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Datore di lavoro e obbligo di sicurezza

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Preposti

17/04/2012

La figura del datore di lavoro attraverso la salute e sicurezza negli ambienti lavorativi. La definizione e l’individuazione del datore, i nessi organizzativi, il debito di sicurezza, la multidatorialità, il potere direttivo.

 
Urbino, 17 Apr – I Working Papers - brevi saggi prodotti da Olympus ( Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro) e dedicati al diritto della salute e sicurezza sul lavoro - si sono già occupati del ruolo e delle responsabilità del datore di lavoro. Ad esempio in relazione alla crisi della regola dell’esonero datoriale dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
 
Sulla figura del datore di lavoro, osservato attraverso il microsistema della salute e sicurezza sul lavoro, si sofferma anche il Working Paper 7/2012 dal titolo “ Datore di lavoro e obbligo di sicurezza”, a cura di Chiara Lazzari, ricercatrice di Diritto del lavoro nell’ Università di Urbino “Carlo Bo”.
 
Tale saggio trae spunto da una più ampia ricerca che si sta conducendo sulla figura del datore di lavoro, una ricerca che ad esempio vuole “verificare se, ed in che termini, la configurazione dell’obbligo di sicurezza, e la connessa specificità della disciplina dettata in materia, si rifletta sulle categorie fondanti del diritto del lavoro, con specifico riferimento all’individuazione della figura datoriale ed ai poteri dalla stessa esercitati”.
Un saggio molto ricco di spunti e riflessioni, difficilmente sintetizzabili all’interno di un articolo, che vi invitiamo a leggere interamente.
 
Con questo nostro articolo possiamo tuttavia sottolineare alcuni aspetti, alcuni elementi di discussione rilevati dall’autrice.
Ad esempio la scarsa attenzione del diritto del lavoro nei confronti della pur importante figura del datore di lavoro, “a partire dall’indifferenza manifestata dal codice civile, che, nell’art. 2094, si limita a riferirsi al prestatore di lavoro ed all’imprenditore, quest’ultimo individuato nei precedenti artt. 2082 e 2083”. O anche la difficoltà sempre maggiore di identificare il datore di lavoro, “a causa della frammentazione indotta dai concomitanti processi di decentramento produttivo”, con conseguente disarticolazione della (sua) figura economica e giuridica[1].
 

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Inoltre il saggio offre una disamina sulle “definizioni” della figura datoriale sia in relazione al diritto comunitario che alla normativa nazionale, con riferimento al Decreto legislativo 81/2008
Ad esempio ci si sofferma sulla direttiva 89/391/CEE - concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro – dove ai fini della presente direttiva, per datore di lavoro si intende qualsiasi persona fisica o giuridica che sia titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore e abbia la responsabilità dell’impresa e/o dello stabilimento.
Insomma “quella cui ricorre la normativa comunitaria, e, di riflesso, il legislatore nazionale, è una tecnica di tipo funzionale, che, in altri termini, utilizza “canoni funzionalistici di individuazione del datore di lavoro, che si connota diversamente a seconda del contesto e dei fini che l’ordinamento intende realizzare[2]. Tale tecnica “è tesa a definire, per l’appunto funzionalmente rispetto ai diversi fini di volta in volta perseguiti dall’ordinamento (nel caso specifico, garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori), chi assume la qualità di datore di lavoro nell’ambito della normativa considerata”. 
 
Veniamo al D.Lgs. 81/2008 che all’art. 2, comma 1, lett. b, definisce il datore di lavoro (privato) quale soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
Dunque una “nozione ampia della figura datoriale, da intendersi sia in un’accezione formale che sostanziale”, che sembra portare a compimento un definitivo divorzio tra la collaudata strumentazione civilistica e la materia prevenzionistica.
Tale definizione sembra affiancare “a parametri di tipo giuridico (la titolarità del rapporto di lavoro) una responsabilità fondata su nessi organizzativi, in grado di scongiurare “forme improprie d’imputazione di responsabilità in capo a chi datore di lavoro sia solo perché formalmente parte contrattuale, anche in assenza dell’attribuzione delle necessarie prerogative” [3] e capace altresì di “tutelare maggiormente il lavoratore”.
La nozione di datore di lavoro potrebbe essere “non necessariamente collegata alla titolarità formale del contratto ma al rapporto organizzativo che si instaura tra una persona fisica o giuridica e coloro che svolgono attività lavorativa” [4] a favore dell’organizzazione, “potendo, poi, l’integrazione in quest’ultima individuarsi sulla base di elementi diversi (come l’ambito spaziale in cui si svolge la prestazione od il suo collegamento funzionale con le finalità datoriali, per stare alle previsioni del d.lgs. n. 81/2008 in tema di lavoro parasubordinato e telelavoro)”.
Ne deriva dunque la necessità di “un’accurata indagine sulle caratteristiche della specificarealtà organizzativa, così da identificare il soggetto detentore del potere di determinarla o modificarla”. Inoltre si sottolinea che nell’attuale formulazione della norma “il profilo sostanziale risulti per altro verso ulteriormente accentuato rispetto alla legislazione previgente, stante il riferimento non più alla ‘titolarità’ dei poteri decisionali e di spesa, ma all’ ‘esercizio’ dei medesimi, quale criterio  in grado di connotare in termini di ‘responsabilità’ la relazione tra figura datoriale ed organizzazione”. 
 
