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Spazi Confinati: quando una rivisitazione delle attuali norme?

Spazi Confinati: quando una rivisitazione delle attuali norme?
Carmelo G. Catanoso

Autore: Carmelo G. Catanoso

Categoria: Spazi confinati

03/02/2023

Dopo più di 11 anni dalla sua pubblicazione, il DPR n. 177/2011 mostra tutti i suoi limiti. I tempi sono ormai più che maturi affinché si proceda con una profonda rivisitazione del coacervo di norme esistenti che regolano le attività negli spazi confinati

Oggi, quando si parla di “ Spazi Confinati”, gli addetti ai lavori fanno riferimento al decreto 14 settembre 2011, n. 177, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 novembre 2011, n. 260 ed è entrato in vigore il 23/11/2011.

 

Come noto, il provvedimento disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi chiamati a operare in tutti quegli ambienti sospetti d’inquinamento o confinati citati dagli artt. 66 e 121 del D.Lgs. n. 81/2008 e al punto 3 dell’Allegato IV del citato Decreto.

 

Per quanto riguarda la verifica dell’idoneità professionale, fermi restando i requisiti generali di qualificazione e le procedure di sicurezza di cui agli artt. 2 e 3 del Regolamento, restano applicabili i criteri prescritti dall’art. 26, co. 1, lett. a).

 

Il citato provvedimento non ha previsto eccezioni alcune anche per le aziende che, invece di affidare i lavori in ambienti sospetti d’inquinamento o confinati ad imprese esterne o lavoratori autonomi, effettuano con il proprio personale dipendente tali interventi.

 

Come tutti i provvedimenti emanati sotto spinte emozional-emergenziali, il citato decreto presenta diversi errori ed incongruenze. La prima, difficilmente immaginabile, visto che un simile provvedimento passa da almeno due uffici legislativi prima di essere pubblicato, è proprio nel titolo. Infatti, andando a guardare la Gazzetta Ufficiale questa riporta come titolo il seguente:

<< Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti [1], a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.>>

 

Un errore di questo tipo ci può stare, visto che può succedere anche di peggio come, ad esempio, la sentenza della Cassazione dove il termine “P.Q.M.” era accompagnato da un epiteto più consono ad una discussione tra avvinazzati all’interno di una bettola di terz’ordine che nelle aule di Giustizia.

 

Il vero problema è che a distanza di più di 11 anni, nessuno si sia posto il problema di correggere l’errore.

 

Altra particolarità è che il nostro Paese è l’unico al mondo ad aver introdotto una differenziazione tra <<ambienti sospetti d’inquinamento>> e <<ambienti confinati>>.
Nel resto del mondo si parla solo di <<spazi confinati>> ….. ma si sa, noi in Italia <<siamo differenti!>>.

 

A seguire non si può non notare che il legislatore sia andato ben oltre il dettare le regole per la qualificazione e selezione e si sia inventato un art. 3 scritto malissimo e, pertanto, anche confusionario, dove spicca un nuovo criterio per stabilire la durata dell’attività informativa a carico del datore di lavoro committente su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attività.

Secondo il legislatore l’attività informativa <<va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno>>.

 

Francamente, il parametro per la misura del tempo relativo all’informazione, e cioè il <<giorno>>, sembra piuttosto fuori luogo almeno per un paio di motivi.

 

Innanzi tutto, il tempo dedicato all’informazione e alla formazione si è sempre misurato in ore e non in giorni; poi, fissare a priori un tempo da dedicare all’attività informativa senza tenere conto della tipologia, della durata e della complessità del lavoro da eseguire all’interno degli spazi confinati, è quantomeno indice di approssimazione se non di scarsa conoscenza delle diverse realtà lavorative.

 

Infatti, se da una parte, un “giorno” da dedicare all’informazione preventiva da parte del datore di lavoro committente, è palesemente eccessivo per svolgere la sostituzione di un galleggiante all’interno di un serbatoio (lavoro che dura, al massimo, un’ora compresa la fase di preparazione e ripristino), dall’altra un “giorno” potrebbe essere insufficiente per eseguire lavori nell’ambito del revamping di parte degli impianti all’interno di una raffineria.

