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Sicurezza sul lavoro e modelli organizzativi nelle università

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: SGSL, MOG, dlgs 231/01

08/10/2012

Le università sono ambienti di lavoro caratterizzati da particolari esigenze organizzative e necessitano di specifica regolamentazione. La normativa, lo schema di regolamento ministeriale e la possibile adozione di modelli organizzativi.

 
Urbino, 8 Ott –  Il Decreto legislativo 81/2008, e prima ancora il D.Lgs. 626/94, hanno individuato l’Università, come altre amministrazioni e enti (art.3, comma 2, D.Lgs. 81/2008), come ambienti di lavoro caratterizzati da particolari esigenze organizzative o produttive tali da giustificare una specifica regolamentazione. Tuttavia più che un regolamento “tradizionale”, che andrebbe a sovrapporsi alla normativa già esistente, sarebbe essere opportuno adottare, anche in ambito universitario, un modello organizzativo ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. 81/2008.
È quanto sostiene Alberto Tampieri, professore straordinario di Diritto del lavoro nell’ Università di Modena e Reggio Emilia, in un working paper, un breve saggio, prodotto Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro ( Olympus).
 
In “ La sicurezza del lavoro nell’Università tra regolamento interno e modello organizzativo” si ricordano i regolamenti emanati in seguito all’entrata in vigore del d.m. 363/1998 (sicurezza in ambito universitario) e il nuovo schema ministeriale, non ancora approvato.


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In particolare sono stati emanati prima il d.m. 363/1998 e a breve distanza di tempo il d.m. 382/1998 (sicurezza nelle amministrazioni scolastiche).
I due regolamenti presentano diverse analogie, analogie che non riguardano tuttavia “l’individuazione del datore di lavoro; infatti solo per l’Università è stata prevista un’importante deroga rispetto alla legislazione statale, e cioè l’ identificazione della figura datoriale in capo al Rettore, a dispetto della norma generale che identifica il dirigente quale datore di lavoro nella pubblica amministrazione”. Inoltre “è prevista la possibilità di estendere la qualifica di datore di lavoro, ai fini degli obblighi prevenzionistici, anche ai Direttori delle strutture (in particolare dipartimentali); rilevante è, infine, l’inserimento nell’ordinamento della sicurezza sul lavoro della nuova – e del tutto peculiare – figura del Responsabile dell’attività didattica e di ricerca in laboratorio (art. 5 del d.m. n. 363/1998)”. 
 
Nell’ambito della “cornice” tracciata dal d.m. 363/1998 molti Atenei italiani “hanno ritenuto opportuno dotarsi anche di un ulteriore regolamento interno in materia di sicurezza e salute sul lavoro”. Regolamento che “nella materia in questione è superfluo, ma allo stesso tempo inevitabile”. Ad esempio superfluo “non solo perché non previsto da alcuna disposizione di legge o di contratto collettivo di comparto, ma anche perché potenzialmente in grado di duplicare inutilmente – e talora in modo perfino dannoso – la regolamentazione di certi istituti o figure”. 
 
Non bisogna dimenticare poi che il Testo unico del 2008 “prevede l’emanazione di decreti ministeriali specifici per Università e scuola entro quarantotto mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo Testo unico”.
E, malgrado avvenga a temine ormai decorso, è attualmente in circolazione lo schema di regolamento ministeriale “che dovrebbe attuare, sia pure in ritardo, la previsione di cui all’art. 3, comma 2, del Testo unico” accomunando in un unico  provvedimento normativo “le disposizioni speciali sulla sicurezza del lavoro per le Università degli studi e per le istituzioni scolastiche”.
Lo schema ha già “ottenuto il parere del Consiglio di Stato, reso in data 22 aprile 2011 su richiesta del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca; tuttavia, allo stato, il regolamento ministeriale non risulta ancora emanato”.
 
Con riferimento “allo schema che circola, in modo informale, nell’ambito delle amministrazioni universitarie”, le novità, rispetto al precedente d.m. 363/1998 (tuttora vigente), “non sembrano molte, né essenziali”.
Ad esempio è stata “opportunamente mantenuta la scelta” di identificare il datore di lavoro, nell’Ateneo, con il Rettore, “al quale si possono affiancare, come datori di lavoro ‘aggiuntivi’, i responsabili delle strutture o raggruppamenti di strutture omogenee qualificabili come unità produttive ai sensi del Testo unico (art. 2, comma 1, lett. t) e della bozza di regolamento ministeriale (art. 13, comma 2)”.
 
