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Lavoro in serra: scenari e valutazione del rischio di esposizione

Lavoro in serra: scenari e valutazione del rischio di esposizione
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Vigilanza e controllo

18/06/2018

Una pubblicazione Inail presenta i risultati di alcuni studi per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre. I rischi, gli scenari di esposizione, le linee guida, i risultati degli studi e la valutazione dei rischi.

 

Roma, 18 Giu – Sono definibili come pesticidi due diverse categorie di prodotti che sono utilizzati in campo agricolo e non. Dal punto di vista della regolamentazione comunitaria “le due categorie si distinguono in prodotti fitosanitari (reg. CE 1107/2009) e prodotti biocidi (reg. UE 528/2012). Tecnicamente i prodotti fitosanitari (PF) e i prodotti biocidi (PB) possono anche contenere lo stesso principio attivo, ma i primi sono sempre e solo pesticidi utilizzati in agricoltura o in campo florovivaistico, mentre ai biocidi appartengono anche i prodotti disinfettanti, preservanti e antincrostazione”. E se per il settore agricolo il termine di pesticida viene utilizzato nella accezione di PF, nella accezione comune i PF “sono chiamati anche agrofarmaci o fitofarmaci e talvolta sono definiti anche antiparassitari o anticrittogamici, sebbene i primi siano in prevalenza insetticidi (contro i parassiti di piante e animali) e i secondi fungicidi”.

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A fornire queste informazioni sui pesticidi, evitando confusioni tra termini diversi, e ad affrontare il delicato tema dell’esposizione dei pesticidi in serra, è un intervento al convegno “ La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre” che si è svolto a Lamezia Terme il 4 luglio 2016. Un convegno i cui atti sono stati raccolti in un documento pubblicato dall’ Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale.

 

Valutazione e scenari di esposizione per le serre

L’intervento “Scenari di esposizione a pesticidi in serra”, a cura di M. Gherardi, M. P. Gatto, A. Gordiani, N. L’Episcopo (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale - Area di ricerca “Monteporzio”), si sofferma inizialmente sulla valutazione della esposizione a pesticidi in agricoltura e ricorda che molti pesticidi “sono persistenti, possono restare inalterati per periodi prolungati, e possono essere accessibili al corpo umano; gli effetti sulla salute dipendono dal tipo di molecola utilizzata come sostanza attiva (SA): composti con strutture chimiche simili hanno caratteristiche simili e generalmente un analogo meccanismo di azione”.

 

In particolare, i lavoratori agricoli sono “esposti ai pesticidi attraverso due principali vie di esposizione”:

  • l’assorbimento cutaneo: “può verificarsi a causa degli spruzzi, della fuoriuscita o della deriva durante la miscelazione, il carico o l’applicazione di un pesticida oppure per contatto con i residui sulle attrezzature per l’applicazione o sulle superfici trattate e sugli indumenti”;
  • l’esposizione inalatoria: “può causare gravi danni al naso e alla gola: le sostanze possono raggiungere le zone di scambio negli alveoli polmonari e diversi organi”.

Si indica poi che la composizione chimico fisica delle sostanze “influisce sull’assorbimento: la polvere può essere inalata durante l’apertura dei contenitori, le operazioni di pesata e di miscelazione; l’inalazione di goccioline derivanti da applicazione con spruzzatura a bassa pressione è abbastanza bassa perché la dimensione delle goccioline è tale da favorire la loro deposizione veloce. Quando, invece, vengono utilizzate alte pressioni o apparecchiature di nebulizzazione, le goccioline contenute nella nebbia possono essere più facilmente trasportate nell’aria aumentando il potenziale effetto di esposizione inalatoria. Molte sostanze liquide sono volatili e l’esposizione ai vapori prodotti può non essere trascurabile”.

