materia e le parti sociali e tenendo conto di ogni altra segnalazione, proveniente da organizzazioni ed associazioni con competenze in materia, comunque pervenuta ai Ministeri competenti – di iniziativa congiunta dei Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute e secondo una tecnica legislativa largamente ispirata alla matrice europea (direttive CE) ed internazionale (Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro).
 
Il decreto, attuativo della delega di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 123, si compone di XIII Titoli e di LII Allegati (compresi gli allegati 3A e 3B).
 
Il Titolo I (“Disposizioni generali”) del “Testo Unico” esprime la logica dell’intervento legislativo contenendo le disposizioni generali necessariamente da applicare a tutte le imprese destinatarie delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Esso contiene le principali novità rispetto a quanto richiesto dai criteri di delega di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 123, in particolare con riguardo all’ampliamento del campo di applicazione della normativa di salute e sicurezza sul lavoro, all’azione pubblica e alla rappresentanza sui luoghi di lavoro e di cui sopra.
 
Innanzitutto, sulla falsariga di quanto è previsto nella Direttiva “quadro” n. 89/391/CEE, e a differenza del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, si è ritenuto opportuno introdurre un articolo di portata generale ed esplicativa diretto a precisare la finalità del provvedimento.
 
Pertanto, esso si apre, all’articolo 1, con l’indicazione dello scopo dello schema decreto, individuato nel riordino della normativa vigente in materia di salute e sicurezza in un unico testo normativo. Scopo, come rimarcato sempre dall’articolo 1, da realizzare assicurando l’applicazione sull’intero territorio nazionale della disciplina dei diritti e degli obblighi di datori di lavoro e lavoratori nel rispetto dell’assetto delle competenze tra Stato e Regioni e delle normative comunitarie ed internazionali in materia.
 
L’articolo 2 reca le “definizioni”, in buona parte corrispondenti a quelle di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Tra le definizioni aggiunte rispetto al passato, si segnalano quelle di “dirigente” e “preposto”, figure centrali per la gestione della sicurezza negli ambienti di lavoro, i cui elementi distintivi sono stati tratti dalla giurisprudenza in materia, quella di “salute”, corrispondente alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, quelle di “norma tecnica” nonché di “buone prassi” e di “responsabilità sociale delle imprese”, questi ultimi considerati dall’articolo 1, comma 2, lettera l, come elementi fondamentali per “orientare i comportamenti dei datori di lavoro” e migliorare i “livelli di tutela definiti legislativamente”.
 
L’articolo 3, individua il campo di applicazione delle norme di salute e sicurezza sul lavoro. Al riguardo, si rimarca come il comma 5 ribadisca che principale obbligato nel contratto di somministrazione è l’impresa utilizzatrice (principio già espresso nel decreto legislativo n. 276 del 2003), salvo l’obbligo per il somministratore di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici connessi allo svolgimento dei compiti per i quali è assunto; eguale logica è stata seguita con riferimento al distacco (comma 6).
 
In piena coerenza con il principio di effettività della tutela di cui nella parte introduttiva della presente relazione, i lavoratori a progetto beneficiano delle stesse tutele di ogni altro lavoratore ove inseriti nei luoghi di lavoro del committente (così come già previsto nel decreto legislativo n. 276 del 2003), mentre restano esclusi, in ragione delle modalità e della saltuarietà delle relative prestazioni, dalle medesime unicamente coloro che esplichino “piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati ed ai disabili” (commi 7 ed 8).
 
Il successivo comma 9 riprende le previsioni già contenute all’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, disponendo che nei confronti dei lavoratori a domicilio e di coloro ai quali si applichi il contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovino applicazione gli obblighi di informazione e formazione e quelli relativi alle attrezzature di lavoro; tuttavia, nei confronti dei medesimi il secondo periodo del comma in commento introduce – quale misura di maggiore tutela – l’obbligo di fornitura di dispositivi di protezione individuali (DPI)
 
Il comma 10 disciplina i rapporti svolti a distanza mediante collegamento informatico o telematico, ai quali si applicherà comunque – indipendentemente dall’ambito (aziendale o non) nel quale è svolta l’attività di lavoro – l’insieme di previsioni in materia di videoterminali ove si tratti di lavoratori subordinati. Inoltre, il comma in parola ribadisce l’obbligo, qualora il datore fornisca attrezzature di lavoro ai “telelavoratori, di effettuarle in conformità alle regole di cui allo schema di decreto e recepisce in legge alcuni dei contenuti dell’accordo europeo in materia.
 
