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Come ridurre l’esposizione al rumore nei luoghi di lavoro

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Linee guida e buone prassi

06/06/2011

Una guida europea di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE offre indicazioni sulle soluzioni collettive di riduzione del rumore. L’organizzazione del lavoro, le attrezzature e le azioni sulla trasmissione del rumore.

 
Bruxelles, 6 Giu - PuntoSicuro ha presentato nei giorni scorsi la “ Guida non vincolante di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE”, una guida completata dalla Commissione europea prima dell’emanazione in Italia del Decreto legislativo 81/2008, ma ricca di suggerimenti e indicazioni utili alle aziende e ai lavoratori in merito al rischio rumore e alla prevenzione della patologie collegate.
 
Un capitolo della guida è dedicato ai suggerimenti per ridurre l’esposizione al rumore nei luoghi di lavoro.
 
L’articolo 5 della direttiva 2003/10/CE stabilisce che “tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione al rumore sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo” ed è dunque evidente che se un problema di rumore può avere diverse soluzioni, le soluzioni collettive hanno la precedenza.
Vi sono tuttavia molte soluzioni collettive di riduzione del rumore, “il punto importante è esserne a conoscenza e sapere come scegliere quella giusta”: la “soluzione migliore è quella che dà i migliori risultati al costo più basso e presenta il minore numero di limiti”.
A volte anche semplici soluzioni possono apportare benefici notevoli. Una scelta sbagliata può essere inefficace. Ad esempio un “trattamento acustico totale di un’ officina, compresa la cappottatura di pareti e soffitto con materiale assorbente, può essere una misura sproporzionata e in alcuni casi anche piuttosto inefficiente, ad es. se la fonte del rumore si trova in prossimità del lavoratore. Analogamente, un rifugio per il lavoratore potrebbe non servire a nulla se questi deve uscirne di tanto in tanto”.
 

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Ricordando che il tipo di suono consente di individuare le soluzioni più adatte, vi sono diverse azioni collettive di riduzione del rumore:
- azioni “a monte”: “riguardano l’organizzazione del lavoro, la concezione dei processi lavorativi e le attrezzature. La loro massima efficienza si ha quando sono previste già al momento in cui si progetta il luogo di lavoro, o prima di modificarlo sostanzialmente. Esse consentono di evitare problemi e interventi successivi non previsti”;
- azioni “alla fonte”: “riguardano modifiche delle attrezzature. La difficoltà principale sta nel mantenimento della garanzia delle attrezzature in caso di loro modifica. Tuttavia, se realizzate in modo corretto, le azioni ‘alla fonte’ possono recare un grosso beneficio dal punto di vista del rumore e avere un grande impatto sul luogo di lavoro, a volte con soluzioni non costose. Basta pensare a idee e ‘trucchetti’ semplici e coinvolgere nella soluzione del problema i responsabili della manutenzione”;
- azioni sulla trasmissione del rumore: sono quelle più frequentemente usate. “Si ritiene che abbiano un impatto secondario sull'organizzazione del lavoro e il funzionamento delle attrezzature, ma questo non sempre è vero. Tali azioni sono utili per apportare correzioni, ma possono essere considerate anche nella fase progettuale. La loro reale efficacia dipende dalla situazione acustica e, se sono azzeccate, possono dare buoni risultati, ma possono anche comportare costi elevati e apportare benefici acustici ridotti”.
 
Riguardo alle attrezzature la guida ricorda che “per ogni macchina o famiglia di strumenti esistono modelli più o meno rumorosi: nelle specifiche finalizzate all’ordinazione delle attrezzature deve figurare un requisito riguardante il rumore”. Senza dimenticare che “occorre garantire una corretta manutenzione per tutta la vita utile delle attrezzature, dal momento che una macchina in buone condizioni è più silenziosa”.
Le azioni organizzative riguardano poi anche i processi di lavoro: “il processo crea condizioni di lavoro più o meno rumorose” e un “processo silenzioso può dare lo stesso risultato” e magari accompagnarsi a rendimento e qualità: ad esempio “trasportare i pezzi anziché farli cadere, utilizzare un controllo della velocità elettronico e non meccanico, abbreviare al minimo le operazioni rumorose, impostare le velocità di flusso o la pressione dell’aria sul valore più silenzioso, ecc”.
La guida - a cui vi rimandiamo per una lettura più esauriente dell’argomento - riporta molti esempi di metodi di lavoro con riduzione del livello di emissioni.
 
Veniamo alle azioni alla fonte.
In genere le azioni sulle fonti fluide (i suoni trasmessi attraverso l’aria e attraverso i liquidi sono detti “suoni fluidi”) hanno lo scopo di ridurre la turbolenza del flusso.
In particolare i silenziatori “vanno installati il più vicino possibile alla fonte”:
- silenziatori “dissipativi” con materiali fonoassorbenti: “per i flussi d’aria a bassa velocità, a volte chiamati ‘deflettori’”;
- silenziatori “reattivi” basati sulla forma geometrica: ad es. le marmitte;
- silenziatori “a espansione”, “utilizzati principalmente per gli scarichi e immissioni di gas compressi”.
Ad esempio il “rumore di scarico è quello dominante nel suono generato da molti motori, in particolare quelli a combustione. L’utilizzo di silenziatori adatti può produrre un beneficio acustico fra i 20 e i 40 dB(A)”.
 
