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I rischi al femminile: i pericoli di natura infortunistica e ergonomica

I rischi al femminile: i pericoli di natura infortunistica e ergonomica

Il genere femminile è il più colpito da disturbi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, anche a causa di differenze nelle esposizioni professionale a rischi legati a fattori ergonomici. I dati, i fattori di rischio e i settori a prevalenza femminile.

 
Roma, 29 Sett – Più volte i nostri articoli hanno sottolineato come, nella valutazione del rischio nei luoghi di lavoro, è necessario che l’identificazione dei pericoli e la valutazione dell’esposizione siano condotte tenendo presente le differenze legate al genere e derivanti anche dalle peculiarità di inserimento delle donne sul mercato del lavoro. Se la cosiddetta “segregazione orizzontale” (concentrazione dell'occupazione femminile in un ristretto numero di settori e professioni) in alcuni casi si è attenuata con l’ingresso delle donne anche in attività tipicamente maschili (ad esempio forze armate e polizia), esistono ancora notevoli differenze nella presenza femminile nei vari settori lavorativi. In particolare i settori a maggiore concentrazione femminile sono quelli del servizio domestico e alberghiero, della sanità, del commercio e dell’istruzione.
 
Partendo dunque dall’analisi della “segregazione occupazionale” in ottica di genere (con riferimento all’ineguale distribuzione per genere degli individui tra le diverse occupazioni) è possibile individuare i fattori di rischio a cui il genere femminile risulta più esposto.
 
E per farlo ci soffermiamo sul documento Inail “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere. Rischi lavorativi. Un approccio multidisciplinare. Volume 4”, documento che segue la pubblicazione di altri tre volumi sul tema delle differenze correlate all'appartenenza al genere maschile o femminile.
 

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Ci soffermiamo oggi sulle differenze di esposizione a pericoli di natura infortunistica e a pericoli di natura ergonomica.
 
Il volume riporta innanzitutto alcuni dati infortunistici in ottica di genere.
 
Le donne “rappresentano circa il 40% della forza lavoro totale, mentre la quota di infortuni femminili rispetto al totale è del 32% e scende al 10% per i casi mortali (Inail-Rapporto annuale 2011)”. Tale dato “può essere interpretato col fatto che più frequentemente il genere maschile è impiegato in lavori ad alto rischio come l’edilizia e i trasporti, mentre la probabilità di infortuni è minore in uffici e negozi, dove la forza lavoro è rappresentata in grandissima maggioranza da donne (Jonathan F. et al., 2012; Wilkins K, 2007, Bhattacherjee et al., 2003)”. A conferma di questa affermazione si può segnalare che in alcuni settori a prevalenza femminile, come quello sanitario, “la donna risulta avere un tasso d’infortunio relativo maggiore rispetto all’uomo (Alamgir H. et al.,2009; Smith P M e Mustard C A, 2004)”.
 
Viene poi riportato un aspetto da non sottovalutare che potenzialmente “può determinare un incremento del rischio infortunistico” e che riguarda l’uso di macchinari, utensili o dispositivi di protezione.
Tali strumenti sono spesso progettati tenendo conto di un ‘individuo medio di sesso maschile’, ma “non delle differenze di statura, peso corporeo, dimensione degli arti, creando un presupposto di maggiore rischio per le donne. Ad esempio uno studio (Krauss, 2008), volto ad indagare le disuguaglianze legate al sesso in base alla morfologia del piede, mette in luce sostanziali divergenze tra uomo e donna e dimostra come sia necessario progettare o disegnare dispositivi di protezione (in questo caso scarpe) che tengano conto di tali differenze”.
 
Veniamo ora alla differenza di esposizione a pericoli di natura ergonomica.
 
Sono diverse le evidenze scientifiche che testimoniano come il genere femminile risulti “più colpito da disturbi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, anche a causa di differenze nell’esposizioni professionale a rischi legati a fattori ergonomici”.
 