 

Continuando con le dimenticanze del legislatore va segnalato che il DPR n. 177/2011:

  • non fornisce una chiara definizione di cosa s’intenda per <<Ambiente sospetto d’inquinamento o confinato>> rimandando, per una pseudo definizione degli stessi, agli artt. 66, 121 ed al p. 3 dell’allegato IV al D. Lgs. n. 81/2008;
  • non richiede ai committenti che non sono datori di lavoro di attenersi agli obblighi del Decreto previsti all’art. 2 comma 2 e all’art. 3, commi 1 e 2 (le imprese devono comunque osservare quanto previsto dall’art. 2 comma 1);
  • non prende in considerazione il fatto che uno spazio confinato possa sussistere all’interno di un cantiere dove vengono svolti lavori edili o d’ingegneria civile e dove, per il principio di specialità è il Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 a dettare le regole;
  • si dimentica che per i lavori in sotterraneo, dove possono sussistere “spazi confinati”  bisogna fare riferimento al DPR n. 320/1956 <<Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro in sotterraneo>> che rimane sempre in vigore visto che non è mai stato abrogato;
  • salta a piè pari i collegamenti con altre norme speciali vigenti in particolari settori come, ad esempio, lo stesso Titolo XI (Protezione da atmosfere esplosive), il D. Lgs. n. 624/1996, il DPR n. 128/1959 (Regolamento di polizia delle miniere), il D. Lgs. n. 272/1999, ecc. dove possono sussistere gli spazi confinati.

 

Inoltre, l’assenza di disposizioni tecniche, organizzative e procedurali idonee a prevenire e proteggere i lavoratori che operano all’interno degli spazi confinati, non è stata ritenuta così importante, nonostante fosse stata oggetto di specifica segnalazione, da essere inserita tra le <<Fattispecie di violazione ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 14>>  dell’Allegato I al D. Lgs. n. 81/2008 così come modificato dalla L. n. 215/2021.


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Ci sono anche altri punti riguardanti i criteri di qualificazione previsti ma, anche per questioni di spazio, saranno oggetto di altra trattazione. In ogni caso, riguardo questo aspetto, sarebbe opportuno, in primis, prevedere un apposito Albo per le imprese operanti in “spazi confinati” così come previsti per i rifiuti e la bonifica bellica.

 

Comunque, al di là di queste dimenticanze, incongruenze, ecc., la domanda da farsi è: il provvedimento ha inciso positivamente sul fenomeno degli infortuni, spesso mortali multipli, che avvengono all’interno degli spazi confinati?

 

La risposta, viste le statistiche su questo tipo di eventi, è negativa in quanto basta ricordare gli eventi mortali multipli come quelli di Adria (4 morti nel 2014), Messina (2 morti nel 2016), Milano (4 morti nel 2018), Pavia (4 morti nel 2018), Milano (2 morti nel 2021).

 

Questo solo per ricordarne alcuni.

 

Questi eventi avvengono per un’inadeguata percezione del rischio esistente da parte degli addetti, perlopiù appartenenti a piccole imprese incaricate di effettuare interventi di manutenzione, riparazione, ispezione, controllo e forniture in ambienti di lavoro dove è possibile la presenza o lo sviluppo di sostanze tossiche, asfissianti, infiammabili ed esplosive nonché per la mancata organizzazione e pianificazione dell’attività che spesso sfocia in una vera e propria improvvisazione nell’esecuzione della stessa.

 

Ancora oggi, dopo più di 11 anni dall’entrata in vigore del D.P.R. n. 177/2011, presentato come la “soluzione al problema” degli infortuni negli spazi confinati, permangono problemi interpretativi addirittura su ciò che possa essere considerato un <<ambiente sospetto d’inquinamento o confinato>>.

 

Si è arrivati a considerare “spazio confinato” un ponteggio e, addirittura, il tetto di un centro commerciale in quanto erano presenti importanti dislivelli ed era difficile recuperare qualcuno in caso di emergenza.