 

Dunque i fattori che entrano in gioco nella valutazione della esposizione professionale a prodotti fitosanitari – “riconducibile alle attività di preparazione della soluzione o della miscela (mix e carico del prodotto), alle attività di applicazione, di rientro nelle aree trattate e di raccolta, nonché alle attività di pulizia delle attrezzature utilizzate e di smaltimento” - sono molteplici e “includono, oltre alla natura chimica, fisica e tossicologica delle sostanze attive, anche la frequenza d’uso, la dose di applicazione, l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) e l’ambiente”.

 

Nella relazione è sottolineata la pubblicazione - in tema di esposizione a PF in agricoltura e da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European food and safety authority, Efsa), di “linee guida per la valutazione della esposizione per operatori, lavoratori, astanti e residenti (Guidance on the assessment of exposure of operators, workers, residents and bystanders in risk assessment for plant protection products, Efsa Journal 2014;12(10):3874) stabilendo una metodologia armonizzata concepita per aiutare i valutatori del rischio e i produttori che presentano richieste di autorizzazione per PF a calcolare il rischio”.

Si segnala che il documento “valuta l’esposizione ai PF per via non alimentare, soprattutto per inalazione o assorbimento cutaneo, ma anche per potenziale ingestione mediante trasmissione mano-bocca per quattro categorie di popolazione”. Categorie che includono anche i lavoratori professionalmente esposti che assolvono alle mansioni di operatore, lavoratore e astante, in particolare:

  • operatori: “sono agricoltori di professione che svolgono attività legate all’applicazione di pesticidi, incluse le attività di miscelazione e caricamento dei pesticidi nei macchinari, o l’azionamento, la pulizia, lo svuotamento e la riparazione di tali apparecchiature. Sono lavoratori professionalmente qualificati, in possesso di una specifica certificazione di abilitazione all’acquisto e all’utilizzo di PF rilasciato dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti;
  • lavoratori: coloro che, nell’ambito della propria attività lavorativa agricola, operano in aree in cui si utilizzano pesticidi o che maneggiano colture trattate con essi;
  • astanti: sono lavoratori che possono trovarsi all’interno o nelle vicinanze di una zona trattata con pesticidi e che, non attuando misure di protezione, possono risultare esposti. Anche i “residenti che vivono, lavorano o vanno a scuola nelle vicinanze di una zona in cui vengono utilizzati pesticidi e che non adottano misure protettive, come l’indossare indumenti speciali possono risultare esposti, ma la valutazione del rischio di esposizione per tali persone esula dal contesto della valutazione di esposizione professionale”.

 

Studio sperimentale nelle serre

La relazione segnala poi che la serra è un “apprestamento protettivo utilizzato in agricoltura per la forzatura o la semi-forzatura delle colture”. In Italia, secondo l’Istat, “circa 31.000 ettari (ha) di apprestamenti protettivi sono dedicati alla coltivazione di ortaggi e piccoli frutti (ad esempio, la fragola), con una produzione totale di 1.423.349 tonnellate nell’anno 2010; anche il settore florovivaistico, su una superficie di 16.405 ha, si estende, per circa un terzo, in ambiente protetto”.

 

Il problema è che la serra è un “ambiente chiuso o semichiuso all’interno del quale la concentrazione aerodispersa e/o depositata di PF può risultare aumentata rispetto a quella corrispondente in campo aperto per effetto di una ridotta capacità di diluizione, con conseguente incremento del rischio di esposizione dei lavoratori”.

 

Per la descrizione di uno scenario di esposizione (SE) a PF – continua la relazione – “occorre considerare i parametri principali che determinano i rilasci delle sostanze e, di conseguenza, l’esposizione, i cosiddetti ‘determinanti’. Essi includono tra gli altri: le proprietà chimico-fisiche della sostanza (es. volatilità, solubilità in acqua, degradabilità); la durata e la frequenza d’uso; la concentrazione di una sostanza in un prodotto, la quantità di sostanza usata per singola applicazione; le modalità di applicazione; le misure di gestione del rischio (es. tipo di ventilazione, DPI); l’ambiente nel quale il processo avviene (es. il volume e le caratteristiche degli ambienti di lavoro). Per le attività lavorative in serra, il tipo di serra rappresenta un parametro che contribuisce a configurare lo scenario”.

