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La sicurezza durante la manutenzione: valutazione dei rischi

Come garantire la sicurezza di tutte le persone coinvolte durante l’esecuzione di un intervento di manutenzione? Una visione organizzativa e di crescita professionale. Di Alessandro Mazzeranghi, Daniele Ruffini, Federica Coucourde.

 
 
Abbiamo già parlato degli aspetti di sicurezza correlati alla manutenzione, vedendo che sono piuttosto articolati. Oggi ci vogliamo concentrare sul tema più classico: garantire la sicurezza di tutte le persone coinvolte durante l’esecuzione di un intervento di manutenzione; il tutto tramite precauzioni organizzative e operative che siano anche compatibili con un sistema di gestione della sicurezza ex BS OHSAS 18001-1 e/o con un modello organizzativo esimente conforme al D.Lgs. 231/2001 e all’articolo 30 del D.Lgs. 81/2008.
 
La questione è nota, ma spesso le misure adottate sono insufficienti o inadeguate. Quindi vale la pena di riportare l’attenzione sul tema, anche perché ancora oggi molti infortuni si verificano durante attività di manutenzione o attività ad esse assimilabili.
 

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Il problema: come noto la manutenzione è un insieme di interventi, programmati o su chiamata, volti a mantenere o ripristinare le condizioni di funzionamento di macchine, impianti, attrezzature, opere civili ecc. Gli interventi che si possono rendere necessari sono molti e diversi fra loro; talvolta sono anche difficili da prevedere in via preliminare. Quindi è evidente che non è possibile trattare un intervento di manutenzione come una normale operazione di produzione. Questa ultima infatti può essere studiata a tavolino, provata sul campo, corretta in modo tale che tutti i rischi presenti siano valutati e che tutte le precauzioni di sicurezza per il controllo dei rischi siano precisamente definite. Situazione diversa per gli interventi di manutenzione: è vero che alcuni interventi sono ripetitivi e quindi potrebbero essere trattati come normali operazioni di produzione. Anche in questo caso, più semplice, il numero di interventi ripetitivi possibili (regolazioni, verifiche periodiche, manutenzioni programmate ecc.) è tanto elevato da rendere difficile una regolamentazione altrettanto puntuale come quella che si può mettere in campo per le attività di produzione. Se poi consideriamo gli interventi non programmati, per esempio le manutenzioni su guasto, il tema si amplia enormemente, e quindi diventa non gestibile con le tecniche di controllo dei rischi che adottiamo abitualmente in altri ambiti.
Quindi per la sicurezza durante la manutenzione vanno trovate una organizzazione e un insieme di misure puntuali diversi da quelli “abituali”.
 
Vorremmo sgombrare il campo subito da un equivoco che tutti, in diversa misura, ci portiamo dietro da anni: non possiamo contare SOLO sulla competenza e capacità di giudizio dei manutentori; è vero che per necessità di lavoro si tratta di persone abituate a ragionare sui problemi e a trovare delle soluzioni, ma non possiamo pensare che la loro sicurezza sia affidata solo a loro stessi. Per tanti motivi, fra cui il fatto che comunque devono operare in modo omogeneo e fra loro coordinato.
 
Quindi come procedere? Quello che diremo non è del tutto una novità perché se ne parla da oltre 10 anni nel settore elettrico, ma se andiamo a vedere quante aziende applicano i principi che descriveremo nel seguito possiamo affermare che, sotto il profilo pratico, si tratta di una novità quasi assoluta; almeno per l’industria manifatturiera.
 
La identificazione dei pericoli e la valutazione dei rischi
Per definizione il datore di lavoro non può esimersi dall’effettuare una valutazione dei rischi per alcune tipologie di attività e/o per alcune mansioni lavorative. Quindi è evidente che tutto il processo logico deve partire dalla valutazione dei rischi.
 
La valutazione dei rischi della manutenzione, intesa come esecuzione della manutenzione, può essere considerata sotto tre profili:
  • Valutazione dei rischi dei beni da assoggettare alla manutenzione, evidentemente considerati nelle condizioni nelle quali si effettuerà la manutenzione. Quindi non saranno solo i rischi a cui è esposto l’operatore (che ci sono comunque perché la manutenzione prevede operazioni di messa a punto, regolazione, collaudo ecc. che sono assimilabili all’uso normale) ma anche quelli che derivano dal fatto che un certo intervento deve essere eseguito a quadro elettrico aperto piuttosto che dopo lo smontaggio di un carter. Comunque attenzione: questa valutazione non copre completamente l’esigenza.
  • Valutazione dei rischi delle attività: capita che i rischi derivino dal modo di lavorare piuttosto che dalle caratteristiche dei beni che si utilizzano o si sottopongono a manutenzione. Questo è particolarmente importante proprio nella manutenzione dove le modalità di lavoro (che si ripetono simili anche per beni non identici) introducono rischi importanti. Quindi è necessaria una identificazione attenta dei modi di lavoro consueti (consolidati in azienda) che andranno sottoposti a una analisi critica a valle della identificazione dei pericoli e della valutazione dei rischi. Di cosa parliamo? Cose semplici: come mettere in  sicurezza un impianto (quali fonti di energia devo sezionare e come?), come intervenire su un quadro sotto tensione ecc. Ripetiamo: si tratta del modo di operare sviluppato dalle persone addette alla manutenzione.Precisiamo una ovvietà: in assenza di una regolamentazione ufficiale ben solida, troveremo sicuramente che manutentori diversi compiono le stesse attività secondo modi e logiche di sicurezza diverse. Siccome abbiamo detto che l’omogeneità è una necessità, dovremo evidentemente scegliere, a valle della valutazione dei rischi, quale sia il modo operativo migliore per garantire la sicurezza nella manutenzione senza ridurre troppo l’efficienza.
  • Resta infine la valutazione inerente l’organizzazione generale del processo. Se le attività rappresentano il modo pratico di fare le cose, il processo invece è l’insieme della attività, ovvero come queste si correlano fra loro, quali sono i punti di attenzione, e chi è responsabile dei passaggi (decisioni) critici. La valutazione parte come sempre da una ricognizione (mappatura) del processo in atto per identificare gli snodi critici per la sicurezza e i relativi controlli, presenti o da implementare. Naturalmente il processo può essere carente in alcune parti quindi l’esito della valutazione può innescare (con altissima probabilità) un revisione del processo medesimo di manutenzione, inteso come quel processo che parte dalla necessità di una manutenzione (programmata o su chiamata) per arrivare alla riconsegna del bene alla produzione. Portiamo avanti un esempio già parzialmente considerato: la messa in sicurezza delle fonti di energia. Se nel parlare di attività ci riferiamo al corretto modo, concreto, di effettuare la messa in sicurezza per esempio di un circuito idraulico in pressione, quando parliamo di processo ci domanderemo chi decide, chi esegue, come si comunica l’avvenuta messa in sicurezza ecc. All’interno di questo processo esisterà la attività, una delle tante che lo costituiscono, “sezionamento della valvola dell’olio in pressione”, o qualcosa di equivalente.
 