Il successivo comma 11, prevede, analogamente a quanto oggi previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, che nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 c.c. si applichino le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26, mentre il comma 12 diversifica, da quella dei prestatori d’opera, la tutela dei componenti dell’impresa familiare (art. 230-bis c.c.), dei piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.) e dei soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, ai quali si applicano unicamente le disposizioni di cui all’articolo 21.
 
L’articolo 4 introduce, in assenza di una corrispondente autonoma previsione nel decreto 19 settembre 1994, n. 626, la regolamentazione del computo dei lavoratori, ove rilevante a fini di sicurezza, come, ad esempio, con riferimento alla soglia al di sotto della quale è consentito al datore di lavoro lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (articolo 33) o a quella che consente l’utilizzo delle procedure standardizzate per la valutazione del rischio (articolo 28). Al riguardo– anche in attuazione del criterio di delega di cui alla lettera b) dell’art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 2007, n. 123, che impone di considerare la “peculiarità” dei settori di attività delle piccole e medie imprese – si è ritenuto di diversificare parte della previgente disciplina sul presupposto che l’organizzazione del lavoro e le necessità delle aziende meno grandi non possono avere eguali caratteristiche rispetto alle aziende a più ampio organico. In pratica, per la realizzazione dell’obiettivo di diversificazione di cui sopra, si è ritenuto opportuno non computare – o computare solo in parte, tenendo conto della loro effettiva presenza sui luoghi di lavoro – i lavoratori non stabilmente inseriti nella organizzazione aziendale.
 
In piena coerenza con quanto richiesto dall’articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 3 agosto 2007, n. 123, l’articolo 5 dello schema di decreto prevede l’istituzione di un Comitato, presso il Ministero della Salute, con compiti di indirizzo e valutazione delle politiche e delle attività di vigilanza di Stato e Regioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In tal modo si intende eliminare le sovrapposizioni delle rispettive attività al fine di raggiungere una maggiore efficienza dell’azione pubblica.
 
Al successivo articolo 6, si è provveduto a rivisitare composizione e compiti della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, secondo uno schema tendenzialmente tripartito, la quale diviene sede di confronto tra Amministrazioni e parti sociali su temi di fondamentale rilevanza, indicati al comma 8.
 
Sempre al fine di perseguire un miglioramento del coordinamento dei rispettivi interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’articolo 7 prevede che in ogni regione e provincia autonoma operi un Comitato regionale di coordinamento, costituito e regolato secondo quanto nel D.P.C.M. 21 dicembre 2007, il quale “ridisegna”, in una logica sinergica e partecipativa, i compiti e le regole di funzionamento del comitato di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
 
L’articolo 8 introduce una rilevante novità laddove prevede che i dati sugli infortuni e, comunque, relativi ad ogni attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro, confluiscano in un unico e condiviso sistema informativo nazionale (SINP), al quale – come previsto all’articolo 1, comma 2, lettera o, della legge 3 agosto 2007, n. 123 – possono accedere anche le parti sociali.
 
L’articolo 9 definisce compiutamente le competenze in materia di salute e sicurezza di INAIL, IPSEMA ed ISPESL, inquadrandole in un’ottica di sistema.
 
L’articolo 10 riprende, con modifiche di dettaglio, il contenuto dell’articolo 24 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di informazione e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
 
L’articolo 11 individua una serie di attività di sostegno alle imprese nella effettiva applicazione degli obblighi di legge e di diffusione della cultura della salute e sicurezza. In particolare, il comma 1 prevede finanziamenti a favore delle piccole e medie imprese, anche con riferimento a progetti formativi, mentre il comma 4 dispone che la materia venga portata nell’ambito dell’”attività scolastica ed universitaria” con il chiaro obiettivo di favorire, nei futuri lavoratori, la consapevolezza dell’esistenza del problema infortunistico. Inoltre, il comma 6, attribuisce alle Amministrazioni pubbliche, nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, la promozione di attività formative destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici.
 
L’articolo 12, in attuazione del criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera v, della legge 3 agosto 2007, n. 123, disciplina la possibilità di inoltrare alla apposita Commissione interpelli inerenti quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la cui risposta vincola gli organi di vigilanza (comma 3).
 
