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Come comunicare i rischi per evitare gli errori umani

Come comunicare i rischi per evitare gli errori umani

Se una mancata percezione del rischio e la scarsa comunicazione sono tra le cause più importanti degli errori umani, è importante aumentare la consapevolezza dei rischi con una comunicazione in grado di stimolare comportamenti sicuri.


Roma, 12 Mag – Molti degli incidenti che avvengono nei luoghi di lavoro dipendono in buona parte da errori umani, da errori operativi dipendenti da errori decisionali. Ed è necessario, come ai nostri microfoni aveva in passato ricordato la Dott.ssa Annalisa Guercio dell’Inail, tener conto in ogni opera di prevenzione del fattore umano, del livello di affidabilità degli operatori. E bisogna utilizzare un giusto “approccio comunicazionale” per riuscire a incrementare la consapevolezza e la cultura della sicurezza e della prevenzione dei lavoratori e diminuire le possibilità di errore.
 
Per parlare di questi temi, presentiamo un intervento tratto dagli atti dell’8° Seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp, dal titolo “ Dalla valutazione alla gestione del rischio. Strategie per la salute e la sicurezza sul lavoro” che si è svolto a Roma nel mese di novembre 2013.
 

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In “Comunicare il rischio (e la prevenzione) per evitare l’errore umano”, a cura della stessa A. Guercio (Inail - Direzione Generale Contarp) e di B. Principe (Inail - Direzione Regionale Lombardia – Contarp), si presentano le modalità e l’approccio comunicazionale adottati dal gruppo di lavoro del “Progetto rifiuti” per migliorare la prevenzione dei lavoratori e dei responsabili delle aziende di gestione dei rifiuti.
 
Per questo progetto sono stati utilizzati nel tempo metodi e livelli “differenziati” di comunicazione del rischio e delle corrette modalità di lavoro. E sono state utilizzate regole e tecniche di linguaggio – “ispirato anche ai concetti che costituiscono la base dello studio dei comportamenti sicuri” - per ottenere una efficace ed efficiente comunicazione della sicurezza.
 
Si segnala che la scienza dello “Human Factor”, che “afferisce a tutti gli effetti all’ambito dell’ergonomia, offre le modalità per riconoscere e minimizzare l’evenienza dell’errore umano, inteso come ‘fallimento nel portare a termine un’azione precedentemente pianificata (errore di esecuzione) oppure uso di una pianificazione sbagliata per raggiungere un certo obiettivo (errore di pianificazione)’. Il disequilibrio tra le componenti del sistema ‘uomo-macchina-ambiente’ provoca un abbassamento dell’affidabilità dell’intero sistema”.
Inoltre molti autori “hanno messo in evidenza la sostanziale differenza tra errore decisionale, o latente, e errore esecutivo o operativo”: errori decisionali, osservabili come criticità organizzative, “sfociano inevitabilmente, se le conseguenze che ne derivano non sono interrotte o bloccate da difese o barriere del sistema (sistemi di controllo e connesse misure di prevenzione), in errori operativi da cui, a loro volta, possono scaturire incidenti e infortuni”.
E l’ errore umano (esecutivo) si “verifica per un mancato adattamento delle esperienze precedenti alla situazione imprevista, eventualmente causata da una mancata percezione del pericolo anche da parte di coloro che hanno la funzione di gestire il lavoro”.
E dunque una “mancata percezione del rischio” e la “scarsa comunicazione” sono tra le cause più importanti degli errori umani.
 
Riguardo poi alla promozione dei comportamenti in sicurezza, lo studio del comportamento umano, anche quello riferito alla sicurezza sul lavoro, ha dimostrato che il comportamento “è evocato da stimoli esterni (per esempio, un cartello di divieto o un segnale d’allarme) e può essere promosso o inibito da stimoli ricevuti immediatamente dopo la loro attuazione (per esempio, il plauso o lo scherno dei colleghi, il fastidio prodotto dal casco indossato)”. Ma le fasi per l’implementazione di un processo di sicurezza basato sui comportamenti sono “molto articolate”. Ad esempio sono necessarie “l’analisi documentale, la formazione delle persone ai concetti dell’analisi comportamentale, la presentazione del progetto a tutto il personale dell’azienda, l’addestramento alla conduzione delle osservazioni, l’analisi funzionale dei comportamenti di sicurezza da promuovere, la realizzazione degli schemi di rinforzo per lo sviluppo ed il mantenimento dei comportamenti sicuri, l’analisi dei risultati e la messa a punto delle liste di osservazione e degli schemi di rinforzo, riunioni e feedback ed, infine, la attuazione di strategie per il mantenimento del processo di sicurezza comportamentale nel tempo”. Attività che se possono essere facilmente condotte nel caso di aziende strutturate e dimensionalmente rilevanti, ma che sono più complicate, in riferimento ai tempi e ai costi di realizzazione, nel caso di piccole aziende.
 
