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La catena di sicurezza del soccorritore

Disponibile on line “Catena della sicurezza del soccorritore”, un documento che, anche alla luce dei recenti incidenti, ricorda come un servizio di emergenza richieda l’adozione di misure preventive complesse e diversificate.

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La notizia del plurimo incidente mortale che ha portato 3 operai a morire nella raffineria di petrolio Saras di Sarroch in Sardegna, al di là delle responsabilità e delle precise dinamiche che verranno accertate, sembra non allontanarsi troppo dalle ricostruzioni di diversi incidenti avvenuti in passato in ambienti confinati. Specialmente in relazione ai tentativi di soccorso che, non solo non hanno esito positivo, ma si trasformano in un ulteriore dramma.
Così in diversi incidenti, come in quello del depuratore di Mineo e dell’autocisterna di Molfetta l’anno scorso o quello di pochi giorni fa a Sarroch, l’aiuto reciproco tra colleghi di lavoro, la catena spontanea di soccorsi si trasforma in una catena di vittime.
Al di là delle eventuali responsabilità che verranno accertate a monte di questa “catena”, ricordiamo e sottolineiamo ancora una volta che la prima regola di un soccorritore impegnato ad aiutare qualcuno deve essere quella di proteggere adeguatamente la propria incolumità.
 
 
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Per sottolineare questi aspetti, ci può tornare utile un documento del Gecav, il servizio deputato alla Gestione dell’Emergenza nei cantieri dell’Alta Velocità nella tratta Bologna-Firenze e della Variante di Valico.
 
Stiamo parlando della “Catena della sicurezza del soccorritore”, un documento che parte affermando che “le attività svolte dal servizio d’emergenza sono soggette a rischi che possono essere di natura diversa e che richiedono l’adozione di misure preventive complesse e diversificate”.
 
In particolare le tappe più significative per la eliminazione/riduzione dei rischi, in modo coerente con i concetti essenziali del Decreto legislativo 81/2008, sono:
- “identificazione delle attività;
- valutazione dei rischi;
- adozione di Misure Cautelative;
- formazione ed informazione”.
E ogni componente di questa catena “è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi e deve quindi essere analizzato in modo approfondito”.
 
In particolare si ricorda che “gli ambienti confinati, sono luoghi chiusi caratterizzati dalla presenza di rischi gravi per gli operatori, quali l’incarceramento (difficoltà o impossibilità di uscita) e la Carenza di Aria Respirabile”.
L’ambiente più usuale per le emergenze in ambienti confinati, nei cantieri dove è impegnato il GECAV, sono le gallerie in fase di costruzione.
Questo ambiente è caratterizzato da problemi di:
- “microclima (umidità alta e temperatura bassa);
- rumore (ambiente rumoroso per lavorazioni in atto ed effetto rimbombante delle pareti);
- polveri (ambiente polveroso per le lavorazioni in atto, transito dei veicoli; la ventilazione forzata sposta le polveri dal fronte all’uscita, inondando l’intera Galleria);
- scarsa luminosità (la luce all’interno della Galleria è garantita da Neon applicati ad una parete, un sistema tampone è in grado di resistere per circa 1 ora anche se si interrompe l’alimentazione di energia elettrica);
- comunicazione (impossibilità di utilizzo Radio e Cellulari, strumenti altamenti diffusi per il soccorso. La comunicazione può avvenire solo tramite telefoni fissi disposti al fronte ed ogni 500 metri, fra l’altro ogni galleria presenta un suo tipo di apparecchio con una sua modalità di utilizzo);
- stato emotivo (secondo quello che abbiamo detto fino ad adesso, è evidente l’alterazione dello stato emotivo quando si interviene in Galleria, tale disagio si riduce conoscendo a fondo questo ambiente lavorativo);
- aria respirabile (gli eventi che possono portare alla Carenza di Aria Respirabile – mancato raggiungimento di aria dall’esterno o accumulo di sostanze che riducono o alterano la presenza di aria respirabile - all’interno della Galleria, sono molteplici);
- incarceramento (il tipo di lavorazioni in atto , la presenza di molti mezzi in un ambiente circoscritto e limitato e la scarsa luminosità, aumentano notevolmente la probabilità di incarceramento per chi opera in Galleria);
- una sola uscita (limitazione importante alla fuga e mancanza di ventilazione, se non di tipo forzato)”. 
 
Il documento continua poi sottolineando l’importanza della valutazione dei rischi per arrivare alla successiva fase di individuazione delle misure cautelative dal pericolo e indicando i necessari DPI per intervenire nelle problematiche relative ai due cantieri suddetti.
 
Sono situazioni chiaramente differenti rispetto a quelle affrontate dai lavoratori a Mineo o a Sarroch. Una cosa che emerge dal documento - e che vale per tutti questi incidenti - è che una catena di soccorsi non deve essere mai improvvisata: è necessario valutare ogni scelta considerando sia l’obiettivo da raggiungere che la salvaguardia dei soccorritori.
 
 
GECAV, “Catena della sicurezza del soccorritore” (formato PDF, 979 kB).
 
 
Tiziano Menduto

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