L’articolo 13, che trova la sua corrispondenza nell’articolo 23 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n., 626, opera una precisa ricognizione delle competenze in materia di vigilanza ribadendo, al comma 5, il principio in base al quale il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non possa prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza.
 
L’articolo 14 riprende il testo dell’articolo 5 della legge 3 agosto 2007, n. 123, con modifiche di dettaglio, tra le quali si segnala l’identificazione della somma aggiuntiva, nella ipotesi di revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, in misura fissa, pari a euro 2.500. Inoltre, a fini dissuasivi di comportamenti elusivi da parte dell’imprenditore la cui attività sia stata sospesa, il comma 10 prevede l’arresto fino ad un anno per il datore di lavoro che, non ottemperi al provvedimento di sospensione, prosegua nella sua attività.
 
L’articolo 15 ripropone le misure generali di tutela di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, con qualche modifica quale la previsione della “informazione e formazione adeguate per i dirigenti e i preposti”, ribadendo, al comma 2, il generale principio in base al quale le misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro “non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”.
 
L’articolo 16, introduce nell’ordinamento giuridico – recependo gli orientamenti giurisprudenziali consolidati al riguardo – una definizione legale della delega di funzioni da parte del datore di lavoro.
 
A differenza di quanto statuito nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nel presente decreto si è scelto di distinguere in due diversi articoli gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente. In questo senso all’articolo 17, sono stati individuati gli obblighi non delegabili del datore di lavoro, tra i quali è stato inserito quello di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
 
Al successivo articolo 18, che trova specifica corrispondenza nell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono, invece, identificati gli obblighi delegabili al dirigente.
 
Sempre allo scopo di fornire all’interprete un quadro completo delle prerogative dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, l’ articolo 19 individua i compiti del preposto, mentre l’articolo 20 (il cui corrispondente è l’articolo 5 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626) quelli dei lavoratori.
 
L’articolo 21, identifica gli obblighi e le facoltà dei componenti delle imprese familiari, dei piccoli imprenditori e dei lavoratori autonomi, mentre gli articoli 22, 23 e 24 (che trovano tutti corrispondenza nell’articolo 6 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626) disciplinano rispettivamente gli obblighi dei progettisti, dei fabbricanti e dei fornitori e degli installatori.
 
L’articolo 25, rispetto alla previgente disciplina, definisce – potenziandolo – il ruolo del medico competente individuandone gli obblighi. In particolare, il comma 1 prevede l’obbligo di custodia della cartella sanitaria e di rischio e quello di consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell’incarico, della documentazione sanitaria in suo possesso. Medesima documentazione deve essere consegnata al lavoratore in caso di cessazione del rapporto di lavoro presso l’azienda. Al fine di consentire un efficace monitoraggio delle attività dei medici competenti ed, al contempo, di evitare che notizie fondamentali in ordine alla sicurezza dei lavoratori vadano perse, l’articolo in argomento dispone che il medico competente invii, unicamente per via telematica, all’ISPESL, le cartelle sanitarie e di rischio.
 
L’articolo 26, che trova la sua corrispondenza nell’articolo 7 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, individua e puntualizza – in una ottica di potenziamento della solidarietà tra committente ed appaltatore (articolo 1, comma 2, lettera s, n. 1, legge 3 agosto 2007, n. 123), gli obblighi dei datori di lavoro committenti ed appaltatori nei contratti di appalto. In particolare, vengono riprese le previsioni di cui all’articolo 3 della legge 3 agosto 2007, n. 123, relativamente al documento unico di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni (comma 3) ed alla indicazione dei “costi relativi alla sicurezza dal lavoro” (comma 5). I commi 6 e 7 sono stati formulati riprendendo esattamente l’articolo 8 della legge 3 agosto 2007, n. 123 ed il comma 8 l’articolo 3 della medesima legge. Anche nella rinnovata formulazione, è stata confermato, al secondo capoverso del comma 3, il principio fondamentale, in forza del quale il datore di lavoro non può rispondere dei rischi propri della impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo.
 
L’articolo 27 attua il criterio di all’articolo 1, comma 2, lettera m, della legge 3 agosto 2007, n. 123, attribuendo alla Commissione consultiva, di cui all’articolo 6 del presente decreto, il compito di identificare criteri volti alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. Il comma 2 prevede che il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione delle imprese è “elemento vincolante” per la partecipazione a gare, finanziamenti, contributi ed appalti pubblici.
 