 

Pertanto, sarebbe opportuno che il legislatore intervenisse con:

  • una campagna di comunicazione e sensibilizzazione, in collaborazione con le associazioni datoriali, che arrivi fino alla piccola realtà imprenditoriale e soprattutto
  • una profonda rivisitazione delle norme di legge vigenti in materia di prevenzione e protezione dai rischi per i lavori negli ambienti sospetti d’inquinamento o confinati, tenendo conto delle migliori pratiche oggi disponibili definendo un apposito nuovo “Titolo” all’interno del D.Lgs. n. 81/2008.

 

Riguardo quest’ultimo punto, si dovrebbe cominciare a definire il campo di applicazione ed a fornire una definizione univoca su cosa s’intenda per “spazio confinato”, per “atmosfera pericolosa” e per “permesso di lavoro”, facendo sparire il termine “ambienti sospetti d’inquinamento o confinati”.

 

Non è opera improba, si può anche copiare da ciò che hanno fatto in altri Paesi, specie gli anglosassoni …… ma non solo. Questo a condizione che i soliti “esperti” di cui si avvarrà il legislatore scendano dal piedistallo in cui si sono auto collocati ed abbiano l’umiltà intellettuale di attingere alle conoscenze già ampiamente diffuse anche tra coloro che operano sul campo da decenni e non dietro una scrivania in qualche ente o istituzione.

 

A seguire è necessario prevedere un doveroso collegamento con l’art. 28 riguardo l’obbligo del datore di lavoro inerente all’analisi e alla valutazione dei rischi (identificazione e valutazione dei rischi per gli spazi confinati e misure di prevenzione e protezione da adottare) con la previsione dei successivi aggiornamenti quando necessario.

 

Importante è richiedere al datore di lavoro dell’impresa che esegue i lavori all’interno dello spazio confinato, l’adozione di una serie di misure tecniche, organizzative e procedurali in funzione della tipologia degli spazi confinati per la cui classificazione si può utilizzare la notissima tabella del NIOSH dove sono state individuate tre distinte classi di rischio.

 

Poi è necessaria una specifica previsione riguardo l’informazione, l’addestramento e la formazione del personale coinvolto nell’esecuzione di lavori che necessitano l’accesso all’interno degli spazi confinati. L’attività formativa deve essere suddivisa in una parte teorica ed una pratica che comprenda le tecniche di monitoraggio atmosferico, l’interpretazione dei dati monitorati e le azioni conseguenti da attuare; importanti sono le esercitazioni pratiche di accesso agli spazi confinati nelle varie configurazioni, sui metodi di comunicazione da utilizzare durante la permanenza dello spazio confinato, sulle modalità d’impiego dei DPI e delle attrezzature di soccorso e, infine, le esercitazioni per il recupero di lavoratori, in caso d’emergenza, entro gli spazi confinati.

 

Importante è anche prevedere le modalità di coordinamento quando i lavori sono affidati ad imprese esecutrici o a lavoratori autonomi sia in regime di Titolo I (art. 26) che di Titolo IV. In quest’ultimo caso, il committente o il responsabile dei lavori quando designato, deve prevedere e coordinare l’attuazione, tramite i coordinatori della sicurezza, di tutte le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specificare nel PSC, l’obiettivo, le misure tecniche, organizzative e procedurali da adottare e le modalità di detto coordinamento compresa la preventiva informazione delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi sui rischi esistenti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e protezione e emergenza adottate in relazione alla propria attività.

 

Da non dimenticare la necessità di prevedere una specifica sorveglianza sanitaria per i lavoratori incaricati di svolgere lavori all’interno degli spazi confinati.

 

Vanno inoltre previste apposite disposizioni riguardanti le imprese familiari ed i lavoratori autonomi riguardo l’obbligo di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria, di frequentare corsi di formazione e addestramento e di dotarsi dei DPI compresi quelli di III categoria in relazione all’attività svolta nonché di avere disponibilità delle attrezzature e della strumentazione per la verifica dell’atmosfera all’interno degli spazi confinati.

