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Un ‘nuovo’ ruolo per il medico competente

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Medico competente

24/05/2012

Riflessioni e suggerimenti per promuovere un nuovo ruolo del Medico del Lavoro Competente e cercare di elevarne autonomia, professionalità, qualità e credibilità. Le difficoltà, le mancanze, le potenzialità e gli strumenti culturali ed operativi.

 
Roma, 24 Mag – Il ruolo del medico competente è un ruolo centrale nell’ambito della prevenzione nei luoghi di lavoro, anche in riferimento al rilievo assunto con il Decreto legislativo 81/2008 e ai continui cambiamenti del mondo del lavoro.
Tuttavia nella realtà non sempre la mission e la pratica del medico competente è all’altezza delle possibili aspettative e potenzialità.
Per affrontare e approfondire questo tema presentiamo un intervento al 73° Congresso Nazionale SIMLII -  inserito nella sezione dedicata al “nuovo ruolo del medico competente, fra strumenti di tutela e opportunità di crescita” - pubblicato nel numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia.
 
In “Idee, riflessioni e strumenti operativi per un ‘nuovo’ ruolo del medico competente” – a cura di S. Porru, A. Scotto di Carlo e C. Arici (Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Brescia) – sono presenti valutazioni, suggerimenti e indicazioni, frutto di riflessioni personali, dati di letteratura ed esperienze condotte sul campo che hanno lo scopo di promuovere positivamente un “nuovo” ruolo del Medico del Lavoro Competente (MLC) e “cercare di elevarne autonomia, professionalità, qualità, credibilità, avendo la ferma convinzione che sia certamente possibile coniugare rigore etico e tecnico-scientifico con l’applicazione nella pratica quotidiana e nella condotta professionale del MLC”.
 

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I cambiamenti di questi ultimi anni – ad esempio con riferimento alle “significative modifiche legislative” (recepimento direttive UE, ampliamento requisiti per la funzione di MC, nuovo “Testo Unico”, regole su alcol e tossicodipendenza, flussi migratori, modifiche ordinamenti scuole di specializzazione) o agli accadimenti di risonanza mediatica (eventi infortunistici, temute pandemie, ...) e ai momenti di difficoltà economica e transizione nel mondo del lavoro – hanno portato  “fermenti, disagi, preoccupazioni” anche nella Medicina del Lavoro (ML).
In particolare - secondo gli autori - ruolo, qualità e contenuti del lavoro del MLC sono “valorizzabili e migliorabili”, così come sono “perseguibili ulteriori risultati nei numerosi campi di tutela di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con il contributo rilevante e qualificato del MLC”.  È infatti “necessario cambiare passo e valorizzare il ruolo professionale del MLC, attraverso una concreta e capillare politica che privilegi etica, deontologia, competenza tecnico-scientifica ed aspetti umani del MLC e che garantisca che attraverso tali principi egli possa esercitare operativamente il proprio ruolo, sia come libero professionista, sia come dipendente”.
 
Gli autori in relazione ai miglioramenti possibili delle attività del medico competente e alle difficoltà in cui questa figura spesso si trova ad operare, elencano una serie di utili strumenti culturali ed operativi a disposizione (convezioni ILO degli anni ’80 sui servizi di salute occupazionale nei luoghi di lavoro, Linee guida tecniche ed etiche per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, codici etico-comportamentali e linee guida, ...) e auspicano un salto di qualità e un rinnovamento che riguardi:
- “l’approccio del MLC all’utilizzo concreto di tali elementi fondanti, soprattutto deontologici e tecnico-scientifici;
-  la capacità di raccogliere le sfide della competitività, magari non gradita e scorretta;
-  il ruolo gestionale-organizzativo a tutto campo;
-  il modo di lavorare in equipe e con interlocutori con diversi - anche obbligati - punti di vista;
-  la capacità di valutare - umilmente e mettendosi in discussione da un lato, pur pretendendo che anche altri interlocutori lo facciano - l’efficacia delle proprie azioni, utilizzando strumenti ed indicatori di processo e di risultato che oggi la medicina - basata sull’evidenza - mette a disposizione;
-  il modo di affrontare VdR, SS (sorveglianza sanitaria, ndr), giudizi di idoneità, abbandonando schemi predefiniti (tuttavia percepiti come molto comodi e facili da applicare) e obsolete attività di routine, privilegiando un nuovo ruolo clinico-diagnostico e gestionale che comunque gli viene da sempre offerto, tenendo in considerazione che nessun altro potrebbe svolgerlo meglio, visto il curriculum formativo del MLC;
-  lo stile di gestione della posizione contrattuale e della difesa del decoro professionale”.
 
