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Le principali novità del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul lavoro

Le principali novità del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul lavoro
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Spazi confinati

29/07/2014

Un approfondimento sulle più recenti modifiche e precisazioni relative al D.Lgs. 81/2008: attrezzature, segnaletica, sorveglianza sanitaria, ambienti inquinati o confinati e formazione. Una raccolta di interpelli. A cura dell’ing. Fabio Lilliu.

Al di là dei decreti attuativi del Testo Unico e al di là dei decreti più conosciuti come il cosiddetto “decreto correttivo” del 2009 o il “decreto del fare” del 2013, il nostro D.Lgs. 81/2008 è soggetto a diverse variazioni e precisazioni nel tempo a seguito di modifiche normative o pubblicazioni di circolari e interpelli. Per parlarne ospitiamo un contributo di un nostro lettore, l’ing. Fabio Lilliu.

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Con diverse note riportate nelle ultime versioni del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, sono state apportate novità su vari argomenti. Le principali riguardano le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro e l’abilitazione degli operatori (artt. 71 e 73 del T.U.), la sorveglianza sanitaria (art. 41 del T.U.) e la qualificazione in ambienti sospetti di inquinamento o confinati (art 2 del D.P.R. 177/2011). A seguito di segnalazioni relative a parecchi infortuni sono stati trattati i requisiti di sicurezza delle benne miscelatrici per calcestruzzo e l’adeguamento di motocoltivatori (artt. 70 e 71 del T.U.).
Ulteriori chiarimenti si sono resi necessari in relazione alla rappresentazione grafica della segnaletica di sicurezza (confronto tra allegato XXV del T.U. e norma UNI EN ISO 7010:2012) e alla formazione in caso di trasferimento di lavoratori che mantengono la stessa qualifica da un servizio all’altro dell’azienda (art. 37 del T.U.).
 
Infine si riportano vari interpelli alla Commissione che si sono occupati, tra l’altro, di visite mediche preventive, imprese familiari, formazione, lavoro a domicilio e Documento di Valutazione dei Rischi.
 
1. Verifiche periodiche attrezzature
La Legge 125/13 di conversione in legge del Decreto-Legge 101/13 ha stabilito che, in riferimento alla prima verifica periodica, il datore di lavoro si avvale dell’INAIL che vi provvede nel termine di quarantacinque (e non più sessanta) giorni dalla richiesta. Le Circolari n. 18/13 del 23/05/13 e n. 31 del 18/07/13 del Ministero del Lavoro hanno fornito chiarimenti applicativi sui seguenti argomenti:
- Contenuti dell’indagine supplementare
- Verifiche periodiche sulle attrezzature in uso presso attività di cui al D.Lgs. 624/96
- Carrelli semoventi a braccio telescopico
- Piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne (PLAC)
- Scale per traslochi
- Elenco dei verificatori e dei responsabili tecnici e relativi sostituti
- Trasmissione registro informatizzato 
 
Contenuti dell’indagine supplementare (D.M. 11.04.11, allegato II, punto 2, lett. c)
 
 
Le ispezioni sono disposte dagli utilizzatori o dai proprietari delle gru o dei ponti mobili sviluppabili e includono esame visivo, prove non distruttive, prove funzionali e prove di funzionamento. Si stabilirà inoltre tipologia di utilizzo e regime di carico al quale la macchina è stata mediamente sottoposta. Per ricostruire la vita pregressa della macchina, saranno esaminati i registri di manutenzione e quelli di funzionamento e i verbali delle precedenti ispezioni. Più precisamente: 
- Esame visivo: da effettuarsi su ogni parte dell’apparecchio di sollevamento per individuare anomalie o scostamenti dalle normali condizioni; può essere coadiuvato da misurazioni, può essere necessario lo smontaggio della macchina o di sue parti
- Prove non distruttive (es.: liquidi penetranti, magnetoscopia): in base ai risultati dell’esame visivo, possono essere necessarie per accertare l’eventuale presenza di discontinuità nei componenti strutturali
- Controllo dei componenti strutturali e funzionali (es.: ralla di rotazione, riduttori, circuiti idraulici di azionamento)
- Prove funzionali: si controllano le funzioni di comandi, interruttori, indicatori e limitatori
- Prove di funzionamento: per individuare eventuali anomalie si esegue una prova a vuoto per tutti i movimenti dell’apparecchio di sollevamento senza l’utilizzo di carichi. La prova di carico sarà effettuata eseguendo i movimenti base con l’utilizzo del carico nominale
- Esito dell’ispezione: si registrano difetti e anomalie rilevate, interventi da eseguire ed eventuali limitazioni prima del riutilizzo; dall’analisi della vita pregressa e dal calcolo dei cicli effettuati, si stabilisce il numero di cicli residui tradotto in periodo di lavoro sicuro della macchina nelle normali condizioni di utilizzo.
 
Verifiche sulle attrezzature in uso presso attività di cui al D.Lgs.624/96
Il regime delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 c. 11 del D.Lgs. n. 81/08 non trova applicazione per le attrezzature utilizzate nelle attività estrattive di sostanze minerali di prima e seconda categoria di cui al D.Lgs. n. 624/96 per le quali continua a valere quanto stabilito dallo stesso decreto n. 624/96.
 
