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Le allergie da pollini di alberi ed erbe: gli effetti sulla salute umana

Le allergie da pollini di alberi ed erbe: gli effetti sulla salute umana
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Sorveglianza sanitaria, malattie professionali

30/06/2025

Un manuale dell’Inail si sofferma sulle allergie da pollini e sull’esposizione in ambito occupazionale. Focus sui pollini allergenici di alcune piante arboree ed erbacee. I principali effetti sulla salute umana.

Le allergie da pollini di alberi ed erbe: gli effetti sulla salute umana

Un manuale dell’Inail si sofferma sulle allergie da pollini e sull’esposizione in ambito occupazionale. Focus sui pollini allergenici di alcune piante arboree ed erbacee. I principali effetti sulla salute umana.

Roma, 30 Giu – Nei luoghi di lavoro il miglioramento della prevenzione delle malattie professionali passa anche attraverso la riduzione delle fonti di inquinamento, anche di origine biologica, in grado di incidere sulla salute dei lavoratori.

E a questo proposito non bisogna dimenticare che i cambiamenti climatici, gli eventi estremi e gli incrementi delle temperature, “con il conseguente aumento della produzione pollinica e del prolungamento delle fioriture, impattano notevolmente sull’ecosistema, sulle patologie allergiche e asmatiche” anche in ambito lavorativo.

 

A ricordarlo è il documento “ Allergie da pollini: esposizione in ambito occupazionale. Manuale informativo. Approccio integrato e multidisciplinare” prodotto nel 2025 dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’ Inail.

 

Il documento, su cui ci siamo già soffermati in passato e che raccoglie molti contributi sul tema, sottolinea che l’esposizione a pollini può, dunque, determinare, nei soggetti suscettibili, “ patologie allergiche quali asma, rinite, congiuntivite, dermatite”.

E, in alcuni casi, l’esposizione a determinati allergeni “può portare a reazioni estreme, come l’anafilassi allergica, che consiste in una grave reazione allergica, generalizzata o sistemica, con possibilità di esiti anche fatali”.

 

Se ne parla, in particolare, nel contributo dal titolo “Effetti dei pollini sulla salute umana” e a cura di R. Ariano ( Aaiito - Associazione allergologi ed immunologi italiani territoriali ed ospedalieri).

 

Nel presentare questo contributo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:

  • Allergie da pollini: i problemi con le piante arboree
  • Allergie da pollini: i problemi con le piante erbacee
  • Allergie da pollini: gli effetti sulla salute umana

 



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Allergie da pollini: i problemi con le piante arboree

Il contributo, dopo aver parlato della scoperta nel passato dei fenomeni allergici, si sofferma sui pollini allergenici di piante e di erbe, ricordando che le manifestazioni cliniche causate dai granuli pollinici nei soggetti allergici “sono numerose e prevalentemente a carico dell’apparato respiratorio. Le più note sono la rinocongiuntivite e l’ asma bronchiale”.

 

Ci soffermiamo brevemente sui i pollini maggiormente allergenici provenienti da piante arboree.

 

Si ricorda che gli alberi che più comunemente causano allergia “appartengono all’ordine delle Fagales (betulla, ontano, faggio, nocciolo, quercia), delle Lamiales (frassino, ligustro, oliva, lilla), delle Pinales (cipresso, cedro giapponese, ginepro) e delle Proteales (platano, sicomoro)”.

 

Riguardo all’ordine Fagales si segnala che la causa più rilevante di allergia “è rappresentata dai pollini di betulla, seguita da ontano e nocciolo. Il periodo di fioritura della betulla inizia alla fine di marzo in Europa occidentale, da inizio a metà aprile in Europa centrale e orientale e da fine aprile a fine maggio nel Nord Europa. La stagione è estremamente dipendente dalle condizioni meteorologiche, in particolare dalla temperatura media. Nocciolo e ontano iniziano presto, da dicembre, seguiti da betulla, carpino e carpino nero, successivamente da quercia e faggio in primavera. Il castagno fiorisce in giugno e luglio”.