Qualcuno potrebbe chiedersi: tanta fatica per una questione di valutazione dei rischi, senza alcun valore aggiunto pratico! Non è così, perché il limite a cui decidiamo di spingerci in questa attività determina tutto quanto si trova a valle, ovvero la corretta combinazione di misure di controllo dei rischi.
Se per assurdo valutassimo tutto, e di conseguenza regolamentassimo tutto ciò che presenta rischi residui, ci porteremmo verso la situazione caratteristica delle attività di produzione (ripetitive). Naturalmente sceglieremo un taglio oltre il quale non andremo nelle nostre valutazioni, che principalmente riguarderà i rischi connessi con le modalità di svolgimento delle attività, e in misura minore i rischi caratteristici dei beni. Questo per non disperderci nel tentare di tenere effettivamente conto di tutte le variabilità delle attività.
 
Quale taglio dare? Dipende dalla nostra organizzazione e dalle competenze e capacità effettive degli addetti alla manutenzione.
 
Regolamentare il processo
Su questo non ci possono essere discussioni. Il processo di manutenzione è fra i processi aziendali uno di quelli in cui errori, fraintendimenti o mancati controlli possono dare luogo ad infortuni molto gravi e assolutamente probabili. Quindi il processo deve essere definito/regolamentato.
 
Qui ci viene in aiuto la normativa sulla sicurezza dei lavori elettrici, che pur settoriale si applica, in termini di principi, a tutte le attività su macchine e impianti (dalla installazione alla manutenzione, con esclusione del puro e semplice esercizio). E la normativa in oggetto definisce un flusso logico che riassumiamo sotto:
  • Definizione degli obiettivi dell’intervento
  • Progettazione dell’intervento (che include la valutazione dei rischi dell’intervento)
  • Esecuzione delle (eventuali) messe in sicurezza
  • Autorizzazione all’intervento
  • Predisposizione delle misure di sicurezza
  • Esecuzione
  • Chiusura dell’intervento (lavori completati, condizioni di sicurezza ripristinate, eventuali collaudi effettuati ecc.)
  • Rimozione definitiva delle (eventuali) messe in sicurezza
  • Riconsegna del bene alla produzione
I passi sono questi, la sequenza può cambiare a seconda di “chi fa cosa” all’interno della organizzazione aziendale.
 
Chi incaricare, come eseguire certe attività, quali registrazioni raccogliere per dare evidenza che tutto quanto previsto è stato effettivamente messo in atto? A queste domande le norme tentano di dare delle risposte che valgono solo per certi settori industriali (per esempio le aziende di trasporto della energia elettrica), mentre hanno pochissimo senso per altri (per esempio nelle aziende manifatturiere).
La conclusione è semplice: cosa fare è chiaro (quindi gli obiettivi sono piuttosto definiti), ma ognuno dovrà poi scegliere la soluzione organizzativa che più si adatta alle proprie caratteristiche.
 
Se vogliamo fare un esempio pensiamo al momento in cui la manutenzione, al termine di un intervento, riconsegna un impianto a un reparto di produzione. Cosa significa riconsegnare un impianto? Cosa bisogna garantire in quel momento (cosa la manutenzione deve garantire al reparto)? Alcuni flash:
  • salvo diversa indicazione deve essere chiaro a tutti che la manutenzione riconsegna un impianto solo se questo è completamente ripristinato sotto il profilo del funzionamento ma anche della sicurezza; in caso contrario deve informare il reparto medesimo (per esempio un preposto);
  • ne segue che chi esegue la manutenzione deve effettuare o partecipare a un collaudo finale prima della restituzione; ovviamente le modalità di collaudo adeguate ad avere confidenza nella situazione di pieno ripristino sopra descritta cambieranno da caso a caso.
 
Come si vede in azienda si distinguono due tempi diversi, quello della produzione assoggettato a regole semplici e piuttosto esaustive, e quello della manutenzione, ove operano specialisti nel rispetto di regole più complesse e sicuramente non esaustive. Possiamo concludere che stiamo considerando due modi di operare e di approcciare il lavoro profondamente diversi.
 
 
Alessandro Mazzeranghi
Daniele Ruffini
Federica Coucourde
 
 
Nei prossimi giorni, PuntoSicuro, pubblicherà come completamento a questo articolo un approfondimento sulla formazione e l’addestramento delle persone coinvolte durante l’esecuzione di un intervento di manutenzione.


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