I rischi di oggi e di domani: come governare il cambiamento?
Bologna, 12 Lug – Cosa sta cambiando e come si legge il cambiamento? Quali modelli risultano più utili per comprendere e affrontare la tutela della salute e sicurezza in relazione a scenari in profonda e rapida trasformazione? Come si può agire sul cambiamento? Cosa devono fare i sistemi pubblici in rapporto alla variabilità delle situazioni demografiche e socio-economiche, delle provenienze geografiche di gruppi di popolazione in movimento, dei diversi profili di malattia, incidentalità, fragilità e disagio?
A provare a rispondere a queste importanti domande è il workshop nazionale “La prevenzione del futuro tra conoscenza e partecipazione” che, organizzato dalla Società Nazionale Operatori della Prevenzione (SNOP), si è tenuto a Bologna l’11 e 12 aprile 2019.
Per presentare alcuni dei temi affrontati nel workshop, ci soffermiamo sulla relazione introduttiva “I rischi di oggi e domani, le informazioni e le azioni necessarie per governarli dentro e fuori dai ‘luoghi di lavoro’”, a cura di Anna Maria Di Giammarco (presidenza SNOP).
Nell’articolo ci soffermiamo sui seguenti argomenti:
- Il lavoro come fattore determinante per la salute
- Le nuove sfide, salute globale e cambiamento climatico
- La conoscenza, i sistemi pubblici e i rischi
Il lavoro come fattore determinante per la salute
Nell’intervento ci si chiede, innanzitutto, “come individuare le minacce in atto, come prevedere i problemi del futuro” in una realtà che “cambia in modo profondo, rapido, tumultuoso, con disuguaglianze crescenti condizionate dall’intreccio di determinanti sociali, economici e politici capaci di superare i confini nazionali”. È chiaro che nessuna disciplina/settore della società ha conoscenze e risorse sufficienti “per prevenire l'emergere o il ricomparire di malattie nel mondo globalizzato attuale”. E dunque occorre “un sapere d’assieme e una politica d’assieme per governare i rischi ‘dentro’ e ‘fuori’ dai luoghi di lavoro”.
L’intervento si sofferma poi sul lavoro come determinante sociale di salute:
- “Disoccupazione e retribuzione bassa (o percepita come tale) hanno effetti negativi sulla salute psichica e fisica
- Precarietà e perdita del lavoro, mettendo a rischio la posizione sociale, hanno effetti negativi sulla salute e sul benessere
- Rischi psicosociali (high demand/low control; squilibrio tra impegno e remunerazione) si correlano, con un gradiente sociale, ad un aumento dei problemi legati allo stress
- Discriminazioni, violenza, ingiustizie aggravano condizioni di stress e conflitti, specie in presenza di livelli elevati di competizione e di insicurezza del lavoro
- Vi sono evidenze di un aumento dei rischi per la salute legato al lavoro precario, al rischio di disoccupazione, alla disoccupazione, specie se di lunga durata”.
E si indica che in un contesto in rapido e continuo cambiamento – nuovi scenari “si sovrappongono ed intersecano a quelli ‘tradizionali’” e i ‘fattori di rischio’ non tradizionali “interagiscono con gli altri determinanti di rischio per la salute e la sicurezza di individui e comunità” - il lavoro in quanto tale assume “forme e organizzazioni mutevoli:
- “labilità dei confini ‘fisici’ e temporali tra ‘lavoro’ e ‘non lavoro’ come tra lavoro dipendente e autonomo
- tendenza alla reperibilità perenne mediata dall’uso di nuove tecnologie
- invecchiamento delle persone al lavoro (con un impatto molto visibile, ad esempio, nei servizi sanitari)
- precarizzazione e flessibilizzazione (economia on demand: ‘sostituire le scorte con l’informazione’)
- permanenza del lavoro irregolare
- deindustrializzazione e nuova geografia del lavoro”.
Le nuove sfide, salute globale e cambiamento climatico
La salute globale è ormai un “paradigma applicabile a prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie, comprese ovviamente quelle croniche e le disabilità: si concretizza anche nella promozione della salute a livello individuale tanto quanto di comunità”. Inoltre “chiarisce i legami tra globalizzazione e salute in un’ottica transnazionale, evidenzia e analizza (attraverso la lente della giustizia sociale) il peso delle disuguaglianze di salute tra un territorio e l’altro ed anche all’interno di singoli territori. Richiede un approccio transdisciplinare e multimetodologico”.
Si ricorda poi, a proposito di nuove sfide, l’impatto profondo, generalizzato e persistente delle attività umane e la profonda alterazione degli equilibri naturali dell’ambiente in cui viviamo.
Infatti il modello socio-economico attuale, “oltre a consumare molto, genera enormi masse di rifiuti di grande impatto sull’ambiente e sulla salute, gestendole solo in minima parte”.