Il saggio approfondisce poi il tema della diffusione del “debito di sicurezza” e della “multidatorialità”.
Infatti attribuendo la qualifica di datore di lavoro “altresì a chi, nel settore privato, abbia la responsabilità – connessa all’esercizio di poteri decisionali e di spesa – anche della singola unità produttiva, il legislatore ammette una potenziale ‘diffusione del debito di sicurezza’ fra una pluralità di datori di lavoro ‘sostanziali’”.
E il canone di effettività permette/impone una “moltiplicazione dei datori di lavoro in senso sostanziale sconosciuta alla tradizione civilistica, che può indurre a ragionare in termini di “multidatorialità” (più che di codatorialità)”. 
Dirimente appare poi il fatto “che il singolo datore non può liberarsi della posizione di garanzia a lui ascritta, stante il carattere penalmente sanzionato della materia, se non tramite lo strumento della delega”. Questa, però, oltre ad incontrare i limiti posti dallo stesso D.Lgs. 81/2008, si configura quale “atto di traslazione di poteri, e connesse responsabilità, fra aree funzionali distinte (segnatamente, dal datore di lavoro rispetto a soggetti altri), non fra datori di lavoro”. E c’è da chiedersi “se la posizione dei datori possa allora essere assimilabile a quella dei soggetti passivi di un’obbligazione collettiva, alla cui esecuzione debbono necessariamente partecipare più debitori in virtù della natura della prestazione stessa”.
 
Il saggio continua proprio sul tema della “imputazione plurisoggettiva del debito di sicurezza” e sulla possibilità che per dirigenti, preposti e delegati possa ipotizzarsi una situazione di codatorialità.
Ad esempio, con riferimento alla figura del delegato, “si può osservare che, sebbene anche nel caso del datore di lavoro si appalesi la necessità di disporre di poteri finanziari e decisionali congrui, al pari di quanto oggi richiesto in materia di delega dall’art. 16 d.lgs. n. 81/2008, sussiste l’essenziale differenza connessa al titolo in base al quale la responsabilità risulta ascritta: infatti – analogamente a ciò che avviene per dirigenti e preposti – detta responsabilità è addebitata al datore di lavoro a titolo originario, e non in via derivata, come, invece, per il delegato; cosicché il medesimo non incontra le limitazioni previste dall’art. 17 in ordine al contenuto della delega, nel senso che, in quanto datore, sarà tenuto ad adempiere altresì gli obblighi cosiddetti indelegabili”.
E quanto alle figure del dirigente e del preposto, “lo schema di ripartizione ‘a cascata’ degli oneri prevenzionali”, confermato dal D.Lgs. 81/2008, “non sembra determinarne un’equiparazione con il datore di lavoro, responsabile dell’intera organizzazione o della singola unità produttiva”.
 
Rimandando il lettore alle riflessioni del saggio sul rapporto tra organizzazione, contratto di lavoro e contenuto dell’obbligo di sicurezza, concludiamo con qualche cenno al rapporto tra potere organizzativo/direttivo e obbligo di sicurezza.
 
Infatti “il quantum di debito di sicurezza gravante sui vari obbligati della linea aziendale (datore di lavoro, dirigenti, preposti) risulta strettamente connesso – in termini di proporzionalità – alla frazione di potere organizzativo e direttivo esercitato dai medesimi, costituendo la sicurezza del lavoro un limite all’esercizio di quel potere per chiunque ne disponga”.
E anche il legislatore all’art. 30, comma 3, d.lgs. n. 81/2008 “richiede, in termini prescrittivi e non facoltativi”, che il modello organizzativo debba in ogni caso prevedere un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
E , “proprio relativamente all’interpretazione del citato art. 30, dalla  Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro viene un’indicazione meritevole di approfondimento [5]: quella, cioè, per cui è l’Alta Direzione aziendale, “ossia il datore di lavoro in senso civilistico, a dover definire e formalizzare il predetto sistema disciplinare, che dovrà poi essere diffuso a tutti i soggetti interessati, tra cui in primis il datore di lavoro prevenzionistico”.
In altri termini – e con questa riflessione dell’autrice concludiamo questa frammentaria presentazione del saggio – “chi assume la qualità di datore di lavoro a fini prevenzionali la assume perché la frazione di potere organizzativo/direttivo da lui esercitato gli consente di intervenire per evitare i rischi e, ove ciò non sia possibile, ridurli; ed al potere direttivo non può che accompagnarsi anche quello disciplinare, volto, nel caso specifico, alla tutela dell’organizzazione di lavoro nelle sue esigenze di sicurezza”.
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ Datore di lavoro e obbligo di sicurezza”, a cura di Chiara Lazzari, ricercatrice di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino “Carlo Bo”, Working Paper di Olympus 7/2012 (formato PDF, 328 kB).
 
 
Tiziano Menduto
 



[1] P. TULLINI e V. SPEZIALE
[2] M. BARBERA, corsivo dell’A.
[3] F. BASENGHI, La ripartizione intersoggettiva degli obblighi, cit., p. 69; v. pure G. NATULLO, La nuova normativa sull’ambiente di lavoro, in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali, 1996, p. 698.
[4] V. SPEZIALE
[5] V. Circ. Min. lav. 11.7.2011, che divulga il documento approvato il 20.4.2011 dalla citata
Commissione.



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Rispondi Autore: Martino Marangon - likes: 0
03/01/2013 (11:36:12)
Se un ufficio dipende dal riscaldamento centralizzato gestito da altro ente, il datore di lavoro può dare ai dipendenti da contattare direttamente il gestore in caso di temperatura insufficiente?

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