 

Infine, un apposito articolo va dedicato alle misure d’emergenza dove il datore di lavoro deve garantire l’elaborazione di un piano d’emergenza in relazione agli spazi confinati individuati nella propria azienda o unità produttiva comprendente il coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale e dei Vigili del Fuoco; il piano d’emergenza deve indicare le modalità d’intervento, i compiti del personale addetto, le attrezzature di salvataggio necessarie e i DPI da utilizzare durante l’emergenza.

 

Quanto illustrato fino ad ora, insieme ad una serie di allegati (Permesso di Lavoro, contenuti minimi della procedura per l’esecuzione dei lavori entro gli spazi confinati, programma corsi di formazione e addestramento), potrebbe rappresentare l’articolato di un nuovo “Titolo del D. Lgs. n. 81/2008.

 

Come accennato precedentemente è necessario anche un intervento sulle norme esistenti.

Innanzi tutto, l’art. 66 (Lavori in ambienti sospetti di inquinamento) andrebbe abrogato in quanto sostituito dalle previsioni appena descritte.

 

L’art. 121 comma 1 andrebbe modificato evidenziando che i lavori oggetto dello stesso, devono rientrare tra quelli previsti dall’allegato X.

 

Il par. 3 dell’Allegato IV si dovrebbe modificare inserendo tra le tipologie citate anche i silos e le tramogge ed aggiungere come discriminante per tutte esse, la presenza, anche a livello potenziale, di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi o la carenza di ossigeno o la presenza di polveri infiammabili in grado di disperdersi in aria o, infine, il rischio di inghiottimento o intrappolamento.

 

Un intervento si rende necessario anche all’attuale testo del DPR n. 177/2011 cominciando dall’abrogare l’intero articolo 3. Il comma 3 dell’art.1 andrebbe modificato prevedendo che le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 2, devono operare in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture sia da parte del datore di lavoro committente che del semplice committente.

 

Attualmente, l’art. 3 comma 2 del DPR n. 177/2011 chiede al committente, di individuare un proprio rappresentante (RdC), con esperienza triennale specifica, adeguatamente addestrato, a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative, che vigili in funzione d’indirizzo e coordinamento delle attività svolte dai lavoratori impiegati dall’impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.

 

Visto come è formulato il contenuto di questo comma, appare evidente che il legislatore avesse in testa unicamente la tipica situazione di un appalto affidato da un datore di lavoro committente ad un’impresa all’interno di un luogo di lavoro di cui ha la piena disponibilità giuridica e cioè, il classico stabilimento dove il regime applicativo è quello del Titolo I con l'art. 26 che prevede, come documento programmatico di coordinamento, il DUVRI.

 

Nell'art. 26, il legislatore non aveva esplicitato la necessità di avere sistematicamente [2], per la gestione dell'appalto, un referente del datore di lavoro committente in grado di interloquire con le imprese esecutrici e verificare il rispetto di quanto previsto dal DUVRI.

 

Con il DPR n. 177/2011, visto il rischio potenziale dei lavori in appalto negli spazi confinati all'interno di un sito di cui l'appaltatore non ha una conoscenza approfondita, ha provato a colmare questa lacuna con il RdC quale referente del datore di lavoro committente per questa tipologia di lavori.

 

Facendo questo, però, si è dimenticato che i lavori negli spazi confinati possono essere eseguiti all'interno di un cantiere dove, in base al principio di specialità ed alla gerarchia delle fonti, le regole da applicare sono quelle del Titolo IV.

 

Inoltre, si è dimenticato che il Titolo IV si applica anche e soprattutto, ai casi in cui il committente non è anche "datore di lavoro" ma è semplicemente il sig. Rossi, privato cittadino.