Carrelli semoventi a braccio telescopico
Per i carrelli con accessori o attrezzature intercambiabili per:
- sollevare carichi liberi di oscillare (es. ganci, bracci gru e jib)
- sollevare persone con cestello o piattaforma
il numero di matricola è assegnato alla macchina base.
 
Per i carrelli già rientranti nel previgente regime di verifica, perché attrezzati con accessori/attrezzature intercambiabili per il sollevamento cose (immatricolati come autogru) o sollevamento persone (immatricolati come ponti mobili sviluppabili su carro), il datore di lavoro, per accedere alle tariffe previste per i carrelli semoventi a braccio telescopico dotati di più accessori/attrezzature intercambiabili, comunica all’INAIL la messa in servizio del carrello, indicando i numeri di matricola precedentemente assegnati. Le matricole già assegnate verranno riassorbite dalla matricola associata al carrello, che diventerà l’unica identificativa dell’attrezzatura con tutte le funzioni aggiuntive.
 
Se le stesse attrezzature sono già state sottoposte a verifiche (da parte di INAIL o ASL/ARPA), rientrano nel regime delle verifiche periodiche successive, per cui non sarà necessario che il datore di lavoro richieda la prima verifica periodica ad INAIL.
 
Piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne (PLAC)
Dopo la comunicazione di messa in servizio, verrà assegnata alla PLAC una sola matricola. Le verifiche periodiche saranno effettuate nella configurazione posta in essere al momento della verifica.
 
Scale per traslochi
Con riferimento agli elevatori allestiti e trainati (porta materiali) si considera che le tipologie di attrezzature in allegato VII del D.Lgs. 81/2008 sono le stesse già soggette a precedenti norme in materia di verifiche periodiche (tra cui D.P.R. 547/55, D.M. 329/04, ecc.), salvo il caso in cui il legislatore ha voluto estendere l’obbligo delle stesse attraverso il D.Lgs. n. 106/2009 ad altre attrezzature (carrelli semoventi a braccio telescopico, ascensori e montacarichi da cantiere, piattaforme autosollevanti su colonne).
 
Per scale aeree ad inclinazione variabile si intendono scale con argano per lo sviluppo della volata e argano per il sollevamento della volata, con appoggio di base dotato di blocco per fissare l’inclinazione della volata nella posizione di lavoro, che consentono l’accesso in quota e le eventuali attrezzature utili al lavoro.
 
Quindi le scale per traslochi per il trasporto in quota di soli materiali (e non di persone), non sono soggette alle verifiche periodiche di cui all’art. 71 c. 11 del D.Lgs. n. 81/08.
 
 
Elenco dei verificatori e dei responsabili tecnici e relativi sostituti
È opportuno che i soggetti abilitati pubblichino sul proprio sito internet il relativo organigramma generale (matrice delle competenze) aggiornato.
Si ritiene inoltre che il verificatore del soggetto abilitato, all’accesso presso il datore di lavoro per effettuare la verifica periodica, esibisca copia della lettera di incarico (da parte di INAIL/ASL o del datore di lavoro) ed evidenza documentale della sua appartenenza all’elenco dei verificatori del soggetto abilitato.
 
Trasmissione registro informatizzato (D.M. 11.04.11, allegato III, punto 4.3)
I Soggetti abilitati trasmettono trimestralmente (15 aprile, 15 luglio, 15 ottobre e 15 gennaio) per via telematica il registro informatizzato delle verifiche periodiche attraverso il “Portale soggetti abilitati” predisposto da INAIL.
 
L’INAIL provvedera a garantire a ciascuna ASL/ARPA l’accesso in tempo reale e comunque entro 15 gg. dalle scadenze trimestrali a tutte le informazioni relative alle verifiche periodiche successive trasmesse sia dai Soggetti abilitati che dalle ASL/ARPA e inserite in banca dati.
 
Si ritiene che la relazione annuale di cui al punto 5.2 dell’Allegato III del D.M. 11.04.11 debba essere pubblicata nei tempi più brevi possibili, compatibilmente con la raccolta e l’elaborazione di un campione significativo delle informazioni desumibili dalla suddetta banca dati.
 
2. Abilitazione operatori attrezzature
L’art. 73 comma 5 del D.Lgs. 81/2008 disciplina l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali e richiesta una specifica abilitazione degli operatori, il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi, i requisiti minimi di validita della formazione e le condizioni equivalenti all’abilitazione.
 
La Conferenza tra Stato, Regioni e Province autonome del 22.02.12 ha poi regolamentato l’individuazione delle attrezzature per le quali e richiesta una specifica abilitazione degli operatori.
 
La Circolare n. 21/2013 del 10/06/2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito chiarimenti applicativi sui seguenti argomenti:
- Corso di aggiornamento
- Riconoscimento crediti formativi e formazione pregressa
- Abilitazioni
- Requisiti docenti
- Modulo pratico corsi per addetti alla conduzioni di gru a torre
- Lavoratori del settore agricolo
- Dichiarazione noleggio attrezzatura
 
Corso di aggiornamento (punto 6 dell’Accordo 22.02.12)
Il corso di aggiornamento puo essere svolto da un solo docente.
 
L’efficacia dell’abilitazione ha durata quinquennale il cui mantenimento è garantito dall’effettuazione di corsi di aggiornamento (di durata minima 4 ore, di cui almeno 3 ore relative agli argomenti dei moduli pratici) con periodicità almeno quinquennale.
 
