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La gestione dei rifiuti da manutenzione di impianti e macchinari

La gestione dei rifiuti da manutenzione di impianti e macchinari
Alessandro Bressi

Autore: Alessandro Bressi

Categoria: Gestione Rifiuti

19/11/2015

Come gestire i rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione di impianti e macchinari? L’identificazione del produttore, le manutenzioni interne ed esterne su beni di proprietà del committente e del manutentore. A cura di Alessandro Bressi.

1.  Premessa
Il tema della gestione dei rifiuti prodotti da attività di manutenzione di impianti e macchinari, stante l’assenza di disposizioni tecniche ministeriali (meccanica – tecnica – industriale), impone la necessità di chiarimenti su alcuni aspetti della normativa vigente.
In particolare, è di primaria importanza la qualifica inerente la attribuzione di paternità – in termini di produttore e / o detentore - dei rifiuti provenienti dalle attività svolte e la conseguente imputazione degli adempimenti connessi alle medesime. Particolare attenzione, inoltre, avrà ad oggetto lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti e le modalità del loro trasporto.
 
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2.  PRODUTTORE DEL RIFIUTO
Soccorre, anzitutto, la normativa di riferimento dettata dal D.Lgs. 152/06 (Testo Unico Ambientale).
Il comma I dell’art. 183 del citato decreto, alla lettera f), nella recente versione scaturita dalla nuova definizione contenuta nel decreto legge 92 / 2015, definitivamente recepita nella legge 125 / 2015, identifica il produttore del rifiuto nel “soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”.
Il medesimo articolo, tra l’altro, definisce anche il “detentore” come “il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso”.
La individuazione della qualifica di paternità del rifiuto, pertanto, si ha in esito alla esatta individuazione di detto soggetto (il produttore e/o detentore), onde poi specificare quale sia la condotta da tenere per la corretta e regolare gestione dei rifiuti ed i relativi adempimenti amministrativi (registro di carico e scarico, formulari di identificazione, esatta individuazione dei soggetti trasportatori e destinatari, dichiarazione annuale, etc.).
La individuazione del produttore deve essere svolta tenendo conto sia l’aspetto soggettivo, come anche l’aspetto oggettivo dell’attività dalla quale traggono origine i rifiuti.
In estrema sintesi sotto l’aspetto soggettivo il produttore è il soggetto la cui attività ha originato rifiuti, mentre, sotto il profilo oggettivo, l’attività di produzione si specifica nell’attività materiale dalla quale trae origine il rifiuto.
Sotto tale profilo, tuttavia, è necessario precisare che, ai sensi dell’art. 183 precitato è rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi” e, dunque, sarà necessario individuare quale sia, in concreto, il soggetto che si disfa o abbia l’obbligo, ovvero l’intenzione, di disfarsi del rifiuto posto che, non necessariamente, vi sarà coincidenza tra il soggetto medesimo e la attività di produzione del rifiuto.
In effetti il detentore del rifiuto può anche essere soggetto diverso da colui che lo ha prodotto, ovvero da colui che si è determinato a disfarsi di un determinato bene / rifiuto.
Il tema diviene particolarmente delicato nella ipotesi in cui la “manutenzione” di un determinato bene o servizio venga affidato a terzi.
Detto affidamento importa, a determinate condizioni, l’acquisizione della paternità del rifiuto in capo al manutentore che, dunque, ne diviene il produttore iniziale posto che egli è il soggetto che assume le decisioni e, in concreto, assume la volontà di “disfarsi” del rifiuto. A costui, pertanto, spetterà la paternità del rifiuto.
Si tratta quindi di passare in disamina le differenti fattispecie che possono configurarsi in relazione all’attività di manutenzione e, nel dettaglio, operare una distinzione tra manutenzioni esterne e manutenzioni interne e, ancor più nel dettaglio, distinguere se i beni, nell’ambito delle une e delle altre, sono di proprietà del soggetto manutentore, ovvero del cliente per conto del quale viene eseguita la manutenzione.
Preliminarmente occorre identificare il momento in cui si genera il rifiuto.
In tutte le ipotesi di manutenzione di impianti / macchinari presso terzi il rifiuto è prodotto contestualmente all’attività di manutenzione del bene e, dunque, nel momento in cui l’attività di manutenzione genera scarti e / o componenti obsolete che necessitano si sostituzione (si pensi agli oli meccanici; ai filtri dei macchinari di produzione; alle batterie elettriche, etc.). Questo dunque è il momento preciso in cui l’attività di manutenzione produce un rifiuto.
A questo punto si tratta di identificare chi è, giuridicamente, il soggetto produttore, ovvero il soggetto detentore il rifiuto, con ogni conseguente annesso adempimento di gestione e responsabilità.
In linea di massima l’affidamento di una manutenzione a terzi che godono di professionalità, autonoma organizzazione, autonomia gestionale e decisionale, fa si che il carattere di rifiuto venga acquisito nelle mani di detto soggetto terzo ed è costui a divenire il produttore iniziale del rifiuto proprio in ragione del fatto che compie autonomamente un’attività di manutenzione a sua totale discrezione ed è dunque lui il soggetto che decide cosa fare e cosa eventualmente sostituire. La volontà del disfarsi parte dunque da detto soggetto. In estrema sintesi ove l’impresa di manutenzione svolga tale attività, con regolare contratto di affidamento da parte del committente (nel quale contratto venga specificato che la manutenzione, sostituzione di parti meccaniche e/o materiale di consumo sia da espletarsi in totale autonomia decisionale dal manutentore, purché venga garantita la efficienza del bene, impianto o macchinario, senza dover procedere a fronte dell’approvazione scritta da parte del committente), il produttore del rifiuto che ne deriva, sia esso pericoloso o non pericoloso, è il manutentore.
La disciplina, tuttavia, varia in ragione del luogo di manutenzione, come anche in ragione della titolarità dei beni oggetto della manutenzione.
In ogni caso è bene precisare sin da subito che, a prescindere dal luogo di manutenzione e dalla titolarità del bene manutenuto, il manutentore è sempre responsabile in relazione al confezionamento dei rifiuti prodotti dalla propria attività. Per l’effetto dovrà sempre utilizzare imballaggi idonei ad evitare la dispersione aerea e/o il percolamento – gocciolamento dei rifiuti stessi. Allo stesso modo dovrà avere cura di etichettare correttamente i colli, attribuendo il codice CER corretto e tutte le altre informazioni di caratterizzazione del rifiuto.
Possono verificarsi le seguenti fattispecie:
1)    Manutenzione esterna (effettuata presso la unità di produzione del committente) su beni di proprietà del committente la manutenzione;
2)    Manutenzione esterna su beni di proprietà del manutentore;
3)    Manutenzione interna (effettuata presso il manutentore) su beni di proprietà del committente;
4)    Manutenzione interna su beni di proprietà del manutentore.
 