Le azioni generali sulle fonti solide intervengono invece sulla forza meccanica stessa (“prevenire la frizione, prevenire l’impatto, far sì che le forze siano le più continue possibile, ridurre l’energia cinetica: ridurre gli spazi vuoti, la massa delle parti in movimento ecc”). In particolare le “attrezzature possono generare più o meno vibrazioni e rumore esercitando la stessa forza; questa capacità può essere controllata procedendo ad alcune modifiche strutturali”.
Alcuni esempi: “lubrificare i contatti, usare ingranaggi di plastica piuttosto che metallici, ridurre le altezze di caduta dei pezzi, usare piastre forate anziché intere, coprire le componenti strutturali con strati ammortizzanti ecc”.
 
Riguardo alle azioni sulla trasmissione aerea si possono utilizzare:
- divisori: “è possibile isolare il luogo di lavoro dal rumore aereo installando dei divisori; le pareti devono avere buone proprietà isolanti”. Ricordando, tra i diversi suggerimenti offerti dalla guida, che in genere “l’isolamento aumenta con la frequenza, ma ogni parete ha delle bande di frequenza in cui l'isolamento è insufficiente: bisogna cercare di individuare le zone relative utilizzando la documentazione del prodotto o calcoli approssimativi”;
- cappottature e rifugi: una cappottatura è una “scatola” contenente attrezzature rumorose; “a questa soluzione si applicano le considerazioni generali riguardanti i divisori, ma ci sono anche alcuni punti specifici da considerare” riportati nella guida. Un rifugio è invece una “cabina in cui si chiude il lavoratore; dal punto di vista fisico un rifugio si comporta come una cappottatura, e regole analoghe presiedono alla sua concezione. Per quanto riguarda la protezione del lavoratore occorre seguire norme specifiche”. E come per i dispositivi di protezione dell’udito, “anche i rifugi rappresentano una soluzione individuale da utilizzarsi soltanto come ultima risorsa”;
- schermi: sono “sezioni di muro non collegate alle estremità e servono a evitare problemi di accesso; il loro rendimento è però limitato, e occorre rispettare norme minime in materia”. Ricordando che il “beneficio di uno schermo acustico può essere di appena 10 dB; in una stanza con riverbero ci si può aspettare un beneficio massimo 5 dB”;
- materiali e dispositivi di assorbimento.
 
Si sottolinea che “tutte le soluzioni citate presentano caratteristiche di rendimento che variano con la frequenza: la loro efficienza cambia a seconda del tipo di rumore da trattare. Ad esempio, uno schermo che risulta più efficiente alle frequenze alte apporterà benefici diversi a seconda che il rumore sia a bassa o ad alta frequenza. La questione si complica per quanto riguarda l’isolamento, dal momento che le diverse soluzioni in genere presentano dei difetti a frequenze specifiche, a seconda della geometria e delle caratteristiche costruttive”.
   
Inoltre si può agire sulla propagazione e trasmissione solida.
In genere “la trasmissione solida comporta problemi di vibrazioni, come conseguenze sul piano del comfort, danni strutturali, ecc.”: metodi di misurazione dedicati “possono consentire di determinare tale porzione dell’ esposizione al rumore. In alternativa, si possono considerare significative alcune componenti: elevati livelli di vibrazione delle grandi strutture (lastroni, pareti), rumore di bassa frequenza, propagazione del rumore a distanza ecc”.
L’isolamento dalle vibrazioni è “la risposta alla trasmissione solida, il che comporta principalmente il ricorso a montature flessibili antivibrazioni, ma sono necessari alcuni presupposti. Il principio alla base dell’isolamento dalle vibrazioni consiste nel ‘sospendere’ i macchinari, come se fossero indipendenti dall’ambiente circostante. I macchinari devono cioè essere sostenuti da montature antivibrazioni che siano le più flessibili possibile e allo stesso tempo capaci di sostenerli senza essere schiacciate”.
 
Ad esempio “le macchine a moto alternativo sono tipiche attrezzature da isolare. Se l’energia che generano è eccessiva, possono essere isolate e sostenute con blocchi di calcestruzzo”.
 
Ricordiamo infine che il capitolo si conclude con una disamina sul modo di reperire le soluzioni più adatte per la riduzione del rumore.
 
 
 
Commissione europea - Direzione generale per l’Occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità – Unità F4, “ Guida non vincolante di buone prassi per l’applicazione della direttiva 2003/10/CE” (formato PDF, 5.92 MB).
 
 
 
Tiziano Menduto


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