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Imparare dagli errori: prevenzione e soccorso negli spazi confinati

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

06/07/2010

Negli spazi confinati avvengono molti incidenti causati dalla presenza di gas inerti e dalla carenza di ossigeno. Le dinamiche di alcuni infortuni, le principali misure di prevenzione e alcuni esempi tratti da possibili scenari di soccorso.

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PuntoSicuro ha affrontato in una recente puntata di “Imparare dagli errori” alcuni incidenti tratti dal documento, pubblicato da Assogastecnici, “ Pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno”.
Il documento si sofferma molto anche sugli incidenti, per presenza di gas inerti e mancanza di ossigeno, negli spazi ristretti o chiusi o confinati.
Infatti, come ci racconta la cronaca di molti incidenti nostrani, le attività in questi spazi possono essere particolarmente pericolose. Ad esempio quando un gas inerte, normalmente presente,  si accumula perché lo spazio non è stato adeguatamente ventilato o bonificato o perché il ricambio dell’aria è insufficiente o la ventilazione è carente.




I casi
Spesso i rischi in questi ambienti aumentano per la mancanza di idonee procedure di soccorso, il primo caso di incidente ne è la dimostrazione.
Un operaio viene “sopraffatto dalla mancanza di ossigeno dopo essere entrato in un grosso serbatoio che era stato inertizzato con l’ azoto”.
Due compagni cercarono di soccorrerlo senza indossare un respiratore e vengono anch’essi sopraffatti. Muoiono tutti e tre.

Un secondo caso è relativo ad attività di saldatura.
Un lavoratore deve  eseguire saldature all’interno di un recipiente, recipiente che “era stato tenuto sotto copertura di azoto, ma era stato ventilato con aria prima di iniziare i lavori”.
Per sicurezza, si chiede al saldatore “di usare un respiratore, ma, sfortunatamente, un compagno collega il flessibile al tubo dell’azoto invece che al tubo dell’aria” e il saldatore muore asfissiato.
L’incidente “si è verificato perché il punto di uscita dell’azoto non recava un’etichetta di identificazione e la connessione era quella di un normale flessibile dell’aria”.
 
Un terzo caso è relativo alla morte per asfissia di un autista durante la messa in servizio di una stazione per l’azoto presso un cliente.
Il serbatoio del cliente “si trovava in una fossa che né i progettisti, né la squadra incaricata della distribuzione, né l’autista avevano riconosciuto essere uno spazio confinato”.
L’autista viene mandato “da solo ad eseguire la messa in servizio. Durante l’intervento fa un errore: apre la “valvola della conduttura del liquido invece dalla valvola di sfiato del gas per bonificare e raffreddare il serbatoio”.
Si ritiene che “non si sia accorto subito dell’errore, in parte a causa di un collettore modificato che consentiva lo sfiato del gas tramite uno scarico senza tappo nella conduttura di alimentazione del liquido”. Quando l’autista apre la valvola “il gas comincia ad uscire, come succede di regola, ma nel posto sbagliato”. Quando si accorge che fuoriesce liquido invece di gas, l’uomo scende nella fossa per correggere l’errore ed entra in una zona con l’aria satura di azoto e povera di ossigeno.

Prevenzione
Il documento di Assogastecnici ci ricorda che “qualsiasi recipiente o spazio confinato in cui si prevede che l’ossigeno sia insufficiente e che sia collegato ad una fonte di gas deve essere scollegato dalla fonte eliminando un tratto del tubo o inserendo una flangia cieca prima e durante la fase di accesso”. E indica che “fare affidamento sulla tenuta delle valvole può risultare fatale”.
Inoltre ogni spazio confinato “deve essere adeguatamente ventilato e il tenore di ossigeno deve essere misurato periodicamente prima e durante la fase di accesso”. Se poi l’atmosfera interna non è respirabile, “deve essere incaricata del lavoro una persona qualificata, che deve utilizzare un dispositivo di respirazione”.
E l’autorizzazione ad entrare nello spazio “deve essere concessa unicamente dopo l’emissione del permesso di accesso firmato da un responsabile”.
Senza dimenticare che quando una persona si trova “all’interno di uno spazio confinato, o recipiente, ci deve essere una persona di guardia immediatamente all’esterno”.

Scenario di soccorso
Il documento offre precise indicazioni sul recupero da spazi confinati.