Il prof. Tampieri si sofferma poi sulle problematiche relative alle “strutture di raccordo” tra i Dipartimenti medesimi che sono “difficilmente inquadrabili tra le unità produttive ai sensi del Testo unico, in quanto prive di autonomia finanziaria”. O sui pareri critici del Consiglio di Stato sulla scelta, ad esempio, di identificare il datore di lavoro, nelle scuole, con il dirigente scolastico. O, ancora, in relazione alla limitatezza e fragilità di un regolamento interno di Ateneo in materia di sicurezza sul lavoro.
 
Rimandando i lettori alla lettura integrale del working paper, arriviamo alla possibilità prospettata dall’autore e resa realizzabile con il Testo unico del 2008, di “superare i limiti intrinseci del regolamento e pensare ad un’ulteriore evoluzione, consistente nell’adozione, anche nell’amministrazione universitaria, di un vero e proprio modello organizzativo sulla scorta di quanto previsto dall’art. 30 del medesimo Testo unico”.
 
Si ricorda che l’utilità dell’adozione del modello in questione “non può essere, nella specie, quella dell’ efficacia esimente, posto che per espressa disposizione dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 231/2001 le previsioni del decreto stesso non trovano applicazione allo Stato, agli enti pubblici territoriali e agli enti pubblici non economici, e dunque nemmeno alle Università”.
Tuttavia la portata di una simile innovazione si deve ricercare “non tanto nell’intenzione di sottolineare la natura autonoma – per così dire ‘aziendale’ – dell’Università (che pare ancora lontana, sia in assoluto che rispetto ad altre pubbliche amministrazioni), quanto piuttosto nel tentativo di superare il vetusto schema regolamentare e di precostituire un sistema di vigilanza ‘interno’, tale da avere comunque effetti (potenzialmente) esimenti nei confronti dei soggetti-persone fisiche che rispondono della sicurezza in Ateneo (datore di lavoro, dirigenti, preposti)”.
 
Certo esistono alcune difficoltà, ad esempio considerando che il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e del tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello (l’art. 30, comma 3, del D.Lgs. 81/2008).
Il vero problema probabilmente “consiste nell’imposizione, mediante il modello, a tutte le strutture universitarie (e ai rispettivi responsabili) di un ‘sistema disciplinare’ idoneo a ‘sanzionare’ il mancato rispetto delle previsioni del modello stesso”. Se tuttavia l’idea del legislatore è quella per cui “la presenza di un sistema sanzionatorio ‘interno’ sarebbe una garanzia di serietà del modello organizzativo, e di ‘tenuta’ del medesimo a fronte di eventuali interventi esterni, si potrebbe ragionare in una “prospettiva completamente diversa e per certi versi opposta alla precedente, prefigurando un sistema non già ‘disciplinare’, bensì premiale”.
 
Se lo schema tradizionale del regolamento di Ateneo sulla sicurezza è inadatto a far fronte alle esigenze organizzative delle amministrazioni universitarie e il modello organizzativo pensato per l’impresa privata, “non è immediatamente esportabile in ambito universitario” è tuttavia possibile prefigurare un sistema misto. Un sistema “composto da una parte regolamentare in senso tradizionale, contenente definizioni e obblighi – possibilmente limitati a soggetti non previsti nella normativa vigente – che si affianchi ad un meccanismo innovativo di tipo premiale, in grado di fornire effettività al modello e forza esimente per i soggetti dell’obbligo di sicurezza”.
 
Infatti, conclude l’autore del working paper, questo sistema misto può essere “una soluzione di ragionevole compromesso, che potrebbe essere condivisa dalle componenti universitarie e sarebbe in grado, comunque, di realizzare un significativo ‘salto di qualità’ rispetto al passato, nell’implementazione delle politiche di sicurezza e salute sul lavoro in ambito universitario”. 
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ La sicurezza del lavoro nell’Università tra regolamento interno e modello organizzativo”, a cura di Alberto Tampieri, professore straordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Modena e Reggio Emilia, in Working Paper di Olympus 11/2012 (formato PDF, 224 kB).
 
 
RTM

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