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I dati e le strategie per migliorare le tutele del lavoro al femminile

I dati e le strategie per migliorare le tutele del lavoro al femminile

Esistono ancora delle disparità di genere? Cosa indicano i dati sulle criticità del lavoro al femminile? Quali potrebbero essere delle adeguate politiche e strategie prevenzionistiche? Ne parliamo con Silvia D’Amario, Coordinatrice CSA dell’Inail.

Brescia, 8 Mar – In occasione della giornata internazionale della donna, una giornata che deve servire a far luce sulle discriminazioni, le disparità e le criticità ancora presenti nel mondo del lavoro al femminile, è bene ricordare che un reale approccio alle differenze di genere, in termini di prevenzione e di conseguenze su salute e sicurezza, è recente e ancora poco diffuso.

 

E come sottolinea il nuovo Dossier donne dell’Inail, pubblicato in relazione alla giornata dell’8 marzo, è necessario un salto di qualità nell’affrontare la prevenzione in ottica di genere, anche perché, malgrado si cominci a comprendere la necessità di parlare di differenza di genere anche in materia di salute e sicurezza, molto, su questo tema, è ancora da fare.

E in questo senso è importante poter conoscere e approfondire le specificità che riguardano, nel nostro Paese, la diffusione di infortuni e malattie professionali tra le donne, cercando di cogliere anche le più adeguate e mirate strategie di prevenzione, ad esempio con riferimento alla valutazione dei rischi in ottica di genere.

 

Per farlo PuntoSicuro ha intervistato la Dott.ssa Silvia D’Amario (Coordinatrice generale della Consulenza statistico attuariale - CSA dell’Inail) che, durante l’ultima edizione della manifestazione “ Ambiente Lavoro” a Bologna, ha partecipato all’interessante convegno “Futuro: femminile, plurale. Lavoro, parità di genere, sicurezza” (Bologna, 22 novembre 2022), con una relazione dal titolo “Donne, infortuni, malattie professionali. Dati, trend, attività prevenzionistiche per il futuro”.

 

Nel convegno, che ricordava come la parità di genere all’interno delle aziende sia fortemente legata anche alla tutela della salute e del benessere delle donne che lavorano, sono stati analizzati molti dati che, tuttavia, non potevano fare riferimento a tutti i dodici mesi del 2022. Nell’intervista che segue, realizzata solo pochi giorni fa, l’analisi può essere invece più completa e, in questo senso, significativa.

 

 

Esiste ancora una disparità di genere sul fronte lavorativo?

Quali sono i dati più rilevanti per comprendere le criticità, in materia di salute e sicurezza, del lavoro al femminile?

Quali sono i principali fattori determinanti, sempre sotto il profilo della salute e della sicurezza, che si sono aggiunti negli ultimi decenni ai più usuali fattori di rischio delle lavoratrici?

Riguardo ai contagi professionali da Covid-19 c’è una prevalenza di contagi femminili? E perché?

Gli infortuni in itinere sono ancora molto diffusi tra le lavoratrici?

In quali ambiti sono più diffusi i problemi connessi alle violenze, aggressioni e minacce?

Quali sono le specificità riguardo alle malattie professionali? Quali sono le malattie più diffuse tra le donne?

Quali potrebbero essere nel futuro delle adeguate politiche e strategie prevenzionistiche per affrontare le criticità del lavoro al femminile?

 

L’intervista si sofferma su vari argomenti:


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Ottica di genere: le disparità, i dati più rilevanti e i fattori di rischio

Lei ha affrontato più volte il tema dei dati sugli infortuni e malattie professionali delle donne. Partendo dai dati possiamo dire che esiste ancora una disparità di genere sul fronte lavorativo?

 

Silvia D’Amario: La lettura dei dati infortunistici conferma ancora quella disparità di genere presente sul fronte lavorativo, preponderanza maschile sul mercato del lavoro e presenza delle donne solo in certi ambiti, soprattutto terziario e pubblica amministrazione. Infatti la quota delle lavoratrici sul totale degli infortuni denunciati è stata sempre negli ultimi dieci anni mediamente del 36%, se si esclude il picco del 43% nel 2020 causato dal Covid-19. Anche nel 2022 l’incidenza si posiziona su valori superiori al passato (41%), per la recrudescenza dei contagi in ambito professionale a carico delle donne. La quota dei decessi femminili è stata mediamente fino al 2019 intorno al 9%, dal 2020 è salita all’11%. Il biennio 2020-2021 risente della letalità del virus, in particolare l’anno 2020. Il calo dei decessi femminili tra il 2021 e il 2022 è dovuto interamente alla riduzione della letalità delle nuove varianti che ha fatto crollare nell’ultimo anno i decessi da Covid-19.