2.1.     Manutenzione esterna su bene di proprietà del committente.
Per manutenzioni esterne si intendono quelle effettuate presso le unità del committente / cliente.
Nell’ambito di detta prima suddivisione è necessario considerare quale sia il soggetto proprietario del bene oggetto di manutenzione.
La prima ipotesi in disamina è quella della manutenzione esterna avente ad oggetto beni di proprietà del committente.
In detto contesto è produttore del rifiuto l’azienda che effettua la manutenzione, mentre è detentore il committente.
Orbene: se il committente assume l’onere di gestione del rifiuto, egli stesso potrà provvedere in autonomia alla sua gestione e, quindi, assumere direttamente tutti gli oneri inerenti il conferimento del rifiuto a soggetti terzi autorizzati secondo i dettami di cui al D.Lgs. 152/06.
Diversamente se l’onere di gestione del rifiuto è assunto dal manutentore egli, produttore del rifiuto, potrà trasportarlo nel proprio deposito temporaneo tenendo presente che il trasporto del rifiuto dal luogo di manutenzione al proprio deposito dovrà avvenire nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente a tale riguardo e per il tramite di mezzi muniti di apposita autorizzazione rilasciata dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali. In sintesi il manutentore potrà provvedere egli stesso al trasporto “in conto proprio” previa autorizzazione del mezzo utilizzato al trasporto dello specifico tipo di rifiuto in questione.
In relazione alle quantità di rifiuto trasportabile andrà tenuto conto della qualifica di pericoloso o meno del rifiuto. Tenendo presente che il trasporto in conto proprio è senza limiti quantitativi per i rifiuti non pericolosi, mentre è sino alla concorrenza di trenta chilogrammi / litri, in ragione di giorno, per i rifiuti pericolosi.
Il rifiuto, sia esso pericoloso o non pericoloso, deve essere preso in carico nel deposito temporaneo del manutentore e registrato entro 10 gg. sul registro di carico / scarico, ovvero, ove sussistente l’obbligo, sul registro cronologico Sistri.
Successivamente, il rifiuto deve essere avviato allo smaltimento presso smaltitore autorizzato conformemente a quanto previsto dall’art. 183 D. L.gs. 152/06 lett. bb n.2, secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore del rifiuto:
a)    con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
b)    quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi, di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi
c)    in ogni caso, allorché il quantitativo non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore all’anno
 
