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Imparare dagli errori: quando il problema è la mancanza di benessere

Imparare dagli errori: quando il problema è la mancanza di benessere
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

23/09/2021

Esempi e casi di malessere e disagio nei luoghi di lavoro in relazione al tema del benessere organizzativo. Il concetto di salute, le definizioni, le dimensioni e gli indicatori di benessere e malessere.

Brescia, 23 Set – Benché il nostro giornale si sia soffermato più volte in questi anni sul tema del benessere organizzativo, anche attraverso interviste (“ Il benessere organizzativo crea salute, produttività ed efficienza”) e approfondimenti, questo tema rischia di essere colto dai nostri lettori solo come un concetto astratto distante dalla situazione reale degli ambienti di lavoro. Ancor più oggi che ci si deve confrontare con le conseguenze dell’emergenza COVID-19 e con un’organizzazione modificata dalle necessità di distanziamento.

 

Tuttavia di benessere organizzativo è bene tornare a parlare anche perché ci sono molteplici cause, la stessa pandemia e le conseguenze sociali ed economiche connesse, che possono aumentare i segni di disagio e di malessere. E sono le organizzazioni che, in questa situazione, devono avere la capacità - così il Prof. Paolo Pascucci sintetizzava il significato del “benessere organizzativo” ai nostri microfoni - “di creare delle relazioni positive, virtuose, fruttuose, tra tutti i soggetti dell’organizzazione”.

 

Per cercare di rendere meno astratto questo tema e mostrare casi concreti di malessere (ante pandemia) all’interno di un’organizzazione, nella rubrica “Imparare dagli errori” raccogliamo alcuni “casi pratici” tratti da un intervento al convegno “Benessere sul lavoro e produttività” che si è tenuto a Imola nell’ambito delle Settimane della Sicurezza 2016 organizzate dall' Associazione Tavolo 81 Imola.

 

In particolare ci soffermiamo, per quanto riguarda i casi presentati, sulle slide relative all’intervento “Benessere e lavoro: alcuni casi pratici” di Franco Falconi (RSPP e Medico di Controllo INPS). Intervento che ricorda che nel D.Lgs. 81/2008 si definisce la salute come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:


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Casi pratici di malessere e benessere nei luoghi di lavoro

Il primo caso riguarda un quadro intermedio:

Questi alcuni degli aspetti riportati nell’intervento:

  • “Demansionamento da parte del superiore gerarchico (fare le fotocopie), compiti dequalificanti (fare caffè per ospiti o per riunioni), ripetute osservazioni verbali e litigi.
  • Quadro clinico con frequenti attacchi di panico e accessi al PS (anche durante il lavoro) e colpevolizzazione (guarda che figura ci fai fare!).
  • S. Depressiva”.

 

E si rileva:

  • “Mancanza di Codice di Comportamento (mansionario chiaro).
  • Non coinvolti RSPP, RLS, MC, OO.SS.
  • Mancanza di sostegno psicologico”.

 

Si propone il cambio di mansione (percorso interaziendale con mansioni precise e compiti diversi in un’altra area) e arrivano poi le dimissioni volontarie del lavoratore.

 

Il secondo caso riguarda un’impiegata con molteplici assenze dal lavoro.

La situazione:

  • “Presenza di stati di ansia (anche sul lavoro con crisi di pianto), senso di inadeguatezza, distrazioni con errori in compiti apparentemente semplici.
  • Dal colloquio con la lavoratrice emergono due Problemi che non attengono alla sfera lavorativa:
    • Genitore con malattia invalidante che peggiora, senso di colpa per doverlo «lasciare solo con la badante»”;
    • «Pausa di riflessione» con il marito”.

Cosa avviene successivamente:

  • inizio di un percorso psicologico individuale privato;
  • “concessa dall’azienda flessibilità d’orario che usa di rado («è importante sapere che l’ho»).
  • Sostegno delle colleghe.
  • Buona risposta con rare malattie, discreto equilibrio sul lavoro, buona produttività e persona propositiva”.

 

Il terzo caso riguarda un operaio specializzato in azienda metalmeccanica con molte assenze dal lavoro:

  • “Inizialmente: «Quando arrivo dal cancello dell’azienda mi prende l’ansia e devo ritornare a casa». A prima vista sembrano problemi legati al lavoro.
  • Visita successiva: «Ho avuto un attacco di panico al supermercato»”;
  • “Anche nelle visite seguenti il suo malessere psicologico «scoppia» sia nei pressi del luogo di lavoro che in situazioni diverse ma mai nella sua abitazione.
  • Finché: «Sto molto male quando sono lontano dalla mia bambina»” (il lavoratore è diventato recentemente padre);
  • “In questo caso appare drammaticamente chiaro che il malessere del lavoratore nulla ha a che fare con il lavoro”.
  • Si consiglia al neo papà di rivolgersi a un “buon psichiatra e psicologo (cura dei sintomi e delle cause)”.