Riconoscimento crediti formativi e formazione pregressa
In riferimento al punto 4.2 dell’Accordo 22.02.12, il modulo giuridico-normativo va effettuato una sola volta per ognuno dei seguenti gruppi di allegati:
- Allegati IV, V, VI e VII: gru per autocarro, gru a torre, carrelli elevatori semoventi con conducenti a bordo, gru mobili
- Allegati VIII e IX: trattori agricoli o forestali, escavatori, pale caricatrici frontali, terne e autoribaltabili a cingoli
- Allegato X: pompe per calcestruzzo.
 
La formazione pregressa dei corsi:
- di durata non inferiore a quella prevista dall’Accordo 22.02.12, composti di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale è riconosciuta senza bisogno di ulteriori condizioni e deve ritenersi che la validità di 5 anni decorra dall’entrata in vigore dell’Accordo
- di durata inferiore a quella prevista dall’Accordo, composti di modulo teorico, modulo pratico e verifica finale (integrati con l’aggiornamento entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dell’Accordo) e quelli di qualsiasi durata non completati da verifica finale (integrati con aggiornamento e verifica finale entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dell’Accordo) ha validità rispettivamente dalla data di aggiornamento e dalla data di superamento della verifica finale.
 
Per il riconoscimento dei corsi effettuati prima dell’entrata in vigore dell’Accordo, la documentazione del punto 9.3 dell’Accordo ha natura esemplificativa e non tassativa.
 
Abilitazioni
Le attrezzature per le quali si applicano le disposizioni dell’art. 73, comma 5 del D.Lgs. 81/2008 sono solo quelle elencate alla lettera A) punto 1 dell’Allegato A dell’Accordo 22.02.12 e rispondenti alle definizioni ivi riportate.  Sono ad esempio esclusi: ponti mobili sviluppabili ad azionamento manuale, piattaforme sottoponte senza comandi in piattaforma, trattori industriali di solo traino rimorchi o altro utilizzati ad esempio in area aeroportuale o ferroviaria, stabilimenti, magazzini, carrelli industriali semoventi senza sedile, ecc.
In riferimento al punto 1.0 dell’Allegato III e seguenti dell’Accordo 22.02.12, il lavoratore deve avere l’abilitazione per almeno una delle attrezzature di cui ai suddetti allegati, anche se con caratteristiche costruttive/funzionali diverse da quelle previste dall’allegato.
In riferimento all’Allegato VI dell’Accordo 22.02.12, se ai carrelli sono abbinati accessori tali che l’attrezzatura risultante risponda ad una delle definizioni comprese tra i punti di cui alle lettere da a) ad h) dell’Allegato A del medesimo Accordo, è necessaria l’acquisizione del corrispondente titolo abilitativo.
 
Requisiti docenti (Accordo 22.02.12 - Allegato A - punto 2.1)
I due requisiti di esperienza documentata, “sia nel settore della formazione sia nel settore della prevenzione”, devono essere contemporaneamente presenti per ogni docente dei moduli giuridico e tecnico (e non in senso alternativo). Per il docente dei moduli pratici è invece richiesta almeno “esperienza professionale pratica, documentata […] nelle tecniche dell’utilizzazione delle attrezzature”. Il docente può essere unico se soddisfa tutti i requisiti riferiti sia ai moduli giuridico e tecnico che al modulo pratico.
 
Modulo pratico corsi per addetti alla conduzioni di gru a torre (Accordo 22.02.12 - Allegato V – punto 3.3 e punto 4.2)
Con riferimento alla verifica finale, l’Accordo ha inteso semplificare: da almeno 2 prove per tipo di attrezzatura di cui ai punti 3.1 (gru a rotazione in basso) e 3.2 (gru a rotazione in alto) ad almeno 3 prove in totale per l’insieme delle attrezzature (gru a rotazione in basso e gru a rotazione in alto). Analoghe considerazioni restano valide per le attrezzature degli allegati III (PLE), VI (carrelli elevatori semoventi con conducenti a bordo) e IX (escavatori, pale caricatrici frontali, terne e autoribaltabili a cingoli).
 
Lavoratori del settore agricolo (Accordo 22.02.12 - punto 9.4)
Si intendono tutti i lavoratori che effettuano attività ricomprese tra quelle elencate all’articolo 2.135 c.c. (come modificato dal D.Lgs. n. 228/2001).
 
Dichiarazione noleggio attrezzatura (D.Lgs. 81/08 - art. 72 comma 2)
Chiunque noleggi o conceda in uso attrezzature di lavoro senza operatore deve acquisire e conservare per tutta la durata del noleggio o della concessione una dichiarazione redatta dal datore di lavoro con l’indicazione dei lavoratori incaricati dell’uso, la loro formazione secondo il Titolo III e, se si tratta di attrezzature di cui all’Accordo 22.02.12, il possesso della specifica abilitazione.
 
