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Sulla non responsabilità del lavoratore per la rimozione del parapetto

Sulla non responsabilità del lavoratore per la rimozione del parapetto
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

31/08/2015

Non è abnorme il comportamento di un lavoratore né tale da interrompere il nesso causale fra la colpa del datore di lavoro e l’evento lesivo se è caduto da un ponteggio per la mancanza di un parapetto che ha dovuto rimuovere per potere lavorare. Di G. Por

 
 
Fra i casi per i quali la Corte di Cassazione è stata chiamata ad esprimersi sulla responsabilità o meno del datore di lavoro per un infortunio occorso ad un lavoratore  dipendente in relazione al comportamento che lo stesso ha tenuto durante l’evento infortunistico di cui è stato vittima si cita quello di cui alla sentenza in esame riguardante la caduta di un lavoratore da un ponteggio per la mancanza di una parte del parapetto di protezione. Non è da considerarsi abnorme, anomalo o comunque esorbitante, ha sostenuto la Corte suprema nella sentenza, né comunque tale da interrompere il nesso causale fra la condotta colposa del datore di lavoro per la carenza delle necessarie misure di protezione e l’evento lesivo, il comportamento di un lavoratore che è caduto da un ponteggio per la mancanza di una parte del parapetto che lo stesso ha dovuto comunque rimuovere per potere lavorare secondo le direttive ricevute.


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L’evento e il ricorso in Cassazione
Il Tribunale ha condannato il datore di lavoro di un’impresa alla pena dell'ammenda in relazione al reato di cui agli artt. 126 e 159, comma 2, lettera a), del D. Lgs. n. 81/2008 per avere omesso di dotare di parapetto un ponteggio che si trovava a circa sei metri da terra, con pericolo di caduta dall'alto dell'operaio che ci stava lavorando.
 
Avverso la sentenza l'imputato, tramite il difensore, ha proposto impugnazione qualificata come appello, deducendo, sostanzialmente, la mancanza della prova della responsabilità penale. Secondo la ricostruzione difensiva, infatti, l'ufficiale di polizia giudiziaria che aveva proceduto all'accertamento aveva affermato che il ponteggio in questione era dotato di parapetto per tutta la sua lunghezza, salvo per un metro e mezzo, proprio nella parte nella quale stava lavorando l’operaio e, sempre secondo la difesa, la rimozione temporanea del parapetto era da addebitare allo stesso lavoratore fatta alla presenza del capocantiere che era preposto alla vigilanza.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso, qualificato come ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 568, comma 5, del codice di procedura penale perché proposto contro una sentenza non appellabile, ai sensi dell'art. 593, comma 3, del codice di procedura penale, in quanto recante condanna alla sola pena dell'ammenda, è stato ritenuto inammissibile.  Lo stesso è risultato sottoscritto da un difensore non abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori il che ha determinato, ai sensi dell'art. 613 del codice di procedura penale la sua inammissibilità per cassazione anche se convertito in questo mezzo l'atto di appello erroneamente proposto dalla parte.
 
La Corte di Cassazione in ogni caso, anche a prescindere da tali considerazioni, ha rilevato che il ricorso è stato comunque formulato in modo non specifico avendo lo stesso ricorrente ammesso sostanzialmente che il ponteggio era privo di parapetto proprio nella parte in cui si trovava l'operaio che stava lavorando su uno dei cornicioni.  “Il Tribunale”, ha così concluso la suprema Corte, “senza che la difesa abbia proposto alcuna contestazione con l'atto d'impugnazione, ha evidenziato che, senza l'asportazione del parapetto, data la distanza tra il ponteggio e il palazzo, non sarebbe stato possibile procedere alla riparazione; con la conseguenza che l'eliminazione dell'elemento di sicurezza non poteva essere attribuita ad un'iniziativa estemporanea dal lavoratore, ma doveva essere considerata come normale per le finalità dell'intervento manutentivo, le cui modalità di esecuzione erano state determinate direttamente dall'imputato”.
 
Per quanto sopra detto la Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha condannato il ricorrente, a norma dell'art. 616 del codice di procedura penale al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
 
Gerardo Porreca



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