Salto di qualità necessario perché gli autori indicano che “negli anni 2000 si assiste su larga scala ad attività del MLC caratterizzate da basso profilo, superficialità, genericità, mera formalità, disimpegno, frettolosità, in visite mediche, accertamenti di laboratorio e strumentali, anche di base (audiometria e spirometria), nella diagnostica clinica (assenza/inaccuratezza), ma anche - purtroppo - in quella etiologica specialistica (malattie perdute!!), nei giudizi di idoneità, nella collaborazione alla VdR, nella redazione cartelle, nella comunicazione, con rinuncia sostanziale proprio agli elementi qualificanti tipici della disciplina e della professionalità, restando così facile oggetto di critica”.
Il MLC dovrebbe “invece puntare su efficacia, appropriatezza, efficienza ed equità delle prestazioni”. E sono oggi a disposizione numerosi indicatori che possono aiutarlo, indicatori sia di sistema/struttura, sia di processo (ad es. risorse disponibili, procedure per VdR, report, protocolli di SS e gestione delle idoneità,...), sia di esito (a loro volta suddivisibili in indicatori sanitari e indicatori gestionali).
Il lavoro del MLC deve essere teso a dimostrare “che ciò che ha scelto di fare è necessario e porta benefici; ciò comporta l’interazione sistematica con i vari attori del sistema di prevenzione aziendale e con i lavoratori, compiti per i quali dovrà impiegare e sviluppare le necessarie doti umane e professionali, conservando autonomia d’azione, evitando condizionamenti, nella consapevolezza che bisogna sempre seminare per raccogliere”.
E se il MC ritiene di non essere messo nelle condizioni di poter ben svolgere il suo ruolo, “non può che rimettere l’incarico. Qui si innesta l’inveterato tema del rapporto contrattuale del MLC, del decoro professionale e del compenso. A fronte di un impegno professionale che è necessario, significativo, di responsabilità e foriero di benefici dimostrabili, il MLC pretenda adeguata remunerazione. È tuttavia noto - su larga scala - che i compensi sono modesti e che sempre più diffusa è la tendenza degli imprenditori, pubblici e privati, a ricorrere a gare al ribasso, cui evidentemente non è etico, né deontologico partecipare, come anche da indicazioni SIMLII”. Inoltre di fronte anche a situazioni di “concorrenza sleale” è importante “salvaguardare quei professionisti MLC che rispettano criteri etici-deontologici, qualità tecnico-scientifica”.
 
I campi e spazi per applicare i dettami della Medicina del Lavoro sono molti.
Ad esempio in merito alla sorveglianza sanitaria elementi qualificanti per il MLC sono la diagnosi clinica ed etiologica.
Il contributo – che vi invitiamo a visionare – riporta molte motivazioni possibili che portano invece il MLC in molti casi a rinunciare o non pensare all’approfondimento diagnostico, a non segnalare una patologia o segnalare solo quelle più “facili” (ad esempio l’ipoacusia), a non procedere alla diagnosi differenziale o concludere l’accertamento senza neanche una diagnosi.
Un altro campo “in cui il MLC ha per troppo tempo rinunciato ad impegnarsi è quello degli infortuni sul lavoro”. Un campo d’intervento del MLC “che spazia dalla prevenzione primaria alla secondaria e terziaria, ma che quasi mai vede, nella singola azienda, un completo contributo del MLC, che spesso si limita ad osservare il fenomeno a consuntivo”.
 
Gli autori riportano poi altri ambiti di rilievo per la professionalità e la quotidianità del lavoro del MLC, ma spesso sottostimati: “la promozione della salute, l’immigrazione, le differenze di genere, dove possono delinearsi ed essere meglio apprezzate competenze cliniche, educative e di gestione di singoli e gruppi di lavoratori, proprie del MLC”. Senza dimenticare “il ruolo di consulenza generale in azienda” per contribuire alla salute e sicurezza agendo a tutto campo o il ruolo del MLC nello sviluppo della ricerca scientifica.
 
In conclusione gli autori sottolineano che “è tempo di abbandonare battaglie di retroguardia, riconoscere le problematiche di cui siamo responsabili e puntare finalmente su convenienze e vantaggi negli ambiti clinico, di valutazione del rischio, epidemiologico, culturale, didattico, scientificodivulgativo, a livello individuale, d’impresa e società, che il MLC qualificato, agevolato nel qualificarsi, che voglia operare attraverso la cultura del fare e del verificare l’efficacia, è certamente in grado di conseguire”.
 
 
 
Idee, riflessioni e strumenti operativi per un ‘nuovo’  ruolo del medico competente”, a cura di S. Porru, A. Scotto di Carlo e C. Arici (Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata - Sezione di Medicina del Lavoro - Università degli Studi di Brescia), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 82 kB).
 
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