 
3. Benne miscelatrici calcestruzzo (Circolare n. 28/13 del 02/07/13 del Ministero del Lavoro)
A seguito di incidenti agli operatori addetti alla fase di scarico del calcestruzzo è stata evidenziata la necessità di ridurre ad un livello di sicurezza accettabile il rischio ribaltamento longitudinale.
A tal proposito, in caso di utilizzo di benne miscelatrici per calcestruzzo su caricatori compatti, per le quali il fabbricante della benna non ha indicato la compatibilità con specifici modelli di caricatori, è necessario verificare che la macchina operatrice abbia un carico operativo ammesso superiore alla massa massima della benna nelle condizioni di carico massimo tecnicamente possibile (peso benna più il peso del calcestruzzo); tale dato dovrebbe essere indicato nel manuale di istruzioni, ovvero in sua assenza, bisognerebbe contattare il fabbricante per chiedere una formale autorizzazione all’accoppiamento con il proprio caricatore compatto.
In caso di impossibilità a determinare la massa massima della benna miscelatrice, come sopra definita, e in mancanza di una esplicita autorizzazione all’accoppiamento da parte del costruttore, è fatto divieto di utilizzo di benne miscelatrici su caricatori compatti.
 
4. Segnaletica di sicurezza ( Circolare n. 30/13 del 16/07/13 del Ministero del Lavoro)
Dal confronto fra il D.Lgs. n. 81/08 e la norma UNI EN ISO 7010:2012, “Segni grafici - Colori e segnali di sicurezza - Segnali di sicurezza registrati” emergono differenti rappresentazioni grafiche che non equivocano il significato, rendendo equivalenti, al fine del loro utilizzo in ambito nazionale, i simboli; si ritiene quindi che l’uso della segnaletica di sicurezza prevista dalla norma non sia in contrasto con il D.Lgs. n. 81/08.
Nel caso di segnali previsti dalla norma e, viceversa, non previsti dal D.Lgs. n. 81/08 si ritiene idonea la segnaletica della norma, così come quella prevista dalle altre norme UNI.
 
5. Sorveglianza sanitaria accertamenti sieropositività HIV (Circolare prot.0010748 del 10/05/13 del Ministero della Salute)
La legge n. 135/90 ha previsto norme di tutela a favore dei lavoratori sieropositivi all’infezione da HIV o affetti da AIDS. L’art. 41 comma 3 lettera c) del D.Lgs. 81/2008 vieta, tra l’altro, accertamenti sanitari che potrebbero discriminare i soggetti di cui sopra.
 
Sotto il profilo scientifico, i farmaci retrovirali hanno abbattuto del 96% il livello di contagiosità, migliorando il quadro epidemiologico e prognostico dell’infezione.
Sotto il profilo giuridico-normativo, la sentenza n. 218/94 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 3 e 4 dell’art. 5 della legge n. 135/90, dove si escludono accertamenti sanitari per verificare l’assenza di siero-positività HIV per l’espletamento di attività comportanti rischio per la salute di terzi. Il principio seguito è che le malattie infettive e contagiose costituiscono un serio rischio di contagio e che è possibile la trasmissione in occasione e in ragione della particolarità dello svolgimento di un lavoro.
La Raccomandazione dell’OIL n. 200/10 su HIV/AIDS e mondo del lavoro, nel ribadire che non vi devono essere discriminazioni di persone in cerca di lavoro, in base alla reale o presunta sieropositività, e che a nessun lavoratore deve essere richiesto di effettuare il test HIV o di rivelare il proprio stato sierologico, ha sottolineato come la prevenzione della trasmissione dell’HIV sia una priorità fondamentale.
Va garantito, quindi, ai lavoratori un ambiente di lavoro sicuro e salubre, per prevenire la trasmissione dell’HIV sul luogo di lavoro. Si sottolinea che l’HIV non si trasmette attraverso il contatto occasionale e che la presenza di una persona sieropositiva non può rappresentare un rischio per la sicurezza.
Le norme che richiedono l’accertamento preliminare della sieronegatività, come condizione necessaria perché il lavoratore sia idoneo ad un servizio (es. forze di polizia/militari), hanno legittimazione nella sussistenza di una effettiva condizione di rischio che dall’esercizio dell’attività lavorativa vi sia per i terzi un concreto e reale rischio di contagio in occasione e in ragione dell’esercizio dell’attività stessa.
Resta da chiarire in quali circostanze e a quali condizioni l’indagine sierologica per l’HIV può e deve essere effettuata a tutela della salute del lavoratore.
Al riguardo, il riferimento principale è il documento di valutazione dei rischi, dal quale deve risultare chiaramente il criterio utilizzato per accertare il rischio concreto di trasmissione HIV, anche in relazione alla qualifica e alla condizioni di salute del lavoratore.
Quindi la legittimità dell’esecuzione del test in via preventiva, dovrà essere giustificata dal livello di rischio individuale di esposizione, valutato caso per caso dal medico competente.
Tale indagine clinica non potrà essere effettuata indiscriminatamente su tutti i lavoratori, in associazione con l’adozione di misure d’igiene e di prevenzione universale, ad eccezione dei casi in cui sia strettamente giustificato dall’alto rischio espositivo individuale, dal momento che nessuno può essere sottoposto senza il proprio consenso ad analisi per accertare l’infezione da HIV se non per motivi di necessità nel suo interesse.
La verifica di una particolare condizione di rischio per la salute e la relativa necessità di effettuare o meno un monitoraggio preventivo rientra nelle attribuzioni del medico competente che è tenuto a collaborare alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione della sorveglianza sanitaria di cui all’art. 41 del D.Lgs. 81/08; al riguardo appaiono opportune delle precisazioni:
 