In relazione alle attività poste in atto nell’ambito del “Progetto rifiuti”, l’intervento si sofferma ampiamente sulla “sensibilizzazione dei decisori”, con riferimento anche agli accordi quadro stilati e alla realizzazione di diversi opuscoli in materia di sicurezza, e alla “comunicazione agli esecutori”.
 
Riguardo a questo secondo aspetto, l’intervento si sofferma sulla campagna informativa Inail per la prevenzione dei rischi nelle aziende del settore di igiene ambientale “Rifiutiamo i rischi”. Una campagna realizzata dal gruppo di lavoro del “Progetto rifiuti” per “tradurre le soluzioni di prevenzione proposte al Committment (datori di lavoro, dirigenti, RSPP) in comportamenti corretti che i lavoratori devono attuare per far sì che la gestione della sicurezza sul lavoro sia ottimale, evitando sia errori ‘decisionali’ sia ‘esecutivi’. I principi che hanno ispirato i prodotti per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato possono essere ricondotti ad una serie di concetti sintetici:
- condivisione;
- consapevolezza;
- fruibilità”.
Si indica poi che il principale veicolo scelto per la campagna è stata la “cartolina tascabile”, ritenuta “la più idonea per essere ‘indossata’ e sempre a disposizione dei lavoratori. I contenuti di ogni singola cartolina sono sintetici, con stile omogeneo, finalizzati all’attività specifica e riportanti frasi ‘positive’ indicanti cosa fare e non modi di essere, comprensibili e con linguaggio tecnico comune, supportate da immagini evocative della fase di lavoro e del comportamento corretto da adottare”. Sono state utilizzate non immagini reali, ma “fumetti dalle sembianze astratte in modo da distaccare il fruitore dalla situazione specifica”.
A supporto delle cartoline, per il completamento della campagna informativa, “sono stati realizzati i poster da affiggere in azienda, quindi visibili a tutti i lavoratori ‘operativi’, basati sui contenuti delle cartoline (immagine e frase riportante il comportamento corretto all’interno del riquadro del colore assegnato al rischio evitato) e i calendari da tavolo, destinati al management”.
 
L’intervento si conclude sottolineando che il miglioramento della comunicazione per la sicurezza dovrebbe essere “multistrato” in modo “da raggiungere tutti i livelli aziendali di responsabilità; nel contempo, deve permeare dall’alto verso il basso per manifestare il coinvolgimento di tutti i livelli e l’impegno a costruire la cultura della sicurezza”.
Inoltre la sensibilizzazione dei lavoratori “non può essere né casuale né affidata ad interventi ‘spot’ che, privi di filo logico e non allineati con la gestione aziendale nel suo complesso, possono risultare inutili, onerosi fino a diventare controproducenti”. E la gestione aziendale finalizzata alla sicurezza “può essere promossa da campagne informative istituzionali, atte a promuovere a loro volta la cultura della sicurezza e della prevenzione del management”. In questo senso il compito principale dei vertici aziendali, una volta fatti propri i concetti di base delle campagne informative, “è trasmetterli e verificarne l’applicazione, favorendo la comunicazione sia verticale, in entrambi i sensi, sia in orizzontale.
 
E, infine, “sarebbe di grande utilità associare alle campagne informative un sistema di incentivazione e gratifica, non necessariamente economica, dei suggerimenti atti a migliorare la gestione delle attività lavorative in sicurezza”.
 
 
Comunicare il rischio (e la prevenzione) per evitare l’errore umano”, a cura di A. Guercio (Inail - Direzione Generale Contarp) e B. Principe (Inail - Direzione Regionale Lombardia – Contarp), intervento all’8° Seminario di aggiornamento dei professionisti Contarp (formato PDF, xx kB).
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 


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Rispondi Autore: Fabio Mapelli - likes: 0
14/05/2015 (10:43:49)
In pratica, quando parliamo di ERRORE UMANO, parliamo di UOMINI. Quindi di organizzazione, ovvero BESSERE ORGANIZZATIVO e di STRESS, derivante in parte dal tipo di lavoro (sress e lavoro correleto) e in parte da una cattiva organizzazione o da una non organizzazione. "C'è un problema? Aspetta che si risolve da solo". Questa è la filosofia di molti.
Tutti sappiamo che lavorando sotto stress, di fretta, in un clima "pesante" è più facile fare errori.

Un saluto a tutti.

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