Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Sul rischio di folgorazione e sulla genericità dei piani di sicurezza

Sul rischio di folgorazione e sulla genericità dei piani di sicurezza
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sentenze commentate

29/11/2017

Una recente sentenza della Corte di Cassazione si sofferma su un infortunio mortale per folgorazione avvenuto in un cantiere TAV. L’appalto, la normativa applicabile, gli intrecci di responsabilità e la genericità del POS.

Pubblicità
Il rischio elettrico
Formazione sui rischi specifici per chi utilizza apparecchiature elettriche (Art. 37 D.Lgs. 81/08)

 

Roma, 29 Nov – Sono tante le sentenze, nell’ambito della giurisdizione penale, che in questi anni hanno mostrato come un’attenzione maggiore nel valutare i rischi nei luoghi di lavoro, da parte dei vari attori della sicurezza aziendale e di chi è titolare di una posizione di garanzia, sarebbe stata sufficiente a evitare infortuni gravi o mortali dei lavoratori.

 

Ci soffermiamo oggi in particolare su una recente sentenza della Cassazione Penale, la Sentenza n. 38529 del 02 agosto 2017, che non solo mostra la dinamica di un infortunio mortale per folgorazione avvenuto in un cantiere TAV (Treno ad Alta Velocità), ma presenta anche utili indicazioni sul tema degli appalti e dei piani di sicurezza.

 

La sentenza della Corte di Cassazione del 2 agosto segnala che “la Corte d'Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Modena in data 13 dicembre 2010” rideterminava “la pena inflitta al LM. in sei mesi di reclusione. Questi era stato tratto a giudizio per rispondere del reato previsto e punito dagli artt. 110, 590 comma 2 c.p. perché in concorso” con altri e nella qualità di amministratore e legale rappresentante della ditta XXX s.n.c., per imprudenza ed imperizia “consistite nel non esaminare attentamente il luogo ove operava M.L., con la mansione di ferraiolo, che avrebbe consentito di accertare l'esistenza di una fessura di 15 mm. posta alla base della trave immediatamente vicina a quella dove stava lavorando, nonché in violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro concernenti le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei mobili, non facevano apporre idoneo riparo su detta fessura”. E con tale condotta veniva cagionata “la morte di M.L., il quale, mentre effettuava lavori di posa in opera di tondini di ferro su galleria artificiale in cemento armato, alta metri 12, lunga metri 100 e larga metri 20, che sovrasta la ferrovia Bologna- Milano, rimaneva fulminato da corrente elettrica, causa la caduta dalle mani di due-tre tondini di ferro di diametro di mm 12 che, penetrando nella fessura sopra descritta, venivano in contatto con la linea elettrica ad alta tensione di 3660 volt sottostante la predetta galleria che alimenta i treni sulla citata tratta ferroviaria”.

E avverso tale decisione ricorre dunque in cassazione il LM. “deducendo con un primo motivo l'erronea applicazione degli artt. 43, 589 cod. pen. e 4 e 7, D.lgs.vo. n. 626 del 1994 quanto alla individuazione dell'ambiente di lavoro”. E sostiene il ricorrente “che il fatale contatto tra il tondino e la linea aerea si era verificato non già nel tratto di soletta consegnato agli operai” della ditta XXX, “ma in un tratto ad esso contiguo, per cui l'evento non era ascrivibile al LM., atteso che il rischio di folgorazione non sussisteva in relazione al luogo specifico” in cui gli operai della ditta dovevano operare.

 

Si indica poi che, riguardo all’evento, la ditta XXX in associazione temporanea di impresa con altra ditta “era appaltatrice per la realizzazione della armatura di ferro consistente nella posa di tondini di diverse sezioni da posizionarsi longitudinalmente rispetto alle travi e da fissarsi con filo di ferro a delle apposite staffe”. E la tesi difensiva, già avanzata nei giudizi di merito e qui reiterata, è che la valutazione del rischio di folgorazione fosse estranea alla cognizione della ditta XXX i cui operai “erano stati idoneamente istruiti in ordine ai rischi propri della fase di lavorazione di loro spettanza”.