In uno scenario di soccorso programmato abbiamo visto come sia importante “mettere in sicurezza l’atmosfera all’interno, ventilare lo spazio e controllarlo prima di entrare”.
Inoltre:
- la persona che entra, se possibile, deve essere dotata di un’ imbracatura con fune di sicurezza per l’eventuale recupero. Ricordando che può essere “necessario usare un paranco per il recupero di una persona non autosufficiente”;
- “si deve mettere una persona di guardia all’esterno dello spazio, che mantenga il contatto visivo e verbale con chi entra e si assicuri che questi esca dallo spazio confinato se si sospettano o si osservano sintomi di carenza di ossigeno;
- la persona di guardia può dare l’allarme per chiamare una squadra di soccorso per telefono o via radio in caso di problemi;
- la squadra di soccorso deve essere avvertita anticipatamente che sono in corso lavori che prevedono l’accesso ad uno spazio confinato e deve essere dotata di autorespiratori e di altre attrezzature per poter entrare senza pericolo nello spazio confinato al fine di prestare assistenza o di estrarre la vittima, se necessario;
- la persona di guardia non deve mai entrare nello spazio confinato;
- devono essere approntati piani per consentire a personale medico qualificato di prestare assistenza/valutare la persona colpita non appena possibile dopo averla recuperata dallo sazio confinato”.

Gli spazi confinati “devono essere chiusi o recintati per impedire gli accessi non autorizzati”, in modo che non si verifichi una situazione di “soccorso non programmato”.
Se tuttavia una persona si dovesse trovare “in stato di collasso all’interno di uno spazio confinato che presenta il rischio potenziale di gas inerte/carenza di ossigeno, il soggetto che scopre la vittima deve presumere che la sua stessa vita sia in pericolo se accede alla stessa zona”.
Deve “diramare l’allarme e chiedere assistenza affinché si possa effettuare un intervento di soccorso adeguato”.
Se infatti “il collasso è stato causato da carenza di ossigeno e la vittima è rimasta nello spazio confinato per un periodo di tempo prolungato, è probabile che sia già morta e chi la trova rischierebbe la propria vita inutilmente”.
  
PuntoSicuro tornerà in futuro sui rischi d’asfissia collegati ad attività in spazi confinati con riferimento ai casi riportati nell’archivio di INFOR.MO. - strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi – e ai documenti presentati sulla prevenzione in questi ambienti di lavoro.

   
Assogastecnici, EIGA, “ Pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno”, traduzione e adattamento del Documento EIGA Doc ICG 44/09/E, revisione del Doc ICG 44/00 (formato PDF, 1.10 MB).


Tiziano Menduto
 


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Rispondi Autore: ROBERTO ZANNONI - likes: 0
27/03/2012 (17:35:28)
Per le attività all’interno di spazi confinati si utilizzano normalmente imbracature di sicurezza conformi a:

· UNI EN 361:2003 - Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’ alto - Imbracature per il corpo



Eventualmente integrate con:



· UNI EN 358:2001 - Dispositivi di protezione individuale per il posizionamento sul lavoro e la prevenzione delle cadute dall’ alto - Cinture di posizionamento sul lavoro e di trattenuta e cordini di posizionamento sul lavoro.



In tutti i cataloghi dei maggiori produttori queste imbracature vengono associate anche ad attività in spazi confinati.



Queste imbracature, da chi le utilizza, vengono fatte indossare prima per gestire il rischio di caduta dall’alto durante le fasi di discesa nello spazio confinato (purtroppo spesso utilizzando cordini con ammortizzatore) poi le stesse imbracature vengono utilizzate per il salvataggio, ovvero per estrarre le persone dall’interno dello spazio confinato. A riprova di ciò basta vedere foto e i filmati (su internet o presentate ai convegni o frequentare i corsi di formazione/addestramento) che mostrano persone appese ad un cavalletto (dispositivo di ancoraggio temporaneo conforme allo standard UNI EN795 classe B) che vengono sollevate. Oltre tutto, nelle fasi di recupero le persone sono quasi sempre sollevate utilizzando l’attacco dorsale (che, a mio parere, in caso di persona non cosciente rende difficile la respirazione in quanto la testa si reclina in avanti).

Ciò premesso sono stupito dal fatto che in nessun articolo pubblicato dalle riviste specializzate (che ho letto) o in nessun catalogo dei maggiori produttori o in nessun convegno o corso di formazione/addestramento (cui ho partecipato) venga detto che tali imbracature non possono essere utilizzate per il salvataggio, ovvero sollevare chi le indossa (tale divieto seppur non esplicito è riportato nella Nota Informativa allegata alle imbracature), in quanto non conformi (o certificate) anche ai sensi della

· UNI EN 1497:2008 - Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute - Imbracature di salvataggio

E’ possibile che tali dimenticanza derivi dal fatto che vi sono solo un paio di produttori di imbracature che le hanno a catalogo?

In alcuni famosi cataloghi vengono presentati cordini ad archetto o distanziatore che permettono la discesa o la risalita in posizione eretta, ma questi cordini devo connetterli a imbracature non certificate, posso usarli?

In attesa di avere le imbracature certificate anche per il salvataggio, chi attualmente usa le altre continua come nulla fosse o prevede che in caso di soccorso/salvataggio i soccorritori scendano nello spazio confinato, tolgano la fune di connessione con l’imbracatura indossata dall’infortunato e facciano indossare una Cinghia o un Triangolo da evacuazione?

Cordiali saluti
Roberto Zannoni

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