Visita medica preventiva in fase pre-assuntiva:  il D.Lgs. 81/08 ha introdotto la facoltà per il datore di lavoro di richiedere delle visite mediche preventive preassuntive, effettuate dal medico competente o anche dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. Considerando quanto esposto sotto il profilo scientifico e giuridiconormativo, non trova valida motivazione l’esecuzione del test per accertare una sieronegatività, dal momento che in ogni caso un accertamento di sieropositività non può costituire motivo di discriminazione nell’accesso al lavoro;
Visita medica preventiva di idoneità alla mansione e visite periodiche: servono per accertare l’assenza di controindicazioni al lavoro rispetto ai rischi per la salute. Quindi se, con l’apporto del medico competente, la valutazione dei rischi ha evidenziato un elevato rischio di contrarre l’infezione HIV, lo stesso medico dovrà prevedere, secondo criteri indirizzi scientifici avanzati, la necessità o meno di effettuare un monitoraggio individuale, fermo restando l’obbligo di fornire al lavoratore informazioni sul significato della sorveglianza sanitaria e sulla necessità di sottoporsi al test, quale misura di controllo sanitario a tutela della sua salute.
 
 
6. Ambienti inquinati o confinati (Nota del 27/06/2013 della Direzione generale per l’attività ispettiva)
L’art. 27 del D.Lgs. 81/2008 disciplina la qualificazione di imprese e lavoratori autonomi; quella in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti è stata poi regolamentata dal D.P.R. 177/2011 che prevede che l’attività lavorativa in questi ambienti può essere svolta solo da imprese o lavoratori autonomi in possesso dei requisiti previsti.
 
Il comma 1 lett. c) dell’art. 2 del D.P.R 177/01 prevede la “presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. 276/03. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto”.  La misura del 30% è riferita al personale impiegato su quello specifico lavoro che esegue le attività di cui all’art. 1, comma 2, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda.
L’art. 2 comma 2 del D.P.R. 177/11 prevede che “in relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. 276/03. Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi di imprese o lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate”. Quindi la certificazione dei contratti di lavoro assume una valenza obbligatoria e non più facoltativa.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione, il regolamento “si applica ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento di cui agli artt. 66 e 121 del D.Lgs. 81/08 e negli ambienti confinati di cui all’allegato IV punto 3, del medesimo decreto” (art.1 c. 2 D.P.R. 177/11).
Inoltre le disposizioni relative a subappalto (art. 2 comma 2) e coordinamento (art. 3 commi 1 e 2) vigono solo “in caso di affidamento del datore di lavoro di lavori, servizi e forniture a impresa appaltatrice o lavoratori autonomi all’interno della propria azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo” (art. 1 c. 3 D.P.R. 177/11). Pertanto la restante parte del D.P.R. 177/11 è applicabile anche a chi svolge i lavori in ambienti confinati o sospetti di inquinamento senza ricorso ad appaltatori o a lavoratori autonomi esterni.
In caso di appalto/subappalto di lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, il committente applica l’art. 26 del D.Lgs. 81/08 e il D.P.R. 177/11. La verifica dell’idoneità tecnico professionale consta nell’acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato e di quanto previsto dall’art. 2 del D.P.R. 177/11.
 
7. Adeguamento motocoltivatori (Circolare n. 41/13 del 25/10/13 del Ministero del Lavoro) I dati aggiornati al 30 Settembre 2013 dell’osservatorio infortuni nel settore agricolo/forestale dell’INAIL evidenziano che nel 2013 l’utilizzo delle macchine in oggetto ha determinato 58 infortuni, di cui 13 mortali.
Il rischio più grave a cui è esposto l’operatore alla guida è il contatto non intenzionale con gli utensili di lavoro. Il pericolo può essere significativamente ridotto quanto a frequenza di avvenimento ed entità delle conseguenze attraverso l’installazione di opportuni accorgimenti tecnici.
Un rilevante numero di motocoltivatori e motozappatrici già in servizio e di costruzione antecedente alla data di entrata in vigore della cosiddetta direttiva Macchine (direttiva 98/37/CE sostituita, a partire dal 29.12.10, dalla direttiva 2006/42/CE) non sono conformi ai requisiti di sicurezza previsti dall’allegato V al D.Lgs. 81/08.
 
L’INAIL ha pubblicato un documento tecnico per l’adeguamento di motocoltivatori e motozappatrici, consultabile sul sito INAIL cliccando su questo link.
Il documento è applicabile alle macchine costruite prima del 21.09.96; si ritiene che rappresenti l’attuale stato delle conoscenze tecnologiche e che possa costituire un valido riferimento tecnico del quale ci si può avvalere per gli adempimenti previsti.
 
 
8. Formazione trasferimento mansione (Nota del 27/11/13 della Direzione generale attività ispettiva)
 
Richiesta di parere: Necessità di provvedere alla formazione, ex art. 37 comma 4 lett. b) del D.Lgs. 81/08 di lavoratori che siano stati meramente trasferiti da un servizio all’altro (reparto o ufficio) della medesima azienda, mantenendo la medesima qualifica.
 