Si segnala che la prevalenza delle sensibilizzazioni nei confronti della betulla, in Italia, “va dal 5% al 33% a seconda delle regioni, con percentuali minori al Sud”. 

 

Si indica poi che gli alberi appartenenti alla famiglia delle Oleaceae, ordine Lamiales, “sono una delle cause più importanti di allergia respiratoria anche nell'area mediterranea. La famiglia delle Oleaceae comprende quattro generi principali: olivo (Olea europaea), frassino europeo (Fraxinus excelsior), lilla (Syringa vulgaris) e ligustro comune (Ligustrum vulgare), tutti in grado di provocare sensibilizzazione alle IgE”.

Si indica poi che il periodo di impollinazione “va da aprile a giugno nelle regioni più calde e in presenza di olivo l'allergia tra i pazienti che soffrono di allergia ai pollini degli alberi è circa il 30 - 40% in Italia”. E la stagione dei pollini di frassino “inizia a fine inverno”.

 

Si segnala poi che nelle regioni mediterranee gli alberi della famiglia delle Cupressaceae (ordine Pinales) “fioriscono durante l’inverno, quando nessun'altra pianta allergenica fiorisce”. E la fioritura delle piante di questa famiglia (cipresso) “copre un ampio periodo, da gennaio ad aprile, mostrando un'elevata variabilità di anno in anno, a seconda delle condizioni meteorologiche”.

Questa pollinosi, che viene definita come “pollinosi invernale”, è “spesso confusa, da parte di chi non la conosce, con una rinite virale a causa della sua insorgenza nel periodo più freddo dell’anno”.

 

Infine, si indica che gli alberi della famiglia del platano (ad es. Platanus acerifolia), dell’ordine Proteales, sono specie comuni molto diffuse nel Sud Europa, “con una stagione di fioritura breve ma intensa, da marzo ad aprile, caratterizzata da conte elevate”.

 

Il contributo, a cui rimandiamo, si sofferma ampiamente su molti altri aspetti anche con riferimento al fenomeno della reattività crociata allergica.

 

Allergie da pollini: i problemi con le piante erbacee

Veniamo alle allergie da pollini di erbe.

 

Si parla, ad esempio della famiglia delle Poaceae (Graminacee) che rappresenta una delle principali fonti di allergeni, con fioritura che inizia in primavera e dura tutta l'estate. La sintomatologia “è costituita da rinocongiuntiviti, ma anche da crisi asmatiche isolate o associate ad altre manifestazioni allergiche”. E in alcune specie, come Lolium perenne, “gli allergeni del polline sono presenti anche nelle foglie e questo spiega i casi di manifestazioni cutanee dopo contatto con le parti vegetali della pianta”.

Si segnala che la prevalenza “va dal 75% nella pianura padana sino al 40% al Sud e nelle isole. L’insieme delle varie specie copre un arco di tempo di fioritura che va da marzo sino ad ottobre, con picchi tra maggio e giugno”.

 

Si parla poi della famiglia delle Composite, “importanti fonti di allergeni, ad alta allergenicità”, che “fioriscono tipicamente in estate fino all’autunno”. Vi appartengono, ad esempio, “erbe infestanti comuni, come ambrosia, artemisia”.

Si ricorda, ad esempio, che le piante del genere Ambrosia “comprendono circa 50 specie e sono originarie dell'America settentrionale e centrale”, ma nei decenni passati “questa erba si è rapidamente diffusa in Europa grazie alla capacità del polline di percorrere lunghe distanze, trasportato dalle correnti aeree”. E si stima che, nei prossimi decenni, “in Europa raddoppierà la progressiva diffusione della pianta invasiva, stimolata dal cambiamento climatico”.

Per l’Ambrosia in Italia “le sensibilizzazioni sono localizzate soprattutto nelle regioni del Nord. In Lombardia il tasso di sensibilizzazione all’Ambrosia è aumentato dal 24% a oltre il 70% tra i pazienti i cui prick test cutanei erano positivi al polline”.