 

Tuttavia in modo molto puntuale la sentenza della Corte territoriale “richiama i punti salienti della cronistoria dei lavori sino alla data dei fatti in contestazione, le modalità (incontestate) del verificarsi dell'infortunio, le previsioni dei vari P.O.S. delle diverse imprese coinvolte”. E si ricorda come in caso di infortunio sul lavoro, “è sempre stato ammesso - come peraltro ricordato dalla sentenza impugnata - che possano aversi ‘intrecci di responsabilità’ coinvolgenti i vari soggetti interessati all'appalto (v. sul punto, Sezione 4, 17 gennaio 2008, n. 13917, Cigalotti ed i riferimenti in essa contenuti, Rv. 239590, 239591), alla luce di una normativa molto rigorosa, che dimostra con chiarezza l'intendimento di assicurare al massimo livello un ambiente di lavoro sicuro, con conseguente ‘estensione’ dei soggetti onerati della relativa ‘posizione di garanzia’ nella materia prevenzionale allorquando l'omessa adozione delle misure antinfortunistiche prescritte risulti la conseguenza del rilevato omesso coordinamento”. E a questo proposito la Corte di Cassazione sottolinea che i giudici di merito “hanno applicato correttamente i suddetti principi e, in particolare, la sentenza impugnata, resta pertanto esente dalle sollevate censure”.

 

In particolare in merito alla posizione dell'odierno ricorrente, datore di lavoro del lavoratore morto per folgorazione, i giudici di merito hanno concordemente ritenuto:

- che il P.O.S. della ditta XXX, “oltre che del tutto risalente trattandosi di testo revisionato da ultimo nel maggio del 2001, risultasse del tutto generico, atteso che oltre a non contenere alcunché rispetto al rischio elettrico, non descriveva neppure le procedure per la esecuzione in sicurezza dei singoli lavori”;

- “che, di contro, per la elevata pericolosità dell'attività svolta dall'infortunato, in prossimità di linea elettrica, la stessa doveva essere oggetto di specifica formazione sia all'interno del Piano di Sicurezza e Coordinamento che dei singoli P.O.S. delle ditte interessate ai lavori, onde allertare tutte le maestranze dei pericoli derivanti dalla specificità dell'ambiente di lavoro, pianificare modalità di intervento tali da escludere ogni possibile interferenza nelle lavorazioni delle singole imprese e società interessate, produttiva di possibili aggravamenti del rischio già in essere”;

- “che il LM. era tenuto ad ispezionare l'ambiente che i propri operai avrebbero impegnato per svolgere l'attività lavorativa e prendere atto dell'esistenza di una linea aerea elettrica attingibile dagli strumenti che i propri operai utilizzavano”. 

Inoltre “ciò posto, osserva la Corte come il rilievo con cui si contesta il giudizio reso dalla Corte distrettuale, di insussistenza di una valutazione del rischio per essere quella redatta incompleta rispetto al paradigma normativo, si sostanzi in una censura in fatto, come tale inammissibile in questa sede”. E si rileva che “risalendo il tempo di commissione del reato al 10.05.2004, non al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 17 deve eventualmente guardarsi ma al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4. Infatti, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 306, comma 2 la previsione dell'art. 17, comma 1, lett. a) citato (così come quelle dell'art. 28 e le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano) trova applicazione a far tempo dal 1.1.2009 e sino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti, ancorché abrogate dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 304”.

 

E rimandando al dettaglio della sentenza che si sofferma ulteriormente sulla normativa vigente e applicabile in relazione all’infortunio mortale, riprendiamo quanto indicato dalla Cassazione relativamente al fatto che nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili “la gestione della sicurezza del lavoro è suscettibile di concretizzarsi in più documenti programmatici”. E una pronuncia di questa Corte “ha puntualizzato che sotto la vigenza del D.Lgs. n. 626 del 1994, in caso di contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione l'obbligo di elaborare il documento di valutazione dei rischi - denominato come piano di sicurezza e coordinamento - era posto in capo a tutti i datori di lavoro; quindi sia al datore di lavoro committente che ai datori di lavoro delle imprese appaltatrici e quindi al caso di specie all'odierno ricorrente”.

 

In definitiva, conclude la Corte, il ricorso va pertanto rigettato.

 

RTM

 

Scarica la sentenza:

Corte di Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza 02 agosto 2017, n. 38529 - Morte per folgorazione. Appalto e normativa applicabile

 

 

 

 



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!