Indicazioni fornite: Il discrimine dell’art. 37 comma 4 lett. b) del D.Lgs. 81/2008 attiene non già alla variazione di qualifica bensì alla variazione di mansione e/o al trasferimento.
 La necessità di integrare la formazione del lavoratore nel caso in cui lo stesso venga trasferito nell’ambito della stessa azienda andrà dunque valutata in considerazione della prestazione di lavoro nel nuovo servizio (reparto o ufficio) al quale è trasferito, che potrebbe esporre il lavoratore a rischi sui quali non è stato precedentemente formato (ad es. nuove procedure operative e di emergenza da seguire), avendo riferimento anche al luogo in cui essa è ubicata (ad es. in caso di differenze sostanziali della nuova postazione di lavoro e delle relative dotazioni, e di variazione delle vie e delle uscite di emergenza).
Se il lavoratore, pur mantenendo la stessa qualifica, viene destinato a mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, dovrà essere sottoposto ad una formazione specifica.
Se, invece, il lavoratore viene trasferito ad altro reparto/ufficio della stessa unità produttiva, pur svolgendo le stesse mansioni, il datore di lavoro dovrà considerare l’opportunità di programmare gli eventuali aggiornamenti formativi necessari tenendo conto, anche sulla scorta del DVR, della sussistenza di effettive e concrete esigenze di adeguamento del patrimonio formativo del dipendente.
 
 
9. Interpelli alla Commissione
- Visita medica preventiva
- Imprese familiari
- Formazione addetti emergenze
- Accordo Stato-Regioni del 21/12/11
- Obbligatorietà DVR, sicurezza pareti vetrate, spogliatoi e armadi per vestiario in strutture penitenziarie
- Lavoro a domicilio
- Limiti utilizzo procedure standardizzate
- Sigarette elettroniche
 
Visita medica preventiva in caso di riassunzione dopo breve periodo di cessazione del rapporto di lavoro ( interpello n. 8 del 24/10/13)
Si chiede di sapere “se la previsione di visita medica preventiva di cui all’art. 41, comma 2, lett. a) del decreto debba ritenersi dovere operare ogni qualvolta il datore di lavoro provvede ad effettuare l'assunzione del lavoratore o se nel caso in cui vi siano assunzioni dello stesso lavoratore successive ad una interruzione del rapporto di lavoro, per mansioni uguali o sostanzialmente collegate allo stesso rischio, per il quale sia trascorso un termine breve e comunque entro la periodicità prevista dal medico competente per la visita successiva non necessita una nuova visita preventiva.”
Indicazioni: Nel caso di assunzioni successive, qualora il lavoratore sia impiegato in mansioni che lo espongono allo stesso rischio nel corso del periodo di validità della visita preventiva o della visita periodica di cui all’art. 41, comma 2, lett. b) del D.Lgs. n. 81/2008 e comunque per un periodo non superiore ad un anno, il datore di lavoro non è tenuto ad effettuare una nuova visita preventiva, in quanto la situazione sanitaria del lavoratore risulta conosciuta dal medico competente.
 
Imprese familiari ( interpello n. 9 del 24/10/13)
Si chiede di conoscere il parere in merito all’applicazione del D.Lgs. n. 81/08 alla “impresa familiare di fatto - ai sensi dell’art.230 bis del Codice Civile - che opera con collaboratori senza essersi costituita con atto espresso: atto notarile dichiarativo.”
Indicazioni: Si ritiene sia possibile costituire, ai sensi dell’art. 230 bis del codice civile, un’impresa familiare senza la necessità di uno specifico atto notarile.
Ai fini dell’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, alle imprese familiari si applica l’art. 21 del D.Lgs. n. 81/08.
 
Formazione addetti alla gestione delle emergenze per la prevenzione incendi, DM 10/03/98 ( interpello n. 10 del 24/10/13)
Si chiede di conoscere il parere in merito ai corsi tenuti dagli ingegneri abilitati ai sensi della legge n. 818/84, in particolare se il professionista sia:
1. adeguatamente titolato, agli effetti del DM 10/03/98, quale soggetto formatore per gli addetti alle aziende valutate a rischio medio e basso
2. abilitato al rilascio di attestati di frequenza per gli stessi corsi e se tali attestati siano validi agli effetti della documentazione e della formazione prevista nel D.Lgs. n. 81/08
Indicazioni: Il DM 10/03/98 non prevede né requisiti specifici né titoli ai fini dell’idoneità del soggetto formatore per gli addetti all’emergenza. I soggetti formatori devono possedere competenza nella materia antincendio. Pertanto si ritiene che gli ingegneri, abilitati ai sensi della legge n. 818/84, possano svolgere i corsi per addetti all’emergenza e, quindi, rilasciare i relativi attestati di frequenza. Inoltre, per le aziende individuate dall’allegato X del decreto, “i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze”, debbano conseguire “l'attestato di idoneità tecnica di cui all'art.
 3 della legge 609/96”.
 Si ritengono validi ai fini della formazione prevista dall’art. 37, comma 9, del D.Lgs. n. 81/08 i suddetti attestati.
 
Accordo Stato-Regioni del 21/12/11 ( interpello n. 11 del 24/10/13)
Si chiede di sapere se la durata ed i contenuti della formazione dei lavoratori possa prescindere dall’appartenenza ad uno specifico settore Ateco e possa essere tarata sulla effettiva condizione di rischio che si rileva, per ciascuna attività lavorativa, a valle del processo di valutazione.
L’accordo Stato Regioni del 21/12/11 disciplina la formazione da erogare al lavoratore e, costituisce un percorso minimo da organizzare ed integrare sulla base delle risultanze della valutazione dei rischi.
Indicazioni: L’art. 37, comma 1, del D.Lgs. n. 81/08, prevede che “il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento ai […] rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda”.
La formazione, che deve essere “sufficiente ed adeguata”, va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi; pertanto la durata del corso può prescindere dal codice Ateco di appartenenza dell’azienda.
 