 

Quali sono le dimensioni del benessere organizzativo?

Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che riporta anche altri casi pratici e cerchiamo di segnalare che cosa si possa intendere per benessere organizzativo.

 

Rimandiamo innanzitutto alla lettura di un intervento  allo stesso convegno, intervento che abbiamo presentato nell’articolo “ Un progetto di miglioramento del benessere organizzativo”, e riprendiamo invece alcune indicazioni tratte dall’intervento “Benessere organizzativo: concetto, evidenze e indicazioni normative”, a cura della Dott.ssa Laura Barnaba, al seminario “Benessere organizzativo: concetto, evidenze e indicazioni normative” (Urbino, 20 aprile 2016).

 

Nell’intervento si ricorda che le organizzazioni, oltre a produrre beni e/o servizi “producono effetti sui lavoratori”. E dunque oltre che da fattori fisici, chimici, etc., “la salute e dei lavoratori (come benessere fisico, psicologico e sociale) dipende anche dal contesto lavorativo generale e dalla ‘salute dell’organizzazione di appartenenza’.

E viene proposta una definizione di benessere organizzativo come “insieme dei nuclei culturali dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità di lavoratori” (Avallone 2003).

 

Il modello sviluppato dal prof. Avallone prevede delle “variabili critiche (o dimensioni, poi ‘fattori’) che determinano il benessere organizzativo, rilevato anche attraverso gli stati di benessere/malessere della collettività dei lavoratori tramite:

- indicatori di benessere;

- indicatori di malessere.

 

Queste le “dimensioni” del benessere organizzativo in un’azienda:

  • “comfort dell’ambiente;
  • chiarezza degli obiettivi e coerenza tra enunciati e pratiche;
  • riconoscimento, valorizzazione e stimolo delle competenze;
  • ascolto dei dipendenti;
  • circolazione informazioni;
  • prevenzione infortuni e rischi professionali;
  • ambiente relazionale franco e collaborativo;
  • scorrevolezza operativa, rapidità di decisione, azione verso gli obiettivi;
  • giustizia organizzativa (equità);
  • senso di utilità sociale e del lavoro;
  • apertura all’ambiente esterno e all’innovazione culturale e tecnologica;
  • livelli accettabili di stress;
  • gestione della conflittualità”.

E gli indicatori di benessere possono essere: “soddisfazione per l’organizzazione; voglia di impegnarsi; sensazione di far parte di un team; voglia di andare al lavoro; elevato coinvolgimento; speranza di poter cambiare le condizioni negative attuali; percezione di successo dell’organizzazione; percezione di equilibrio tra vita lavorativa e vita privata; soddisfazione per relazioni interpersonali sul lavoro; apprezzamento per i valori espressi dall’organizzazione; fiducia e stima nel management”.

 

Mentre gli indicatori di malessere possono essere: “insofferenza nell’andare al lavoro; assenteismo; disinteresse per il lavoro; desiderio di cambiare il lavoro; alto livello di pettegolezzo; risentimento verso l’organizzazione; aggressività inabituale e nervosismo; disturbi psicosomatici; sentimento di inutilità; sentimento di irrilevanza; senso di disconoscimento (non apprezzamento); lentezza nella performance; confusione organizzativa in termini di ruoli, compiti, ecc.; venire meno della propositività a livello cognitivo; aderenza formale alle regole e anaffettività lavorativa”.

 

In definitiva il benessere organizzativo porta ad una nuova prospettiva nella tutela della salute nei luoghi di lavoro:

  • “dalla tutela della salute del singolo alla tutela della salute della comunità lavorativa considerata nel suo complesso e come espressione del funzionamento generale dell'organizzazione;
  • il focus è sulle caratteristiche dinamiche dell'organizzazione che possono e dovrebbero garantire il benessere dei lavoratori che ne fanno parte;
  • il focus è sulla promozione della salute intesa come stato di benessere anziché sulla prevenzione dei rischi (soprattutto psicosociali), quantunque il perseguimento del benessere organizzativo è funzionale anche alla prevenzione”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura dei due articoli di presentazione dell’intervento della Dott.ssa Barnaba:

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Scarica il documento presentato nell'articolo:

“Benessere e lavoro: alcuni casi pratici”, a cura di Franco Falconi (RSPP e Medico di Controllo INPS), intervento alla conferenza/seminario “Benessere organizzativo: concetto, evidenze e indicazioni normative”.

 


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