Ad esempio secondo i primi risultati emersi dalla V° Indagine Europea sulle Condizioni di Lavoro elaborata da Eurofound, “il 13% delle donne rispetto al 5% degli uomini, solleva e sposta persone nell’ambito del proprio lavoro”. E la tipologia del lavoro “varia in base al genere: quello femminile è caratterizzato da azioni ripetitive, monotone, con uno sforzo statico, mentre quello maschile è rappresentato da compiti ‘tecnici e manuali, sforzi fisici maggiori e turni di lavoro più lunghi e stressanti’ (Messing, 1999)”.
Inoltre in molti settori lavorativi “alla donna viene richiesto un carico eccesivo di lavoro, spesso con posizioni errate del corpo mantenute durante tutto l’arco della giornata e caratterizzate da movimenti ripetitivi che richiedono notevole impegno di gruppi muscolari più piccoli ma anche più vulnerabili (Joyce et al., 2009). Si creano, quindi, condizioni di rischio biomeccanico, quali posture incongrue, eccessiva sedentarietà o stazione eretta protratta, sollevamento ripetitivo di oggetti e movimenti ripetitivi”.
 
In particolare i settori in cui le donne appaiono più esposte a questo tipo di rischio sono “quello sanitario, il lavoro di ufficio, l’industria ‘leggera’ e il settore delle pulizia”.
 
Si sa, ad esempio, che nel settore sanitario “la movimentazione manuale di carichi e di persone e le posture incongrue, sono fattori di rischio molto frequenti,in particolare in reparti e servizi in cui vi sono pazienti non autosufficienti quali ad esempio, lunghe degenze, chirurgia, geriatria, ortopedia, rianimazione, etc. Particolarmente gravose sono le operazioni di trasferimento dal letto alla barella o alla carrozzina e viceversa che il personale infermieristico si trova a svolgere nella pratica di tutti i giorni”.
 
Tuttavia sono molti anche i lavori tipo impiegatizio “caratterizzati da un’eccessiva sedentarietà e dalla necessità di mantenere posizioni fisse e talvolta anche errate per lunghi periodi”, caratteristiche possono essere causa di disturbi muscolo-scheletrici.
 
Ad esempio è dalla IV° Indagine Europea sulle Condizioni di Lavoro che si evince “che circa il 48% delle donne rispetto al 43% degli uomini usano il computer sul loro luogo di lavoro, il 38% verso il 34,5% usa sistematicamente internet e la posta elettronica. Infatti il lavoro d’ufficio è un’attività svolta prevalentemente dal genere femminile che ricopre spesso mansioni esecutive come quelle di addetta alla segreteria, alla dattilo o videoscrittura, al data-entry, al centralino e front desk.Tutte queste attività possono essere a rischio di posture incongrue e movimenti ripetitivi”.
E si segnala che nelle attività di ufficio in questi anni è notevolmente aumentata la necessità “di impiego di strumenti tecnologici ( pc con tastiera, touch screen, consolle a controllo numerico, registratori di cassa che espongono a movimenti ripetitivi e rapidi delle dita talora in postazioni spesso non perfettamente studiate sotto il profilo ergonomico)”.
 
Il documento fa anche riferimento alla presenza di molte lavoratrici nei settori manifatturieri e ai rischi ergonomici.
Ad esempio l’attività di confezionamento, “mansione spesso relegata alle lavoratrici, comporta generalmente posture fisse sia in piedi che sedute, frequentemente incongrue perché spesso il lavoro si svolge a braccia sollevate e capo flesso”.
 
Altri settori a prevalenza femminile sono:
- l’attività di commessa, o di parrucchiera “che richiede alla lavoratrice una postura eretta prolungata, può comportare un aumento di rischio di lombalgie e disturbi circolatori agli arti inferiori”;
- quello delle confezioni tessili “dove per esempio, le addette alle macchine da cucire oltre a dover tenere una certa postura obbligata, devono eseguire continuamente movimenti minuziosi e con estrema velocità, impegnando gruppi muscolari più piccoli ma anche più suscettibili (Punnet e Herbert, 2000)”;
- il settore delle pulizie, un settore caratterizzato spesso da posture incongrue e movimenti ripetitivi degli arti superiori e, in parte, movimentazione dei carichi.
 
Concludiamo segnalando che “una serie di indagini in vari settori (manifatturiero, alimentare, impiegatizio) confermano che, anche nella stesso tipo di occupazione, le donne presentano rischi fino a 5 volte maggiori dei maschi per patologie muscoloscheletriche (Messing, 2006)”.
 
 
 
Inail, “ Salute e sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere. Rischi lavorativi. Un approccio multidisciplinare. Volume 4”, quaderno della "Rivista degli Infortuni e delle Malattie Professionali" a cura di Rita Biancheri, Annalaura Carducci, Rudy Foddis e Antonella Ninci, agosto 2013 (formato PDF, 17.11 MB).
 
 
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