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Imparare dagli errori: le cadute dall'alto dei lavoratori

Imparare dagli errori: le cadute dall'alto dei lavoratori
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

25/09/2014

Il secondo factsheet del Sistema Infor.MO è dedicato all’analisi delle cadute dall'alto dei lavoratori. Le sei principali categorie di caduta dall'alto. I dati descrittivi, i fattori di rischio e le misure di prevenzione.

Brescia, 25 Sett – Dopo aver presentato le nuove  Schede Informative (factsheets) o schede di analisi degli infortuni mortali, correlate a  INFOR.MO. e al  sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, abbandoniamo la strada, intrapresa dalla scheda già presentata, dei dati generici relativi alle cause degli infortuni mortali nel nostro paese.
 
La prima scheda a entrare nello specifico di un rilevante rischio professionale e a riportare non solo dati descrittivi, ma anche un approfondimento sui fattori di rischio e sulle più idonee misure preventive, è la “Scheda n.2: le cadute dall'alto dei lavoratori”, curata dal settore Ricerca INAIL e dagli operatori di prevenzione delle ASL.
 
Ricordiamo innanzitutto che le cadute dall’alto rappresentano all’incirca un terzo degli infortuni mortali sui luoghi di lavoro registrati dal Sistema di sorveglianza Infor.MO.
Nella scheda, che vi invitiamo a visionare integralmente, un grafico mostra che le cadute dall’alto rappresentano, per la precisione, il 32,5% dei casi registrati.
E dall’analisi relative al quinquennio 2008-2012, emerge nella scheda che “il settore di attività maggiormente colpito è quello delle costruzioni con oltre il 65% degli eventi accaduti, seguito, a debita distanza, dall’agricoltura con circa l’11%”. E il luogo in cui più frequentemente si verificano le cadute dall’alto è “il cantiere con il 52,4% degli incidenti”.

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I dati relativi al rischio
La scheda si sofferma su vari interessanti dati descrittivi relativi agli incidenti che permettono di ben pianificare eventuali azioni e campagne di prevenzione mirata:
- luogo di avvenimento degli incidenti;
- zona e natura della lesione;
- condizione contrattuale;
- anzianità lavorativa;
- dimensione delle aziende;
- nazionalità degli infortunati.
 
Ad esempio si evidenzia che nel 30,8% dei casi “la caduta è avvenuta da tetti o coperture, nel 23,9% da attrezzature per lavori in quota (es. scale portatili, trabattelli, ponteggi) e nel 15,9% da parti in quota di edificio (es. terrazzi, parapetti, aperture). Seguono a distanza le macchine da sollevamento (5,8%)”.
E per quanto riguarda la dimensione delle aziende in cui tali episodi si sono verificati “si evidenzia che le cadute dall’alto sono avvenute in oltre il 71% dei casi in imprese aventi fino a 9 addetti”: percentuale superiore a quella delle altre modalità di infortunio che si attesta a circa il 61%. Tale dato “rimanda alla marcata presenza di microimprese nel settore dell’edilizia, un aspetto comunque comune all’intera realtà produttiva italiana”.
 
Conoscere i fattori di rischio
Per analizzare i fattori di rischio emersi dall’analisi delle dinamiche infortunistiche, sono stati esaminati in dettaglio, dagli autori della scheda, oltre 160 casi di caduta dall’alto dell’archivio Infor.MO.
Da tale analisi, risultano sei principali categorie di caduta dall'alto (insieme rappresentano circa l’81% della totalità delle cadute dall’alto):
- “caduta per sfondamento di copertura (23,2%);
- caduta da scala portatile (17,3%);
- caduta da parte fissa di edificio (12,5%);
- caduta da ponteggi, impalcature fisse(10,1%);
- caduta all'interno di varco (10,1%);
- caduta da mezzi di sollevamento o per lavori in quota (8,3%)”.
 
La scheda fornisce dati per ognuna di queste modalità di infortunio.
Ad esempio con riferimento alla caduta per sfondamento di copertura, “dall’analisi qualitativa emerge che il fattore di rischio maggiormente ricorrente è quello relativo alla modalità operativa del lavoratore (43%). Tra i fattori di questo tipo, in circa due casi su tre si rileva un errore di procedura che si riferisce a situazioni in cui l’infortunato si trova a transitare su superfici non portanti e, quindi, non calpestabili” Inoltre quasi altrettanto rilevante in termini percentuali, è il fattore "ambiente" individuato come “fattore di rischio per la mancata interdizione al passaggio di siti pericolosi, più specificatamente il riferimento è all’assenza di percorsi segnalati o di protezioni e parapetti (rispettivamente, in oltre due casi su cinque e in più di un caso su quattro di questo specifico fattore). Infine, il 18% dei fattori di rischio riscontrati riguarda il mancato o scorretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (casco, cintura di sicurezza, ecc.). Di questi, due casi su tre fanno riferimento a un DPI che non era stato fornito al lavoratore”.
 
Ci soffermiamo anche sulle cadute da scale portatili: “il fattore più frequentemente rilevato è la modalità operativa del lavoratore (62%), seguita dal fattore “utensili, macchine, impianti” con il 31%. Per il primo fattore, la problematica che si evidenzia, in circa tre casi su cinque, è quella relativa ad un uso improprio o errato di una scala portatile. Per il secondo fattore, in più di tre casi su quattro emerge un problema di assetto della scala portatile utilizzata, che ne determina l’inadeguatezza all’uso”.
 