Questi i principali tipi di serra riscontrabili sul territorio nazionale:

 

Protezioni per la coltivazione

 

Poiché la disponibilità di informazioni e dati caratteristici per la descrizione degli scenari espositivi “può contribuire a colmare le lacune conoscitive sul lavoro in serra e a definire i parametri chiave ai fini di una adeguata valutazione del rischio chimico”, è stato disegnato uno studio sperimentale multidisciplinare. Uno studio con “misure di concentrazione ambientale e di esposizione personale a PF; misure di parametri metabolici dei soggetti esposti; misure di parametri microclimatici e misure finalizzate alla valutazione della sensibilizzazione cutanea, della alterazione della sudorazione, della idratazione e della secrezione sebacea per alcuni soggetti nelle condizioni di esposizione sperimentate”. Misure che sono state eseguite nel periodo aprile 2014 - febbraio 2016 durante le attività di miscelazione, carico, trattamento delle colture con prodotti fitosanitari e pulizia delle apparecchiature e di rientro e raccolta nelle zone trattate, rispettivamente per operatore e lavoratore.

 

Riflessioni per la valutazione dell’esposizione

Rimandando alla lettura integrale della relazione riguardo ai dettagli dello studio svolto, riportiamo alcuni risultati e utili spunti di riflessione per la valutazione della esposizione in serra.

 

Si indica che una prima analisi degli scenari “ha consentito di identificare una differente potenzialità di esposizione inalatoria in funzione del tipo di copertura delle serre e della modalità di applicazione dei prodotti, indicando nelle serre tipo tunnel ombraio e nella applicazione dei PF per mezzo di atomizzatore una condizione più favorevole al contenimento del rischio chimico: il trattamento con lancia manuale sembra comportare condizioni di esposizione sfavorevoli rispetto all’atomizzatore anche quando questo venga effettuato in campo aperto. I dati in ogni caso confermano l’incremento della potenziale esposizione inalatoria all’interno degli apprestamenti protettivi rispetto al campo aperto”.

 

I risultati preliminari di questo studio indicano, inoltre, che “per colmare le incertezze ancora presenti nelle stime di esposizione a prodotti fitosanitari in serra è auspicabile completare le misure di esposizione ad agenti chimici con misure di esposizione dermica e misure di dose interna attraverso il monitoraggio biologico, sempre caratterizzando lo scenario attraverso studi sperimentali a carattere multidisciplinare”. Lo studio ha, infatti, permesso di ottenere informazioni “in merito alla possibilità che i diversi agenti di rischio, quali quelli chimici e fisici, possano operare in sinergia configurando scenari di esposizione complessi che meritano una valutazione del rischio di esposizione integrata all’interno delle serre”.

 

Infine, dal punto di vista degli ambienti termici, “i valori medi di temperatura e umidità relativa mostrano che in serra possono verificarsi condizioni termiche severe. Alcune di queste condizioni, inoltre, possono indurre per alcune mansioni un tasso metabolico moderato, che potenzialmente comporta un maggior rischio di esposizione inalatoria, soprattutto quando non vengano utilizzati correttamente i dispositivi di protezione individuale”.

 

E lo stesso “gradiente termico che si realizza all’interno delle serre tra le varie ore del giorno e tra l’interno e l’esterno”, può “compromettere l’integrità della barriera cutanea che, unitamente alla secrezione delle ghiandole sudoripare eccrine, può favorire la persistenza dei fitofarmaci sulla cute, ancora presenti nell’ambiente della serra dopo il trattamento, aumentando il rateo di assorbimento cutaneo e provocando anche dei quadri di dermatite cronica delle mani”.

 

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Atti di convegno. La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”, a cura di Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, Inail), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2017 (formato PDF, 1.93 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”.

 

Efsa, “ Guidance on the assessment of exposure of operators, workers, residents and bystanders in risk assessment for plant protection products”, 2014 (formato PDF, 920 kB).

 



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