 

Se il sig. Rossi ha affidato dei lavori a delle imprese e tale esecuzione necessita anche di accesso in un volume identificabile come spazio confinato, il sig. Rossi adempie ai suoi obblighi previsti dal Titolo IV mediante la nomina del CSP e CSE che redigono/adeguano in corso d’opera il PSC; il sig. Rossi, non essendo anche datore di lavoro ma solo "committente", non sarà tenuto ad adempiere a nessuno degli obblighi previsti dal DPR n. 177/2011 che parla sempre e solo di "datore di lavoro committente".

 

Il CSP prima e il CSE dopo, incaricati dal sig. Rossi, dovranno preoccuparsi del fatto che i lavori saranno eseguiti anche in uno spazio confinato e, pertanto, il CSP dovrà prevedere nel PSC le “regole” da rispettare (ivi compreso quello che è applicabile alle imprese esecutrici) e il CSE dovrà verificare che tali regole vengano rispettate durante l'esecuzione dei lavori.

 

Nel perimetro degli obblighi e delle responsabilità a carico del CSE del sig. Rossi (a quest’ultimo non è richiesto quanto previsto al comma 2 dell'art. 3 del DPR n. 177/2011 ma l'adempimento degli obblighi di cui al Titolo IV), rientreranno gli obblighi di verifica sull'operato delle imprese operanti anche nello spazio confinato.

 

Ciò perché in un cantiere dove sono presenti spazi confinati, il CSP e il CSE si dovranno sempre e comunque interessare della sicurezza di tali ambienti in quanto, sempre per il principio di specialità, in quel cantiere vige il Titolo IV, sovraordinato al DPR n. 177/2011.

 

Quindi non si può pensare che insieme al CSE si debba individuare un'altra figura per adempiere ad obblighi che già sono in capo al CSE creando una duplicazione di ruoli.

 

E ciò non vale solo per il cantiere dove il committente è un privato cittadino come il sig. Rossi.

Volendo ulteriormente approfondire la questione, vale la pena rimarcare che il legislatore non chiede di "designare" ma di "individuare" un Rappresentante del Committente (RdC).

 

Il termine "individuare" ha il seguente significato (Vocabolario Treccani):

•        <<Conferire a una realtà determinata il carattere che la distingue dalle altre>>;

•        <<Determinare, indicare, o riconoscere con precisione>>.

 

Quindi, questo termine è stato usato per distinguere tra un sistematico obbligo di nomina del RdC tout court in tutte le realtà aziendali dove si devono eseguire lavori in appalto in spazi confinati e l’individuazione formale di questi a fronte di una realtà organizzativa che è già caratterizzata dalla presenza di soggetti che, nello specifico contesto (in genere uno stabilimento con appalti in regime di art. 26 e DUVRI), in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, svolgono per il datore di lavoro committente questo incarico di referente per tale tipologia di lavori.

 

In un cantiere dove si svolgono lavori edili o d'ingegneria civile con l'applicazione del Titolo IV, l'organizzazione del committente ha già individuato tale soggetto nel CSP in fase progettuale e nel CSE in fase esecutiva.

 

Del resto, dall'entrata in vigore del DPR n. 177/2011, tutti i percorsi di aggiornamento ed i nuovi corsi per CSP/CSE hanno previsto corsi sugli “Spazi Confinati”. Pertanto, una preparazione teorica sull'argomento è patrimonio di questi professionisti.

 

Il fatto che non abbiano effettuato l'addestramento come richiesto dall’art. 3 comma 2 del DPR n. 177/2011, vista la funzione ricoperta, non ha alcuna ricaduta concreta in quanto non saranno mai chiamati come CSP/CSE, ad esempio, ad entrare in uno spazio confinato usando degli AVPR oppure a gestire una situazione d'emergenza andando a recuperare un infortunato.

 

Dovranno aver acquisito un competenza tecnico-organizzativa e procedurale che permetta loro di comprendere quali siano le specifiche problematiche di uno spazio confinato e le conseguenti misure tecniche, organizzative e procedurali da attuare ma non una competenza operativa alla stregua di un operatore che svolge una delle funzioni previste dalla specifica procedura adottata per eseguire questa attività (personale accedente, addetto sorveglianza, preposto supervisore, addetto emergenza, ecc.).

