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Spazi confinati: l’applicazione del decreto 81/2008
Modena, 4 Ago – Al di là del Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 che prevede un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi che operano nell’ambito degli ambienti confinati e sospetti di inquinamento, la principale normativa applicabile per la prevenzione degli incidenti nei cosiddetti “spazi confinati” è ancora il Decreto Legislativo 81/2008.
A ricordarlo e a riportare i risultati di alcune ricerche Inail per individuare le criticità e gli ambienti a rischio è un intervento al Quinto convegno nazionale sulle attività negli spazi confinati, dal titolo “ Confined Spaces: new perspective in Confined Spaces Safety”, un evento organizzato nell’ambito del progetto “ A Modena la sicurezza sul lavoro in pratica” dal Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla Sicurezza e Prevenzione dei Rischi C.R.I.S. in collaborazione con l'Associazione organismo di ricerca European Interdisciplinary Applied Research Center for Safety di Parma.
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In “Le attività di ricerca dell’INAIL nel campo degli ambienti sospetti di inquinamento e/o confinati”, intervento a cura dell’Ing. Luciano Di Donato (I° Tecnologo DIT Inail – ROMA Laboratorio Macchine ed Attrezzature di Lavoro), si riporta (riguardo al tema della verifica delle imprese) il testo della Lettera circolare del 27 giugno 2013 (DG Attività ispettiva del Ministero del Lavoro) sul precetto e sanzione relativa alla mancata verifica idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi.
Si sottolinea poi, come indicato nelle premesse dell’articolo, che in materia di spazi confinati la legislazione applicabile è il D.Lgs. 81/2008 (TU) che indica, ad esempio, che è “vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei”. E “quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione” (art. 66, D.Lgs. 81/2008).
Inoltre sempre l’articolo 66 indica che “l'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi”.
Si ricorda poi il contenuto dell’Allegato IV del TU (punto 3.1) e le indicazioni riguardo alle dimensioni dei passi d’uomo e aperture di accesso alle strutture di alcune norme tecniche (Norma UNI EN 124 punto n. 7.3, UNI EN 547 – Sicurezza del Macchinario e le misure antropometriche indicate dalla Norma UNI EN 547-3:2009). A questo proposito si ricorda “che una persona adulta occupa mediamente lo spazio di una elisse avente asse maggiore di 60 cm e asse minore di 45 cm. Tali dimensioni vanno aumentate qualora si preveda di utilizzare bombole o DPI che aumentino gli ingombri”. E le dimensioni vanno poi, dunque, “verificate in relazione alla necessità di ‘consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi’ (D.Lgs 81/08 art. 66 e allegato IV punto 3.1) e alle esigenze di utilizzo di specifiche attrezzature per il salvataggio (autorespiratori, barelle, ecc.)”.
Sono riportati poi numerosi riferimenti legislativi, anche con riferimento alla visita interna di generatori e la verifica di integrità: “l’importanza dell’identificazione precoce di eventuali difetti, deriva dalla considerazione che nei generatori di vapore, l’elevata energia immagazzinata, la notevole temperatura di lavoro delle lamiere del corpo a pressione, fanno sì che un’eventuale anomalia possa rapidamente evolvere in una rottura, con conseguente pericolo di scoppio per il fortissimo aumento di volume dovuto all’improvvisa vaporizzazione dell’acqua. Una caldaia a vapore ha il potenziale di una bomba: se si riporta su un grafico in ascisse il contenuto d'acqua e in ordinate la quantità di esplosivo in grado di generare l’equivalente effetto distruttivo, indicando con le linee inclinate nel diagramma le varie pressioni di esercizio, ci si può rendere conto dell’elevato potere distruttivo potenziale di questi sistemi”.
Si ricorda poi l’art. 121 sulla presenza di gas negli scavi: “quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, … condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose”. E quando “sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell’aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica i lavoratori devono essere provvisti di idonei D.P.I. delle vie respiratorie, ed essere muniti di idonei D.P.I. collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal personale addetto alla sorveglianza (in continuo collegamento con gli operai all’interno ed in grado di sollevare prontamente all’esterno il lavoratore)”.
