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Inail: malattie professionali e prevenzione nel settore agricolo

Inail: malattie professionali e prevenzione nel settore agricolo

Una scheda Inail si sofferma sulle malattie professionali nel settore agricoltura e propone un salto di qualità per rafforzare il sistema di prevenzione aziendale e di tutela della salute dei lavoratori. Gli scenari di esposizione e i dati.

Roma, 28 Apr – L’agricoltura, un settore variegato composto di imprese e unità produttive molto diverse anche a livello organizzativo, è sicuramente uno dei settori a maggior rischio, sia per entità degli infortuni che per la natura delle malattie professionali.

E non c’è dubbio che nel tempo “il cambiamento dei rischi e delle esposizioni professionali, in funzione dell’evoluzione del mercato, della trasformazione delle modalità operative e della crescente meccanizzazione del settore, ha portato alla emersione di nuove patologie correlate al lavoro”.

Oggi nel settore agricolo “possono essere individuati, quali fattori di rischio, oltre ai classici rischi da agenti chimici specifici, da rumore e vibrazioni, al corpo intero o al sistema mano-braccio, dagli agenti atmosferici e climatici, anche la movimentazione manuale di carichi, i movimenti ripetitivi, le posture incongrue, irritanti/allergeni di natura animale e vegetale, radiazioni solari ultraviolette”.

 

A ricordare in questi termini la situazione della tutela della salute nel mondo agricolo è una recente scheda pubblicata dall’Inail che si propone di approfondire la tematica delle malattie professionali nel settore dell’agricoltura.

 

Il documento “Le malattie professionali nel settore agricoltura – Scheda 6” - a cura di G. Campo, D. De Santis, A. Leva, B. Martini e A. Papale (Inail, Dimeila), S. Savi (UOC PSAL Milano Est - UOS 7 Lodi), L. Lione (ASP Cosenza UOC) – sottolinea che per migliorare la prevenzione è necessario “un salto di qualità per affermare e strutturare una cultura della prevenzione che sia capace di incidere in maniera determinante nelle azioni di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.

 

 

L’articolo di presentazione della scheda si sofferma sui seguenti argomenti:


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Modello DVR
Categoria Istat: A - Agricoltura, Silvicoltura e Pesca

 

Gli scenari di esposizione nel settore agricolo

Il documento ricorda che gli scenari di esposizione in ambito agricolo sono complessi, “sia dal punto di vista del numero delle sostanze chimiche utilizzate, sia dal punto di vista della eterogeneità delle mansioni”. Inoltre le patologie conseguenti alle esposizioni sono diversificate “anche in relazione alle dosi e alle vie di esposizione (inalazione o contatto cutaneo) e vanno dalle dermatiti, patologie respiratorie e neurologiche ad altre patologie che riguardano specifici organi bersaglio”.

 

Ci soffermiamo su alcune tipologie di esposizioni in agricoltura.

 

Si indica che riguardo ai rischi di tipo fisico nel comparto agricolo “troviamo il rumore derivante dalle macchine operatrici (trattori, mietitrebbia, ecc.)”. E se negli ultimi anni “si è assistito a una riduzione dei livelli di rumorosità delle macchine”, non c’è stata una diminuzione dell’esposizione a vibrazioni, “soprattutto al corpo intero, che resta un rischio molto presente”.

 

Un’altra esposizione lavorativa diffusa è quella a radiazioni ultraviolette naturali ( luce solare) che “è tra i principali fattori di rischio per la pelle e può causare tumori della pelle del tipo epitelioma spinocellulare ed epitelioma basocellulare, non è ancora, invece, ben stabilita la correlazione con l’insorgenza del melanoma”.

 

Inoltre le attività agricole “comportano numerose e diverse mansioni che implicano movimentazione manuale dei carichi, movimenti ripetuti, posture incongrue, utilizzo di attrezzature vibranti e possono causare negli agricoltori malattie dell’apparato muscolo-scheletrico, incluse tendiniti e sindromi del tunnel carpale”.

In particolare le principali attività che possono comportare rischi per la schiena sono “la lavorazione del terreno (aratura, fresatura, erpicatura, ecc.), la guida di macchine agricole semoventi che producono esposizione a vibrazioni al corpo intero, la movimentazione di sacchi di sementi, concime, prodotti fitosanitari, lo spostamento balle di fieno, la raccolta di frutta e ortaggi da terra come cocomeri e zucche e il relativo stoccaggio (con movimentazione di sacchi, ceste, cassette o bins)”. Mentre le principali attività “che possono comportare un rischio per gli arti superiori e inferiori sono, invece, le operazioni di falciatura a mano, potatura, legatura delle viti, raccolta manuale e cernita della frutta e le lavorazioni che prevedono l’impugnatura di attrezzature vibranti (utensili manuali, attrezzature portatili quali ad esempio motocoltivatori, motozappe, motofalciatrici)”.

 

Sempre riguardo allo scenario di esposizione la scheda ricorda poi il ruolo delle condizioni climatiche sfavorevoli (“sviluppo di malattie reumatiche, polmonari e cardiovascolari acute e croniche, e la perdurante esposizione ai raggi solari in orari centrali della giornata”) e il rischio biologico potenziale “da batteri, virus, funghi, muffe, legato al contatto con terra, acque e polveri contaminate, punture di insetti o morsi di animali infetti o portatori di parassiti, che possono portare a malattie infettive (tetano, leptospirosi, brucellosi, tubercolosi, micosi, salmonellosi, rabbia, ecc.) o ad allergie”. Senza dimenticare che “pollini, polveri vegetali, derivati dermici degli animali e molte sostanze chimiche sono irritanti e/o allergizzanti per l’apparato respiratorio. Anche molti prodotti chimici utilizzati in agricoltura “possono causare patologie irritative/allergiche della pelle”.