2.2.     Manutenzione esterna su beni di proprietà del manutentore
La seconda ipotesi è quella in cui l’attività di manutenzione, esercitata presso il cliente, abbia ad oggetto beni di proprietà del manutentore ad esempio in ragione di un contratto di noleggio degli strumenti di lavoro / produzione.
In detta ipotesi l’azienda di manutenzione è sia detentore, sia produttore del rifiuto. Il cliente, in tal caso, non è dunque nemmeno detentore del rifiuto e, pertanto, non potrà in alcun caso farsi carico della gestione dello stesso.
Tutti gli adempimenti saranno a carico del manutentore / produttore / detentore che avrà cura di effettuare il trasporto, in conto proprio, presso il proprio deposito temporaneo come anche di svolgere tutti i successivi adempimenti per come sopra richiamati.
 
2.3.     Manutenzioni interne
Le ipotesi residuali riguardano le manutenzioni interne, ossia eseguite presso la sede del manutentore. Il tal caso, sia che si tratti di manutenzione di beni propri del cliente, come anche di beni di proprietà del manutentore, il produttore ed il detentore del rifiuto è sempre l’azienda che effettua la manutenzione.
Per l’effetto il cliente, non rivestendo la qualifica né di detentore né, tanto meno, di produttore non potrà prendere in carico la gestione del rifiuto.
La particolarità della fattispecie riguarda anzitutto il trasporto dal cliente al manutentore che potrà avvenire senza particolari adempimenti e dunque con semplice DDT in conto lavorazione. I rifiuti generati dall’attività di manutenzione andranno caricati sul registro di carico / scarico, ovvero sul cronologico Sistri, nel termine di giorni 10 dalla produzione del rifiuto.
Restano ferme tutte le prescrizioni inerenti il conferimento allo smaltimento per come sopra richiamate.
 
Alessandro Bressi
avvocato
 
La prossima settimana verrà trattato il tema della disciplina del deposito temporaneo e del trasporto dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione.