Il relatore si sofferma poi sui risultati di 5 anni di osservazioni relativi a 149 accessi e 236 imprese (Osservatorio sul Lavoro di Roma) e riporta alcune indicazioni relative a specifiche situazioni.
Ad esempio “quando si applicano delle resine e in particolare quando dalla valutazione del rischio si è accertato che l’ambiente è confinato, va studiata con particolare attenzione la scheda di sicurezza”. Inoltre:
- “utilizzare un prodotto con un basso grado d infiammabilità (bassa percentuale di solventi);
- predisporre una ventilazione aspirante per impedire accumuli pericolosi;
- evitare quindi resine ad alto contenuto di solventi molto infiammabili (ad esempio resine stireniche e isoftaliche);
- evitare di utilizzare perossidi (i perossidi sono sostanze comburenti e quindi sono sostanze chimiche che possono dar luogo ad ossidazioni violente). evitare quindi resine isoftaliche;
- valutare e quindi evitare qualunque fonte di innesco;
- predisporre un estintore o un sistema antincendio adeguato alla tipologia di intervento;
- utilizzare i DPI di III categoria se previsti dall’analisi dei rischi; Per i rischi a lungo termine
- utilizzare resine che hanno basse percentuali di sostanze cancerogene e/o mutagene (quali ad esempio lo stirene gruppo 2° iarc) e fibre di vetro (si consultino documenti legislativi di riferimento e linea guida ad es. su fav del 25/03/2015).
Sono poi riportate specifiche informazioni sulle attività nelle piscine e vasche di compenso ed è ricordato, infine, il contenuto dell’art. 65 (TU) sui locali sotterranei o semisotterranei.
Articolo che indica che è “vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei”. In deroga a queste disposizioni, “possono essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima”.
E l’organo di vigilanza “può consentire l’uso dei locali chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi”, sempre che siano rispettate le norme del D. Lgs. 81/2008 e si sia provveduto ad assicurare le condizioni indicate sopra (e riportate nel comma 2 dell’art. 65).
“ Le attività di ricerca dell’INAIL nel campo degli ambienti sospetti di inquinamento e/o confinati”, a cura dell’Ing. Luciano Di Donato (I° Tecnologo DIT Inail – ROMA Laboratorio Macchine ed Attrezzature di Lavoro), intervento al V convegno nazionale sulle attività negli spazi confinati “Confined Spaces: new perspective in Confined Spaces Safety” (formato PDF, 3.51 MB).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0 | 04/08/2016 (11:14:35) |
Indubbiamente il legislatore ha emanato una norma specifica "monca". Apprezzo comunque ogni intervento effettuato da Professionisti ma l'impressione, mia e personale, è che sempre si faccia riferimento agli spazi confinati tralasciando il problema del "sospetti di inquinamento". E' vero che a differenza del DPR 177//11 le varie norme internazionali sono più tecniche e meglio specificate e questa è una mancanza di chi ha scritto il decreto. Focalizzerei meglio il problema nella prima parte del titolo. Il problema è che si tende sempre più spesso a vederne l'applicazione solo nei casi evidenti, tralasciando le banalità che, a mio parere, sono le più pericolose. Faccio un semplice esempio: Supponiamo di essere un meccanico riparatore, nel momento in cui devo eseguire una riparazione sotto scocca, mi rendo conto che se l'intervento lo faccio a motore freddo la situazione è molto diversa se devo per necessità temporale, eseguirla appena il veicolo mi entra in officina. E' in quel momento che nello spazio dove io devo operare c'è un'aria insalubre potenzialmente pericolosa e hai voglia di dire che rientra a pieno titolo nel DPR. Beh, in poche parole, non ho mai visto un documento, nè tantomeno un DVR dove si evincono tali situazioni e parlandone con "esperti" vengo preso per matto e visionario semplicemente perchè non è uno spazio confinato ...... provate a immaginare di entrare in una fossa di ispezione e infilarvi fino alle spalle sotto un veicolo caldo e poi chiedetevi se in quel momento è sospetto di inquinamento E .... non o ...... spazio confinato. |