 

Anche in questo caso rimandiamo alla lettura del contributo che riporta molti altri dettagli e si sofferma anche sul girasole comune, sulla famiglia delle Urticaceae (ad esempio con riferimento alla Parietaria), la famiglia delle Plantaginaceae, la famiglia delle Euphorbiaceae e le famiglie Chenopodiaceae/Amarantaceae.

 

Riprendiamo dal documento una tabella con le prevalenze in percentuale delle pollinosi in Italia:

 

 

Allergie da pollini: gli effetti sulla salute umana

Veniamo, infine, agli effetti sulla salute umana causati dai pollini.

 

Oltre a quelli già indicati possono essere inclusi “casi di congiuntiviti isolate e anche di dermatiti”. E non sono da trascurare “manifestazioni cliniche legate alla cross-reattività degli allergeni presenti all’interno di granuli pollinici di determinate specie, condivisi con alcuni alimenti vegetali”. Sono indicati gli alimenti vegetali maggiormente coinvolti in queste manifestazioni e si segnala che possono dare luogo, dopo averli mangiati crudi, a prurito alla bocca o alla gola: la patologia “è definita Sindrome orale allergica (SOA), ma è anche definita Sindrome da allergia alimentare associata ai pollini (PFAS)”.

 

Si segnala che la cross-reattività “costituisce un problema abbastanza diffuso, tanto che il 25% circa dei soggetti con rinite allergica (detta anche febbre da fieno) soffre anche di SOA dopo aver ingerito frutta o verdura”.

 

Si segnala poi che gli effetti dei pollini sulla salute umana “non si limiterebbero, però, alle manifestazioni sopraindicate, specificatamente allergologiche, ma secondo alcuni ricercatori si estendono anche ad altri ambiti.

Uno studio del Swiss tropical and public health institute (Swiss Tph) “propone in particolare di prendere in considerazione i seguenti sei aspetti:

  1. funzione polmonare e infiammazione;
  2. esiti cardiovascolari (pressione sanguigna e variabilità della frequenza cardiaca);
  3. prestazioni cognitive;
  4. sonno;
  5. qualità della vita;
  6. gravità dei sintomi della rinite allergica”.

Lo studio, che è ancora in fase di completamento, prospetta che “gli effetti sulla salute dovuti all’esposizione a granuli pollinici” siano ancora più importanti di quanto finora ritenuto.

 

Si indica, infine, che tra gli effetti del cambiamento climatico c’è “l’anticipazione delle stagioni polliniche, che riguarda tutti i pollini allergenici e che comporta un’aumentata esposizione per i pazienti allergici”. E questa tendenza sembrerebbe aver portato ad un rapido cambiamento tra le specie arboree (soprattutto Fagales), “le quali presenterebbero, oltre a un anticipo, un prolungamento delle fioriture”. Mentre le specie erbacee, “a causa dei picchi di temperatura estiva, presenterebbero invece stagioni anticipate ma abbreviate”.

 

Il monitoraggio pollinico continuerà, dunque, ad essere “uno strumento indispensabile al fine di verificare le ulteriori variazioni che si ripercuoteranno globalmente sulla salute dei pazienti allergici”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Allergie da pollini: esposizione in ambito occupazionale. Manuale informativo. Approccio integrato e multidisciplinare”, documento curato da Maria Concetta D’Ovidio, Armando Pelliccioni, Pasquale Capone, Simona Di Renzi, Paola Melis, Adriano Papale e Carlo Grandi (Inail, Dimeila), Andrea Lancia (Inail, Dimeila - Sapienza Università di Roma - Dipartimento di biologia ambientale), Donatella Magri e Federico Di Rita (Sapienza Università di Roma - Dipartimento di biologia ambientale), Renato Ariano (Aaiito - Associazione allergologi ed immunologi italiani territoriali ed ospedalieri), Manuela De Sario, Francesca de’ Donato e Paola Michelozzi (Dipartimento di epidemiologia del Ssr - Asl Roma1 - Regione Lazio), edizione 2025, Collana Salute e sicurezza (formato PDF, 11.58 MB).

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Manuale sulle allergie da pollini e l’esposizione in ambito occupazionale”.

 



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