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Pubblica un commento

Rispondi Autore: Francesco “BeardedRunner” Cavallo - likes: 0
19/11/2015 (10:23:37)
L'articolo è molto interessante, ma proverei ad esporre un caso pratico che è quello che attualmente sto cercando di gestire nell'azienda per la quale lavoro.
Recentemente l'azienda ha preso in affitto un secondo immobile nel quale è stato istallato un impianto di areazione e climatizzazione ai sensi del DM 37 che ovviamente va manutenuto. La manutenzione va da se che genererà dei rifiuti (filtri sporchi da smaltire etc.).
Ora, la direzione è convinta che possa fare questo tipo di manutenzioni un nostro operaio interno (io non ne sono convinto - il DM 37 parla di tecnici qualificati).
Se fosse realmente possibile una cosa del genere (ma ripeto a mio avviso credo possa manutenere un impianto solo un soggetto/impresa terza qualificata), il rifiuto verrebbe generato internamente all'azienda.
In questo caso, la gestione del rifiuto è interna ed è interamente a carico dell'azienda? In questo caso quindi vale l'assunto riportato al punto 2.3?
Rispondi Autore: Francesco “BeardedRunner” Cavallo - likes: 0
19/11/2015 (11:16:06)
L'articolo è molto interessante, ma proverei ad esporre un caso pratico che è quello che attualmente sto cercando di gestire nell'azienda per la quale lavoro.
Recentemente l'azienda ha preso in affitto un secondo immobile nel quale è stato istallato un impianto di areazione e climatizzazione ai sensi del DM 37 che ovviamente va manutenuto. La manutenzione va da se che genererà dei rifiuti (filtri sporchi da smaltire etc.).
Ora, la direzione è convinta che possa fare questo tipo di manutenzioni un nostro operaio interno (io non ne sono convinto - il DM 37 parla di tecnici qualificati).
Se fosse realmente possibile una cosa del genere (ma ripeto a mio avviso credo possa manutenere un impianto solo un soggetto/impresa terza qualificata), il rifiuto verrebbe generato internamente all'azienda.
In questo caso, la gestione del rifiuto è interna ed è interamente a carico dell'azienda? In questo caso quindi vale l'assunto riportato al punto 2.3?
Rispondi Autore: Fabio Cometto - likes: 0
20/02/2016 (16:39:27)
Io avrei un caso da esporre: noi ci occupiamo di assistenza tecnica presso ospedali, università e laboratori privati.
Ci capita di sostituire filtri al carbone e filtri hepa (cartacei) e che il cliente ci chieda di occuparci del trasporto e dello smaltimento

La CCIAA di Torino ci ha consigliato l'iscrizione in categoria 2BIS albo gestori e per il trasporto la tenuta di registo e formulario ma francamente sono un po confuso.
Quando mi trovo presso la sede del cliente (un' ospedale per esempio) e dopo aver sostituito un filtro devo trasportarlo presso la mia sede per uno deposito temporaneo per poter poi conferire il rifiuto a ditta specializzata per lo smaltimento, devo compilare registo e formulario? in che modo? E' possibile sulla base di questo caso formulare un esempio di compilazione formulario e registo?

Grazie mille
Autore: Franco Uda
24/01/2019 (14:41:20)
Gentile Fabio,
Il registro di carico e scarico deve rimanere in sede, il formulario di l'identificazione del rifiuto si può tenere all'interno dell'automezzo, nel momento in cui esegui la manutenzione e generi rifiuti derivanti da tali attività, il trasporto deve avvenire accompagnato dal FIR, indicando il produttore, il trasportatore, la destinazione e tutte le informazioni riguardanti il rifiuto, codice CER in primis. La prima copia la darai al tuo cliente, la seconda e la terza resta in mano tua perchè sei sei anche il trasportatore e destinatario del rifiuto, e la quarta dovrà poi essere inviata al cliente entro 90 giorni. Una volta che il rifiuto arriverà a destinazione, in questo caso presso la tua sede, procederai al deposito temporaneo in attesa di recupero o smaltimento, dovrai compilare il registro di carico/scarico, nello specifico dovrai caricare il rifiuto descrivendo le sue caratteristiche ecc, fino al momento in cui deciderai di disfartene, in quell'istante, grazie al servizio di un'azienda terza, regolarmente autorizzata, che verrà a prelevare il rifiuto presso la tua sede, procederai a scaricare il rifiuto dal registro di carico/scarico, tale azienda compilerà a sua volta il FIR una copia resterà nelle tue mani, la seconda per il trasportatore, la terza per il destinatario ed entro 90 giorni dovrai ricevere indietro la quarta copia. La quarta copia ha lo scopo di informarti che il rifiuto è effettivamente giunto a destinazione. Il FIR è una sorta di documento di trasporto del rifiuto, il registro di carico e scarico, da tenere sempre in azienda, nell'edificio adibito a deposito temporaneo, serve a "registrare" il rifiuto presente all'interno dello stesso, nel caso in cui l'Arpa procedesse alle verifiche eviteresti di incorrere in sanzioni pesantissime, infatti ogni rifiuto deve essere identificato e registrato, stoccare rifiuti senza caricarli nel registro, è un reato perseguibile penalmente. Spero di essere stato chiaro, Saluti.

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