Obbligatorietà DVR, sicurezza pareti vetrate, spogliatoi e armadi per vestiario in strutture penitenziarie ( interpello n. 12 del 24/10/13)
Si chiede si conoscere il parere in merito a:
1. obbligatorietà del DVR all’interno di strutture e servizi penitenziari
2. applicazione dell’allegato IV punto 1.3.6 del D.Lgs. n. 81/08
3. predisposizione di spogliatoi ed armadi per il vestiario a favore del personale di Polizia penitenziaria.
Indicazioni:
1. Il datore di lavoro deve tener conto, nell’elaborazione del DVR, delle esigenze particolari individuate negli articoli 1 e 2 del DM 388/97
2. Non essendo state disciplinate ai fini della sicurezza le caratteristiche delle superfici vetrate, ad esse si applica il p. 1.3.6 dell’all. IV del D.Lgs. n. 81/08
3. Trova applicazione il punto 1.12 dell’allegato IV del D.Lgs. n. 81/08 le cui previsioni vanno attuate secondo i risultati della valutazione dei rischi.
 
Lavoro a domicilio - obbligo di informazione, formazione e addestramento ( interpello n. 13 del 24/10/13)
Si chiede di sapere “se per i lavoratori a domicilio, che risultano dipendenti di un’azienda, ma che hanno come luogo di lavoro la propria abitazione, il datore di lavoro debba fornire a proprie spese tutta l’informazione, la formazione e l’addestramento previsto per i lavoratori dal D.Lgs. n. 81/08, in particolare la formazione prevista dai recenti accordi Stato-Regioni e la formazione per addetto al primo soccorso e addetto all’antincendio. Inoltre si chiede di sapere se l’abitazione del lavoratore sia da considerarsi a tutti gli effetti un luogo di lavoro, così come definito dal D.Lgs. n. 81/08, e debba pertanto essere oggetto di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro.”
Indicazioni: Il datore di lavoro è tenuto a fornire un’adeguata informazione e formazione nel rispetto di quanto previsto dall’accordo Stato Regioni del 21/12/11 e non anche quella specifica per il primo soccorso e antincendio. Il domicilio non è considerato luogo di lavoro, ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. n. 81/08.
 
Limiti utilizzo procedure standardizzate ( interpello n. 14 del 24/10/13)
Si chiede di conoscere il parere in merito al possibile utilizzo delle procedure standardizzate per le aziende che occupano fino a 50 lavoratori, il cui rischio chimico sia risultato “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori” e il cui rischio biologico sia risultato “non evidenzia rischi per la salute dei lavoratori”.
 Inoltre si chiede se tutte le aziende che occupano fino a 50 lavoratori, il cui rischio chimico sia risultato “non basso per la sicurezza e/o non irrilevante per la salute dei lavoratori” e il cui rischio biologico “evidenzia rischi per la salute dei lavoratori” non debbano utilizzare le procedure standardizzate oppure se vi siano esclusioni per alcune attività lavorative per le quali sia comunque consentita la valutazione dei rischi utilizzando le procedure standardizzate.
Indicazioni: L’art. 224 comma 2 del D.Lgs. n. 81/08 prevede che “se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230”.
Quando a seguito della valutazione risulta che in azienda non si svolgono attività che espongono i lavoratori al rischio chimico (vedi art. 29 comma 7 lett. b) D.Lgs. n. 81/08), il datore di lavoro di un’impresa che occupa fino a 50 lavoratori può adottare le procedure standardizzate. Vista l’analogia delle disposizioni di riferimento (vedi art. 271 comma 4 D.Lgs. n. 81/08), e considerazioni su esposte valgono anche per il rischio biologico. Qualora dall’esito della valutazione dei rischi non ricorrano le condizioni di mancata esposizione appena richiamate, non sarà possibile utilizzare le procedure standardizzate.
 
Sigarette elettroniche - estensione della normativa sul divieto di fumo ( interpello n. 15 del 24/10/13)
Si chiede di sapere se, alla luce delle informazioni scientifiche disponibili secondo cui le sigarette elettroniche con nicotina presentano potenziali livelli di assunzione per i quali non è possibile escludere rischi per la salute, il divieto di fumo, di cui alla legge n. 3/03 debba essere esteso anche a tali dispositivi elettronici.
Indicazioni: Si ritiene che in mancanza di una specifica previsione normativa, non sia applicabile alle sigarette elettroniche il divieto di fumo previsto dall’art. 51 della legge n. 3/03 a tutela della salute dei non fumatori.
La valutazione dei rischi dovrà tener conto del rischio cui l’utilizzazione della sigaretta elettronica può esporre i lavoratori, in ragione delle sostanze che possono essere inalate, a seguito del processo di vaporizzazione (nicotina e sostanze associate).
 
 
Ing. Fabio Lilliu
 
 
 
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Rispondi Autore: Angelo C. - likes: 0
29/07/2014 (09:28:52)
Relativamente all'interpello 11 del 24.10.2013 sulla formazione e durata dei corsi per i lavoratori - la formazione, che deve essere “sufficiente ed adeguata”, va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi; pertanto la durata del corso può prescindere dal codice Ateco di appartenenza dell’azienda. - vale secondo voi anche nel caso di datore di lavoro che riveste l'incarico di RSPP per la sua azienda? Nella visura camerale è indicato un codice ATECO molto ampio che fa rientrare la formazione in medio o alto rischio. Se l'effettiva attività è invece a rischio basso es. uffici, quale corso deve sostenere? A logica direi basso rischio ma spesso la logica si scontra con la normativa e non ho trovato conferma alcuna relativamente a questa possibilità. Cosa ne pensate e soprattutto conoscete dei riferimenti normativi o linee guida utili in proposito?

