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Il vaccino anti COVID-19 e la sicurezza nelle strutture sociosanitarie

Il vaccino anti COVID-19 e la sicurezza nelle strutture sociosanitarie

Il rispetto delle misure di prevenzione di tutela della salute individuale e collettiva dal rischio biologico infettivo rappresenta un dovere responsabilizzante per tutti i lavoratori. A cura di Mauro Marin, Azienda Sanitaria Friuli Occidentale.

 

Come era immaginabile il tema della vaccinazione relativa al virus SARS-CoV-2, con particolare riferimento al mondo del lavoro e agli obblighi e diritti di aziende e lavoratori, sta suscitando in queste settimane accesi confronti e discussioni.

E proprio per questo motivo, partendo dalla constatazione che il vaccino sia il principale strumento per superare questa perdurante emergenza COVID-19, stiamo ospitando diversi contributi di lettori, professionisti, enti e associazioni che stanno affrontando il tema da diversi punti di vista, ad esempio dal punto di vista degli aspetti psicologici relativi alla scelta di vaccinarsi o dei provvedimenti che un datore di lavoro potrebbe mettere in atto per i lavoratori che decidono di non vaccinarsi.

 

Con l’obiettivo di migliorare il confronto e l’informazione sulla vaccinazione relativa all’attuale pandemia, riceviamo e pubblichiamo oggi un contributo di Mauro Marin, Direttore Distretto Sanitario, Azienda Sanitaria Friuli Occidentale (PN) – dal titolo “Vaccino anti COVID-19 e sicurezza nelle strutture sociosanitarie” – che ricorda come il rispetto delle misure di prevenzione di tutela della salute individuale e collettiva rappresenta un “dovere responsabilizzante per tutti i lavoratori”.


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Vaccino anti COVID-19 e sicurezza nelle strutture sociosanitarie

 

L’informazione agli operatori è essenziale per promuovere l’adesione alla vaccinazione riconosciuta dalle evidenze scientifiche come misura di prevenzione contro il rischio biologico da infezione Covid-19 nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e sociali a tutela prioritaria della comunità.

 

L’art. 42 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito in legge n.27/2020, ha stabilito che l’infezione da COVID-19 può essere considerata infortunio sul lavoro di cui all’art. 2 del D.P.R. n.1124/1965, equiparando così la causa violenta propria dell’infortunio alla causa virulenta propria della malattia da COVID-19 avvenuta in occasione di lavoro e riconosciuta presunta ex art.2729 CC per gli operatori sanitari in ragione dell’alta esposizione al rischio (circolare INAIL n.13/2020).

 

Dato che l’infezione da COVID-19 può dare luogo ad un infortunio sul lavoro, quali azioni devono essere assunte dal datore di lavoro per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro e quali obblighi incombono sul lavoratore per ridurre il rischio di contagi ai sensi del D.Lgs 81/2008?

 

Il datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 CC e del D.Lgs 81/2008 deve garantire le misure preventive necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori ma anche di chi altro è presente nei luoghi di lavoro come gli utenti nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie [1].

 

Infatti, la legge n.24/2017 afferma all’art.1 l’obbligo di garantire la sicurezza delle cure come parte integrante della tutela del diritto alla salute prevista dall’art.32 della Costituzione e all’art.5 prevede nelle attività sanitarie l’obbligo di seguire linee guida e buone pratiche derivanti dalle evidenze scientifiche.

 

L’art. 129 del D.Lgs 106/2009 afferma che qualora l’esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità, i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’art.41 del D.Lgs 81/2008 da parte del medico competente. L’art. 279 del D.Lgs. 81/2008 afferma che il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per cui si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:

  1. la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico, da somministrare a cura del medico competente;
  2. l'allontanamento del lavoratore dal luogo di lavoro per eventuale inidoneità che, a giudizio del medico competente, può essere temporanea o permanente.

 

L’art. 20 del D.Lgs 81/2008 afferma che ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. Il lavoratore è tenuto a contribuire all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ad osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale ed infine a sottoporsi ai controlli sanitari necessari disposti dal medico competente, pena l’allontanamento dal luogo di lavoro per mancanza dei requisiti di sicurezza.

Il lavoratore assicurato è tenuto a limitare per quanto possibile il danno ai sensi dell’art. 1914 CC adottando le misure preventive idonee a prevenirlo.

 

La Corte Costituzionale con sentenza n.5/2018 (massima n.39690) in materia di vaccinazioni ha affermato che l'art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività, nonché nel caso di vaccinazioni obbligatorie con l'interesse del minore che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura. La legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con il parametro costituzionale se il trattamento è diretto non solo a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri e quindi della collettività, come già affermato con sentenza n. 258/1994 (massima 20856).

La stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 137/2019 (massima 41748) ha ritenuto illegittima la norma regionale che prevedeva da parte delle direzioni sanitarie l’imposizione ai propri dipendenti di sottoporsi a vaccinazione ma solo quando la vaccinazione risulti “non raccomandata” dalle buone pratiche o linee guida derivanti dalle evidenze scientifiche ai sensi dell’art. 5 della legge n.24/2017.

 

Il rispetto delle misure di prevenzione certe di tutela della salute individuale e collettiva dal rischio biologico infettivo rappresenta quindi un dovere responsabilizzante per tutti i lavoratori, una precondizione per l’accesso in sicurezza propria e altrui agli ambienti di lavoro ed una precondizione per un pieno risarcimento del danno assicurato.

 

 

Mauro Marin

Direttore Distretto Sanitario, Azienda Sanitaria Friuli Occidentale (PN)

 

 

 

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Rispondi Autore: Alberto Germani - likes: 0
27/01/2021 (09:07:06)
Sono RSPP di una cooperativa sociale che opera nel settore dell'assistenza alla persona e fra i vari servizi gestiamo cra ed rsa. Nell'ambito delle nostre attività riteniamo che sia importante la vaccinazione come strumento di prevenzione ma tenendo conto di quanto afferma l'art. 32 della costituzione che prevede che l'obbligatorità dei trattamenti sanitari sia definita da legge, ci sembra che affidare al DVR od al protocollo sanitario l'obbligatorietà della vaccinazione sia poco conforme a quanto prevede la costituzione. Sarebbe opportuno secondo noi che la questione venga disciplinata per legge.
Rispondi Autore: pippino - likes: 0
27/01/2021 (09:25:10)
Non pensa che proprio perché si afferma che la salute del singolo deve essere tutelata e a maggior rilevanza la salute della collettività, l'utilizzo di una terapia genica (di questo si tratta, ma nessuno lo dice) sperimentale che sta causando un numero non irrilevante di reazioni avverse anche severe, in cambio di una non garantita immunità dall'agente patogeno SARS-CoV-2 sia da ritenersi in conflitto con quanto stabilito dalla sentenza da lei citata e con il pricipio di massima protezione dei lavoratori? A lei la riflessione
Autore: pippino
27/01/2021 (09:37:04)
Intendo dire, il vaccino è sicuramente uno strumento valido di prevenzione e la sua somministrazione deve essere promossa in tutti gli ambienti di lavoro, ma presenta anche dei rischi di reazione avversa, per questo motivo la scelta se vaccinarsi o meno non dovrebbe essere imposta ma lasciata al singolo adeguatamente informato sui benefici e sui rischi.

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