Si è scelto di dedicare una specifica Sezione (la n. II) nell’ambito del Titolo I alla regolamentazione della valutazione dei rischi, adempimento di assoluta centralità per garantire l’effettività delle tutele in ogni ambiente di lavoro.
 
L’articolo 28, pertanto, impone, al comma 1, al datore di lavoro di considerare “tutti i rischi” (in tal senso già l’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626) per la salute e sicurezza dei lavoratori, compresi quelli collegati allo stress da lavoro, alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi. Gli esiti di detta valutazione confluiscono nel documento di valutazione dei rischi di cui al comma 2, nel quale è contenuta l’eventuale individuazione delle mansioni che espongono i lavoratori a rischi specifici. Tale ultima previsione si impone in virtù della considerazione che talune lavorazioni particolarmente pericolose non possano essere affrontate se non da prestatori di lavoro esperti e inseriti stabilmente nell’ambiente di lavoro.
 
Il successivo articolo 29 descrive le modalità di effettuazione della valutazione dei rischi identificando, tra l’altro, al comma 5 una procedura transitoria per le aziende che oggi possono autocertificare l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi mentre in seguito, a regime, dovranno utilizzare le specifiche procedure previste. È, altresì, stabilito che le piccole e medie aziende possano avere un ausilio nell’adempimento dell’obbligo in parola dall’utilizzo di procedure standardizzate realizzate per il tramite della commissione consultiva di cui all’articolo 6.
 
L’articolo 30 individua le caratteristiche che i modelli di organizzazione e gestione debbono avere perché l’azienda non incorra nella responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, estesa dall’articolo 9 della legge 3 agosto 2007, n. 123, alla materia della salute e sicurezza sul lavoro. Detti modelli di organizzazione e gestione costituiscono attività finanziabile per le imprese fino a 50 dipendenti (comma 6).
 
La Sezione III del Titolo I regolamenta il servizio di prevenzione e protezione i cui caratteri generali vengono definiti all’articolo 31, corrispondente all’articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Al riguardo, si segnala la novità di cui al comma 7, il quale consente la costituzione di un unico servizio di prevenzione e protezione nelle aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese.
 
L’articolo 32 ripropone, con taluni aggiustamenti, le statuizioni dell’articolo 8-bis del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, richiamando le previsioni dell’accordo in Conferenza Stato-Regioni del 26 gennaio 2006. In particolare, si segnala come l’articolo 32, comma 7, preveda che le competenze acquisite debbano essere registrate nel libretto formativo del cittadino, istituito dall’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il successivo comma 8 disciplina regole di specifico interesse relative all’organizzazione dei servizi di prevenzione e protezione nelle scuole e nelle università.
 
L’articolo 33 ripropone l’articolo 9 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 identificando i compiti del servizio di prevenzione e protezione, mentre il successivo articolo 34, mantiene in capo ai datori di lavoro la facoltà di svolgere “in proprio” i compiti del servizio di prevenzione e protezione però solo dopo aver frequentato appositi corsi di formazione e di aggiornamento.
 
L’articolo 35 corrisponde all’articolo 11 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e disciplina le riunioni periodiche indette dal datore di lavoro.
 
La Sezione IV del Titolo I, dedicata alla “Formazione, informazione e addestramento” si apre con l’articolo 36,, corrispondente all’articolo 21 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Alle previgenti disposizioni si sono aggiunte le importanti statuizioni di cui al comma 4, che prevedono che il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori, consentendo loro di acquisire le relative conoscenze, nonché che ove l’informazione riguardi lavoratori immigrati essa avviene previa verifica della comprensione e della lingua utilizzata nel percorso informativo.
 
Il successivo articolo 37 risponde all’esigenza di potenziare, rispetto alle corrispondenti previsioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 la formazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze, sul presupposto che la medesima costituisca, se correttamente pianificata e realizzata, misura di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
 
Tra le novità dell’articolo in commento, si segnala il riferimento all’addestramento, da effettuarsi a cura di persona esperta e sul luogo di lavoro, al comma 5; alla formazione dei preposti (comma 7), a quella dei lavoratori di cui all’articolo 21, comma 1, del presente decreto ed a quella dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (comma 10). Il comma 13, in piena coerenza rispetto a quanto disposto con riferimento alla informazione, prevede che il contenuto della formazione debba essere facilmente comprensibile per i lavoratori, in modo da consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Se la formazione riguarda lavoratori immigrati deve essere effettuata previa verifica della comprensione e della lingua utilizzata nel percorso formativo. Infine, il comma 14, dispone che la formazione acquisita debba essere registrata nel libretto formativo del cittadino, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
 
La Sezione V del Titolo I è dedicata alla sorveglianza sanitaria e si apre con l’articolo 38, il quale individua i percorsi universitari necessari per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e dispone che per lo svolgimento delle funzioni di medico competente occorre partecipare al programma di educazione continua in medicina (comma 3). Inoltre, il comma 4 prevede che venga istituito un albo dei medici competenti, presso il Ministero della salute.
 