Grazie
Rispondi Autore: Vito Pietro Signorello - likes: 0
29/07/2014 (10:16:36)
Ad Angelo C.
Per quanto ne so la frase "la formazione, che deve essere “sufficiente ed adeguata”, va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi" è da considerarsi reale in quanto nella stessa azienda possono esserci varie mansioni con rischi differenti (uffici, magazzino, produzione) e i lavoratori non devono ricevere formazione per l'ATECO generale dell'azienda ma solo sulla reale loro esposizione al rischio. In questo caso ci sarà una formazione differenziata per i lavoratori della stessa azienda e che svolgono mansioni a diverso livello di rischio (uffici, magazzino, produzione). Attenzione a valutare bene le mansioni perché possono esserci lavoratori che sono inquadrati come impiegati (ufficio) ma che nello svolgimento delle loro mansioni possono interagire con gli altri reparti aziendali (magazzino e/o produzione) per cui, in questi casi, deve essere prevista una formazione adeguata (che comunque dovrebbe già essere messa in luce nella valutazione dei rischi).
Rispondi Autore: Angelo C. - likes: 0
29/07/2014 (11:49:11)
Buongiorno Vito,
forse mi sono espresso male.
Esempio reale: azienda che in visura camerale ha indicato che si occupa di istruzione (rischio medio ateco) ma che l'effettiva attività svolta dall'azienda è quella di promuovere via internet corsi di formazione che vengono poi erogati da terzi. In pratica l'attività svolta dall'azienda è puramente normale attività d'ufficio (ateco rischio basso). I lavoratori seguiranno corsi di formazione di durata pari a ore 8 (rischio basso) visto anche quanto previsto dall'interpello stesso.
La domanda invece è se il datore di lavoro che rivestirà l'incarico di RSPP, dovrà seguire il corso rischio medio (istruzione da visura) o rischio basso (effettiva attività esercitata)? La logica indicherebbe rischio basso e vale quanto previsto per i lavoratori. La normativa invece indicherebbe rischio medio.
Rispondi Autore: Vito Pietro Signorello - likes: 0
29/07/2014 (11:58:07)
Ciao Angelo
io direi che il datore di lavoro in veste di RSPP deve fare il corso per l'ATECO dichiarato e non per il rischio basso in quanto, avendo dichiarato una determinata tipologia di attività, significa che ha la possibilità di farla e quindi, anche se al momento non fa tutto quello che gli è consentito, potrebbe farlo in un futuro e quindi deve essere preparato ad affrontare le nuove situazioni che ha già previsto dichiarando un ATECO.
Rispondi Autore: Angelo C. - likes: 0
29/07/2014 (12:34:18)
Vista così, effettivamente potrebbe essere corretto.

Grazie
Rispondi Autore: Maurizio Cappai RSPP - likes: 0
29/07/2014 (17:30:42)
Non dovrebbe essere necessario, ma in appoggio al collega Signorello:

Il lavoratore riceve formazione relativa al livello massimo di rischio prevedibile o statisticamente applicabile per la sua mansione nel comparto o settore Ateco di appartenenza. Altrimenti, perché fornire 4 ore di formazione sui rischi specifici ad una segretaria nemmeno definibile “videoterminalista”? Di cosa le dovremmo parlare noi formatori se usa in VDT solo per vedere la posta, la stampante per tre lettere alla settimana e le fotocopie le fa fuori dell’ufficio?
Così come il Datore di Lavoro dovrebbe essere messo in grado di affrontare, eliminare, ridurre tutti i rischi presenti nella attività prevista dall’organizzazione aziendale, che questi siano al momento presenti o no (il chirurgo viene addestrato per l’appendicectomia, se nella sua carriera mette solo cerotti, meglio per lui e per i suoi pazienti, ma un giorno potrebbe trovarsi di fronte alla necessità di una tracheotomia….)
Rispondi Autore: Maurizio Cappai RSPP - likes: 0
29/07/2014 (17:55:44)
Non dovrebbe essere necessario, ma in appoggio al collega Signorello:

Il lavoratore riceve formazione relativa al livello massimo di rischio prevedibile o statisticamente applicabile per la sua mansione nel comparto o settore Ateco di appartenenza. Altrimenti, perché fornire 4 ore di formazione sui rischi specifici ad una segretaria nemmeno definibile “videoterminalista”? Di cosa le dovremmo parlare noi formatori se usa in VDT solo per vedere la posta, la stampante per tre lettere alla settimana e le fotocopie le fa fuori dell’ufficio?
Così come il Datore di Lavoro dovrebbe essere messo in grado di affrontare, eliminare, ridurre tutti i rischi presenti nella attività prevista dall’organizzazione aziendale, che questi siano al momento presenti o no (il chirurgo viene addestrato per l’appendicectomia, se nella sua carriera mette solo cerotti, meglio per lui e per i suoi pazienti, ma un giorno potrebbe trovarsi di fronte alla necessità di una tracheotomia….)

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