E i rifiuti stessi “hanno finito per avere un impatto ambientale e sanitario di un ordine di grandezza comparabile a quello delle attività produttive”: si pensi alle emissioni di COV (composti organici volatili) “da discariche illegali e legali (sia in normali condizioni di esercizio, sia in caso di incendi ed altri incidenti), alle emissioni di COV e particolati da inceneritori ovvero ‘termovalorizzatori’, o al tema delle macro e microplastiche nelle acque”.
È evidente che il cambiamento climatico sia “la sfida più grande del XXI secolo: mette a rischio tutti gli aspetti della nostra società e il continuo ritardo nell’affrontare l’entità della sfida fa aumentare i rischi per la vita e la salute degli esseri viventi”.
I cambiamenti climatici “potrebbero sembrare esclusivamente di ordine ambientale (vale a dire, un impoverimento e imbruttimento di ciò che ci circonda); in realtà, in molti casi riguardano direttamente anche la salute”.
La conoscenza, i sistemi pubblici e i rischi
Si ricorda che “la complessità del contesto richiede un approccio non tradizionale” e che “vanno ripensati i soggetti e gli oggetti della conoscenza, così come le loro relazioni”.
Si indica poi che ai sistemi pubblici “va affidata la governance della prevenzione attraverso:
- lo sviluppo della conoscenza dei rischi;
- lo sviluppo della conoscenza epidemiologica;
- la costruzione di reti e di alleanze;
- una pianificazione condivisa e partecipata di azioni sostenibili, ragionevolmente efficaci ed eque (nel senso che, oltre a prevenire infortuni, incidenti e malattie nell’assieme della popolazione, contrastino le disuguaglianze nel beneficiare dei miglioramenti);
- l’investimento di risorse umane, formative e tecnologiche adeguate a realizzare tali azioni;
- la verifica dell’efficacia e dell’equità di tali azioni”.
Riguardo in particolare alla conoscenza dei rischi si segnala che il D.Lgs. 81/2008 ha previsto un Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP) “in cui venissero integrate anche le conoscenze sui rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori: ad oggi, nessuna azione organica è stata ancora realizzata a tale riguardo”.
La conoscenza sui rischi extra-occupazionali “nemmeno prevede un’analoga sistematizzazione delle conoscenze”. Insomma la conoscenza dei rischi per la salute e la sicurezza di lavoratori, cittadini, comunità “è frammentata in molteplici forme di registrazione ed è, nel complesso, scarsamente fruibile”.
Riguardo poi alle conoscenze disponibili sui danni ad oggi “sono attivi molteplici sistemi di registrazione ed analisi dei dati di patologia, ma essi non sono fra loro collegati e le informazioni, ove utilizzate a fini di programmazione, intervento, monitoraggio e valutazione, non consentono una rappresentazione omogenea sul territorio nazionale del profilo di salute, malattia e disabilità delle comunità”.
Si indica poi che oltre ad un approccio collaborativo multidisciplinare di tipo One Health, “è necessario da parte degli operatori del sistema pubblico di prevenzione lo sviluppo di una capacità di ascolto nei confronti dei cittadini/lavoratori, con la disponibilità a mettersi sullo stesso piano, non solo per migliorare la (public) health literacy, ma anche per guadagnare e mantenere la loro fiducia”.
Inoltre è importante la partecipazione per la prevenzione e la promozione della salute dei cittadini e dei lavoratori:
- “C’è ampia condivisione sul fatto che le cause degli stili di vita non salutari (e dei loro effetti sulla salute) risiedano nel contesto sociale, e che sia quindi importante avere la possibilità di una vita (e di un lavoro) decente, avere il controllo sulla propria vita, poter contribuire all’elaborazione di politiche e partecipare ai processi decisionali.
- Attraverso il coinvolgimento da parte delle istituzioni sanitarie, i ‘cittadini consapevoli’ possono agire in modo responsabile per il cambiamento
- Vi sono situazioni ‘critiche’ nelle quali nascono spontaneamente movimenti e organizzazioni, che si attivano secondo varie modalità, per chiedere alle istituzioni interventi di contrasto a condizioni che compromettono il diritto alla salute
- Nei luoghi di lavoro, il coinvolgimento del RLS nel sistema di prevenzione aziendale e l’adozione di un approccio cooperativo garantiscono una più efficace tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.
Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che riporta indicazioni anche su altri aspetti (ad esempio l’alfabetizzazione sanitaria e la gestione dell’incertezza scientifica) e che conclude che è importante “passare da una strategia difensiva (‘lotta per la difesa della salute’) ad una logica e ad una strategia di (contributo alla) produzione della salute”.
E questo richiede almeno due condizioni:
- un “diverso protagonismo delle persone, della comunità”;
- “diverse dinamiche e priorità nella società e nelle istituzioni”.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ I rischi di oggi e domani, le informazioni e le azioni necessarie per governarli dentro e fuori dai ‘luoghi di lavoro’”, a cura di Anna Maria Di Giammarco (presidenza SNOP), intervento al workshop nazionale “La prevenzione del futuro tra conoscenza e partecipazione” (formato PDF, 2.83 MB).
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