 

Le malattie professionali e l’associazione con le attività lavorative

La scheda riporta numerosi dati a livello europeo e italiano.  

 

Secondo la banca dati statistica (BDS) dell’Inail, in Italia “le denunce di malattia professionale in tutti i settori sono aumentate nel tempo fino ad oltre 60.000 casi nel 2016, attestandosi intorno alle 59.000 nel 2018; tra questi il settore dell’Agricoltura è passato dalle 11.500 denunce nel 2014 alle quasi 13.000 nel 2016, per poi stabilizzarsi poco sotto i 12.000 casi annui. Le malattie riconosciute per il settore Agricoltura pesano in media, nel quinquennio 2014 - 2018, il 25,3%”.

 

Riportiamo una tabella relativa alle segnalazioni con nesso causale positivo tra esposizione e patologia, dove si evince che “il gruppo di patologie più rappresentate è quello delle muscoloscheletriche con oltre i 3/4 dei casi (78,4%), seguito dalle sordità con il 13,0% dei nessi”.

 

 

Il documento si sofferma poi sull’associazione tra malattie ed attività lavorative in agricoltura attraverso lo studio dei “cosiddetti nessi positivi tra periodi lavorativi e stati patologici”, forniti dal sistema di sorveglianza Malprof: avendo a disposizione l’informazione sui nessi, “si sono potute riconoscere le malattie maggiormente associate all’agricoltura e poi, all’interno dello stesso comparto agricolo, si sono potute individuare le associazioni più forti tra patologie e specifiche attività”, attraverso l’indicatore PRR (Proportional Reporting Ratio).

 

Riprendiamo una tabella che riporta le associazioni principali tra malattie professionali e gruppi di attività agricola in base al valore del PRR:

 

 

Salto di qualità, consapevolezza. formazione e valutazione dei rischi

Rimandando alla lettura integrale della scheda veniamo alle conclusioni degli autori.

 

Si indica che per operare quel “salto di qualità” indicato a inizio articolo, anche in considerazione della complessità del sistema produttivo – “basato sulla molteplicità e sull’alternanza delle lavorazioni e sulla natura della forza lavoro, spesso costituita da manodopera familiare, dall’avvicendarsi di lavoratori stagionali sia italiani che stranieri, talora impiegati con rapporti di lavoro irregolari e non sempre adeguatamente addestrati” – è necessario agire su due fronti:

  • “maggiore consapevolezza dei soggetti coinvolti nel sistema di prevenzione e sicurezza aziendale,
  • sviluppo di un’innovazione proattiva che consenta di realizzare nuovi vantaggi competitivi attraverso specifiche tecniche di produzione e adeguata organizzazione del lavoro”.

 

Questo salto di qualità “non deve riguardare soltanto le grandi imprese agricole, caratterizzate da un sistema di management ed una struttura organizzativa complessa, ma allo stesso tempo deve essere rivolta anche alle unità produttive con un’organizzazione più semplice o di tipo familiare”. La cultura della prevenzione - sottolinea la scheda – “deve riguardare in egual misura l’intero settore”.

 

Occorre dunque agire “tanto sulla consapevolezza degli imprenditori, che devono intendere la prevenzione come un investimento e non come un costo, quanto sulla formazione e sensibilizzazione dei lavoratori che vengono occupati e che spesso presentano anche problemi di comprensione del linguaggio”.

 

Inoltre nell’ambito di questo sforzo per migliorare la prevenzione “l’elemento fondamentale capace di determinare l’auspicato salto di qualità è costituito da una efficace valutazione dei rischi”: questo elemento “deve costituire la base necessaria sulla quale costruire un efficace sistema di prevenzione, attraverso uno strumento fondamentale che permette al datore di lavoro di individuare le misure di prevenzione e protezione e di pianificarne l’attuazione, il miglioramento ed il controllo, al fine di verificarne l’efficacia e l’efficienza nel proprio contesto aziendale”.

 

In questo senso la redazione del DVR è uno strumento tutt’altro che formale: “costituisce l’elemento cardine sul quale costruire il sistema di prevenzione aziendale, coinvolgendo tutte le figure e, in particolare, il medico competente per eliminare/ridurre sia gli infortuni sia l’esposizione ai fattori di rischio per le malattie professionali”.

 

In particolare il ruolo del medico competente, “nell’ambito della collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione, è fondamentale”. E da questa collaborazione – conclude la scheda – “può scaturire una puntuale attività di programmazione della sorveglianza sanitaria nell’ottica di rafforzare il sistema di prevenzione aziendale e di tutela della salute dei lavoratori”.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Le malattie professionali nel settore agricoltura – Scheda 6” - a cura di G. Campo, D. De Santis, A. Leva, B. Martini e A. Papale (Inail, Dimeila), S. Savi (UOC PSAL Milano Est - UOS 7 Lodi), L. Lione (ASP Cosenza UOC - Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro), MalProf, edizione 2021 (formato PDF, 4,03 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ La prevenzione delle malattie professionali in agricoltura”.


Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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