E diamo qualche informazione anche sulle cadute da parte fissa di edificio (in particolar modo da tetto o terrazzo): “il 40% dei fattori è riferibile alle modalità operative del lavoratore, con un problema che in circa un caso su quattro riguarda un errore nella procedura per cui il lavoratore perde l’equilibrio. Gli altri fattori evidenziati dall’analisi sono i dispositivi di protezione individuale (28,6%) e l’ambiente (20%)”.
 
Le misure di prevenzione
Si ricorda innanzitutto che per lavoro in quota “si intende un’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile”. E nei casi in cui non sia possibile eseguire i lavori temporanei in quota in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate “è necessario scegliere le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri a prescindere dalla modalità specifica dell’incidente:
- priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
- dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi;
- scelta del tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell’impiego”.
In particolare le attrezzature di lavoro utilizzate per i lavori in quota devono essere ‘confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili al fine di consentire una circolazione priva di rischi. Si devono inoltre individuare le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l’installazione di dispositivi di protezione contro le cadute’.
 
Veniamo in particolare a parlare delle cadute per sfondamento di copertura.
 
Per migliorare la prevenzione è innanzitutto necessario “che sia segnalato adeguatamente, o intercluso, il passaggio degli operatori su coperture non portanti presenti nell’area di lavoro, che è una delle casistiche più frequenti in base a quanto emerso dall’analisi. Si evidenzia la necessità di dotare l’area di lavoro di opportuni piani di camminamento per effettuare i lavori in sicurezza e di disporre impalcati di protezione o reti di sicurezza al di sotto della copertura”. E laddove non sia possibile adottare tali misure collettive “si rende necessario dotare gli operatori di sistemi di protezione individuali idonei per l’uso specifico, composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente ma conformi alle norme tecniche”. Ad esempio dispositivi di protezioni individuale anticaduta come: “imbracatura del corpo, connettore, cordino, assorbitore di energia, dispositivi retrattili, guide o linee vita flessibili, guide o linee vita rigide, dispositivo di ancoraggio. In particolare i sistemi di protezione devono essere assicurati, direttamente o mediante connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o provvisionali”.
 
Riguardo poi alle cadute da scale portatili, recentemente affrontate anche nella nostra utilissima rubrica “ Le immagini dell’insicurezza”, si indica che tali scale, “che nei casi registrati dal sistema di sorveglianza presentano un problema di adeguatezza all’uso specifico, devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego. Esse devono inoltre essere provviste di: dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti e di ganci di trattenuta o dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità superiori. Quando l’uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona. Si evidenzia poi la necessità di utilizzare scale appropriate alla natura del lavoro da svolgersi (con riferimento alla quota, alla pendenza dei luoghi e alla durata)”. E si ricorda che utilizzare una scala a pioli “quale posto di lavoro in quota, solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non é giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non si possono modificare”. Ed è obbligatorio “indossare calzature ad uso professionale (è vietato l’utilizzo delle scale a piedi nudi, scarpe con tacchi alti, sandali)”.
 
Rimandando il lettore a visionare le altre misure di prevenzione, su cui non ci soffermiamo, completiamo questa presentazione dando qualche informazione sulle cadute da ponteggi ed impalcature fisse.
 
Si indica che per impedire questo tipo di infortuni “si devono predisporre le attrezzature di lavoro in quota dotandole di tutti gli elementi di protezione. Nelle fasi di montaggio/smontaggio dei ponteggi fare riferimento al P.I.M.U.S. (Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio di un ponteggio)”. Inoltre il personale addetto all’installazione di ponteggi “deve ricevere un’adeguata formazione mediante la partecipazione ad uno specifico corso teorico pratico di cui deve essere acquisita attestazione”.
Si ricorda che i DPI anticaduta devono essere impiegati “quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro”. Dunque se ne deduce che sui sistemi a telai prefabbricati, i parapetti devono essere preferiti ai DPI anticaduta che invece trovano un impiego più frequente sui telai a tubi e giunti che vengono montati in configurazioni atipiche. A tal fine, raccomandabile è l’utilizzo di ponteggi che prevedono il montaggio in sicurezza dei parapetti dall’impalcato sottostante”.
 
La scheda ricorda poi l’importanza di mantenere in efficienza i DPI nel corso del tempo “mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie secondo le indicazioni fornite dal fabbricante con il foglio informativo”, nonché di “assicurare ai lavoratori una formazione adeguata ed uno specifico addestramento all’uso corretto dei dispositivi”.
 
 
Il sito Infor.MO web
 
Sistema di sorveglianza nazionale degli infortuni mortali, “ Scheda n.2: le cadute dall'alto dei lavoratori”, curata da L. Colazzo, A. Cuteri, B. Martini, A. Sciarrone, G. Campo, A. Guglielmi (INAIL Ricerca DPO), S.Nava (SPreSAL ASL CN2), P.Santia (AUSL Latina) (formato PDF, 1.17 MB).
 
 
Tiziano Menduto
 
 

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