 

Quali sono a suo parere i dati più rilevanti per comprendere le criticità, in materia di salute e sicurezza, del lavoro al femminile? In quali settori è più alta l’incidenza degli infortuni e malattie professionali?

 

Silvia D’Amario: In generale, l’incidenza degli infortuni delle lavoratrici è particolarmente elevata nella sanità e assistenza sociale, nel settore manifatturiero (in particolare, confezionamento di articoli di abbigliamento), nel commercio, nell’amministrazione pubblica e nel settore dei servizi domestici e familiari (colf e badanti), caratterizzati da un’alta componente occupazionale femminile. Le malattie professionali denunciate da lavoratrici, incidono maggiormente nella Sanità e assistenza sociale, nell’Istruzione, nei servizi di cura alle persone, nell’alloggio e ristorazione.

 

Quali sono i principali fattori determinanti, sempre sotto il profilo della salute e della sicurezza, che si sono aggiunti negli ultimi decenni ai più usuali fattori di rischio delle lavoratrici?

 

Silvia D’Amario: In primo luogo, l’invecchiamento della forza lavoro. L’allungamento della vita lavorativa costituisce ormai un fenomeno che investe tutti i settori produttivi e che ha aumentato l’esposizione al rischio di infortuni e malattie professionali. L’invecchiamento è una condizione nella vita delle persone nella quale si verificano modificazioni fisiologiche e psicologiche che hanno ripercussioni rilevanti sull’attività lavorativa, con risposte diverse da parte di uomini e donne anche a parità di esposizione alla stessa fonte di rischio. Le infortunate, ad esempio, sono tendenzialmente più anziane degli uomini: il 63% circa ha meno di 50 anni, contro il 70% degli infortunati. Nella classe 50-64 anni le lavoratrici concentrano il 35% degli infortuni (il 28% gli uomini), tutto questo come conseguenza dell’aumento del numero di lavoratori over 50 anni. Nel corso del quinquennio 2017-2021, inoltre, si è riscontrato un graduale aumento, nell’ordine di 4 punti percentuali (dal 34% del 2017 al 38% del 2021), degli infortuni femminili nelle classi di età più adulte (50 anni e oltre), molto meno marcato per gli uomini.

Altri fattori, poi, incidono in maniera più significativa tra le lavoratrici, come i rischi psico-sociali, le violenze e aggressioni sul posto di lavoro, il tentativo di mantenere un equilibrio tra la dimensione professionale e quella familiare e, più recentemente, la pandemia da Covid-19.

 

Ottica di genere: equilibrio, Covid-19, infortuni in itinere e violenze

Cosa possiamo dire sui rischi connessi al difficile equilibrio tra la dimensione professionale e familiare, anche in relazione all’evoluzione tecnologica e al rischio strada?

 

Silvia D’Amario: I differenti ruoli sociali e i relativi carichi di lavoro possono influenzare l’esposizione al rischio delle lavoratrici. La “strada”, ad esempio, causa in proporzione più infortuni tra le donne che tra gli uomini, perché maggiormente impegnate nel dover conciliare la vita privata con quella professionale, con ripercussioni negative sulla frequenza dei suoi spostamenti e sui tempi di recupero dalla stanchezza.

 

Vediamo di approfondire i dati relativi ai contagi professionali da Covid-19. C’è una prevalenza di contagi femminili? E perché?

 

Silvia D’Amario: Le lavoratrici sono le più colpite dai contagi professionali da Covid-19: su oltre 300mila denunce di infortunio da Covid-19 pervenute all’Inail dall’inizio dell’epidemia ben il 68% sono femminili. Il dato è in controtendenza rispetto a quanto si osserva nelle denunce di infortunio sul lavoro in complesso, che coinvolgono molto di più gli uomini delle donne. La spiegazione è da ricercare nella prevalenza di donne in settori produttivi con una elevata esposizione al rischio di contagio come, ad esempio, il settore della sanità e dell’assistenza sociale, la grande distribuzione e le pulizie.