Il successivo articolo 39, inerente lo svolgimento dell’attività di medico competente dispone che il medico competente operi secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH). Il comma 2 riprende il contenuto dell’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, chiarendo come egli possa operare anche come “collaboratore” di una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l’imprenditore. Il comma 3 ribadisce il fondamentale principio della incompatibilità delle funzioni di vigilanza con quelle di medico competente, mentre il comma 6 introduce la novità per cui, nelle aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi di imprese o quando la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
 
L’articolo 40 prevede che il medico competente debba fornire ai servizi competenti per territorio i dati relativi alla sorveglianza sanitaria a lui affidata, trasmessi dalle Regioni all’ISPESL.
 
L’articolo 41, corrispondente all’articolo 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, individua il contenuto della sorveglianza sanitaria. Al riguardo, si segnala come sia previsto, al comma 5, che il medico competente alleghi gli esiti delle proprie visite alla cartella sanitaria e di rischio secondo modelli e criteri predefiniti per ragioni di uniformità.
 
L’articolo 42, al comma 2, allo scopo di rafforzare la tutela del lavoratore in caso di inidoneità alla mansione specifica, prevede che il lavoratore adibito a mansioni inferiori, in caso di inidoneità, conservi retribuzione e qualifica di provenienza e che, in caso di adibizione a mansioni equivalenti o superiori, si applichi l’articolo 2103 c.c..
 
La Sezione VI del Titolo I (“Gestione delle emergenze”) si apre con l’articolo 43, corrispondente all’articolo 12 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, che individua i principi generali ai quali il datore di lavoro ed, in parte (comma 4, primo periodo) i lavoratori, devono attenersi nella gestione delle emergenze in ambiente di lavoro
 
L’articolo 44 ripropone il testo del corrispondente articolo 14 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato.
 
All’articolo 45, che trova la sua corrispondenza all’articolo 15 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, si è scelto di utilizzare, già in rubrica, l’espressione “primo soccorso”, usata in luogo del “pronto soccorso”, citato nel decreto legislativo n. 626 del 1994, in quanto meglio rispondente al concetto di “first aid” di cui alle direttive di riferimento. Il secondo comma dell’articolo in commento rinvia al decreto interministeriale 15 luglio 2003, n. 388, per l’identificazione delle caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, dei requisiti del personale addetto e della sua formazione, individuati in relazione alla natura dell’attività, al numero degli occupati ed ai fattori di rischio.
 
Il successivo articolo 46 in materia di prevenzione incendi, ribadisce la funzione di preminente interesse pubblico della prevenzione incendi ribadendo il principio in forza del quale in ogni luogo di lavoro devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori.
 
La Sezione VII (“Consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori”) del Titolo I del presente decreto, si apre con l’articolo 47, inerente il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, corrispondente all’articolo 18 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
 
Il successivo articolo 48, disciplina puntualmente le prerogative della figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST), necessariamente presente in quelle realtà imprenditoriali nelle quali non sia stato eletto o designato un rappresentante. Al fine di favorire le attività proprie di tale figura, il comma 3 prevede che le tutte le aziende prive di rappresentanti debbano versare al Fondo di cui al successivo articolo 52. Il RLST ha diritto di accesso ai luoghi di lavoro nei quali esplica la propria attività (comma 4), oltre ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza sul lavoro (comma 7) e non può svolgere altre funzioni sindacali operative (comma 8).
 
In ordine al rappresentante dei lavoratori di sito produttivo di cui all’articolo 49 va anche evidenziato come si tratti di una figura individuata su iniziativa dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende che operino nel sito produttivo interessato (comma 2), che opera secondo le previsioni della contrattazione collettiva ove non vi siano rappresentanti per la sicurezza favorendo la sinergia tra le rappresentanze presenti nell’intero sito (comma 3).
 