 

Questo è ciò che è stato fatto nella stragrande maggioranza dei corsi di aggiornamento per i CSP/CSE.

 

Pertanto, non si vede quale sia il problema derivante dal non aver individuato un RdC in un cantiere dove si eseguono lavori edili o d’ingegneria civile anche all’interno di spazi confinati, dove sono stati già designati sia il CSP che il CSE, essendo già il CSE, ex lege, obbligato a "coprire" con la sua attività anche i lavori eseguiti all'interno degli spazi confinati quando questi sono presenti nel cantiere.

 

In conclusione, possibili modifiche da apportare, ve ne sono.

 

Speriamo solo che non si debba aspettare l’ennesimo infortunio mortale multiplo per rivedere,  con il solito approccio da <<sistema prevenzionale da manutenzione a guasto>>, il coacervo di norme confusionarie sull’argomento.

 

 

Carmelo G. Catanoso

Ingegnere Consulente di Direzione



[1] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2011-11-08&atto.codiceRedazionale=011G0219&elenco30giorni=false

[2] L’art. 26 prevede, solo per i settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all’articolo 29, comma 6-ter, con riferimento sia all’attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell’impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, la possibilità, in alternativa alla redazione del DUVRI, dell’individuazione di un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all’incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell’ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento.



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Rispondi Autore: enzo raneri - likes: 0
03/02/2023 (05:49:42)
Non sono bastati fino a ora 11 anni per fare quello che era stato promessom di fare nei successivin tre mesi
Peraltro, siamo uno dei pochi paesi al mondo che non ha nemmeno una normativa tecnica sull'argomento (in USA ce ne una che ha piu di cento pagine), nonostante il prof Baccetta ci lavora da due decenni.
Avevamo partecipato con la nostra relazione al convegno organizzato dal prof Bacchetta a Milano, ma a me è sparito l'entusiasmo, anche dopo l'"insistente" violazione dell'art.3 comma 1 da parte di tutti i Committenti nel "concedere" informazioni (pena minacce di "espulsione" se si insiste nella richiesta).
Sicuramente "inquinamento" non è solo nello spazio confinato.
Rispondi Autore: massimo tansini - likes: 0
03/02/2023 (06:57:37)
tutte le volte che leggo un Suo articolo confermo che Lei sarebbe l'unico Ministro del Lavoro possibile.
grazie per i Suoi articoli
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
03/02/2023 (07:46:40)
Suvvia, Tansini, non esageriamo.

Ranieri, non ci siamo solo Bacchetta ed io ad occuparcene (il sottoscritto dal 1987) ma tanti altri validi professionisti, come ho avuto modo di verificare in tutti questi anni, che lavorano molto bene, hanno sviluppato approcci molto validi ma sono ignorati dai tanti "esperti da scrivania" che siedono ai tavoli tecnici del legislatore.
Del resto, su un mio precedente articolo su PS (Sistema prevenzionale da manutenzione a guasto) avevo già raccontato come si legifera in Italia e come il legislatore scegli gli "esperti" di cui si avvale.
Rispondi Autore: Raffaele Giovanni - likes: 0
03/02/2023 (11:01:35)
Magari i legislatori dessero retta a chi lavora veramente e suda sui luoghi di lavoro e non fidarsi dei soliti portaborse e persone che fanno solo filosofia. Di cose da aggiustare c'è ne e tante ...... Ciao a tutti
Rispondi Autore: Lino Emilio Ceruti - likes: 0
04/02/2023 (11:37:52)
Per fortuna il Legislatore della manutenzione a guasto non ti da ascolto Carmelo... lo fa per consentirci di rinforzare il fegato a pezzi.
Rispondi Autore: Alessandro Delena - likes: 0
21/02/2023 (07:09:06)
Concordo in pieno con la disamina, troppa confusione in questo ambito e la confusione, si sa, è nemica subdola. Chiarificare e snellire l'attuale apparato normativo è essenziale

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