 

Come da lei accennato e come ricordato anche dal nostro giornale, gli infortuni in itinere sono stati spesso molto diffusi tra le lavoratrici. I dati mostrano ancora questa differenza?

 

Silvia D’Amario: La quota degli infortuni in itinere sul totale degli infortuni dello stesso sesso è stata sempre più elevata per le donne rispetto agli uomini (21% nel quinquennio 2017-2021 contro il 12% dei maschi, valori condizionati dagli anni della pandemia nei quali tali incidenze si sono significativamente ridotte per entrambi i sessi). Anche per i decessi denunciati in itinere, l’incidenza tra le lavoratrici è sempre stata più elevata: un decesso femminile su due, sia negli anni precedenti la pandemia che nel 2022, rapporto che per i maschi scende a uno su quattro (quote passate rispettivamente al 24% e al 15% nel biennio 2020-2021).

 

Possiamo fare un approfondimento sulle violenze, aggressioni e minacce come cause di infortunio. In quali ambiti sono più diffuse?

 

Silvia D’Amario: Tra le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze (oltre il 3% di tutti gli infortuni femminili riconosciuti), quasi il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali, seguono (ma a distanza) le impiegate postali, le addette ai servizi di vigilanza e custodia, le addette alle vendite, il personale di pulizia, le insegnanti e specialiste dell’educazione-formazione.

 

Ottica di genere: le malattie professionali e le strategie per il futuro

Parliamo di malattie professionali. Che differenza c’è, a livello numerico, tra uomini e donne? Ci sono malattie più diffuse tra le donne? E quali sono le malattie più denunciate?

 

Silvia D’Amario: Le malattie professionali denunciate dalle donne sono numericamente inferiori a quelle maschili, incidono per meno di 1/3. Le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo sono tra le più denunciate, insieme a quelle del sistema nervoso, con una differenza molto marcata tra uomini e donne: se le patologie citate rappresentano il 78% delle denunce dei lavoratori, la stessa percentuale sale al 92% tra le lavoratrici. Inoltre, i disturbi psichici-comportamentali (per la maggior parte disturbi dell’adattamento e post-traumatico da stress), benché con numeri molto contenuti per entrambi i generi, sono le uniche malattie denunciate dalle donne che superano, seppur di poco, quelle maschili.

 

In definitiva cosa ci dicono i dati in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici? Quali potrebbero essere nel futuro delle adeguate politiche e strategie prevenzionistiche per affrontare le criticità del lavoro al femminile?

 

Silvia D’Amario: La premessa per l’attuazione di interventi di prevenzione più mirati ed efficaci risiede nel porre una particolare attenzione a rischi che possono comportare effetti diversi in base al genere, quali ad esempio quelli di natura psico-sociale, organizzativa, di natura ergonomica, alle implicazioni di alcuni rischi sulla suscettibilità biologica in rapporto all’età e alla fertilità.

 

Ad oggi, con riferimento alla valutazione dei rischi in ottica di genere, si rilevano difficoltà attuative e, più in generale, carenza di metodologie standardizzate. Risultano ancora frequenti valutazioni del rischio che riportano riscontri generici, riferiti spesso alla sola tutela delle lavoratrici madri, senza però procedere poi a una reale diversificazione della valutazione dei fattori di rischio per la salute e la sicurezza in base del genere. Questa differenziazione va necessariamente basata su dati scientifici di evidenza che possano motivare specifici fattori di aggravio di alcuni rischi o, in altri casi, motivarne l’indifferenziazione in base al genere, richiedendo una diversa valutazione in base, ad esempio, all’età o ad altre variabili.

 

Una valutazione oggettiva delle differenze e peculiarità fra generi diventa uno strumento per raggiungere una tutela realmente paritaria, inclusiva ed efficace, portando spunti di conoscenza che, nel tempo, si tramutino in un patrimonio comune, per un mondo del lavoro più equo, sicuro e salubre.

  

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 


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