Il successivo articolo 50, la cui corrispondenza va rinvenuta negli articoli 18 e 19 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, identifica le attribuzioni delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza, delle quali fanno parte integrante – in ragione delle modifiche introdotte dall’articolo 3 della legge 3 agosto 2007, n. 123 – la possibilità di richiedere la consegna del documento di valutazione dei rischi e di quello di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni (commi 4 e 5). Egli è tenuto al rispetto del segreto industriale e dei processi lavorativi rispetto a quanto sia venuto a conoscenza per l’esercizio delle sue funzioni (comma 6) e non può essere nominato come responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione.
 
L’articolo 51 dispone in materia di compiti e prerogative degli organismi paritetici, il cui ruolo di supporto alle imprese risulta notevolmente valorizzato.
 
L’articolo 52 prevede che le aziende prive di rappresentanti per la sicurezza partecipino finanziariamente al Fondo di sostegno alla piccola e media impresa istituito presso l’Inail, nella misura di due ore lavorative annue per lavoratore (comma 2). Lo scopo del Fondo, è quello di sostenere le rappresentanze su base territoriale o di comparto ma anche le piccole e medie imprese e gli organismi paritetici, all’evidente scopo di favorire la effettiva diffusione delle rispettive attività ed il consequenziale, positivo, impatto – in termini di tutela della salute e sicurezza – sugli ambienti di lavoro. Il comma 3 dell’articolo in commento demanda ad un decreto interministeriale la individuazione delle regole di funzionamento del fondo nonché quelle di elezione o designazione dei rappresentanti della sicurezza territoriali, nell’ipotesi in cui tale regole non vengano individuate tramite la contrattazione collettiva . Il comma 4 prevede, infine, che il RLST debba informare il Fondo, tramite una relazione annuale, sulle attività svolte.
 
La Sezione VIII (“Documentazione tecnico amministrativa e statistiche degli infortuni e delle malattie professionali”) si apre con l’affermazione del principio, espresso al comma 1 dell’articolo 53, secondo il quale ogni documentazione rilevante in materia di salute e sicurezza sul lavoro può essere tenuta tramite “sistemi di elaborazione automatica di dati”, secondo le regole di cui ai commi 2, 3 e 4. Al riguardo, si evidenzia che, come previsto dal comma 3, nelle aziende ad articolazione complessa l’accesso ai dati può avvenire mediante reti di comunicazione elettronica, sempre nel rispetto delle citate regole “generali”, di cui al comma 2, in materia di immissione e validazione dei dati.
 
Al riguardo, si rimarca come il pieno funzionamento del sistema informativo porterà alla sostituzione del registro infortuni e come sia prevista una procedura diretta ad identificare quali documenti o procedure – anche di notifica – possano essere eliminate o semplificate (articolo 53, comma 5). Inoltre, è generalizzato il principio per cui ogni comunicazione può essere effettuata in via informatica, senza altro onere per le imprese.
 
Il Titolo I si chiude con l’articolo 54 il quale, in piena coerenza con il comma 1 dell’articolo che precede, prevede che ogni trasmissione di documentazione o comunicazione a enti o amministrazioni pubbliche possa avvenire tramite sistemi informatizzati, secondo le procedure di volta in volta individuate dalla strutture riceventi.
 
Il presente decreto reca, poi, una totale rivisitazione del vigente apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro necessario per attuare il criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera f, della legge 3 agosto 2007, n. 123, e, quindi, garantire la rimodulazione degli obblighi di datore di lavoro, dirigenti, preposti e degli altri soggetti del sistema di prevenzione aziendale, sulla base dell’effettività dei compiti rispettivamente propri. Al riguardo, si segnala la scelta di sanzionare con maggiore gravità gli inadempimenti commessi in realtà lavorative connotate da un pericolo di maggiore immanenza per coloro che ne entrano a far parte.
 
In particolare l’articolo 55, reca disposizioni in materia di in materia di sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente; l’articolo 56 dispone le sanzioni per il preposto mentre il successivo articolo 57 quelle relative ai progettisti, fabbricanti, fornitori ed installatori. L’articolo 58 prevede le sanzioni applicabili al medico competente ed il 59 quelle relative ai lavoratori, mentre l’articolo 60 è relativo ai componenti dell’impresa familiare, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori e soci delle società semplici operanti nel settore agricolo. Infine l’articolo 61 detta disposizioni in tema di processo penale.



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